Archivi categoria: Persone

È stato un onore

Se il figlio di un operaio e di una contadina come me ha un ritratto come questo a fianco è grazie a Lui. Ha un valore immenso per me, lo dipinse alla fine di un periodo molto complicato, che poi ce ne sono stati altri, compreso quest’ultimo, inesorabile, ma forse non complicato come quello.
È stato ingegnere, autore di manuali per le scuole superiori, pittore (tanti suoi quadri belli popolano le nostre case, le nostre vite e i nostri cuori), suonava la chitarra e il piano, faceva le mousse più buone che abbia mai mangiato a Natale, era geniale, arguto, pensatore, innovatore, gentile, innamorato, a modo suo protettivo, discreto, mai banale, ma veramente mai.
È entrato nella mia vita 45 anni fa, sono tanti, anche se naturalmente ciascuno con la vita sua. Tanti i ricordi, i momenti, la bellezza, il dolore, la gioia, in alcuni momenti i contrasti, che abbiamo condiviso, io con la mia esagerazione, Lui con la sua riservatezza.
Da stamattina Lui non c’è più, da stamattina convivo con un pugno nello stomaco che fa assai male. Cerco di darmi coraggio ripetendomi che ha finito di soffrire, che soffrire per morire è la cosa più disumana che esista, che io lo so, ci sono passato con mio fratello e con mia madre, ma serve a poco. Serve a poco perché non è questione di coraggio, è questione di dolore, che quando ti sbatte addosso non lo puoi evitare, lo puoi tenere con te e basta, ci vuole tempo, e nel frattempo puoi provare a condividerlo, proprio come sto facendo io con questo inutile post.
Ciao Lui, è stato un onore.

Me dispiace assaje

Carissimo Antonio mi dispiace un sacco.
Si, lo so, “sono cose che capitano”, me l’hai affettuosamente ricordato anche tu qualche minuto fa per telefono, capita che a uno gli prenda l’influenza e con l’influenza la febbre, e che un appuntamento preso da tanto tempo non possa essere onorato, però credimi il fatto che capita non ti è di grande conforto quando la persona a cui capita sei tu.

La verità è che mi dispiace assaje, Antò.
Mi dispiace per tutto il tempo, l’impegno, l’affetto che ci hai messo per costruire la presentazione del mio romanzo e il lancio de La Notte del Lavoro Narrato nella bella Narni, coinvolgendo prima le amiche e gli amici di Librarsi, il “nostro” (sì, anche se ne faccio parte solo nel mondo di Facebook lo sento anche un po’ mio) semicircolo ambulante di lettori, e poi Francesco de Rebotti, il sindaco della città.
Mi dispiace per le belle persone a cui avrei avuto il piacere di stringere la mano, di guardare negli occhi, di dire “ah sei tu che mi approvi i post quando scrivo qualcosa sulla pagina”, “ah, è con te che abbiamo condiviso quel libro o quell’evento”, “ah, ma allora possiamo sperare di avere il Comune di Narni tra i protagonisti della notte del 30 aprile 2014”.
Mi dispiace per le belle storie che avevo da raccontarvi, storie di persone vere, di donne e uomini normali che lavorano mettendo testa, mani e cuore in quello che fanno, donne e uomini che non hanno rinunciato a sperare in un futuro diverso per questa bella Italia.
Mi dispiace per le belle storie che mi avreste raccontato voi, perché tu lo sai bene, Antonio, che tu tieni la mia stessa malatia (con una t, come si dice a Napoli) chi scrive è un predatore di anime, di daimon, di belle storie, di ricordi.

Si, lo so, “non mancherà occasione”, e chi lo mette in dubbio, anzi, fai ancora una cosa per me amico mio, preannuncia al Sindaco e agli amici di Librarsi che io da fine gennaio sono disponibile a venire a Narni per discutere di tutto quanto riguarda l’organizzazione de La Notte del Lavoro Narrato. Detto questo posso aggiungere che il fatto che “non mancherà occasione” non diminuisce di una virgola il mio disappunto?

Mi fermo qui. Si, perché adesso ti tengo davanti agli occhi che mi guardi con il tuo sorrisetto modello “Vicié, non ricominciare daccapo”. No, tranquillo, non ricomincio, mi fermo veramente. Anzi no. Perché prima devo dire a te, alle amiche e agli amici di Librarsi, al Sindaco e a tutte le persone che domani avrebbero partecipato al nostro incontro un grande grazie. Come a volte piace fare a me. A prescindere.

Un abbraccio fortissimo Antonio.
Ti voglio bene.
vincenzo

antonio

La lettera di Natale

Lo sapevo. L’ho letta e ho pianto. Tanto. Proprio come nei telefilm. A calde lacrime. E secondo voi perché non ho voluto leggerla ieri sera? Già Nunzia e Paola si sono trattenute che fosse stato vivo papà avrebbe detto “‘O Pataterno ‘o ssape e a Maronna ‘o vede”, lo sapete com’è, in certe situazioni basta poco, piange uno piangono tutti, e quello andava a finire che si bagnava pure il baccalà fritto e buonanotte ai suonatori.
Scusate, non vi ho detto ancora che sto parlando di una lettera, che quello magari l’avete anche intuito, ciò che non potete immaginare, a noi ci ha lasciati letteralmente senza fiato, è che la lettera, postuma, è di mia madre.
Com’è andata la faccenda me lo sono fatto raccontare stamattina da Flavia, mia nipote, la figlia di Nunzia, 16 anni, che anche questo aspetto qui non è per niente banale, perché è stata lei la complice della nonna in questa incredibile, meravigliosa faccenda.
Facciamo così, lo racconto a voi come Flavia l’ha raccontato a me, così viene meglio e facciamo prima.

“Zio, è stato nei primi mesi del 2013, la nonna stava già male ma non ancora nella fase più acuta, però lei se lo sentiva dentro che doveva morire, e un giorno che sono andata a trovarla e stavamo da sole mi ha detto:
Flavia, tu sei l’unica persona che in questo momento mi può ascoltare e fare quello che dico io senza tradire i propri sentimenti, perché mi devi aiutare a scrivere una lettera per i miei figli e tu questo fatto non lo devi dire a nessuno, neanche a tua madre, devi tenertelo per te, quando sarà il momento loro capiranno da soli. 
Flavia, non voglio lasciare tristezza in loro, voglio che rimanga un bel ricordo di me, voglio dire loro quanto gli voglio bene e quanto sono loro grato per tutto quello che fanno per me, perciò mi raccomando non la lettera non dargliela dopo il funerale, dagliela in un momento di gioia, un momento in cui state tutti assieme.
Dopo di che mi ha spiegato come doveva essere fatta la lettera, in buona sostanza me l’ha dettata, perché mentre lei parlava io ho preso carta e penna e l’ho scritta, dopo di che quando l’ho stampata e in un’altra occasione gliela ho letta, lei ha voluto correggere alcune cose, però io queste correzioni le ho fatte ha penna, perché non ho voluto che andassero perdute le parole che nonna mi aveva detto precedentemente”.
Ecco, prima di continuare con la lettera fatemi dire solo che considero 
letteralmente e senza esagerare un grande onore avere una nipote come Flavia, una ragazza che a 16 anni ha il carattere per reggere una situazione di questo tipo, rispettare la volontà della nonna, interpretarla (perché la nonna testimone di geova non può dire dagliela a Natale ma se dice dagliela in un momento felice quando stanno tutti assieme vuole dire a Natale) e in più non dire niente alla madre che mia sorella è una donna meravigliosa ma io, proprio io Vincenzo, non io al posto di Flavia,  avrei avuto problemi a non dirle niente di una storia così.
Ecco, adesso posso condividere qualche riga della lettera, che tutta non si può, ma sono sicuro che mi capite, racconto un po’ dell’amore di mamma per tutti noi, e le cose che ha scritto a me, altro non posso e non voglio fare. Buon Natale.
Se state leggendo questa lettera significa che io non sono più tra di voi. […] Per prima osa foglio ringraziarvi uno a uno e trasmettervi l’amore che nutro nei vostri confronti. Sarebbe stupido non cominciare dai figli che sono la parte più importante (i pezzetti della mia carne) e ora come ora sono la parte più importante di me … e quella viva. 
Partiamo dal più grande, Vincenzo, sei sempre stato un uomo pieno di virtù e di amore, sai fare dei tuoi difetti dei punti di partenza per creare qualcosa di stupendo, che nessuno ha mai visto prima, sei il figlio che ogni madre vorrebbe avere, ed ora che non ci sono più, ti affido il compito più difficile di tutti: fare il capofamiglia, ama tuo fratello e tua sorella come se parte del tuo stesso corpo, comportati da padre e falli vivere come non hanno mai fatto fino ad adesso, e comportati da madre (tu che a volte ti senti più donna) e falli sentire come se io non me ne fossi mai andata.
Poi Antonio, figlio mio, sei sempre stato […].
Gaetano, carne della mia carne, mio dolce bambino ti hanno strappato da me […].
Infine c’è Nunzia, la mia piccola Nunzia, tu che sei sempre stata […].
Ed ora mi rivolgo a voi nipoti cari: Davide e Sara, Luca e Riccardo, Jhonatan e Valerio, Flavia e Angelo Emanuele […].
Ed infine mi rivolgo a Paola, Alberto, Cinzia, Ivana e Laura […].
Concludo questa  lettera dicendovi che nonostante io non sia al vostro fianco durante il vostro cammino, nonostante io non abbia più la facoltà di abbracciarvi, baciarvi, io, anche se voi non mi vedrete, sarò lì a sostenervi con le mie braccia, quando la vita sembrerà avervi abbandonato io vi terrò per mano così forte da farvela sanguinare, e quando sarete tristi vi abbraccerò cosicché voi non sentiate la mia assenza. Vi amo tutti e vi amerò per sempre, perché anche per chi non ci crede il “per sempre” esiste, l’amore batte la morte. 
Firmato:
La vostra amata madre, nonna e suocera Fiorentina.

Mamma e Flavia, qualche anno fa
Mamma e Flavia, un paio di anni fa

Little big man

E’ accaduto ieri mattina. A Bacoli. Eravamo lì in attesa di incontrare Anna e Francesco. Cinzia saluta un suo amico. Me lo presenta. Mi colpisce il gesto dell’uomo che si passa il martello nella mano  sinistra e strofina forte la destra sui pantaloni da lavoro, prima di porgermela e stringere forte la mia. E’ un gesto che ho visto fare molte volte a mio padre. Per lui era un segno di rispetto. Di sé e degli altri. Sorrido. Sono i miei signa prognostica. Quel qualcosa nell’aria che ti dice che non finisce lì.

Cinzia chiede all’amico come sta il figlio. Sta così:
“Adesso sta bene. Dobbiamo aspettare. Sperare che non ci sia una recidiva. Sta nelle mani di Nostro Signore”. Gli occhi gli si sono fatti rossi. E lucenti. Le lacrime no, quelle riesce a trattenerle.
“Comunque ha finito il ciclo di chemioterapia e anche quello di radioterapia. Siamo stati fortunati, nelle sue condizioni e con le difese immunitarie così basse basta un niente e devi interrompere le cure, invece lui è riuscito a fare tutto proprio come si doveva fare”.

Cinzia prova a dirgli che sono una famiglia straordinaria, che stanno avendo un coraggio straordinario, che il fatto che la stanno affrontando tutti assieme è molto importante.
“Cinzia, noi il coraggio dobbiamo averlo per forza, è lui che a 17 anni è un ragazzo straordinario. Tutto è cominciato un anno fa, e appena si è capito di cosa si trattava ha detto che voleva sapere tutto, che non dovevamo nascondergli niente. Cinzia lo dovevi vedere quando siamo andati al policlinico a parlare con il professore che lo avrebbe preso in cura. E’ venuta fuori un’assistente che ci ha chiesto se dovevano parlare prima con lui o prima con la famiglia e lui ha detto ‘no, parliamo tutti assieme’.
Siamo entrati,  il professore ci ha spiegato la situazione, le difficoltà, i problemi, i pericoli, e quando ha finito lui ha detto ‘professore, che problema c’è, ci sono tante persone malate, capita a tanti poteva capitare pure a me, l’affronteremo, e magari ce la faremo’.
Cinzia, te lo giuro, quelli hanno a che fare tutti i giorni con malattie così, eppure per un minuto e mezzo nessuno ha avuto la forza di dire una parola. Sì, è il ragazzo che è straordinario, incoraggia la sorella che già tante volte ha sognato di perderlo, incoraggia la fidanzatina che per fortuna è una ragazzina a modo e gli sta tanto vicino, fa un sacco di progetti per il futuro. Ha detto che se ne vuole andare in Australia, a Perth, che diventa prima ingegnere in Italia perché lì gli studi costano troppo, e poi se ne va a lavorare per nove mesi là, anche nei campi, così matura il diritto a rimanere e cerca di costruire il suo futuro da ingegnere.
Mi devi credere, Cinzia, non so cosa darei per entrare per un minuto nella testa di questo ragazzo, per capire cosa pensa veramente, per potergli stare più vicino, ma no posso, nessuno di noi può, solo lui”.

Ho pianto. L’ho fatto con discrezione, mi sono girato, mi sono allontanato, ma non ho cercato di trattenermi. Certo che c’entra il mio carattere. C’entrano anche le mie ferite. Ma le mie erano soprattutto lacrime di affetto per questo piccolo grande uomo che neanche conosco e già mi ha raccontato, insegnato,  ricordato, un sacco di cose.

E’ il momento dei saluti.
L’uomo pulisce ancora la mano destra sui pantaloni. Gliela stringo forte. Gli dico “sono onorato di averla conosciuta”. Mi risponde, con gli occhi rossi rossi rossi, “sono io che ringrazio voi per avermi ascoltato”.
Si vede che mi sto facendo vecchio. Mentre andiamo piango ancora. Mi fermo qualche passo più avanti.  Cinzia attende con occhi affettuosi che mi passi. Sul marciapiede di fronte Anna e Francesco ci aspettano.

Grazie Lina

Alla letterina di Pasqua sono legati molti bei ricordi della mia famiglia. Papà che prima faceva finta di non vedere quello spigolo bianco che il piatto non riusciva a nascondere, poi si mostrava meravigliato, poi leggeva con sincera emozione la nostra letterina, poi dava mille lire ciascuno a me, ad Antonio, a Gaetano e a Nunzia. Mamma che non ce le lasciava neanche rigirare tra le dita, ritirava il bottino, faceva finta di consolarci con il suo “datele a me che ve le conservo io” tanto la sapevamo già che non le avremmo viste più. Poi l’inizio del pranzo, che era una festa in sé, perché in quegli anni là si mangiava così bene davvero solo a Natale e a Pasqua.
Stasera ho provato le stesse sensazioni grazie a Lina, che non ha ancora compiuto 7 anni, che ho conosciuto una settimana fa, che ho “tormentato” per tutto il pomeriggio e la mattina dopo dicendo che volevo buttare il suo orsacchiotto, che glielo volevo rubare, che l’avrei dato in pasto al cane, tra i rimproveri dei “grandi” e l’immancabile affettuosa avvertenza che da grande mi avrebbe odiato.  Io lo sapevo che non sarebbe andata così, sono un esperto nel settore, Irene e Valerie Gonzalez, le mie adorate nipoti, se lo ricordano ancora di quando, venti anni fa, ho staccato la testa della loro Barbie.
Il fatto è che i “piccoli”, fino a quando noi grandi non li roviniamo, sono come il Piccolo Principe, vedono con il cuore e non cogli occhi, ed ecco la letterina che Lina mi ha fatto avere attraverso Rossana e Castrese, i suoi zii.
Posso dire che mi ha fatto felice, ma così felice, ma così felice che non ho potuto tenerla tutta per me tanta felicità e ho deciso di condividerla con voi? Sono i “piccoli” ragazzi, è tutto qui, come direbbe Al Pacino di “Ogni maledetta domenica”. Anzi no, perché se anche noi “grandi” provassimo ogni tanto a guardare con il cuore e non solo con gli occhi questo nostro mondo sarebbe un pò meno ingiusto, e le nostre vite un pò più belle.

Wang Xing e China Serendipity Lab

Su Nòva24 di oggi un articolo sul fondatore di xiaonel, la versione Made in China di Facebook.
Da tenere presente anche China Serendipity Country, pubblicato il 7 luglio 2009.

Rosario Strazzullo

Guardare le relazioni annuali Agicom, il sito Assinform, Repubblica Economia

Telefonica (Spagna) 8% delle azioni del  3° operatore cinese

La prima compagnia mondiale di telecomunicazioni è cinese

indiani e cinesi fanno centrali a carbone
cosa fanno i cinesi sulle rinnovabili

repubblica affari e finanza di ieri

arpu (quanto spende ogni cliente di traffico)

Renzo Geronazzo

september 2010
costruire l’itinerario
differenze Cina Giappone (dimensione, idea di nazione, lingua, storia)
Nanchino: capitale Sud
Pechino: capitale Nord
Siang: antica capitale
Shangai: capitale economica e scientifica (Pudong 1.000.000 abitanti,Cappella)
La Cina, non esiste, esiste la terra di mezzo
Centri Confucio
Raccontiamo ciò che vediamo
Raccontiamo l’organizzazione delle città, della scienza, del talento
Raccontiamo gli scenari
Qualità della scuola e dell’istruzione univeristaria
Controllare il raking mondiale
MagLev cinese: treno a lievitazione magnetica unico al mondo
Giuseppe Rao: Addetto all’innovazione scientifica, tecnologia e industriale all’Ambasciata d’Italia a Pechino
giuseppe.rao@esteri.it