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Se non ora, quando?

by Adriano Parracciani

Debbo queste riflessioni alla congiunzione di una mia idea d’annata –vendemmia 1994, anno nel quale Silvio Berlusconi vince le elezioni contro Achille Occhetto e la sua  “gioiosa macchina da guerra”-,  e una domanda postata su Facebook dalla mia amica  Musa: “ma come si fa a votare per questa maggioranza?” (la domanda è in verità più colorita, ma la sostanza è questa).
L’idea, per la verità talmente semplice da rischiare la banalità, è che la politica ha bisogno di differenze. Differenze che, Before 1989, erano date dalle ideologie, dalle appartenenze, dalle identità, nel senso che dirsi comunista, democristiano, fascista significava definire i confini entro i quali ci si poteva riconoscere con altri che, come  te, condividevano miti, valori, aspettative, ceti sociali di riferimento, modi di essere, talvolta persino di fare. Persino quando i  comportamenti sono diventati simili, l’apparentenza a ideologie diverse garantiva le differenze di identità, di riconoscibilità, di aspettative, di gruppi sociali di riferimento.
After 1989 le differenze, in Italia in particolar modo dopo Tangentpoli, avrebbero dovuto essere garantite dalle idee, dai programmi, dalle modalità con cui si favorisce la partecipazione e si selezionano le classi dirigenti, dai modelli di partito e di coalizione.
Vogliamo dirlo con uno slogan? Ma sì diciamolo! Meno ideologie, più differenze. Quale strada è stata imbroccata invece? Quella dell’omologazione. Nelle piccole e nelle grandi cose.  Vogliamo fare qualche esempio?
Federalismo,
che è una cosa seria, che invece di rincorrere la Lega, per poi lasciarle la più totale egemonia culturale, poteva essere fatto vivere come solidaretà, partecipazione, responsabilità, controllo.
Legalità, che è una cosa seria, che invece di assecondare la Lega sul terreno della paura dell’Altro, meglio se extracomunitario, quasi sempre da sfruttare di giorno  e da nascondere di notte come le puttane de “La città vecchia” di De André, poteva essere fatta vivere come una questione di etica pubblica invece che di ordine pubblico, di rispetto delle regole, di tutela dei diritti, di esercizio responsabile dei doveri.
Leaderismo esasperato, vogliamo chiamarlo idolismo?, personalizzazione dei partiti come antidoto alla loro crisi,  che non è una cosa seria, e che ha portato prima alla lista Berlusconi,  poi alla lista Di Pietro, poi persino alla lista Vendola,  in mezzo tutte le altre liste, senza nessuno che dica chiaramente che di molti di questi leader si può  tranquillamente fare a meno, dei partiti no. Che è una sciocchezza  immaginare una democrazia che funziona solo con la società civile, senza i partiti.
L’elenco potrebbe continuare, fino scrivere un libro: arbitrarietà nel rispetto delle regole (primarie a volte si, a volte no, a volte strappate dal basso, altre volte imposte dall’alto), di là mettono in lista portaborse, segretari, amanti e ballerine, di qua pure, e poi clientelismo, familismo, eccetera eccetera.
E non provate a dirmi che ci sono molte persone per bene che svolgono il loro ruolo di eletti in maniera seria. Innanzitutto perché lo so. E poi perché ci stanno anche di là. Anzi mi convinco sempre più che tra le ragioni del successo della Lega stia diventando sempre più importante il radicamento territoriale, il contatto con i cittadini e con gli elettorali, insomma quella roba che una volta facevano i comunisti e i democristiani.
Visto che ci siamo, non provate neanche a spiegarmi che con tutti i difetti che abbiamo noi e loro non siamo la stessa cosa. Innanzitutto perché lo so. Poi perché non basta. Soprattutto a livello di pubblica opinione.
Cosa voglio dire in sintesi? Che fermo restando tutti quelli come noi che a prescindere stanno dall’altra parte io credo che non sia solo comprensibile, ma anche razionale che la maggioranza degli italiani votino come votano.
Che fare in sintesi? Lavorare seriamente per una prospettiva diversa.
L’ho scritto martedì 16 dicembre 2008 alle ore 18.16 (potenza del web, e chi se lo sarebbe ricordato): se continuiamo a pensare di risolvere i problemi entro la prossima elezione non andiamo da nessuna parte.
Questo paese non ha più classi dirigenti nel senso auspicato da Cuoco, da Salvemini, da Gramsci, da Dossetti, da Di Vittorio, da Dorso, da ..;. c’è scarsità di senso civico ad ogni livello; di più, si è creata, grazie ad un’azione scellerata ma scientificamente condotta dall’attuale leadership, una  convenienza-convergenza intorno a una via italiana alla sopravvivenza fatta di piccole e grandi furbizie, evasioni, illegalità.
Bisogna ritornare a pensare e a praticare la partecipazione  come fatica, continuità, impegno, perché ad ogni diritto corrisponde un dovere, ad esempio di non chiedere favori e raccomandazioni, di non fare i furbi, di non rivendicare il merito quanto tocca agli altri e l’appartenenza quanto tocca a sè stessi.
Per invertire l’ago della bussola, per cominciare a varcare la distanza tra i valori di solidarietà a prescindere, di pemessività e persino di impuntà che informano oggi il nostro paese, e i valori di responsabilità, di eguali opportunità, di valorizzazione del merito e del talento di cui c’è bisogno, ci vuole tempo.
Dite che non possiamo aspettare? Sbagliato. Mi dicevano così anche nel 1994, che se non facevamo l’inciucio con Dini, Berlusconi sarebbe restato lì per altri 10 anni. Ne sono passati 16, per ora, destinati a meno di miracoli a diventare 19.
La verità è che non possiamo aspettare senza fare niente. Bisogna cominciare subito. Ognuno dal suo “posto di combattimento”. Facendo le cose per bene  perché è così che si fa. Facendo rete tra noi. Rendendo espliciti, pubblici, gli esiti di questo nostro lavoro.
Come ha scritto Confucio, una marcia di 10mila chilometri comicia con il primo passo. E, anche senza scomodare Aristotele, rimane il fatto che la politica è ‘na capata. L’importante è cominciare. Se non ora, quando?

Fly Fly Away

by Adriano Parracciani

La Musa
Pagina 181, last page: 196. fra poco meno di 15 pagine, il mio viaggio in Giappone sarà finito. Andrò via con la sacralità dei ciliegi in fiore, con una Tokyo brulicante e ordinata, con la tecnologia più avanzata intersecata e fusa a millenni di leggende e storia antica. Questa è la cartolina di Vincenzo e Luca, di un arcipelago di tante culture racchiuse in un unico mondo. Loro, padre e figlio che hanno la capacità nn comune di scambiarsi i ruoli pur rimanendo ciascuno, l’uno figlio, l’altro padre. La tenerezza e la sincronicità che li lega e che li porta ad illustrare al lettore gli aspetti più vividi e salienti di un popolo così lontano da noi. L’ospialità ad esempio, che nn è un fatto assolutamente accidentale, ma un rituale semplice e spontaneo, che si celebra quotidianamente verso tutti, a beneficio dell’animo umano. Un rapporto che fa sentire meno lontani gli autori dalla loro casa, la nostra Nazione, dove quel senso intimo e sociale di “shinsetsu” sta venendo a mancare sempre più. Il rispetto delle regole: di quando un semaforo rosso è ROSSO e basta, e nn si strombazza per passare ad ogni costo o si sgomma sulle strisce pedonali. Il rispetto per l’ambiente nella cura della raccolta differenziata della spazzatura; il cartoccio vuoto della pasticceria, appallottolato e messo in tasca perchè niente viene gettato in strada. Cose che i giapponesi fanno ciascuno per sè, per la propria qualità di vita a vantaggio dell’intera comunità. Che dire ancora di questo diario di bordo? leggendolo ci si ammanta di emozioni e di silenzi rotti dal vento di marzo; una sorta di serendipity per l’appunto, vissuta in prima persona dagli scrittori e trasmessa al lettore sul sottile spessore di una pagina bianco-opalina. Vincenzo e Luca, grazie. Fly fly away…

Foto in cerca d’autore. I racconti


Carmela Talamo

E’ vero Musa, la vita è bella, maledettamente, terribilmente, immensamente bella anche se te ne accorgi quando la senti che ti sfugge, anche quando stai per buttarla via come ha fatto “nennella” (ricordate?) è bella anche quando è fatta di poco, anche quando è fatta di niente, perchè ti basta un attimo per capirlo, come questo sole che dopo tanta pioggia comincia a scaldarti il viso e poi più giù fino al cuore e poi più in fondo fino all’anima. E’ bella perchè anche quando stai per compiere l’ultimo passo verso il nulla puoi trovare una mano che ti afferra giusto in tempo per i capelli, perchè quello è il primo giorno della tua nuova vita, perchè anche se nulla è cambiato intorno a te, finalmente qualcosa comincia a cambiare “dentro” di te e poi incontri la big band e ti rendi conto che è valsa la pena arrivare fino a qui anche solo per raccontare e ricordare e, magari, aiutando te stessa, aiuti anche gli altri. Si Musa, la vita è decisamente bella.

Daniele Riva
L’infermiera ha detto che passerà più tardi. Con le pastiglie della buona notte. E dormirò ancora e avrò altri di questi sogni chimici che mi sballottano nello spazio e nel tempo e al mattino mi lasciano uno straccio, un otre vuoto. È quello che vogliono, questa è l’igiene mentale che campeggia a grandi lettere bianche e illuminate sul muro della clinica. È strano come certi eufemismi ci lavino la bocca: sono soltanto dei modi per pulirsi la coscienza e non pensarci. Clinica. Ospedale psichiatrico. Manicomio.

Così mi si incastreranno gli eventi della giornata e le allucinazioni prodotte dai medicinali. Chissà come entrerà Vincenzo in questo sogno. Nel pomeriggio è venuto a trovarmi e mi ha portato in dono il suo libro. Ho cominciato a leggerlo. Probabilmente anche il Giappone scivolerà nel sogno con i suoi giardini di ciliegi in fiore e la perfezione tecnologica. Si miscelerà con le brutte facce di questa televisione che non riesco neanche più a guardare: volti litigiosi, veline seminude, gente che parla e apre la bocca come in un acquario, perché io non li sto più neanche a sentire.

Come la notte scorsa: c’era una donna con una foglia di vite tra i capelli serpentini, una Medusa moderna che sproloquiava in una vecchia sala d’aspetto con le panche di legno e un lattiginoso lampadario al neon. Fuori c’era il tram che mi aspettava ed erano gli Anni Cinquanta, Milano – credo fosse Milano, ma poteva essere Torino o Dresda o Buenos Aires – era una grigia periferia di opifici, ormai finita la guerra si pensava a ricostruire. I cani razziavano tra i rifiuti, un gatto pisolava su un muro di cinta. Ovunque reticolati e ciminiere. E d’improvviso, con un salto di tempo e di spazio, il tram divenne un moderno treno rosso e correva accanto a un lago. Volli scendere in una di queste piccole stazioni, mi inoltrai nel paese, dove splendevano gialli i lampioni tra le case e i campanili. I murales mi attirarono in un atelier, dove una donna bellissima dipingeva. Non era vero nulla, lo so: era l’effetto delle medicine. Ma l’Arte, l’Arte quella era vera. Come era vero quell’ometto curvo e cieco che giocava al go. Mi disse di chiamarsi Jorge Luis Borges, si teneva a un bastone e raccontava qualcosa a proposito di labirinti e biblioteche…

Ecco l’infermiera con le pastiglie in un bicchierino di carta bianco. Me le porge. Le inghiotto con un sorso d’acqua. Addio…

La Musa
Eppure, la vita è bella, come dice lieve Benigni in quella sua canzone. E’ bella? E’ quello che noi siamo, quello che diventiamo, quello che avremmo fatto e nn è stato, quello che adesso è, e va bene così. Perchè indietro nn si torna e avanti si deve procedere, finchè morte nn ci separi da lei. Pensieri melanconici, pensieri inquieti, ricordi struggenti; quello spleenetismo che avviluppa le essenze più sensibili. Nel percorso fino ad oggi, il beneficio dell’età adulta, mi ha dato la chiave di volta: ci vuole resilienza. Quella capacità che volge al positivo ogni esperienza forte, spesso traumatizzante; quell’umanità che ti fa apprezzare la compagnia, ma altrettanto la solitudine, perchè di fronte a qualunque bivio, a qualunque alternativa, a qualsivoglia intoppo, in ogni caso siamo soli con noi stessi, tanto vale accomodarsi l’idea. La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte, diceva Celine. Allora ho guardato fuori stamattina: due piccoli di merlo pigolavano festosi nel nido fra i rami di un pruno ingemmati; sulla mia rosa rampicante occhieggiano i primi teneri boccioli; il sole, riverberi di luce fra l’ondulare tenue delle foglie di bamboo. Sì, la vita è bella, come cantava lieve Benigni.

Lucia Rosas
Tutto per una promessa. Che strano nome, ma che cos’è un libro. Un discorso smozzicato come solo una chat sa fare quando ti serve. Alla fine il libro è in mano poi sul comodino in ospedale. Un fidato amico che aspetta il tuo tempo. Sono sola, mi godo il silenzio inframezzato dal campanile, dai passi felpati in corridoio dal sole primaverile alla fine di febbraio. debbo aspettare con calma un altro medico e la sua spiegazione. Nulla di grave, un polipo fuori programma mentre mi chiedo perchè l’endometriosi non si ferma e mi rende impossibile non solo programmare la giornata ma anche camminare. E’ un male sottile, subdolo, un filo di edera che ti scivola dentro dall’utero arriva all’intestino alla schiena si annida senza chiedere permesso. Si siede, dorme e quando è il momento si sveglia scoppia come polvere da sparo brucia e ti vorresti scavare le carni per farlo smettere.
Siamo rimasti soli in camera tutto il giorno prima io in attesa e lui che raccontava che esiste una cosa chiamata serendipity e tu annuisci, ci credi e sorridi in attesa che qualcosa di buono succeda.

Deborah Capasso de Angelis
Carmela ce la farà ancora e ancora e ancora.
E ce la farò io con lei, ancora, ancora e ancora. Me lo ripeto spesso perchè solo in questo modo arrivi al controllo successivo e aspetti i risultati. La settimana più lunga in assoluto e poi vai, da sola, perchè è una cosa solo mia. E’ la mia vita e voglio aprire io la busta. Non è stato così terribile come quello di Carmela, me la sono cavata in tempo di record e senza terapia ma, è vero, sorridi di più, ti arrabbi di meno, elimini tanta gente rubarespiro e fai entrare nel tuo mondo tante persone ossigenanti. Ci sono in tanti intorno a te ma le decisioni devi prenderle tu e certe volte avrei fatto vincere “lui” (non voglio nominarlo, non merita di avere un nome). Ho dovuto rimandare nel giardino dei mai nati il mio bambino per “lui”. Mi ha fatto male ma ora sono qui e ci sto proprio bene!

Lucia Rosas
Scrivo di getto breve spaventata senza curarmi degli errori del suono del cellulare mentre quel quadro perfora le tempie poichè rifiuto quel volto accigliato della prozia matilda. Ho deciso di abbandonare il liceo i sogni di gloria dell’università e l’amata pittura. Via dal calore opprimente di milano verso altri lidi. Lascerò in disordine come tutti i giorni come dovessi tornare sapendo di mentire. Libri abiti sgargianti cd e quanto mi lega al mio bozzolo.  Il biglietto sul bordo del tavolino scivola a terra, un refolo di vento lo ha fatto scivolare: fosse così per i pensieri ma no. Lo zaino leggero è pronto solo un paio di jeans e una felpa la kway e la macchina fotografica; tuffo al cuore album e carboncini debbono essere raccolti. Sbatto la porta quasi inciampo sulle scale saluto furtivo alla portinaia e via correre a testa bassa verso la stazione mentre il cuore in petto scoppia come la voglia di urlare libera.
Il treno per la svizzera è puntuale, ovvio, salgo rosso lucido perfetto lunga serpe verso altri lidi. Curva quasi impenna questo cavallo d’acciaio chiudo gli occhi inebetita e sempre tra il dubbio e la certezza che sia la cosa giusta.

Carmela Talamo
E’ vero, mentre sei chiusa in una camera d’ospedale a combattere contro il cancro, tutto assume una dimensione diversa, cambiano le cose, cambiano le persone, le priorità, i pensieri si susseguono così velocemente che tu stessa fai fatica a stare al passo e, inevitabilmente, ti lasci alle spalle la zavorra che hai raccolto per una vita intera.
Io ero praticamente sigillata in camera, completamente sola ed isolata, chiusa ermeticamete dall’esterno con una porta blindata, sorvegliata perennemente da una telecamera (ho avuto anche io il mio Grande Fratello).
Terapia radiometabolica con iodioradio 131 è così che la chiamano, si pratica dopo che ti hanno asportato la tiroide con il suo bel carcinoma, serve a distruggere qualsiasi residuo di tiroide e, quindi, previene il riformarsi del cancro in qualsiasi frammento d’organo superstite. Devi solo ingerire una pillola e diventi radiottiva per un pò di giorni e resti lontana dal mondo finchè non smaltisci le radiazioni. E allora che fai? Pensi  e pensi e pensi… a tua figlia che si è appena affacciata alla vita, a tua madre che invece la sta lentamente abbandonando perchè un’altro signor cancro ha deciso che se la vuole portare via e, infatti, di lì a poco ci riuscirà, e pensi pensi pensi… che se ne esci viva nulla sarà più come prima, ed infatti non lo è, né peggio né meglio ma molto diverso, niente più fronzoli, persone inutili, niente più idiozie, solo quello che conta veramente, solo quello che mi va, niente più cose da fare perchè si deve ma solo perchè ti va, fanculo tutti quelli che non ti servono, se il cancro ha avuto un senso allora la mia anima deve crescere fino a farmi scoppiare di essenza. E poi passano gli anni e tu ce l’hai fatta (forse), si susseguono i dolori e i lutti devastanti e tu ce l’hai fatta ancora. E forse tutto questo aveva un senso, forse il senso era semplicemente portarmi qui adesso, per il momento mi basta e se domani ci sarà dell’altro io … ce la farò ancora, ancora ancora…

Maria Paraggio
Quel tavolino, il libro, l’acqua mi fanno tornare in mente giorni in cui mi sono trovata a riconsiderare la mia vita e le cose importanti che avevo messo da parte per dare priorità ad altro. Ci sono momenti in cui, come un flash ti passano davanti anni ed anni e ti rendi conto di quante occasioni sprecate, quanto tempo non vissuto in pieno ed allora vorresti anche solo un giorno in più per non guardarti indietro ed avere rimpianti. Questo pensavo nella mia camera d’ospedale, con monitor vari, fili, un tavolino girevole, un libro e una bottiglietta d’acqua a farmi compagnia e a ricordarmi l’infelice condizione in cui mi trovavo. Da quei momenti nacquero i seguenti versi:
“Vorrei ritrovare il sentiero perduto
seguendo le tracce
delle mie ambizioni passate
Camminare con il vento in faccia
senza paura, liberata dai lacci delle aspettative di altri
che decidono per te, che scelgono per te, senza parlare
senza ordinare, senza persuadere,
con la scusa di amare.
Quante volte ho ripercorso a ritroso la mia vita.
molti gli errori, tanti gli eventi assistiti come dal balcone.
Dall’angolo più alto assistere impotente al progressivo e
inevitabile annullamento e tutti intorno indaffarati a riportarti
là dove volevi scappare.
Consapevolezza della propria stoltezza
Amara verità che ancora non ha imparato ad accettare la sconfitta”.
(Penombra mattutina, pag 16)
Invece non ho accettato la sconfitta. La vita mi ha dato un’altra opportunità ed altro tempo. Tante le cose lasciate incompiute ed ora portate a termine e parte del merito va al mio caro Prof. Moretti e alla prof. Massa.

Viviana Graniero
Mettiamo insieme il treno sul fiordo e il biglietto per un’imprecisata destinazione e quella che viene fuori è una storia realmente accaduta. A me, per fortuna!
Uno degli ultimi viaggi io e mio marito (che all’epoca lo era da appena una settimana) lo abbiamo fatto in Scandinavia… lo sognavamo da tanto e abbiamo approfittato delle ferie matrimoniali per organizzare un lungo giro, di circa 16 giorni. Prima tappa: la danimarca. Copenhagen. E poi in giro per la costa danese, con i suoi meravigliosi castelli e tutt’intorno un’aria da favola di Andersen.
Seconda tappa: la Norvegia. E qui comincia la storia.
Dopo due giorni meravigliosi a Bergen, un paradiso tra i fiordi del sud, avevamo tutto prenotato per raggiungere Oslo facendo ancora una gita in nave tra i fiordi e poi un tratto in treno. La mattina della partenza pioveva a dirotto, in pieno stile norvegese. Le valigie e la pioggia hanno rallentato la nostra corsa verso il pulman che avrebbe dovuto portarci al paesino dal quale partiva la nave. Tre minuti di ritardo (e dico 3 davvero), il pulman è già partito, lo abbiamo perso. Per i primi 5 minuti ci prende il panico, tutto già pagato e organizzato e adesso che si fa? Come ho detto il panico dura 5 minuti, in fondo siamo alla stazione qualcosa si farà. E così con il nostro inglese di bassissimo livello cerchiamo di spiegare l’accaduto alla biglietteria, speriamo che ci convertano i biglietti della gita in 2 per un treno diretto ad Oslo. Niente da fare, sono biglietti di un tour operator, alla stazione non possono far niente. decidiamo di comprare due biglietti per una tappa intermedia e di lì cambiare per Oslo. E quella che ci era sembrata una sfortunitissima situazione si trasforma in una delle cose più belle che abbia mai visto e vissuto, che ricorderò per sempre. Prendiamo un treno che passa attraverso il paese delle meraviglie e mentre fuori diluvia (e tutto sommato, pensiamo, che cosa avremmo potuto vedere da una nave con quel tempaccio?) noi siamo incollati ai finestrini, incantati da montagne, cascate, fiumi, mari e laghi… un trenino che sembra quello dell’edenlandia per quanto è lento, ma scopriamo che è fatto apposta per farti ammirare il tratto di ferrovia più bello del mondo. Sfoglio la mia inseparabile guida del National geographic e scopro che quel tratto è segnalato, che è imperdibile se sei in Norvegia perché non lo scorderai mai più. Vero. Assolutamente. Ti sembra di essere in un documentario, ad un passo dalla perfezione assoluta. E’ più di un semplice paesaggio, è un mondo apparte… come in un film, come in un romanzo d’avventura. Ridi o ti commuovi, apparentemente senza motivo, non puoi farne a meno… è intenso. Vorresti che la stazione di destinazione non giungesse mai, è come avere a che fare con il “per sempre”, ci credi. Esiste qualcosa di eterno e tu l’hai visto, anzi, ne sei stato parte.
Alla fine arriviamo ad Oslo con il sorriso stampato sul volto e mille emozioni che restano dentro, nel silenzio trovano la loro espressione migliore. Abbiamo scordato completamente di averci rimesso circa 200 euro e la gita in nave e corriamo in albergo a posare le valigie, pronti per il resto dell’avventura, che si concluderà la settimana seguente a Stoccolma, ma che ancora è vividissima nel nostro ricordo.

Santina Verta
Vedi Napoli e poi muori“. Me lo disse il nonno della signora Rosa, di Maiori, che abitava nel mio vicoletto calabro. Napoli, la prima città vista, ero affascinata da tutto, che ricordo elettrico,  “Marò, quanto mi è piaciuta sta città!”. Era, ohi la memoria … era fine terza media, aspetta che conto; estate ’64.
Un insieme di flash nitidi e offuscati dall’eccitazione di una prima uscita da casa, ospite da estranei … timidissima … un solo vestito fatto fare per l’occasione. Tre giorni di curiosità  e quel timore del detto dell’accoglienza … non capivo la morte abbinata alla bellezza, mi impensieriva.
Sarei tornata a Napoli nel ’74, pretendendo di studiare e fare anche la mamma, ma la precarietà economica, sempre quella dannata, mi bloccò al quinto esame di lettere moderne, ma intanto avevo avuto l’impatto  escludente con Milano, ma ora  è  Napoli e la sua bellezza che si impenna!
Due giorni ospite da Amica, per caso parente,  ‘ncoppa o Vomero, mi permettevano di passare gli esami in università e poi gironzolare per scoprire parti della città.
Riecheggiano le parole di mia madre “Statt’accorta, a Napule rubbano“, ma io ho sempre avuto coraggio! Ma, quella volta, invertii numero di tram e finii a san Martino, poi al Cardarelli e ripensandoci, mi vien da ridere, non osavo entrare in un bar e telefonare all’amica Annalisa, né tantomeno entrare per un caffè, le parole della mamma … ma   le ore passavano, così la fatidica telefonata: “Annalì, mi signu persa” e lei invece di spiegarmi … chiamò tutta la famiglia e ridevano  e ridevano. “Io nu ci puzzu penzà“, ero già sotto casa loro!
Altra cosuccia di cui ridiamo quando ci ritroviamo  è stata la sorpresa  di vedere scritto vicino  al suo palazzo “Parco Aldebaran” io vedevo un solo Albero recintato e dissi: “Ma Annalì, a Napuli  chiamate parco un albero! E lei: “dai moviti, u parco so i case“!

Stefania Bertelli

Io partirei dal biglietto del tram. Perché a casa mia i trasporti pubblici occupano un ruolo importante. Mio marito ne è responsabile presso il comune di Venezia e si nutre e ci nutre costantemente dei suoi problemi. Tutti i nostri viaggi sono caratterizzati da tappe presso stazioni di autobus, gite in tram, percorsi in metropolitana…su e giù per le città. Per non parlare dei parcheggi scambiatori, per i quali mio marito ha un’insana venerazione: se li vede è capace di inchiodare l’auto, per andarli a fotografare. Detto questo, non è per fare la vittima, ma anche in uno di momenti più importanti della nostra vita Franco non ha voluto derogare. Il giorno che ho partorito per la prima volta, molto inesperta, non ho riconosciuto i primi segni delle contrazioni; allora, informata mia zia del mio stato, lei ci ha intimato di muoverci velocemente… e così ci siamo avviati verso l’ospedale. Essendo io impossibilitata ad andarci a piedi, mio marito ha rifiutato il suggerimento della zia di chiamare un’idroambulanza ed ha sentenziato: si va in mezzo pubblico!
La sfortuna ha voluto che fosse la domenica della Regata storica, la prima di settembre, una delle feste popolari cittadine, quando il traffico acqueo si paralizza; morale… ho dovuto attendere pazientemente presso l’imbarcadero dei vaporetti l’arrivo del mezzo, quando mi si son rotte le acque, … quando sono arrivata finalmente in ospedale, medico e infermiere mi hanno guardato con gli occhi fuori dalle orbite e mi hanno catapultata in sala parto.
Vorrei aggiungere, a questo proposito che, in questo periodo, stanno costruendo dei vaporetti proprio a Napoli. Mio marito è venuto a definire i lavori ed è tornato con pastiere, sfogliatelle e dolci vari, che i soci della cooperativa gli hanno suggerito.

Chi nun tene curàggio nun se cocca cu ’e fémmene belle


Viviana Graniero
Eccomi qui, volevo partecipare già da un po’ e mi sembrava anche di avere un bel po’ di cose da dire e poi, come qualche volta accade, arrivano brutte notizie (e questo periodo mi sembra un incubo, spero solo che finisca quanto prima e ci lasci un po’ in pace) e la tua mente si azzera. Resetta tutto. E poi dopo qualche giorno scopri che in realtà stai rielaborando tutto daccapo, sotto una luce diversa.
Quello che volevo scrivere non lo ricordo più e probabilmente erano una manciata di sciocchezze, però ho molto più chiaro ora cosa sia il coraggio. La forza d’animo, la voglia di lottare fino alla fine, senza perdere il sorriso nemmeno per un momento. Me l’ha insegnato una cara amica, che ha perso la sua battaglia più dura, ma che ha vinto comunque.

La Musa
Mio padre nn era napoletano, ma da buon marinaio cosmopolita, soleva ripetermi: “a lavà ‘a capa a ‘o ciuccio se perde l’acqua e ‘o sapone”. Il ciuccio in questione, manco a doverlo spiegare, ero io [sorrido] essì, lo ammetto, i miei primi 4 anni con la matematica sono stati anni terribili. pomeriggio tipo: mio fratello in salotto a guardare la tv dei ragazzi, mia madre a casa della “generalessa” nostra dirimpettaia e io e papà seduti al tavolo di tek del tinello muniti di fagioli, patate e mele per capire quelle benedette divisioni [sorrido] ah, troppo ho patito prima di afferrare quante volte il divisore stava nel dividendo e per capacitarmi che la divisione ha a che vedere con la sottrazione ma nn è la stessa roba [sorrido] e poi tutti quei minuendi, addendi, sottraendi, prodotti, uff che fatica, che patimenti! lui, papà, era paziente ma inflessibile, finchè nn gli dimostravo di aver capito BENE nn si andava oltre. Una sera slittammo la cena di un paio d’ore; il tavolo era occupato da ogni sorta di orpelli atti a farmi capire le operazioni aritmetiche, che nn si potè apparecchiare per la cena. Il bello è che poi ho fatto il liceo scientifico! 😀

Felicia Moscato
Ricordo ancora quei giorni andati della mia adolescenza …
Allora vivevo in casa della nonna, eravamo in 7 nella stessa casa…
Ogni mattina mi alzavo e correvo in cucina dalla nonna a fare colazione… A quei tempi se non mangiavi in quantità industriale le nonne si preoccupavano. Non gliene importava nulla a mia nonna se erano le 7 del mattino, ti dovevi ingozzare e basta!!! e non si discuteva….ripeteva sempre che “Addò ce sta a sustanza c’è a salut”… io ero nell’età in cui nascevano i primi amori ed ero complessata come non mai per il mio peso “leggermente” abbondante (a sentire mio fratello “er proprj chiatta). ogni qual volta lo facevo presente a tavola (sempre a mia nonna) lei mi rispondeva, come una cantilena, sempre allo stesso modo: A FEMMENA SECCA E COMM NU CAZZON SENZ SACC… e li ero costretta a buttar giù tutto “il pranzo di Natale” che aveva preparato.

Stefania Bertelli
Ci ho pensato a lungo, ma non conosco modi dire analoghi nel mio dialetto. Forse il coraggio non è la prerogativa della mia gente. La mediazione, l’accomodamento, la conciliazione sono probabilmente caratteri che riterrei più appropriati. Le frasi più comuni sono: “spetemo” (aspettiamo), “porta pasiensa”, “cossa ti vol che sia” (per sdrammatizzare).
Mio cognato, che frequenta lo stadio cittadino e segue le disastrose avventure della nostra sinistrata squadra di calcio, assicura che non c’è animosità tra i tifosi, e lì campeggiano sempre festosi cartelloni, con scritto “va ben il calcio, ma xe megio le ombre e i cicheti (bicchieri di vino accompagnati da stuzzichini)”.
Certo i litigi non mancano, ma azioni, che necessitano coraggio, non mi vengono in mente.
Il rischio, per chi non è di Venezia è di confondere il modo bonaccione per docilità, arrendevolezza…e qui c’è la fregatura, perché è latente la presa in giro, la manipolazione, il raggiro. Anche il famigerato saluto “servo vostro” può nascondere lo scherno.

Vincenzo Moretti

Scrivo a Iwano san. Per chiederle se è possibile incontrare il presidente Noyori. Intervistarlo sarebbe molto utile per il mio lavoro di ricerca. E in più potrebbe venirne fuori un bell’articolo.
Ieri sono stato tutto il giorno inquieto. È che questa cosa andava fatta prima. Adesso rischio di perdere un’opportunità importante. E di creare imbarazzo nei miei interlocutori nel caso dovessero opporre un rifiuto. Mi dico che è inutile piangere sul latte versato. E poi stanotte ho sognato mio padre. Procedo.
Dear Iwano san, Thank you very much for your kind attention. I am happy that for my visit to RIKEN it’s all right. In this moment, the materials that I can download from RIKEN’s site are sufficient, but I’ll write you if I’ll need another one. During my visit to RIKEN, I’ll write articles for Il Sole 24 ore, the most important italian economic newspaper, and I would like to interview the President Ryoji Noyori. Do you think is it possible? Thanks again.
I look forward to hearing from you. Yours sincerely.
Aveva ragione papà. Chi nun tene curàggio nun se cocca cu ’e fémmene belle. A fine mese ricevo la conferma della disponibilità di Noyori ad incontrarmi.

Deborah Capasso de Angelis
La mia storia è recentissima e non è una storia tenera come quella di Daniele.
Sono le 17.35 e mio figlio Joseph mi chiede di andare a fare un giretto con gli amici. Dopo pochi minuti sentiamo quelli che credevamo essere fuochi d’artificio. Erano colpi di una semiautomatica seguiti da sirene di ambulanza e  di vetture delle forze dell’ordine.
Mi precipito in terrazza e vedo un carabioniere stendere il nastro per delimitare l’area, capisco all’istante cosa sta succedendo, calzo le scarpe e, con mio marito, corriamo a recuperare Joseph. Sono stati attimi di panico e di estremo sollievo quando lui, ignaro di tutto, mi viene incontro e con sguardo interrogativo mi conforta e mi abbraccia dicendomi di non piangere.
Lo riportiamo a casa e, ormai passato lo spavento, prevale la criminologa che è in me.
Salgo a casa, metto il rossetto e con uno dei miei sorrisi migliori mi avvicino a uno dei poliziotti. Mi presento e riesco a convincerlo a farmi dare una sbirciatina alla scena del crimine, la pasticceria sotto casa mia.
Ho già saputo l’identità della vittima dalle persone interrogate sul posto, era  noto alle forze dell’ordine come un esponente di spicco della camorra locale.
Resto impassibile mentre la scientifica fa il suo lavoro e continuo a carpire informazioni dal poliziotto, la dinamica del fatto, il particolare che i colpi siano stati esplosi al volto sono un chiaro messaggio in codice sul movente del delitto.
Mi vengono fatte domande sull’accaduto ma, purtroppo, non ho informazioni da dare.
Torno a casa, riabbraccio forte mio figlio e rifletto sull’accaduto.
Qualche anno fa sarei stata sconvolta da episodi del genere, la mia preparazione da criminologa è sempre rimasta teorica e, a parte qualche fotografia di autopsie o di scene del crimine, non avevo mai visto niente del genere “dal vivo”. I parenti della vittima da poca distanza osservavano i miei movimenti.
Cosa sono adesso? Ho avuto solo coraggio o mi sono imprudentemente lasciata trasportare dalla mia sete di conoscenza?
Non lo so ancora e so anche che posso fare ben poco per fare in modo che queste cose non accadano.
Quello che so è che queste cose non mi piacciono e che voglio conoscerle ancora di più. Non posso fare granchè ma ho la fortuna di poterlo raccontare alle mie studentesse alla prossima lezione e posso raccontarlo a voi per condividere l’indignazione.

Daniele Riva
La mia bisnonna non l’ho conosciuta: era una donna nata a fine Ottocento e scomparsa sul principio degli Anni Sessanta, prima che io venissi al mondo. Ma diceva una frase che deve essere rimasta impressa a mia madre, visto che spesso me la ripete: “Il tempo non si vede, ma il lavoro sì”. Ovvero, per quanto ognuno di noi ci si applichi, il risultato del suo lavoro – oggetto fisico o intellettuale –  conserva in sé il sudore necessario per ottenerlo o la spremitura di meningi. Pochi giorni prima dello scorso Natale,   aiutavo mia madre a pulire i globi di cristallo dei lampadari del suo salotto, e ancora una volta è uscita quella frase: “Bagaj, ul temp al se véd mea, ma ul laurà sé”. Io, in piedi sulla scala con il secchio, la spugna, il liquido per i vetri, le ho chiesto qualcosa su questa bisnonna sconosciuta. Ebbene, quella frase era la richiesta di non badare al tempo necessario per svolgere un lavoro di ricamo: un impasto di onestà, di orgoglio e, perché no?, di gusto estetico: se qualcosa è fatto con cura, lo si noterà nell’oggetto finito. E naturalmente si sono poi spalancate le cateratte della memoria e il ritratto è stato ampliato:  ricordi di una stalla, di latte appena munto, di fette di salame spesse un dito, di polenta fumante… Poi è arrivato il progresso…

Piccole Storie Crescono | s1-7

INCIPIT
Visita al Ueno koen, uno dei parchi più antichi di Tokyo, inaugurato nel 1873, pochi anni dopo che la restaurazione dell’Imperatore Meiji mettesse fine al dominio politico e militare dello shogunato Tokugawa, dinastia di signori feudali che dal 1603 al 1868 governarono il Giappone.

Storia 7
2. Bruno Patrì

Il quartiere più vicino all’albergo era quello di Ueno. Il suo grande parco ci appariva come incantato sotto il caldo sole estivo. L’umidità saliva e avvolgeva, trasformava la vista degli alti toori. Ecco il primo tempio, dal classico colore rosso acceso.
Saliamo le ampie scale e giunti all’ingresso veniamo accolti da un anziano giapponese che in uno stentato inglese inizia un lungo monologo.
Diamo cenno di gradire il suo intervento, inchiniamo il capo più volte in segno di ringraziamento…… ma lui imperterrito continua con la sua cantilena sbiascicata.
Riusciamo a “fuggire” ……. e continuiamo a visitare il resto del parco. Attraversiamo ampi “corridoi” tra i curatissimi alberi, passiamo sotto agli splendidi toori e giungiamo ad un altro piccolo tempio contornato da antiche strutture incastonate nella vegetazione del parco.

3. Daniele Riva

Lì, con uno dei miei piedi misura extralarge colpisco inavvertitamente una pietra circolare, che rotola di lato e va a colpire con un toc sordo qualcosa in un cespuglio fiorito. È una borsa! E l’anziano giapponese aveva ripetuto spesso nel suo discorso sconclusionato la parola “bag”. Vuoi vedere che?
La curiosità è tanta. Che fare? Aprirla? Chiamare una guardia? Certo, poi quella non spiaccica una parola di inglese e finisce che passiamo la notte al commissariato, come Totò e Peppino…

4. La Musa
“Dopotutto”, mi dico, “è assoluamente lecito aprire una borsa rinvenuta fra i cespugli” del resto se nn l’aprissi nn potrei mai sapere a chi sia appartenuta. mi accingo a farlo, ma qualcosa mi frena e mi colpisce; la foggia della borsa è inusuale e anche il pellame di cui è fatta. sembra proprio una vecchia borsa da medico condotto. cerco l’anziano giapponese, ho bisogno della sua approvazione anche solo fatta di sguardi, ma davanti a me soltanto la distesa dei ciliegi odorosi e di lui nemmeno l’ombra. la borsa è lì, ai miei piedi, un velo spesso di polvere antica ne nasconde la finezza della fattura, la cerniera in metallo sembra ossidata. prendo ancora qualche minuto per decidere, in fondo sono ospite di una nazione molto lontana dal mio modo così occidentale di pensare, nn vorrei trovarmi nei guai…

5. Vincenzo Moretti
Va bé, alla fine se sto qua tutta la notte a pensarci diventa come trascorrere la notte al commissariato. Io la apro. No. Si. Dentro tre monete antiche. Con il buco in mezzo. Uguali uguali a quelle usate al posto degli steli di foglie per interorgare l’I-Ching, il più antico testo di saggezza cinese. No, non sono uguali uguali. Sono proprio loro.

6. La Musa
Ora che ho aperto, davanti a quelle monete antiche mi risuonano alla mente le lezioni del prof. di storia del liceo: un gruppo di transfughi cinesi riparati in giappone portarono con loro alcune cose indispensabili per nn morire di nostalgia: i bonsai, i bamboo e le monete divinatorie de I-Ching. “che meraviglia!” penso fra me e me, “a chi saranno appartenute queste preziose monete e come mai nella borsa da medico nascosta fra i cespugli di acero?” intanto, con le monete fra le mani, vado pulendole per guardarle meglio. il rame così sfregato a poco a poco mi rimanda i suoi rossi bagliori. ecco, ora le vedo bene, due sono sul lato “testa” – lo yang – e una sul lato “croce” – lo yin.

7. Deborah Capasso de Angelis
Morte e vita, ombra e luce, giorno e notte, perfetto equilibrio, interdipendenza, maschio e femmina, destra e sinistra…simboli antichi di una saggia cultura.
Sono inquieto, che faccio? Chiedo consiglio a Luca.
Fa un’espressione da “scugnizzo”. – Papà, comme se dice, ogni lasciata è persa! Piglia ‘a borsa e fuimmo!!! Po’ c’e pensamme!!! -.
Seguo all’istante il suo consiglio!

8. Daniele Riva
Rientrati in albergo, ci attacchiamo a Internet (Luca si attacca a Internet, io lo guardo da dietro le spalle, cosa che lo fa incavolare abbastanza) e troviamo un po’ di informazioni sull’I-Ching. C’è anche un sito che fa le divinazioni. Per gioco inseriamo la frase “Che cosa significano queste monete nella borsa?” e ci risponde: “Cielo e terra si incontrano: la pace”.

9. Adriano Parracciani
E’ una prima risposta. Ma adesso dobbiamo sapere di più su queste monete tonde con un foro quadrato al centro. La ricerca su internet si fa difficlle; non abbiamo idea di come orientarci in questo mondo sconosciuto ed immenso della numismatica. La depressione ci sta raggiungendo quando improvvisamente dal mio hard disk cerebrale spunta fuori il ricordo che serve. – Ma certo, – dico a luca – Alberto! Ti ricordi che è un appassionato di monete? Forse ci può aiutare –  Luca scatta delle foto con il suo iPhone e mandiamo tutto per email all’amico di Roma con la speranza che possa dirci qualcosa di più. Dopo un’ora arriva la risposta – Non m’intendo molto di monetazione cinese ma qualcosa posso dirvi. Innazitutto il foro quadrato centrale, che serviva per agevolare il trasporto infilandole in un laccio,  rappresenta la Terra avvolta dal Cielo del cerchio. Secondo il mio catalogo Krause le vostre monete sono dei Cash della dinastia Song più o meno databili intorno al 1200. Adesso non
vorrei illudervi ma se ho azzeccato l’identificazione siete incappati in  monete qualificate come R5 ossia rarissime, battute in soli tre, dico tre, esemplari !!! Quotazione?? 150.000$ l’una !!!

10. Deborah Capasso de Angelis

Alla faccia del bicarbonato di sodio!!! In casi come questo Totò è d’obbligo!
Continuiamo a fissare la cifra sul monitor ed io ho bisogno di sedermi.
– Papà, ma tu hai realizzato? Ti rendi conto di quello che abbiamo per le mani?-
– Si, Luca. Ma adesso dobbiamo restare calmi e pensare a cosa fare -.
L’anziano signore! Cerco di ricordare le sue parole….bag, peace, danger, end, earth wind and fire…mannaggia a me e l’inglese!

11. Maria Paraggio
Ancora incredulo e adirato con me stesso per non ricordare esattamente le parole, decido che per il momento è meglio pensare ad altro. Se son rose fioriranno! E’ meglio dormirci sopra e non perdere di vista il vero motivo del nostro viaggio in Giappone. Luca conviene con me che è ora di andare a letto. Ci siamo appena coricati, quando sentiamo strani rumori venire dalla porta d’ingresso.

12. Carmela Talamo
Ci alziamo e facciamo una “capatina” fuori dalla porta: turisti, non giapponesi  of course! Mannaggia! Di dormire non se ne parla. Troppa adrenalina, troppe emozioini, troppo di tutto. Ritorno a pensare inevitabilmente alle “nostre” (nostre?) monete, a cosa ci potremmo fare. Ai miei @mici di face, finalmente potrei realizzare il sogno di riunire la big band, stringere le mani di chi ancora non conosco, frugare tra i loro sguardi, respirare le loro emozioni. Ma mi tornano in mente anche gli articoli e le opinioni intrecciate con loro su rispetto, legalità, regole “E allora”, mi chiedo “forse che ciascuno è onesto solo fino a che non si presenta l’occasione?”… “Pa’”  mi interrompre Luca quasi a leggermi nel pensiero”. “Hai deciso?” “Si”… Ci rivestiamo e ci incamminiamo insieme verso la più vicina stazione di polizia.

13. La Musa
Avevo letto qualcosa sulla polizia giapponese: nè particolarmente preparata, nè particolarmente severa, ma una cosa è certa, si avvale di strumenti normativi e mezzi tecnici molto efficienti e chi è ritenuto colpevole paga, e paga severamente fino all’ultimo giorno di carcere duro. “non abbiamo nulla da temere”, mi dico, siamo degli onesti cittadini e come tali ci tratteranno. Il portiere dell’albergo ci indica il più vicino commissariato di polizia che è a due isolati dal nostro albergo, siamo nel grande quariere di Shibuya, sì proprio dove c’è la statua di Hachikō. L’edificio è a due piani, pulito e ordinato come tutto in giappone. Luca spiega brevemente a un agente, nel suo impeccabile inglese, il nostro problema. Questi annuisce e ci indirizza verso una porta in fondo al luminoso corridoio. sulla porta una targa: lost and found. Bussiamo.

14. Adriano Parracciani

Luca inzia a spiegare in giapponese la situazione ma, fortunatamente per me, l’agente lo invita ad usare l’inglese.
– Abbiamo trovato questa valigia nel parco – spiega Luca
L’agente prende la borsa, la osserva e poi la apre. Guarda all’interno con attenzione, infila la mano ma la ritrae stranamente vuota
– Non c’era nulla all’interno?
– Non so dirle, signore – risponde Luca da navigato attore – noi non l’abbiamo proprio aperta
Lo guardo cercando di dissimulare lo stupore mentre sento che sta per venirmi un infarto.

15. La Musa
Ho tirato su un novello Laurence Olivier, altro che ricercatore esperto nipponico! Sorrido, Luca nn finirà mai di stupirmi e intanto penso che quelle tre piccole monete stiano ballando allegramente nella tasca dei suoi pantaloni. Ma sì, dopotutto le cose sono di chi le trova, chi le perde è evidente, non meritava di averle – filosofia nippopartenopea – Usciamo dal commissariato senza scambiarci una parola, la nostra intesa d’intenti va ben oltre. Shibuya è un brulicare di gente, l’aria è fresca e il profumo dei ciliegi in fiore sarà il bouquet che ci accompagnerà per tutta la nostra permanenza a Tokyo. Passiamo sulla piazzetta davanti alla statua di Hachikō, il cane di bronzo, col suo sguardo fiero sembra darci la sua approvazione. Dopotutto i ragazzi meno fortunati di Secondigliano, di Scampia, di Barra, di Ponticelli, hanno bisogno di tutto e quelle monete potranno coprire una parte dei loro desideri, dei loro bisogni. Ci guardiamo io e Luca, il Giappone è davvero la terra dei miracoli.

16. Vincenzo Moretti

Miracoli. San Gennaro. Giuro che lo sto solo pensando. Luca mi guarda e mi fa: “Voglio pigliare tutta ‘a gente di Forcella, della Sanità e del Pallonetto e la voglio trasferire sopra al Vomero, al sole don Vincé, che nei bassi non ci batte mai. Un grande quartiere residenziale per i poveri, pulito comme ‘a Svizzera. Tutta gente onesta, che paga puntualmente, e chi non paga lo caccio via”. Comincio a ridere come un pazzo. Lui mi segue a ruota. Ebbene sì. Nel ruolo di Dudù e don Vincenzo in Operazione San Gennaro ci stiamo a pennello.

17. Deborah Capasso de Angelis
– Moretti san!-. La voce ci giunge quasi ovattata, io e Luca ci giriamo di scatto, impallidendo.
Stavolta San Gennaro lo invoco disperato! Sono quasi sicuro che sono i poliziotti venuti a reclamare le monete ma in giro non ci sono agenti.
– Moretti san! – stavolta la voce è più vicina e Luca si dirige verso la statua di Hachikō. Con gran stupore si trova davanti l’anziano signore incontrato nel parco di Ueno qualche giorno prima. Raggiungo Luca e, dopo una serie di veloci inchini, l’anziano inizia a parlare: – I’m your light. Now you’ve the keys. The young teachs, the old thinks….now you can -. Il tempo di guardarci con aria interrogativa nel tentativo di comprendere l’ermetico messaggio e l’anziano…..

18. Maria Paraggio

Una cosa però era chiara. Il vecchio ci aveva visti “trafugare” la borsa ed era anche a conoscenza del suo contenuto. Oggetti antichi, giovane insegnante, senz’altro faceva riferimento a Luca e alle monete antiche.

19. Daniele Riva
– “Salvatore, ma che stai facendo? Sono  ore che giochi a ‘stu videogghéim”
– “Nenti, pa’ mi ha presu. Ce stanno du’ napulitani che devono risolvere un enigma co’ tre monete. Sto quasi per passà al prossimo livello”.
– “Salvato’, t’ho detto tante volte che prima devi studià. Vai, vai a studiare di là”.
(Salvatore esce sbuffando, il padre si siede davanti alla consolle)
“Munete, ecche so’ ste munete bucate?”

Piccole Storie Crescono | s1-1

INCIPIT
Visita al Ueno koen, uno dei parchi più antichi di Tokyo, inaugurato nel 1873, pochi anni dopo che la restaurazione dell’Imperatore Meiji mettesse fine al dominio politico e militare dello shogunato Tokugawa, dinastia di signori feudali che dal 1603 al 1868 governarono il Giappone.

STORIA 1
2. Deborah Capasso de Angelis

Entriamo nel tempio di Benten-do sull’isoletta al centro del lago. Luca respira profondamente, quasi volesse farsi penetrare dal delicato odore dei fiori. Io lo guardo e lo riscopro, un uomo che tocca con mano quello che finora aveva sognato. Sorride e chiude gli occhi, è felice.

3. Lucia Rosas
Come Saigo Takamori: con l’aria fiera di chi guarda al domani e io nel ruolo del cane fedele mi chiedo cosa accadrà. Non mi stupirei se per cena proponesse di indossare il kimono. Troppe sensazioni a pelle.

4. Anna Aquilone
Ogni volta che visito un paese straniero è la stessa storia,insieme alla gioia della nuova esperienza si accompagna una stana malinconia, un formicolio nello stomaco, simile all’innamoramento. Gli odori , i sapori e i colori che sto metabolizzando lentamente, diventano  parte di me ,fino a quando, improvvisamente riconosco luoghi e situazioni…  . Li chiamano déja-vu !

5. Sabato Aliberti
Luca mi spiega che il tempio di Benten-do è dedicato alla patrona degli innamorati, della ricchezza e delle arti. Mi viene in mente la nostra festa di S.Valentino. Il contrasto tra spiritualità e matrialismo.

6. Dora Amendola
Ma l’atmosfera quasi mistica, che nello splendido luogo aleggiava leggera e che dolcemente aveva rapito Luca e me, all’improvviso fu rotta dall’insistente e quanto mai inopportuno squillo del telefonino. Acciderbolina! Avevo dimenticato di spegnere l’infernale aggeggio! “Papà, ma fai sempre questo!” tuonò Luca con uno sguardo di benevolo biasimo.

7. Lucia Rosas

Stavo replicando che omaggiavo questa terra usando un loro prodotto di punta quando lo sguardo di pietra di un signore anziano mi ricordò che eravamo lì per il piacere della compagnia e spegnerlo non mi avrebbe fatto male.

8. Stefania Bertelli
Prima di spegnerlo, però, non rinunciai a darci una sbirciatina. Diamine, avrebbe potuto telefonare chiunque: qualche parente che stava male, un amico che non sentivo da tempo, qualcuno che mi offriva un lavoro nuovo e interessante. Non potevo certo, in nome della spiritualità, rinunciare, a cuor leggero, a quella che sarebbe potuta essere la chiamata più importante della mia vita!

9. Lucia Rosas
La curiosità uccise il gatto. e lo fece anche stavolta. Era dall’Italia e non era in memoria. Ormai la chiamata era persa  e la mia fantasia galoppava, chi aveva avuto quel numero? Sapeva che stavo dall’altra parte del mondo? Deciso, avrei richiamato in albergo, uno strano brivido lungo la schiena mi diceva di farlo.

10. La Musa
Il tempo di una doccia veloce, mettermi comodo ed eccomi pronto; compongo il numero e resto in paziente attesa, che ore sono? qui in Giappone sono le 11.55 p.m. in italia siamo intorno alle 8 di mattina, “menomale” mi dico, è un’orario decente per chiamare. dopo una lunghissima attesa di tuuuuu tu tuuuuuuuu, la voce metallica del disco mi dice che il numero nn è raggiungibile. e vabbuò, sono stanco e nn insisto, una buona salutare dormita mi rinfrancherà dalle fatiche e le emozioni della giornata appena conclusa. chiamerò appena mi sveglio, orario permettendo.

11. Carmela Talamo
Storia 1.11 Infatti, alle 2.30 (ora locale) il trillo del cellulare mi catapulta letteralmente giù dal letto. A malapena riesco a farfugliare un pronto che se lo avessi pronunciato in giapponese sarebbe stato più comprensibile. Dall’altro capo del mondo mi arriva uno “Ciao Vincè” fresco e pimpante “Volevo essere sicuro di non disturbare e ho chiamato prima di pranzo” Ma chist chi è?

12. Lucia Rosas
Una cosa è certa: non è una delle mie solite frequentazioni. Cerco di ascoltare il suone della voce, l’inflessione ma non mi sovviene niente. Oddio panico! Fa che non sia una rimpatriata scolastica, ho fatto una fatica immane a ritagliare questa vacanza. Ma così non ascolto cosa dice.

13. Viviana Graniero
… ma una frase mi riporta alla realtà ” Vince’ ma che hai combinato”… ma sì, adesso lo so, questa voce la conosco! e finalmente ascolto quello che mi si dice dall’altra parte “Vincé, sono Salvatore… ma che hai combinato???? e dove stai???? è venuta a cercarti la polizia!”

14. Carmela Talamo

“Vincè ma mi senti? Mi pare che stai dormendo”. Ancora Salva… Gaetano!! D’un tratto la faccia di mio fratello si materializza davanti ai miei occhi. “Gaetà ma lo sai che ore sono?” “Sarà ‘a mezza, ma perchè stai mangiando?” “Gaetà sono le 2,30” “Allora ‘e mangiato già?” “Di notte Gaetà. Sto A Tokyo” “Tokyo? ma non era il mese prossimo? WOW! e mò che fai?” “Dormo Gaetà, dormo, con il permesso tuo e di Salvatore”.

15. Adriano Parracciani
Ma come? Vai in Giappone e dormi? Io nun dormisse mai. Vabbuo’, comunque ti ha cercato la polizia, dice che c’è un problema con il tuo passaporto e che non puoi espatriare. Oh, ma mo comme faje se sei già espatriato?

Piccole storie crescono | Numero Zero

Incipit
Scrivo a Piero per dirgli dell’idea di portare con me, naturalmente a mie spese e trovandogli una sistemazione autonoma, mio figlio Luca, che ha 25 anni, studia lingua e cultura giapponese e ogni tanto cucina anche giapponese.

Storia 1
2. Deborah Capasso de Angelis

Aspetto con ansia la risposta sperando che mi dica di non preoccuparmi per Luca. Sarà anche lui un gradito ospite!

3. Daniele Riva
In fondo i giapponesi sono noti per la loro maniacale precisione, per l’accanita ostinazione nell’osservare le regole e per la loro squisita ospitalità. Piero non dovrebbe avere difficoltà a convincerli.

4, Vincenzo Moretti
Purtroppo mi sbagliavo. Naturalmente non su Piero e neanche sull’ospitalità giapponese. E’ che ragioni di forza maggiore impongono di annullare ogni viaggio verso il Giappone. La delusione è tanta. Propongo a Luca di tornare a Sydney. Non me lo fa dire due volte.

5. Viviana Graniero
Tutto sommato, dice Luca, un nuovo viaggio avventuroso non è poi una cattiva idea e c’è sempre tempo per il lontano Oriente…
Surf, natura salvaggia e la grande città… ma sì, partiamo!

6. Anna Aquilone
Partiamo?  Ma quanto tempo ci vuole per arrivare dall’altra parte del modo ? Non voglio nemmeno pensarci…anzi …ci penso proprio, tutto quel tempo senza cellulare che squilla, solo con i miei pensieri e con…quanti libri riuscirò a leggermi durante il volo ?! Un sorriso si allarga sulla mia faccia. Partiamo !

7. Dora Amendola
In realtà Luca è un patito del mare e della tintarella e visto che in questo periodo in Australia è estate, il ritorno a Sidney non gli è per nulla dispiaciuto. Certo il Giappone ha il suo fascino, ma non importa perché sarà sicuramente la meta del nostro prossimo viaggio.

8. Viviana Graniero
Australia arriviamo! In aereo Luca mi elenca tutti i posti da vedere, tutto quello che assolutamente non possiamo perdere… mi ha comprato anche uno di quei costumi che sembrano pantaloni da rapper, non ho avuto il coraggio di dirgli che sarei stato più a mio agio persino con un costume alla tarzan che con uno di quei cosi… pazienza, mi adatterò anche a questo…

Storia 2
2. Stefania Bertelli

E’ la prima volta che facciamo un viaggio noi due, da soli. Sono un po’ preoccupato, perché non so come andrà, ma anche molto eccitato. Mio figlio è diventato un uomo e quasi non me ne sono accorto: le sue competenze rappresentano per me una sfida. Il suo amore per la cultura giapponese mi aiuterà a conoscere meglio quel paese.

3. Vincenzo Moretti
Adesso che non si può, cosa darei per fare un viaggio da solo con mio padre. Certo che è strana la vita, al tempo avrei inventato chissà quali scuse per evitarlo. Era testone, prepotente, voleva avere sempre ragione lui. Proprio così, era un uomo straordinario.

4. Daniele Riva
Chissà cosa avrebbe pensato di questi grattacieli, della monorotaia veloce, della monnezza che vengono a prendere a casa. Avrebbe borbottato qualcosa del tipo “Chisto è tutto n’atu munno! Però Napule tene ‘o sole!”

5. Cinzia Massa
Ah, papà. Grande filosofo della quotidianità. Mi assale un moto di tristezza interrotto quasi bruscamente da Luca che mi dice: “senti pà con il gruppo stiamo pensando ad un concerto di inizio primavera…” “oddio – penso – non gli ho ancora detto nulla del Giappone!”

6. Tina De Simone
Un concerto??? questa primavera??? No, devo parlargli subito, non posso più rimandare… deve sapere!! Omai è un uomo, il bambino capriccioso che era da piccolo è cresciuto. Gli dirò della visita e della brutta notizia che mi ha dato il medico. Questo viaggio con lui è troppo importante ora!

7. Vincenzo Moretti
Per essere brutta, la notizia è brutta. Però come tutte le volte in cui non puoi farci più niente, è inutile stare a piangerci sopra. E poi quante volte i medici si sono sbagliati. Ho cambiato idea, a Luca non dico nulla, deve decidere se venire con me senza condizionamenti.

Storia 3

2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Viviana Graniero
Ci divideremo le valigie: i miei maglioni misti alla sue T-shirt, i suoi cd misti ai miei… i nostri libri… quegli stessi che ho letto io e che ora ritrovo sul suo comodino e mi danno uno strano senso di malinconia e insieme di orgoglio.

4. Vincenzo Moretti
Assurdo. Luca mi ha detto che lo hanno preso a lavorare alla Feltrinelli. Lo so che il lavoro è importante, ma adesso io come faccio? Rimandare non posso. Andare da solo non mi va. Mi sa che intanto me ne vado a Procida da Salvatore. Sono il luogo e la persona ideale per rilassarsi e pensare.

5. Viviana Graniero
E mentre scelgo qualche libro da portare con me a Procida mi arriva una mail… “Ehi, ma per quel caffé poi???? bacio, Carla.”
Ecco giusto lei ci mancava ad incasinare la mia vita… che faccio, parto o resto?

6. Maria Maddalena Fea
Detesto dover scegliere, quando entrambe le situazioni mi interessano.
Sono ancora arrabbiato con Carla, ma leggendo la sua mail ho avvertito le farfalle nello stomaco, è una sensazione che mi piace nonostante tutti i problemi che comporta…e ne comporta sempre tanti avere a che fare con lei…

7. Viviana Graniero
E’ una persona particolare e il mio buon senso mi dice di starle alla larga, ma poi la guardo sorridere e si apre un mondo… ha quel sorriso infantile, che ti strega e ti fa abbassare le difese… ma sì… infondo si tratta solo di un caffé, che male c’è?

8. Maria Maddalena Fea
Prima però telefono a Salvatore e gli confermo che domani nel primo pomeriggio sarò da lui, così mi metto al riparo  da un eventuale colpo di testa nel caso in cui il sorriso di Carla stasera fosse più ammaliante del solito…e poi le scrivo proponendole un aperitivo al solito posto, quello dove abbiamo litigato l’ultima volta…ripartire da lì per ricostruire una parvenza di rapporto mi pare una scelta sensata…
La sua risposta arriva immediata “non posso aspettare fino a stasera. Mi stanno succedendo cose strane, devo vederti SUBITO”

9. Stefania Bertelli
Le avventure di Carla non rappresentano per me una novità. Quando la conobbi, era la persona più incasinata del mondo. Non sapeva decidersi tra due lavori e neppure tra due fidanzati. In quel marasma mi ero infilato io. Forse mi piaceva proprio per quello: nessuna certezza, nessuna stabilità, nessun impegno (da parte mia).

10. Maria Maddalena Fea
La giornata trascorre veloce. Preparo la valigia e mi rilasso nel silenzio di questa casa che ha il potere di rigenerarmi, tra un disco di Coltrane e un paio di caffè con inevitabile sigaretta. Puntualmente alle sette mi trovo all’appuntamento, preparato a non indispormi per il classico quarto d’ora di ritardo che senz’altro, come al solito, avrà Carla. E invece no. Me la trovo davanti appena varco la soglia del bar. Mi fermo interdetto a guardarla, seduta ad un tavolino in fondo alla sala. Avvicinandomi mi rendo conto che qualcosa non va veramente, in lei.

11. Tina De Simone
“Carla” le dico quasi bisbigliando. La luce nei suoi occhi è fioca e nel sorriso accennato non c’è spensieratezza infantile, ma una tristezza raggelante!!!
“Siediti” mi dice ed io paralizzato da tanta serietà, sto su quella scomoda sedia.

12. Viviana Graniero
“Sono Incinta” mi dice seria, buttando rapidamente giù un intero bicchiere d’acqua, “me l’ha confermato il medico qualche ora fa…”

13. Adriano Parracciani
Cavolo, non so cosa dire in queste situazioni. Non ho mai la casella pronta per la situazione giusta, come diceva il grande Giorgio Gaber in una delle sue canzoni. Provo a buttarla sul gioioso – ma è una notizia fantastica – le dico impostando il miglior sorriso del mio armamentario – E cosa ci sarebbe di fantastico, scusa? – replica lei secca – Ma come? Stai per diventare mamma, non lo trovi fantastico? – Mi guarda dritto negli occhi ed intuisco che sta per dirmi qualcosa di eccezionale – Bene, allora troverai sicuramente fantastico che tu stia per diventare nonno ! –

14. Cinzia Massa
Nonno?!! Trasecolo, sbando, mi si accappona la pelle. Carla è li che mi guarda. La guardo. E’ bella, allegra, coinvolgente, è giovane. Si è vero ho sempre pensato che prima o poi tutto sarebbe finito. Del resto non ha nemmeno trent’ anni, ed io ……Ma Luca no!!!! Con mio figlio no!!

15. Maria Paraggio
Che stupido che sono stato! Come ho fatto a non accorgermi di niente! Penso tra me. Mi sento un cretino. Non so cosa rispondere. Mi sento doppiamente tradito. Mi alzo, le tendo la mano salutandola e le dico ” Vi auguro di essere felici e buoni genitori”. Devo uscire in fretta, ho bisogno di aria.

16. Maria Maddelena Fea
Ripenso affannosamente ai colloqui con Luca avuti ultimamente. E’ vero, mi aveva accennato ad una nuova presenza femminile nella sua vita, ma non ci avevo fatto molto caso, lui è così, si infiamma facilmente e la settimana dopo con nonchalance mi comunica che no, era un falso allarme, già tutto finito, la prossima sarà di sicuro quella giusta e avanti così…

17. Felicia Moscato
Volevo andare da Salvatore per rilassarmi e pensare ma credo che Procida non sia più la soluzione giusta. In questo momento ho più confusione in testa io che quella che generò il Big Bang. Devo fermarmi un attimo, ripensare al mio obiettivo e fare delle scelte. Deciso: metterò in atto un veloce processo decisionale per arrivare alla scelta meno sbagliata. Parto con Riccardo o rinuncio a Tokyo?

Storia 4
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Maria Paraggio
Magari Piero mi prenderà in giro , ricordando il film ” In viaggio con papà”. L’abbiamo visto insieme, nel 1982. Eravamo giovani e pieni di sogni, progetti, ambizioni proprio come il mio Luca. Sognavamo l’America, grandi città, successo e soldi. Chi l’avrebbe mai detto che la sorte ci avrebbe diviso e destinati a luoghi così distanti geograficamente e culturalmente!

4. Deborah Capasso de Angelis
Chissà che impressione faremo ai giapponesi! Due “giganti buoni”! Magari ci ripenso, lascio a casa Luca e chiedo ad Adriano di accompagnarmi!

5. Adriano Parracciani

E così vedrebbero un “gigante” ed un “genio”. Uhm, no; Adriano sarà pure geniale ma di lingua e cultura giapponese ne sa meno di un pastore sardo, con tutto il rispetto. Absolutely, meglio Luca, no doubt.

Storia 5
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Adriano Parracciani
Però, per dirla veramente tutta manca ancora qualcosa: che ho una gran voglia di fare questo viaggio con lui; padre e figlio soli per il mondo.

4. Maria Maddalena Fea
La risposta di Piero arriva il giorno dopo. Fisso sconcertato lo schermo e rileggo la mail più volte…ma come è possibile?!?

5. Carmela Talamo
Piero mi scrive che, conoscendomi, era sicuro che avrei voluto condividere questa avventura. Ha già organizzato tutto per due. Gli mancava solo di sapere il nome del mio accompagnatore.

Storia 6
2. Paola Bonomi

E Luca sarebbe un perfetto interprete, non tanto del mio “partenopeo english”, quanto di quella sciolta parlata con le mani e con il corpo, di quell’eccesso d’affettività verbale che potrebbe fare insorgere incomprensioni con i cari amici giapponesi. Già mi vedo e sorrido.

3. Daniele Riva
Che poi, magari, mi scappa un gesto – che so? di allargare le braccia in segno di rassegnazione – e quel gesto in Giappone vuol dire tutt’altra cosa. Anche perché, mi hanno detto, ci sono gesti per gli uomini e gesti per le donne. E se faccio quello da donna, che figura ci faccio? Luca potrebbe salvarmi.

4. Stefania Bertelli
Mi viene in mente, a questo proposito, che Luca ed io, una volta, abbiamo visto insieme un film, si chiamava “Lost in traslation”, proprio ambientato a Tokio, dove il protagonista faticava a mettersi in contatto con i giapponesi, quanto abbiamo riso! Mi ero identificato in quell’attore molto alto, di cui non ricordavo il nome, ” ma è Bill Murray, papà, quello di Ghostbusters”.

Storia 7
2. Carmela Talamo

Luca. All’improvviso la tenerezza dei ricordi si confonde con la speranza per il futuro. Lo rivedo tentennante che muove i primi passi e lo immagino sicuro che mi guida per la sconosciuta metropoli e…poff…è arrivata la mail di Piero.

3. Paola Bonomi

La risposta è positiva al punto che ha già pianificato il nostro viaggio. Quindi abbandono subito la nuvola dei ricordi che mi aveva assalito e cedo totalmente anima e corpo a nuove sensazioni: paura, eccitazione, curiosità. In una parola (anzi due): Giappone, arrivo!!!

4. Vincenzo Moretti
Ancora l’avviso di ricevimento mail. Ancora Piero. Mi dice che si è scordato di dirmi che dovrei fargli un favore: portare in Giappone il suo vecchio cane. Portare in Giappone un cane? Ma si può fare? Come si fa? E chi glielo dice a Luca?

5. Viviana Graniero

Ed eccomi il giorno dopo a girovagare su internet per cercare qualche informazione su come far viaggiare gli animali… e mentre spulcio, trovo questo stranissimo sito… un’illuminazione!

6. Maria Paraggio
Così scopro che per portare in Giappone un cane è necessario un controllo sanitario. Inoltre deve essere dotato di Microchip (discernimento di individuo), 2 vaccinazioni contro l’idrofobia, esame del sangue,180 giorni di quarantena in Italia, dichiarazione di importazione al Servizio Quarantena Animali giapponese entro 40 giorni prima dall’entrata in Giappone. Insomma, un dirottatore salirebbe su un aereo più facilmente di un cane!

7. Paola Bonomi
E poi parliamone di questa idea di cane: pesa poco più di due etti, se lo nascondo in una tasca della giacca scompare ed è di una marca che non riesco nemmeno a pronunciare…ciuaua  ci che?

8. Adriano Parracciani
Mentre mi affanno ansiosamente alla ricerca di una soluzione, arriva una nuova email di Piero, dalla quale scopro il suo l’animo burlone che ignoravo. Mi scrive che il suo “vecchio cane” è in realtà un quadro di uno sconosciuto pittore fiammingo, antico regalo di una sua ex a cui è tanto affezionato.

9. Tina De Simone
Ma quanto sarà grande questo quadro??? Come dovrò imballarlo?? Come lo imbarco sull’aereo? Dovrò mica portarlo su come bagaglio a mano??? entrerà dal portellone? Preferivo il cane …. il ciuaua almeno lo nascondevo in tasca!!!

Storia 8
2. La Musa

La risposta non si fa attendere, Piero ha dato il suo benestare. Me lo comunica via mail, una domenica mattina, il viaggio è prefissato per il mercoledì successivo; giusto il tempo di stivare due trolley e si parte. Napoli-Roma-Milano-Tokyo: 13 ore e spicci con voli diretti, Dio ci scampi da eventuali subbugli aeroportuali. Luca non sta nella pelle e io come lui. La terra degli Shōgun ci attende; mi torna alla mente Itto Ogami – al quale peraltro assomiglio un po’ – e suo figlio Daigoro, un bel connubio di amore paterno/filiale e complicità.

3. Vincenzo Moretti
Tra pochi minuti comincieremo a sorvolare la Russia, Luca mi parla di quando siamo tornati dall’Australia mentre io sono alle prese con il tavolino che nn riesco a far uscire dal bracciolo.
Le parole sono rassicuranti, il tono di voce no. Luca che mi spiega che faremo uno scalo non previsto all’aeroporto di Mosca. Perché? Per quanto tempo? Ho una paura matta, ma faccio finta di niente.

4. La Musa
Attimi, frammenti di tempo che sembrano interminabili quando è la paura a farla da protagonista; respiro lungo, scrollo la testa per spostare ‘sti pensieri molesti, non voglio assolutamente trasmettere a mio figlio quest’ansia che mi sta pervadendo e ci riesco. L’aereo, fra un beccheggio e un altro, è entrato nei fasci di luce della pista d’atterraggio: Sheremetyevo Airport, voli internazionali. tutto sommato, assomiglia un pò all’aeroporto di Perth del viaggio australiano. la paura è scemata, Luca è sorridente; siamo consapevoli che ci attende una lunga fila per gli inflessibili rigidi controlli, finiti i quali ci indirizzeremo verso un albergo sulla Moskova, temperatura: -7°

Storia 9

2. Sabato Aliberti

Con la precisione che lo caratterizza, Piero mi risponde in giornata dicendomi che non ci sono problemi e che, anzi gli fa piacere. E poi è curioso di assaggiare una prelibatezza nippopartenopea.

3. Anna Aquilone
Sushi ? Saschimi ? Ma non lo sa Piero che anche noi campani siamo maestri con il pesce ? Avete presente quelle alicette crude marinate, che fanno , per esempio, a Capri ? Luca ifatti, sa preparare un piatto fatto proprio con alici marinate e…riso !

4. Viviana Graniero
Questa cosa deve averla ereditata dalla madre, la passione per la cucina… che poi è come la passione per i viaggi: è lo scoprire i sapori e gli odori, è il miscelare, l’integrare e poi assaggiare quello che non si conosce o che si conosce pure, ma che alla fine è sempre diverso.

5. Anna Aquilone
Si, voglio tentare di mischiarmi ai colori ed agli odori di questo paese,tentare, per il tempo che sarò qui,di assumere il loro punto di vista, di pensare all’orientale. Per prima cosa, sfidando le risate di Luca e Pietro, vado a comprarmi un bel kimono!

6. Carmela Talamo
Già, comprare un Kimono! Avete idea di quale sia l’altezza media di un giapponese? Posso solo dirvi che è molto, ma molto lontana dalla mia. Comunque non sarà certo qualche centimetro ad interrompere il mio processo di integrazione.

7. Viviana Graniero
E infatti quando rientro a casa col mio Kimono-minigonna, Luca mi prende in giro e ride come un matto… ma io non mi smuovo di un passo e ficco il mio nuovo acquisto in valigia. Ne sono ogoglioso e niente e nessuno mi farà cambiare idea.

8. Paola Bonomi
In kimono, calzini e mocassini, sarò protagonista e portavoce di una cultura occidentale curiosa di confrontarsi con il vasto mondo a Oriente.
Eh, sì! Proprio una grande occasione: crescere ancora.

Storia 10
2. Adriano Parracciani

La fissa del Giappone gli venne sin da piccolo, a forza di guardare quei bruttissimi cartoni animati manga. Non che avvessi un pregiudizio ideologico, ma francamente non riuscivo a vedere in Ken il Guerriero l’evoluzione di una Pantera Rosa o di Wile Coyote e Beep Beep.

3. Felicia Moscato
La stessa fissa continuò a maturare in lui quando per il suo 15°compleanno gli regalai un bel bonsai di acero rosso giapponese. Pensai che, data la sua passione per il Giappone, un bonsai poteva essere un’ottima sostituzione del classico”cucciolo da appartamento”.

Storia 11
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Adriano Parracciani
Però, per dirla veramente tutta manca ancora qualcosa: che ho una gran voglia di fare questo viaggio con lui; padre e figlio soli per il mondo.

4. Stefania Bertelli
Accidenti agli smemorati! Mi sono dimenticato di chiedere a Piero dove io sarò alloggiato; mi ero raccomandato di trovare un luogo, il più possibile familiare ed accogliente, vista la mia contrarietà verso gli alberghi modernissimi e anonimi . Invio perciò una seconda mail.

5. Tina De Simone
Ricevo il letto al mio scritto … la seconda mail è arrivata. Vediamo cosa risponde …
Ancora “Invia-ricevi” e arrivano le notizie da Piero:
Caro amico mio, visto che cercavi un posticino accogliente e poco moderno, ti ho trovato una camera presso una tradizionalissima famiglia giapponese, spero gradirai lo sforzo che ho fatto per te! Io invece starò in un’altra stanza, proprio in uno di quei modernissimi alberghi che tu odi, ma ci vedremo, stai tranquillo.

Storia 12
2. Paola Bonomi

E Luca sarebbe un perfetto interprete, non tanto del mio “partenopeo english”, quanto di quella sciolta parlata con le mani e con il corpo, di quell’eccesso d’affettività verbale che potrebbe fare insorgere incomprensioni con i cari amici giapponesi. Già mi vedo e sorrido.

3. Tina De Simone
Viene da ridere anche a me!!!
Siamo sicuri che Luca potrebbe davvero spiegare ai cari amici giapponesi come mai davanti a del pesce crudo, un uomo può brontolare tanto???
“ma chisto nun è magnà!!! … a chi o’ vulite dà!!
Il cameriere giapponese corre al tavolo a chiedere cosa c’è che non va …
Luca, imbarazzatissimo, scuote il capo a destra e sinistra nervosamente, continua a ripetere … 何もない (nulla … nulla) e si alza imbarazzatissimo … cerca con lo sguardo la cassa per poter pagare .. vuole solo allontanarsi!!!
Mi prende sotto il braccio e mi ritrovo all’uscita … con cinque giapponesi che mi fissano e mi ripetono: ARIGATO’ .. ARIGATO’!!!
Ed io: “Luca, addò vaie … chiste hanno capito che ie vulevo a PASTA!!!”

4. Vincenzo Moretti
Per carità. Se gli combino uno scherzo simile Luca sta una settimana senza parlarmi. Di Più. Se ne torna a Napoli. Ancora di più. Mi porta in un posto sperduto di Tokyo e mi lascia lì, sapendo che non sarei capace di tornare neanche in taxi. L’unica sarebbe la polizia, ma sai che figura. No no, su queste cose non si scherza.

Piccole storie crescono | Istruzioni per l’uso

L’ispirazione me l’ha data neanche a farlo apposta La Musa, anche se in una versione diversa da quella che intendo proporvi e che, lo dico subito, non so ancora bene se e come possa funzionare. Diciamo che è un gioco  esperimento e che, come mi hanno insegnato i miei amici scienzati, in quanto  esperimento può riuscire o fallire.
Passo a spiegare come dovrebbe funzionare il gioco. Dopo di che spero mi diciate cosa ne pensate e se vi va di giocare. Infine, ammesso e non concesso che ci sia qualcuna/o disposta/o a farlo, cominceremo a giocare.

ISTRUZIONI PER L’USO
Titolo
Piccole Storie Crescono

Finalità

Riscrivere Enakapata a 10, 100, 1000 mani. Far diventare ogni pagina (giornata) del diario un giardino dei sentieri che si biforcano.

Modalità
Ogni  lunedì vengono pubblicate le prime righe (fino al primo punto) di una delle giornate di Enakapata, in ordine casuale (Piccole Storie Crescono non è il clone di Enakapata).
Queste righe faranno insomma da incipit, dopo di che la parola, meglio, la scrittura, passa a noi.

Premesse
1. Chi decide di giocare, lo fa rispettando le regole. Punto.
2. Chi decide di giocare, lo fa accettandone le finalità.
3. La scrittura è assolutamente libera purché rispettosa della Netiquette.
4. Niente Berlusconi, Bersani, Di Pietro e così via discorrendo, nella mia vita tutto questo ha un peso già troppo rilevante e non intendo averci a che fare anche quando gioco.

Regole
1. Si comincia il lunedì postando una volta sola e solo al livello 2.
2. Dal martedì al venerdì si può postare un solo post per singola storia.
3. Il sabato e la domenica niente vincoli se non quello di non postare di seguito nella stessa storia.
4. Ciascun post deve essere lungo max 7 righe, va contrassegnato con il solo numero 2 se è collegato all’incipit e con il numero della storia e il numero progressivo negli altri casi (esempi: 2; Storia 3 – 5; Storia 1-12; Storia 9 – 6).

Fase  Transitoria
E’ fissata in un mese, termine entro il quale saranno definiti eventuali cambiamenti delle modalità o delle regole.

Tautogramma Enakapata

enakapata3Nuovo gioco, nuova corsa. L’idea è arrivata ancora una volta via Facebook, ma stavolta il sasso nello stagno l’ha gettato Francesco Caruso. Cos’è un tautogramma l’ho imparato dopo il suo messaggio: uno scritto in cui le parole iniziano con la medesima lettera. Il nuovo gioco ha una sola regola, anzi due: si possono usare solo le lettere (una sola, naturalmente) che compongono la parola Enakapata; non si può usare la k per comporre parole come ke, ki, kiara, ecc. That’s all, folks. Buona Partecipazione.

Deborah Capasso de Angelis
Nessuno nasce nella nefandezza. Nessuno nutre nel nido neonati nefandi. Nessuno nasce nazista.

Keep kindness, kiss keenly, kill kingbird, knot kismet.

Promessa. Parole, pesanti pietre, penetrano profondi pensieri.

Tutto taceva troppo tranquillo! Trasportata, tosto trascrivo tautogrammi

La Musa
Bandana&banana, Bacucca, Babbeo, Bamberottolo: BALORDI! Baldanzosamente baritoneggiano, barbugliano bizzosi – “badilate, badilate!” – bastonando baldi benpensanti barricadieri. Banditi, bracconieri, buoniannulla, BASTARDUME!

E di ENAKAPATA
Egea era euforica; esteticamente esile, efebica, eclissò eterea entro elevatore, ed essendo estate, evinse essere epoca esatta: evadere, evadere! era eccepibilmente eccitata; enigmaticamente, evocava estrosi espedienti: evitare escursioni estere. Ella era ellenica ed edonista – “efkaristò” – esclamò ebbra entrando. ecco, era eliaco Eden. Ermete echeggiò: “efkaristò?” erano entrambi emozionati esternandosi enfatiche effusioni. “Egea…” “Ermete…” era entusiasmo endogeno, eccellenti evasioni. echinocactus ed euphorbia, elicrisio ed edera. era, ebbene, efflorescente estate.

“Pò-Pò-Pò, PiO-PiO-PiO” pigola petulante pulcino Pancho; “porca paletta Pancho!” parlotta papera Polda – “per piacere Pancho, papà Pinco potrebbe prenderla prosaicamente!” papà papero, passata paura per puma poco placido, pensato pressare pisolino pomeridiano. “Pii-Piii-Piiii, PiOO-PiOOO-PiOOOO” prorompe precipitoso Pancho. “Panchooo!” Polda perde pazienza. “piccolo prepotente, proprio persecutore!” – predicozzo per punire pestifero Pancho – piano piano, pulcinetto pigola placato “pio-pì, pì-pì” “piuttosto” – pensa – “prenderò panni per partire – piii – partirò per posti privi papere pedanti!”

Clarissa casuale cardiologa [in C]
Credendolo con collasso ciclo cardiaco completo, Clarissa corse con CGRP – conosciuto composto chimico con caratteristica capacità contrazioni cuore – cercando cavità capace convergere corroborante. Camillo continuò camminare carponi causa cute cuoio capelluto crivellata; Clarissa constatando cicatrice craniale, cautamente condusse Camillo canapè cremisi, costringendolo coricarsi con capo chino. Camillo, colorito cadaverico, chiese caffè corretto con cointreau; categorica, Clarissa costrinse costui calmarsi con camomilla.

Concetta Tigano
Eterea estate,
espugni effimeri equilibri.
Eterno equinozio,
esalti estranei eremiti.
Entrambi esprimono estasi ed ebrezze.
Eludendo errori…evochiamo efficaci Elisir!!

Trasformi
timide tentazioni, teneri turbamenti,
tessendo trasparenti tele.
Trasmetti
tumultuose tempeste, traboccanti torrenti
tacendo.

Nessun nomade naufraga nelle nuvole
Niente, nemmeno nubi e nebbie nuociono
Noi, nuovi nostalgici, nuotiamo nelle nostre nostalgie
Noi nocchieri naufgaghiamo nella natura, nelle nuvole
Nuove nebbie nascondono nostro Nadir
Nuove ninfee nascono, nuotano nel nostro nuovo nulla.

Viaviana Graniero
L’ACINO ALL’ASTUTO (LA VOLPE E L’UVA IN A)
Anticamente , animale astuto, acuto, assai ambizioso, accusando assenza alimentare, avanzava affamato. Arrivò ad appezzamento affollato abbondanti, altissimi acini. “Ah! anelato alimento…” allora atleticamente allungò arti, ancora… ancora… Azz! Arduo arrivarci…
“Aspetta” asserì “Assurdo arrendersi, arguzia aiuterà, avrò acini assolutamente!”
Allora, allontanato affaticamento, ancora accennò anomali acrobazie. Accipicchia! Abilità acrobatiche assolutamente assenti…
Alfine, allontanandosi amareggiatamente, affermò ” Assurdo affannarsi alacremente: acini ancora acerbi, assimilarli avvelenerebbe!”
ASSIOMA: Accort’ ambizioso! Assai amaramente affogherai… abbassa ali!

ALBACHIARA (in a… cantabile, ma con qualche licenza metrica… e non solo!).
Aliti adagio allontanando attenzione
addormenti annottando
apri ante all’aurora
accechi alias alba
arzilla alias aria …
Assumi aspetto arrossato, ammirata
assai ammaliante allorché assorta:
avendo ardori, aspirazioni …
Anacronisticamente addosso assente
abito appariscente,
alcuno ad apprezzare,
anche ad ammirare…
Adesso angelicamente attraversi autostrada
addentando alimento, abbecedario
aneli approfondire
ancora accenni ad arrossire (?!) …
Allora affronti ambiente apertamente
assai autenticamente
appare ancora agli amici
anima, auspici …

Kyoto kermesse: Kung-fu? Kendo? kick-boxing? kabuki?????…. karaoke!!!!

Kurosawa Kollossal: “Kimono killer knockout kilt killer!”

Peter Pan (in p… e a modo mio eh! si fa per ridere!!!)
Peter Pan, personaggio prossimo pensione, pensa poter perpetuare perennemente preadolescenza…. (paradigmatico!)
Prende probabilmente pillole (più pericolose prozac!)…
Privo professione, perdigiorno, propina panzane piccole puelle.
Prospetta parecchi portenti: parapendii, posti paradossali, piroghe per pirati, piccoli palazzi posti profondità piante portentose.
Poi puntualmente Peter Pan piazza prontamente piccole pesti perdute, porge pezza per polvere, pasta per pulire pavimenti, pentole per preparare peperonata…
Perciò pronto precetto: Puelle, prudenza! praticate plurimi pretendenti, punite poco pietosamente panzanatori pari Peter Pan!

Paradisiaco Pellegrinaggio (Divina commedia in p)
Poeta, parte per Paradiso, passando prima per paese pienamente peccaminoso, poi per purgatorio. Per pilota, poeta persino più popolare!
Pensionato preistorico piroga per percorso paludoso (pare pipì!), portandolo presso porta peccaminosa. Poster puntualizza previdenza ” Perdete prospettive, penetrando!”
Post parlatoria plurimi peccatori puniti perennemente, poeta prosegue pellegrinaggio per purgatorio. Punizioni passeggere, peccatori presto partiranno per Paradiso, previa preghiere parentado.
Perciò pure poeta prosegue per punto più prominente, popolato persone perfette. Permutato pilota: puella paradisiaca! Poeta prova poderoso palpito petto… pure pube (pesante peccato!)
Puella presenta patriarca perfettissimo “piacere!”, poeta percepisce potenza, proferisce paternoster, prega per prossime pubblicazioni popolari, possibilmente pure per plurime pecunie!

Dora Amendola
Teorizzando tormentosi trasporti, temibili trasferte, trafiggendomi tu taci troncando teneri tempi… talché, trovando tosta terapia, tutti tornano tranne te tediosa tendinite!

Preparare polpettoni pesanti per parenti pedanti potrebbe pregiudicare prossimi pranzi… pertanto propinarli paga!
Pensare producendo parole profonde può parere pleonastico primariamente per persone psicologicamente piccole.
Trote trotterellanti traversano torrenti turchesi tramando truffe taglienti toccanti trattorie tarantine.

Maria Maddalena Fea
Torino-Toronto traversata terrificante: tuoni terribili tartassavano turbìne, tempesta trapanava timpani, tazze tremavano, terrorista tenebroso trasportava teschi, topi transitavano trotterellando. Tacevamo tutti!

Nacque nano nella nuvolosa Norvegia. Nottetempo nuotava nascosto, naufragando nomade nel nonconformismo nichilista. Nutrimenti nocivi: nicotina, narghilè. Nutrimenti non nocivi: noci, nocciole, nespole, nettarine, nasello, nebbiolo. Nefrite nefasta necessitò nosocomio. Noncurante naviga nelle nuvole, non nasconde nudità, niente noia, nostalgia, nel nuovo nirvana.

Nidia Vedana
Aiuto! Accorrete! Affogo! Aiu….
Ammise affranto: assassinai Antonio: amava Anna.
Anni addietro aveva avuto antipatiche allergie agli acari, asma atipico; aveva addirittura assunto ansiolitici anti-age. Assurdo? Assolutamente autentico: accaduto ad Antonio.
Aspettaaaaaaaaaa!!!!Arrivooooooooo!!! Andato. Accipicchia. Avessi accelerato avrebbe aspettato almeno alcuni attimi.

Ah, avessi allora ascoltato avvertimenti! Avrei ampiamente accolto amore. Accidenti!

Astri argentei ammaliano anime addormentate

Avevano aspettato ansiosi. Adesso, alfine, all’alba autunnale aprirono adagio ampie ali azzurro acqua alzandosi accorti, avanzando alti, ammirando Alpi, Appennini, altitudini assai ammalianti, aspirando aria avvolgente, aggiungendo alcune allegre acrobazie. Affrontarono agitati anche attimi angoscianti, abbagli assassini. Avanti, ancora avanti. Altrove, aldila’, attendevano anatre, albatros, allodole, allocchi, animali africani, amici, anche – azzarderei -amori.

Roberto De Pascale e Miyuki Hasegawa
(in caratteri Occidentali)
kyou kara kyouto kayou kyoukai konsaato kaishi, kekkou,
kono kaijou kayoukyoku kiku koto kanpeki.
(in caratteri giapponesi)
今日 から 京都 歌謡 協会 コンサート 開始, 結構, この 会場 歌謡曲 聞く こと 完璧
(Traduzione)
Da oggi iniziano i concerti dell’Associazione di Musica Tradizionale Giapponese di Kyoto, l’acustica di questa sala si puo’ considerare perfetta.

Cinzia Massa
Nipponico Noyori. Nella Napoli negligente, nichilita, negata non nascono Nobel. Nella Napoli narcotizzata, nolente, nomade, neanche. Nebulosa notte. Neapoli numen necesse.

Stefania Bertelli
Per piacere puoi porti, prossimamante, più parco per pretendere parole preziose possibili, per persone perfette, pur povere pecunia (parlo personalmente)…però pronte per parlare, presentare paradossi, proporre pedanti pagine, piene pamphlet. Porgo panegirico pullulante peana, per particolari parti prosodiche per programmi pubblici. Percossa petulanti pensieri, posso perorare perditempo penosi, per produrre premi perenni.
Perdindirindina….

Daniele Riva
Know-how KO: karma kaputt, kleenex…
(sembra un delirio incomprensibile: in realtà è un tizio che si trova con il computer in avaria, “invoca” alcuni santi del paradiso e alla fine, come il grande Troisi, non gli resta che piangere…)

Esulando dal tema prettamente Enakapata e nipponico, ho una versione tautogrammatica della poesia “Alla sera” di Foscolo:
POMERIGGIO PASSATO
Probabilmente perché paragoni
postremo passo, più piacevolmente
plani! Plaudonti prendendo passione,
pecorelle pervenute ponente,
poi più pallide precipitazioni
portanti procella prepotente,
però pregata procedi, padroni
poveri palpiti perdutamente.
Poiché poni pensieri ponderare
passo per prossimo periodo, prendo
perciò perizia precario passare
preoccupazioni procurate; pendo
per pace piana proposta: posare
proposito pugnace preferendo.

Partenopei partirono per paese posto poco ponente. Passarono per paesaggi paradisiaci parlando padre pargolo. Pigramente presero parte performances piacevoli. Poi pubblicarono prosa ponderata.

Bruno Patrì
Ad Aosta andarono alcuni alpini, avevano amato: auree albe, ammalianti ancelle austriache, alte anglosassoni, anonime abbronzate, angeliche andaluse, aborigene australiane, assatanate argentine, acchetate americane, accigliate armene, affezionate amazzoni, accomodanti artigiane, acconsenzienti agrigentine, accreditate ambasciatrici, acide albanesi, acquose anconetane, acrobatiche albine, aggressive astigiane, affezionate arizoniche, addette alla anagrafe, assassine ariane

Lucia Rosas
Tentativi tentando testi, tentai tentatore testi tamburellati , trovare termini, tasti trovati troverò terminando tossendo temendo tonta temeraria

Felicia Moscato
Pietro Paolo Pancio, Pittore Poco Pratico, Promise Pince Paride Per Puro Poco Prezzo
(è la filastrocca delle 13 P che mi insegnò da piccola la buonanima di mio nonno … a  me faceva sempre sorridere … non sarà il massimo, ma nel mio piccolo voglio sorridere di nuovo)

Adriano Parracciani
Enakapata è elemento enzimatico; escogita esercizi ed esorta energie elaborative, esportando educativi ed efficaci enacrostici elegantemente editati

Vincenzo Moretti
Papà, per piacere puoi passare per Perugia per portare presso Padova pacchi postali per portalettere partecipanti prossima partita pallavolo pescivendoli – postini?

Enacrostico Fuori Concorso

enakapata3Ancora della serie una regola è una regola, in questa pagina gli acrostici arrivati fuori tempo massimo e che quindi non partecipano al concorso.
E se lo immaginassimo come un cantiere sempre aperto? Un ponte verso il gioco prossimo venturo? Voi se vi sovviene un nuovo acrostico  non esitate a inviarlo. A pubblicarlo penseremo noi.

La Musa
Era Necessario Abdicare. Kronos Aveva Provocato Atteggiamenti Troppo Aberranti
Ecco Ninfa Ancella. Kaos A Palazzo. Abbaruffata Tra Abbadesse
Ecatombe Narvali A Kyoto: Accorrete Per Arginare Triste Accadimento
Endecasillabi Nodose. Assortamente Katrina Annotava Perifrastiche Attive Tratteggiandole Accuratamente
Erano Nere Aquile, Kandahar Appariva: Pietrosi Altopiani Tipicamente Afghani.

Dora Amendola
Ecchimosi Nere Ammantano Kevin: Aveva Pericolosamente Affrontato Tornanti Alpini
Eccola Nadia: Assaporando Kebab Ancheggia Per Ankara Tutta Allegra
Essendo Nano, Abdul Kassam Attraversò Pistoia A Testa Alta
Elisa Non Apprezza Koala Australiani, Preferisce Topi Africani
Entrando nell’arena Karim aspettò pazientemente ansimanti tori assassini

Valeria Atteo
E Nessun Altro Kaos Aveva Prima Attanagliato Tanto Amore
Era Nuda Adesso Ke Aveva Provato A Tenerlo Accanto
Era Nervosa Adesso Ke Aveva Perso Altro Tempo Amando

Luca Moretti
Eterne Notti A Kyoto. Amori Passionali Attendono Tenui Albe

Miyuki Hasegawa
In caratteri occidentali
Eien-ni Nanokori Academic-ni Kagaku-wo Aisuru Partner-ga Achikochikara Takusan Atumarutokoro

In caratteri giapponese
永遠に 名が残り アカデミックな 科学を 愛する パートナーが あちこちから たくさん 集まるところ

Traduzione
Consacrando il proprio nome all’immortalità, in questo luogo si riuniscono i colleghi amanti della scienza accademica provenienti da ovunque

Nidia Vedana
Everybody: Never Again! Keep Auschwitz People Alive. Teach Always

Maria Maddalena Fea
Eterna Noia A Kyoto, Avrei Preferito Avere Torbidi Amori

Adele Gagliardi
Enzo Non Aveva Kiesto Aiuto Per Andare Tranquillamente Avanti

Laura Fichera
E, Nell’Antico Kimono, Asconde Prudentemente Audaci Testi Amorosi
E’ Notte Al Kilimangiaro, Aquila Percorre Alta Terra Africana
E’ Nell’Arte Kabuki, Asiatica Poesia, Assoluta Teatrale Armonia
Eucalipto Nutre Acrobatico Koala, Animale Presente Ardente Terra Australiana
E Nell’Ampio Kay-way Alla Pioggia Aiuto Tranquillo Abbiamo
Esistono Nauseanti Assassini Ku-klux-klan Anonimi Putridi Animali Turpemente Arroganti
E Nell’accogliere Kirieleison Alto padre Ascoltaci, Tremebondi Aiutaci
Esiste Nell’Avvolgente Kriss, Asiatico Pugnale, Arte, Tecnica, Armonia

Gerardo Navarra
Ernesto Non Aspettava, KIller Amato, Passionario, Armato, Temerario, Amorevole