Andrea Mormile è un giovane fotografo che ho conosciuto qualche mese fa nel corso di un evento organizzato dal mio amico Antonio Gravina. Lui era lì per lavorare, io per raccontare un pò delle cose che facciamo con Alessio, Cinzia e tante altre belle persone in giro per l’Italia alla ricerca del lavoro ben fatto.
Andrea è una persona educata e gentile, e tra noi si è creata un’istintiva simpatia e così nei giorni successivi ci siamo cercati su Facebook, poi lui mi ha mandato delle bellissime foto, poi ogni tanto quattro chiacchiere, poi mi ha raccontato della sua nuova creatura, l’Associazione Culturale Free Reflex fino a quando, nel primo pomeriggio di ieri, non mi manda la foto che vedete sotto, solo l’immagine, senza scritta, e mi chiede di mandargli una frase da mettere nella foto, che poi sarà stampata e troverà la sua pace appesa al muro del Bespoke Salon Succivo, il negozio gestito da Pasquale Collo, il papà del ragazzo ritratto.
L’idea mi piace, penso subito alla storia raccontata dal “Salone” in Testa, Mani e Cuore. La strada è lunga, il procedere è lento, accade sempre così quando non hai badget per portare avanti un progetto, quando le cose le devi pensare, le devi fare, le devi comunicare, le devi curare in proprio, però piano piano questa idea del lavoro ben fatto, delle cose fatte con testa, mani e cuore sta crescendo, “sta piglianno pere” come dicevamo da ragazzi a Secondigliano. Te ne accorgi dalle persone che scrivono queste tre paroline nei loro post sui social network, dal numero dei tag, dagli hashtag sempre più frequenti. E’ per questo che sono stato felice di poter contribuire a realizzare l’idea di Andrea, perché è un altro piccolo grande segno che la nostra storia, non la mia, di Alessio o di Cinzia, la nostra di tutte/i quelle/i che pensano che l’Italia o la salva il lavoro o non la salva nessuno. Il lavoro di tutti, dello scienziato e della maestra, del parrucchiere e della manager, del pizzaiolo e dell’architetto.
Grazie Andrea.
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Me dispiace assaje
Carissimo Antonio mi dispiace un sacco.
Si, lo so, “sono cose che capitano”, me l’hai affettuosamente ricordato anche tu qualche minuto fa per telefono, capita che a uno gli prenda l’influenza e con l’influenza la febbre, e che un appuntamento preso da tanto tempo non possa essere onorato, però credimi il fatto che capita non ti è di grande conforto quando la persona a cui capita sei tu.
La verità è che mi dispiace assaje, Antò.
Mi dispiace per tutto il tempo, l’impegno, l’affetto che ci hai messo per costruire la presentazione del mio romanzo e il lancio de La Notte del Lavoro Narrato nella bella Narni, coinvolgendo prima le amiche e gli amici di Librarsi, il “nostro” (sì, anche se ne faccio parte solo nel mondo di Facebook lo sento anche un po’ mio) semicircolo ambulante di lettori, e poi Francesco de Rebotti, il sindaco della città.
Mi dispiace per le belle persone a cui avrei avuto il piacere di stringere la mano, di guardare negli occhi, di dire “ah sei tu che mi approvi i post quando scrivo qualcosa sulla pagina”, “ah, è con te che abbiamo condiviso quel libro o quell’evento”, “ah, ma allora possiamo sperare di avere il Comune di Narni tra i protagonisti della notte del 30 aprile 2014”.
Mi dispiace per le belle storie che avevo da raccontarvi, storie di persone vere, di donne e uomini normali che lavorano mettendo testa, mani e cuore in quello che fanno, donne e uomini che non hanno rinunciato a sperare in un futuro diverso per questa bella Italia.
Mi dispiace per le belle storie che mi avreste raccontato voi, perché tu lo sai bene, Antonio, che tu tieni la mia stessa malatia (con una t, come si dice a Napoli) chi scrive è un predatore di anime, di daimon, di belle storie, di ricordi.
Si, lo so, “non mancherà occasione”, e chi lo mette in dubbio, anzi, fai ancora una cosa per me amico mio, preannuncia al Sindaco e agli amici di Librarsi che io da fine gennaio sono disponibile a venire a Narni per discutere di tutto quanto riguarda l’organizzazione de La Notte del Lavoro Narrato. Detto questo posso aggiungere che il fatto che “non mancherà occasione” non diminuisce di una virgola il mio disappunto?
Mi fermo qui. Si, perché adesso ti tengo davanti agli occhi che mi guardi con il tuo sorrisetto modello “Vicié, non ricominciare daccapo”. No, tranquillo, non ricomincio, mi fermo veramente. Anzi no. Perché prima devo dire a te, alle amiche e agli amici di Librarsi, al Sindaco e a tutte le persone che domani avrebbero partecipato al nostro incontro un grande grazie. Come a volte piace fare a me. A prescindere.
Un abbraccio fortissimo Antonio.
Ti voglio bene.
vincenzo
Post. Spot. Stop. Per ora.
Per le amiche e gli amici sulla ruota di Napoli: Regalatelo. Regalatelo. Regalatelo.
Avete tempo fino a domani alle 18.00. Catapultatevi in una libreria Feltrinelli, che lì sono sicuro che c’è, e non rinunciate all’opportunità di donare alle persone a cui volete bene Testa, Mani e Cuore.
Per le amiche e gli amici su tutte le ruote:
Cercatelo in fretta nelle librerie, che ne sono rimaste poche copie.
E se non lo trovate? Compratelo sui siti Amazon, Feltrinelli, Ibs o dove vi pare.
Se per Natale non fate più in tempo c’è sempre la Befana!
E no che non mi incazzo
Ho promesso a me stesso di non arrabbiarmi più.
No, non è tanto per dire, lo so che non è facile, che ci metterò tempo, ma ci riuscirò.
Quando hai alle spalle anni (avete letto bene, anni) nei quali la vita ti ha costretto a fare i conti con l’incubo, ti ha strappato pezzi della tua umanità, pezzi di te, basta poco per farsi prendere dalla paura, dal timore che nuove sciagure, peggiori di quelle che hai appena vissuto, si possano abbattere su di te.
Perché sì, la paura ti prende, almeno a me è capitato così, ti porta ansia, notti tormentate, mal di stomaco e di pancia e poi un certo punto ti riscopri a pensare a cosa può diventare la tua vita se quello che temi diventa realtà. L’inferno. E’ lì che trovi la forza, almeno a me è capitato così, per cacciare dalla testa i cattivi pensieri, per dirti “vedrai che non è niente, il ragazzo sta bene, sono tutti problemi inutili che ti stai creando tu”, per fare finta di crederci, per promettere a te stesso che se va tutto bene, come sicuramente sarà, non ti arrabbierai più.
Come diceva papà? ‘A vita e ‘nu muorzo. Appunto, basta niente per sconvolgerla, ma sconvolgerla veramente, e quando hai passato quello che ho passato io, e siamo in tantissimi ad averlo passato, specialmente dalle mie parti, non puoi permetterti di continuare a vivere, a fare le cose, come vivevi e le facevi prima. Ecco è per questo che non mi incazzerò più, che ce l’ha farò. Non sarà facile, ci metterò il tempo che ci vuole, ma ci riuscirò. Soprattutto adesso che le mie paure si sono dissolte.
Come dice Yoda al giovane Luke? La paura, la rabbia, sono il lato oscuro della forza. Appunto. Molto meglio farne a meno.
p.s.
Come diceva Eduardo, c’è la parola giusta, usiamola. Ho detto che non mi arrabbio, no che non mi indigno, non mi ribello, non mi organizzo, non lotto, non continuo a portare il mio mattoncino per cercare di cambiare il mondo. Questo per la precisione.
Sono un uomo fortunato. Nuovo episodio.
16 Novembre 2013. La sera del lavoro narrato. Residenza Rurale l’Incartata
Michele Sica Bosconauta, con un bel post sul suo bellissimo blog, la serata l’aveva presentata così: Sabato 16 novembre inauguriamo le AppetitoseConversazioni alla Residenza Rurale l’Incartata: l’incontro tra coltura e cultura, il piacere della buona tavola, sana autentica e naturale che incontra il piacere della mente, buone letture che saziano l’anima e cambiano il mondo. […] La serata prenderà il via alle 19 con la coinvolgente e travolgente presentazione di Vincenzo Moretti e delle storie di lavoro lette dal suo romanzo, ma il lavoro ben fatto sarà narrato anche a tavola, con i piatti della nostra tradizione tutti provenienti dal nostro orto e dalla rete di contadini e pastori locali della #cumparete. Il costo della cena comprensivo di una copia del romanzo è di € 20. Gradita la prenotazione.
Strada facendo, ho pensato che tutto questo mi piaceva un sacco e che però si poteva fare di più. Ma sì, mi sono detto, visto che non lo fai certo per denaro e che il senso di tutto questo tuo girovagare in lungo e largo per Napoli, la Campania, l’Italia sta nella voglia di contribuire con il tuo mattoncino a diffondere la cultura del lavoro ben fatto e a mettere in relazione un po’ di belle persone, di belle idee, di bei fatti, perché non cogliere l’occasione per chiedere a chi parteciperà di leggere, narrare, cantare una storia di lavoro? Qua l’ho pensato e qua mi è venuto il titolo, La sera del lavoro narrato, che poi se vogliamo può diventare anche la notte, tanto il giorno dopo è domenica, chi ci dice niente.
A proposito di connessioni, di belle persone, di cose fatte con la testa, con le mani e con il cuore: non vorrei dire, ma anche quello che potete vedere nel video qua sotto è avvenuto dalle parti di Residenza Rurale L’Incartata. Vale quando semini grani antichi, vale quando fai il pane e vale quando racconti il lavoro ben fatto.
Ecco, vi ho detto quasi tutto, che tutto quando le cose sono così belle se non le vivi non lo puoi dire. Spero siate in tante/i a partecipare ma naturalmente spetta solo a voi scegliere. Pillola azzurra, fine della storia: domenica vi sveglierete in camera vostra e crederete a quello che vorrete. Pillola rossa, sabato ci incontriamo nella residenza delle meraviglie e vedrete quant’è profonda la tana del bianconiglio. Vi sto offrendo solo la verità, ricordatevelo. Niente di più.
Per Prenotare
Come raggiungere la Residenza Rurale l’Incartata
Luigi, Monica, l’Iperico and Me
Di Monica Zunica mi aveva parlato il mio amico Luigi Morra, che in varie puntate mi aveva raccontato della scelta di vita che aveva fatto insieme al marito e ai figli, della decisione di lasciare Napoli per andare a vivere tra i boschi del Molise, del progetto di creare una biblioteca, dell’inaugurazione, lo scorso 29 settembre, della Associazione Culturale L’Iperico, uno spazio aperto a tutti coloro che desiderano condividere libri, musica, letteratura, cinema, arte, teatro e molto altro.
Il resto mi è capitato come mi accade sovente, per genio e per caso, la mia solita visita a La Feltrinelli Libri e Musica di Piazza dei Martiri, l’incontro con Luigi, io che gli dico che ci sto pensando da quando me ne ha parlato e ho una voglia matta di andare a vedere questa libreria nei boschi molisani, lui che mi risponde “vieni, Monica è qua, te la presento”, io che dico ancora aspetta, prendo una copia del libro e gliela regalo, lui che mi fa “l’ho già presa io, gliel’ho portata il giorno dell’inaugurazione”.
Finalmente l’incontro, le chiacchiere intorno a L’Iperico e a La Notte del Lavoro Narrato, lo scambio di mail, l’impegno a ritrovarsi su Facebook, i saluti affettuosi.
Sono stato contento tutto il pomeriggio, i contatti via Facebook ci hanno permesso di scambiarci link e briciole di idee, fino a martedì scorso, quando Monica mi ha scritto questo:
Mio caro Vincenzo, sto leggendo Testa, Mani e Cuore e lo trovo incantevole. E’ tale perché è vero come credo sia tu. Una persona vera. Onoreresti il mio spazio con la tua presenza? Quando vogliamo organizzare?
Un abbraccio.
Monica
Ve lo dico cosa le ho risposto? Certo che ve lo dico, questo:
1. l’onore resta mio (ah, il vecchio Morpheus, cosa farei senza di lui).
2. proponimi un paio di date e ne scegliamo una.
Resto in trepidante attesa.
Ricambio l’abbraccio.
vincenzo
L’altro ieri, Giovedì, tocca di nuovo a lei, che mi avverte che la data giusta è Sabato 30 Novembre, che anche Luigi sarà della partita, che se per me va bene chiudiamo così.
Per me non va bene, va benissimo, sono troppo contento.
Ve lo prometto, poi vi faccio sapere come è andata.
Prufessò, scusate, ma allora perché lo fate?
L’incontro a via Chiaja, qualche giorno fa. Come purtroppo mi accade sempre più sovente, non ricordo chi è né, ovviamente, come si chiama. Neppure la prima parola che dice, “prufessò”, mi permette di inquadrarlo, alla voce “università” non ci sta bene, devo averlo per forza incrociato da qualche parte, meglio non pensarci e stare attento a non fare brutte figure.
“Prufessò, ve state facenno ‘e sorde, eh?, sono contento, ve lo meritate, siete una brava persona. Mio padre mi racconta sempre che anche quando stavate alla Cgil eravate così”.
“Ringrazio te e tuo padre per i complimenti, ma di quali soldi parli?”.
“Prof., io vi seguo su Facebook, sono un vostro tifoso, so tutto di voi: il romanzo che avete scritto, le recensioni che state avendo sui giornali, i lettori entusiasti, tutte quelle presentazioni, e mica è una cosa brutta avere successo e mettersi in tasca un po’ di soldi”.
“Guarda che sei fuori strada. A parte che “avere successo” è una parola grossa, e che per fare soldi con i libri bisogna venderne tanti, ma proprio tanti, così tanti che tu nemmeno te lo immagini, per quanto riguarda me i soldi non li farei neanche in quel caso, perché per ragioni troppo lunghe da spiegare non ricevo diritti d’autore.”
“Cosa vuol dire?”
“Vuol dire che dal punto di vista economico io non ci guadagno niente, indipendentemente da quello che si vende. Per dirla come va detto ci rimetto soldi miei, per viaggiare, per mangiare, quando serve dormire, le copie che regalo agli amici e così via discorrendo”.
“Prufessò, scusate, ma allora perché lo fate?”.
“Scusami, adesso non ho tempo, ho un appuntamento e sono in ritardo, sarà per un altra volta. Ciao, e salutami tanto tuo padre”.
Dite che sono stato un poco antipatico? Non sono d’accordo, e vi spiego perché:
1. L’appuntamento e il ritardo erano veri.
2. Parlare senza sapere con chi stai parlando è già complicato quando si tratta di convenevoli figurarsi quando la discussione è seria (lo so che potevo dirgli “scusa ma non mi ricordo chi sei”, a volte lo faccio, ma bisogna farlo subito, quando la discussione ha preso il suo corso fa brutto).
3. Dire che lo faccio perché credo nella possibilità che il lavoro ben fatto possa cambiare la cultura e il destino del mio Paese, che continuo ad amare nonostante tutti i contorcimenti di stomaco che mi provoca ogni giorno; perché tutto questo contribuisce a dare senso alla mia vita; perché mi piace farlo; perché in questo modo stabilisco connessioni con un sacco di bella gente in giro per l’Italia è davvero importante, molto, ma soltanto per me.
4. La ricerca che stiamo portando avanti Alessio, Cinzia, Gennaro e i maestri artigiani di Castel San Giorgio, Jepis e le band di #Cip e di #CampDiGrano, Giuseppe e la sua pasta di Gragnano che ottiene l’IGP, le ragazze i ragazzi della Bottega Exodus Ahref di Cassino, Gennaro e il suo dromedario da corsa, Santina, Costantino, io e tante/i altre/i persone in giro per l’Italia che a citarle/i tutti ci vuole un libro, mira a dimostrare proprio che quelle/i che pensano e agiscono come noi sono tante/i, ma così tante/i che neanche ce lo immaginiamo, e che se scelgono di connettersi, raccontarsi, rappresentarsi, agire, con la testa con le mani e con il cuore possono diventare egemoni – lo posso dire?, nel senso gramsciano del termine – e cambiare l’Italia.
5. Fare bene le cose è il nostro approccio, ridare valore al lavoro e cambiare l’Italia il nostro obiettivo.
6. Per quanto mi riguarda, spero di farcela, lavoro per farcela, ma non ho bisogno di farcela, almeno non per forza. Ci sono strade nella vita che vale la pena di percorrere “a prescindere”. Per quanto mi riguarda, questa è una di quelle.
That’s all, folks. Almeno per ora.
Grazie Federico
Questo il messaggio che il mio giovane amico Federico Cuozzo mi ha appiccicato sulla bacheca Facebook:
“Nel lavoro tutto è facile e niente è facile, è questione di applicazione. Dove tieni la mano, devi tenere la testa, dove tieni la testa, devi tenere il cuore, altrimenti non diventerai mai un bravo artigiano.
Ogni giorno ci penso e ci ripenso. Ora che mi sono diplomato e che sto entrando nel mondo del lavoro ci penso ancora di più. Son sicuro che non la finirò più di ringraziarLa per l’intervento che avete fatto nella mia scuola.
Grazie mille.”
Questa la mia risposta:
“Grazie a te, Federico. Le tue parole sono di quelle che danno senso a una vita. Sono commosso.
Questa la sua replica:
Penso che nella vita le parole che si dicono a noi stessi possano solo aiutare, ma le parole di incoraggiamento di persone “estranee” possono solo amalgamarsi alle altre e sostenere coloro che nella vita ci credono e che vogliono dare un senso a questa vita.
Qui si parla di crisi. Indubbiamente c’è, si vede e si sente. Ma forse, il più delle volte, la crisi sta dentro di noi. La crisi è nella Testa, nelle Mani e nel Cuore. Io sono convinto che, invece, la crisi, soprattutto dentro di noi, si possa e si debba eliminare, cacciare. Nella Testa, nelle Mani e nel Cuore c’è bisogno di vita. E questa vita non può non essere alimentata da queste belle parole a cui penso giorno dopo giorno.
Questo l’antefatto:
San Giorgio a Cremano (Na), Lunedì 13 Maggio 2013 ore 10.00. Istituto Tecnico Enrico Medi.
Incontro sul lavoro ben fatto. Testa, Mani e Cuore. Il lavoro che cambia l’Italia.
Guest: Annunziata Muto e Biagio Formisano
Questa la seconda parte della citazione in quarta di copertina di Testa, Mani e Cuore (la prima parte è quella citata da Federico):
“Funziona proprio come nelle costruzioni, che per quanto il castello dei fantasmi, la nave dei pirati o l’astronave degli Jedi, una volta che hai finito di costruirli, ti appaiano impeccabili e magnifici e perfetti, per farli hai dovuto incastrare i diversi mattoncini uno a uno, e hai dovuto farlo nel modo giusto, perché altrimenti non ce l’avresti fatta a fare quello che volevi fare.”
Questa la mia considerazione finale:
E’ da metà marzo di quest’anno, con l’uscita nelle librerie del mio romanzo, che vado in giro per l’Italia a raccontare che non sono un matto ma un portatore di mattoncini, Ecco, quando dici una cosa ne sei convinto e ti rendi conto persino di riuscire a comunicarla questa tua convinzione, però è quando un ragazzo come Federico ti scrive un messaggio come quello che ha scritto lui che ti rendi conto che il sogno che porti in giro per l’Italia non è un sogno, è realtà.
Perché “[…] nessuno è padrone di nessuna cosa, per quanta consistenza sia in lui o per mezzo di lui, finché delle sue doti non faccia partecipi gli altri”.
Grazie Federico.