Perché la bombonera invece di la bomboniera? Perchè la bomboniera è solo una bomboniera. Mentre la bombonera è prima di tutto il mitico Estadio Alberto J. Armando “La Bombonera” dove gioca il Boca Juniors di Buenos Aires, la città di Luis Borges e di Diego Armando Maradona. E poi perché della bombonera in questione non sapevo neppure l’esistenza fino a qualche giorno fa quando … ma forse è meglio cominciare dal principio.
Quando sono a Napoli, alla Feltrinelli Libri e Musica di Piazza dei Martiri mi piace passarci a prescindere, e a prescindere mi ritrovo sempre a comprarci qualche cosa. Settimana scorsa era la volta degli Adelphi in offerta. Provo a fare una polemica sulle etichette sulle quali si legge 1 pezzo 15% di sconto, 2 pezzi 25%. So essere un mago, ma che dico un maestro della polemica. Commento a mezza voce che i libri non sono saponette che si vendono a “pezzo”. Faccio palla corta. Nel senso che una solerte libraia mi spiega che le etichette le fa l’editore e che i libri sono presenti così in tutte le librerie di tutta Italia. Per poi chiosare etichettandomi come il solito pedante lettore al quale non va mai niente bene. Mi tengo la spiegazione (così è, se mi pare) e l’etichetta (la solerte libraia è anche una mia cara amica) e mi ritrovo come rapito dal fatto. Quale fatto? Il fatto che ad essere in offerta ci sono i libri di Canetti, di Galasso, di Capra, di Kundera. A Kundera mi fermo. Una giunonica fanciulla ha appena preso 7-8 copie de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” e sta per andare alla cassa. La guardo. Mi sorride. Accompagna il sorriso con rapide parole. E’ per la storia dei libri venduti a “pezzi”. Ma ormai mi sono fatto coraggio. Le chiedo cosa ne fa di 7-8 copie dello stesso libro. Mi risponde che è per una cosa molto speciale. E che dovrà prendere 7-8 copie di più libri. La guardo ancora. Le chiedo se conosce Enakapata. Mi risponde no. Ma non si ferma qui. Mi chiede se penso che il mio Enakapata possa reggere il confronto con Canetti o Kundera. Ormai ho perso. Ma non per questo abbandono. Le rispondo che per quanto mi riguarda con Canetti non ce n’è per nessuno, o quasi. E che per Kundera non sarei altrettanto categorico, non fosse altro che per il nome, Milan.
Lei mi guarda esterefatta. Non le dico del mio cuore nerazzurro. Faccio un passo. Prendo Enakapata dallo scaffale. Lo pago. Glielo dono. Ricevo in cambio un sorriso. Sono decisamente soddisfatto.
La fanciulla va. Chiedo alla mia amica libraia a che servono tante 7-8 copie dello stesso libro. Davvero non lo sai, mi dice?, davvero, rispondo. I libri si usano anche come bomboniera. Non mi sembra vero. Poi penso a tutte le volte che sarei stato felice di portare a casa un libro piuttosto che un oggetto in argento o in ceramica. Comincia a sembrarmi una bella idea. E’ una settimana che vado in cerca di amici che debbono fidanzarsi, sposarsi, risposarsi. Ho per loro una proposta che non si può rifiutare: Enakapata. La Bombonera.
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Della Sala, Orlando, Lagomarsini, Gianfagna, Asfoco, Conforti
Roberta Della Sala: Ieri pomeriggio a Bologna presso la libreria Coop Ambasciatori è stato presentato un anomalo e originale testo, o meglio, un diario di viaggio che percorre due binari paralleli che hanno imparato ad incrociarsi: la scienza e la città.
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Valerio Orlando, again: Caro Vincenzo, ho finalmente (ma ero dispiaciuto come accade quando viene il tempo di separarsi dalle cose amate) terminato di leggere il tuo libro. Di nuovo complimenti. Credo sia un documento importante che spero possa trovare massima attenzione sia negli ambienti che decidono/programmano il futuro della ricerca in questo paese, sia semplicemente (serendipity) tra qualche giovane che possa cosi trovare un’occasione per sognare. Spero di sentirti presto. Valerio.
Andrea Lagomarsini: Vincenzo non ti smentisci mai.. il libro è bellissimo.. una commistione di pezzetti che all’unisono conducono al risultato .. un onore avere un angolino di spazio.. quando riusciremo a organizzare la presentazione.. e purtroppo penso andremo a ottobre visto che giugno è martoriato dalle elezioni… Porta anche TUO FIGLIO!
Andrea Gianfagna: Dear Vicienz’, ho letto con interesse e piacere il Diario che hai scritto together tuo figlio Luca, sulle esperienze del vostro viaggio in Giappone. Complimenti. Mi è venuto in mente un proverbio di Campanasce, leggendo la tua interpretazione, molto accattivante, della serendipity.
Il proverbio recita: “la vecchia nun vulea murì pecché autre cose vuleva verè (dove veré sta per scoprire)”, mi sembra che in questo proverbio ci sia, in nuce, lo sviluppo della teoria della serendipity.
Ma veniamo a noi. Sono stato in Giappone nel 1968 per oltre 20 giorni a Tokyo, Kyoto, Nara ed Osaka e devo dirti che condivido molte delle tue valutazioni sui giapponesi e sul sistema Giappone, anche con le relazioni che tu fai, confrontandole con ciò che avviene in Italia.
Volevo tuttavia dirti che la cosa più importante che mi è capitata nel viaggio in Giappone in compagnia di Julien Livi (fratello di Yves Montand) e segretario del Sindacato Alimentaristi della CGT, è stata la presa di coscienza che il mondo si deve valutare non solo con i criteri europei ed americani, e che l’Asia, il Giappone richiedono altro. Il tuo diario conferma. Domo arigato per il tuo lavoro ed auguri, affettuosamente.
Sabrina Asfoco: Ciao Moretti senior, ho letto il tuo libro e l’ho trovato divertente e leggero. Si, sei riuscito a parlare di scienze e tecnologia con leggerezza. Bravo anche Luca. Un abbraccio.
Antonio Conforti: […] E’ il Vincenzo che parte da Secondigliano e senza più parlarne esplicitamente, traccia lungo tutto il libro un filo invisibile di napoletanità e di tradizione popolare, alla quale non rinuncia comunque, anche se fra mille contraddizioni.
E’ il fiume carsico dello stesso Luca, molto più giovane e strutturato verso una valorizzazione del “nuovo”, che tenta di portare indietro,verso il luogo d’origine, i simboli del mondo visitato, dalla cucina al gadgets, perché si sedimentino nella comunità alla quale appartiene come ulteriore patrimonio di ricchezza.
E’ la pervicace, spettacolare ritrosia a comunicare nell’inglese universale che hanno quasi tutti i giapponesi, che sembrano rifiutare così l’omogeneità imposta dall’esterno. […]
Annibale, Maxtraetto, Orlando, Ugolini, Pennone, Potecchi, Splendore
Vincenzo Annibale: Fino al 10 marzo è una chicca. Avevo deciso di piegare le pagine interessanti per poi commentarle. Fino ad ora ho fatto una novantina di “orecchie”. Dopo il 31 marzo mi mancherà il giappone (è anche un invito al visitarlo insieme a tante altre affascinati cose, che poi dirò tutte insieme). C’è da sperare che socializzi altri viaggi.
Maxtraetto: Il fil-rouge sella serendipità è la vera capata che sconvolge le mie sinapsi da un po’ di tempo. Destino, fato, caso, dharma, coincidenza, occasione, opportunità, parole che all’inizio credevo sinonimi di serendipità. Se non accompagnate da: attenzione, apertura mentale, storia, organizzazione, desiderio, potrebbero esserlo ma la capacità di mettersi continuamente in gioco è l’anello mancante. Con l’umiltà di chi apprezza gli insegnamenti e con la voglia di affrancarsi da pensieri che si ritengono fondamentali. Per me bella la coincidenza dell’arrivo del vostro libro con le riflessioni che stavo facendo intorno a “carpe diem”.
Un abbraccio.
http://solchi.blog.dada.net/
Valerio Orlando: Carissimo Vincenzo, solo per dirti che mi porto il tuo libro (e di tuo figlio!) in giro per Roma e per il mondo. Bello. Bellissimo. Cerco di non leggerlo con gli occhi di chi sa. E mi riesce facilissimo. Ma più che i contenuti e i luoghi che conosco e riconosco, mi godo proprio la scrittura. Quell’insieme di riverberi che rivelandosi o celandosi, raccontano ora l’uomo e ora l’artista. Spero di sentirti presto. Un abbraccio. Valerio
Bruno Ugolini on l’Unità del 6 Aprile 2009
Domenico Pennone: Da non perdere. Il viaggio che tutti vorremmo fare. Portandosi dietro molto passato e tanto vissuto, cercando quello che altrimenti non potremmo nemmeno immaginare. Enakapata, il libro di Vincenzo e Luca Moretti, padre e figlio è tutto questo e tantissimo altro ancora. Un viaggio cosi bello, così avvincente che fatichi a non pensare che sia finto. E invece è tutto vero, raccontato con passione ironia e a tratti anche con un pizzico di sana malinconia.
MetroMagazine
Alessia Potecchi: Cari Vincenzo e Luca, sono contentissima di partecipare alla presentazione del vostro libro a Milano, la mia città, e vi ringrazio molto per avermi invitata. Ho trovato la vostra pubblicazione molto affascinante e nello stesso tempo fresca e originale. Leggendo sembra di compiere il vostro viaggio e ci si trova immersi nella cultura giapponese scoprendo tanti aspetti sociali e culturali che fanno riflettere a confronto con il nostro quotidiano. Trovo che il libro offra diversi spunti di riflessione e sia un’ottima lettura che incuriosisce sempre di più strada facendo…..Tanti tanti complimenti, vi auguro un grosso successo e sono sicura che sarà così! A presto.
Nunziante Splendore: Cosa ha spinto un sociologo napoletano a lasciare per un mese il suo lavoro, le sue abitudini, i suoi affetti più cari per trasferirsi in Giappone ad intervistare, a scoprire, ad annusare, condividere e integrarsi in un mondo completamente diverso dal suo? La risposta in questo libro, Enakapata, scritto da Vincenzo e Luca Moretti, padre e figlio. Già ma cosa vuol dire enakapata e perché? Enakapata è un verso nippo napoletano inventato dagli autori, che vuol dire è una capocciata, una cosa da urlo, uno sballo qualcosa di diverso dall’ordinario, qualcosa che ti fa capire quello che avevi sotto il naso ma non avevi mai riflettuto. Ne esce fuori un diario, il racconto di una vita, un grido di dolore, un grido di conforto e di smarrimento e di ritrovamento, quasi un urlo di speranza verso il futuro. Ho intravisto un doppio livello di lettura in questo libro: il primo come fanno gli scienziati a scoprire l’imponderabile, il secondo livello è solo vivendo intensamente che possiamo realizzarci. Il professore Moretti ci rassicura e ci tranquillizza. Tutto funziona per genio e per caso. L’importante è capire, dare un senso ad un insieme di flussi che ci travolgono, ci invadono ci sfiorano, ci arricchiscono. Un po’ come vivere in un ambiente straniero ostile e completamente diverso dal nostro e dare un senso a ciò. Il libro ci indica due vie la prima razionale la seconda ancora da studiare: imparare l’inglese e scoprire che non è di grandissima utilità per la vita quotidiana giapponese, la seconda aiutarsi con il genius napoletano, il tutto condito con un metodo di lavoro straordinario: 17 ore filate di lavoro come un vero giapponese. Tutto ciò si scopre leggendo Enakapata, storie di strada e di scienza da Secondigliano a Tokyo. Alla fine del libro due domande: la prima: che tipo di diario poteva scrivere un ipotetico scienziato giapponese in missione in un centro di ricerca napoletano; la seconda: Paghiamo per dieci anni una ventina di alte teste giapponesi pensanti e mettiamoli al servizio della ricerca italiana ne uscirà qualcosa di diverso oppure no?
Risi, Aliberti, Del Vecchio, Pennone, Panachia, Ugolini
Vincenzo Risi: Caro professor Moretti, sappia che stamattina le voglio molto male. Stanotte ho iniziato a leggere il suo libro e sono riuscito a chiuderlo solo dopo le 3… Scherzi a parte, in un sol colpo sono a più della metà e le posso dire che è un racconto meraviglioso. Non lo dico per farle piacere, ma perchè lo penso davvero. E’ divertentissimo, ho riso da solo che un altro po’ i coinquilini mi prendevano per pazzo, e nei punti dove parla della sua Secondigliano e in particolare di suo padre mi sono commosso tantissimo. Sono arrivato all’intervista con Marchesoni, e l’analisi che ne esce sul sistema ricerca in Italia fa molto riflettere. Va bè, a questo punto conto di finire il libro in breve tempo! Le farò avere un parere nel complesso.
Sabato Aliberti: Grazie per questa Kapata. Non commento il libro. Non sarei obiettivo dato l’affetto e l’ammirazione che nutro per Vincenzo e indirettamente per Luca, conosciuto di persona ma ancor più a fondo attraverso le parole scritte nel libro. Voglio solo ringraziare i due autori per per avermi dato la possibilità di vivere qualche giornata in Giappone. Presso il Riken Institute, nelle vie della città, in albergo, nel bar a colazione. Ho vissuto l’ansia di Vincenzo, lo stupore e il disincanto di Luca. Sono stato presente all’incontro con il premio Nobel, con gli scienziati, Carninci e F. Nori e le tante altre persone che hanno accompagnato i nostri nel loro viaggio. Non ho sentito la necessità di immaginare niente! La dettagliata e magnifica descrizione di un viaggio di un’esperienza di ricerca, trasformata in una foto artistica che rappresenta i contrasti e le similitudini di realtà apparentemente così distanti sotto il profilo antropologico. Due culture a confronto! Delle foto artistiche estremamente varie nei soggetti: paesaggi, scene urbane e rurali, ritratti, stili life, soggetti folkloristici, popolari e mistici, così come ritratti delle personalità incontrate. Un gioco di luce e ombre di colori e di bianco e nero, frammenti di vita quotidiana del presente e del passato, di una realtà vissuta ma ancor più “sentita”. Razionalità ed emozioni unite. Grazie per tutto questo.
Beppe Del Vecchio: … un ringraziamento agli autori del libro. Un libro “piccolo” ma compresso. Una vera bomba (direi una vera capata). Ricco di concetti che vanno ben oltre il racconto. Uno strumento. Ha la capacità della chiarezza e la grandezza della semplicità.
Domenico Pennone: Azz Vincenzo che bel libro che hai scritto! Il commento lo devo maturare, non meriti na’ cosa arronzata:-).
Rosalba Panachia: Caro Moretti, ho da poco finito di leggere il suo libro e devo dire che… è ‘na capata! Complimenti a lei e a suo figlio! Poi io mi sono divertita particolarmente a riandare con la mente, grazie ai racconti suoi e di Luca, a quei primi tre mesi del 2008 che ho passato in Giappone, e a tutto “lo yin e lo yang” (molto più yin, naturalmente) che quel paese mostra ai nostri occhi non solo occidentali, non solo italiani, ma anche (e soprattutto) NAPOLETANI! Per la serie “l’importanza del punto di vista”! Concordo sul fatto che è stato un peccato non poterci incontrare a Tokyo, ma da quel che ho letto dei suoi ritmi nipponici e da quello che so essere state anche le mie giornate intense, mi sa che era abbastanza naturale… Comunque è stato bello poterci finalmente conoscere da vicino alla presentazione alla Feltrinelli, e spero ci terremo in contatto. Mata aimashou! Arrivederci!
Bruno Ugolini on Storie di oggi
De Biase, Romano, Illiano, Marcone, Zagaria, Cervone, Romano
Luca De Biase: Enakapata è un colpo di genio. Il racconto scritto in forma di diario da Vincenzo e Luca Moretti sul loro viaggio da Secondigliano al Giappone. Nello stupore di ogni gesto, di ogni differenza, di ogni pensiero. Nell’approfondimento delle dinamiche antropologiche e tecniche del Riken, un megacentro di ricerche genetiche di Tokyo. Bellissimo libro, ispirato dalle persone che lo popolano, come lo scienziato Piero Carninci, il Nobel Ryoji Noyori e don Peppe detto “Testolina”. Un colpo di genio. Che in lingua napoletana “è ‘na capata”. Enakapata.
Tiziana Romano: Mi è piaciuto all’ennesima potenza. Salve prof. Moretti, Le scrivo a proposito del suo libro Enakapata. Esilarante nel senso buono del termine. Un po’ come Luca mettevo in ordine la camera prima di partire e mi sono imbattuta in questo libro. Ho iniziato a leggere e mi son trovata alle 3 del mattino che ancora leggevo. Io sono una studentessa universitaria e leggere questo libro è stato vedere nella realtà, cosa c’è fuori dal mondo universitario (italiano). Al di là dei numerosi fatti che sono menzionati nel libro, mi ha affascinato tanto la struttura del Riken, il fatto della collaborazione e competizione sana. Tutto è incentrato sul merito e lavoro di squadra in modo da creare armonia. Mi piace. Le aggiungo, inoltre, che non c’è una parte del suo libro che non mi è piaciuta. Certo ho trovato un po’ di difficoltà nel capire: genomi, Rna, Dna, proteine & company però mi son divertita. Complimenti. Per Luca anch’io c’ero al teatro Bellini al Japan Week è stato bello tra kimono, danze e strani strumenti musicali …. solo un po’ noioso quando per circa un quarto d’ora hanno scritto qualcosa su un foglio lunghissimo. Complimenti ad entrambi.
Luca Illiano on MediNapoli
Angelo Marcone: Caro Vincenzo, volevo ringraziarti per il tuo invito alla presentazione di Enakapata. Mia moglie ed io siamo stati molto contenti di essere venuti. Ti confesso che ho avuto qualche difficoltà a ‘entrare’ sul serio nel libro ma, stamane, evidentemente dopo una elaborazione notturna automatica, mi sono reso conto che è veramente un bel lavoro. Il mio ex capo, nell’azienda elettronica dove lavoravo era solito chiedermi di un mio progetto: ‘Angelo, funziona o non funziona?’. Ebbene, credo che il libro sia veramente un bel progetto ‘funzionante’ e quindi grazie a te e tuo figlio per la bella realizzazione. Sono del Vomero ma ho insegnato qualche anno in una scuola di Secondigliano e quindi i tuoi racconti mi hanno ricordato un periodo particolare della mia vita che ricordo con piacere. D’altra parte i racconti del Giappone mi hanno anche portato ad un vita fa, in cui alcuni miei colleghi di lavoro, giapponesi, cercavano di condividere con me il loro modo di vivere e di progettare l’elettronica ed il software. Cordiali saluti.
Cristina Zagaria on Voltapagina, again
Francesco Cervone on Antonella Romano Blog
Antonella Romano, again, on Antonella Romano Blog
Iucci, Zagaria, Romano, Iossa, Strazzullo, Gonzalez, Comunitàzione, Di Domenico, Vesupreme, Lieto
Stefano Iucci: Dunque, non voglio buttarla giù troppo pesante, ma nei Ricordi di egotismo di Stendhal c’è scritto che l’unica giustificazione per… scrivere di Sè è quella di essere assolutamente sinceri. Ecco io credo che uno dei pregi di questa kapata sia la sincerità degli autori nel raccontare le proprie esperienze (comprese difficoltà, paure, incomprensioni). Non è un giudizio psicologico o moralistico, nel senso che questa sincerità si fa scrittura. E’ insomma una sincerità letteraria, l’unica possibile in un libro.
Cristina Zagaria: È stata ’na kapata!!!!!!!!!! … Funziona … l’ho letto … senza fatica in un giorno … è un libro diverso … e questo credo sia un grande pregio, con diversi punti di interesse … e questa è la sua forza …
Riassumendo le mie tre pagine di appunti, la prima cosa che mi ha colpito è lo stile. Il libro è scritto come fosse un continuo scambio di mail. Ci sono anche alcune parti in inglese. Moretti è un blogger appassionato e si vede. La sua scrittura è veloce, moderna, fresca.
E poi c’è la teoria della Serendipity, non vorrei sbagliarmi, perché vado a memoria e cerco di semplificare, ma è quel modello scientifico secondo cui partendo da un dato anomalo si arriva ad elaborare una nuova teoria o ad ampliare una teoria già esistente, stravolgendo il punto partenza (non è fantastico!!!! Non dico solo nella scienza o nella sociologia, ma anche nella vita).
Attenzione, però, il diario non è assolutamente un trattato scientifico, io direi piuttosto che è un’avventura, sul cui sfondo si delinea anche il bellissimo rapporto tra padre e figlio.
Vincenzo, infatti, lo sa, le pagine che più ho adorato del diario sono quelle scritte da Luca, studioso di cultura giapponese, che riesce a portare il lettore a passeggio nelle vie di Tokyo, tra presente e passato, tra realtà e leggende. […]
Leggi l’intero articolo su Voltapagina
Antonella Romano: Ho appena finito di leggere Enakapata (troppo curiosa per aspettare la presentazione). Mi è piaciuto molto. Sembra contenere tutto. Due punti di vista (padre e figlio) che si intersecano. Due culture (Occidentale e nipponica) a confronto. Il Suo diario è stato a tratti esilarante (la testata, l’ambasciata e la storia di “ammazzarli quando sono piccoli”etc… comicità allo stato puro); a tratti istruttiva (parte scientifica); senza fare a meno dell’approccio sociologico (deformazione professionale). Quanto alle pagine di Luca, è riuscito ad unire storia e descrizione dei luoghi con molta cura per i dettagli (sembrava quasi di esserci). Troppo spesso è difficile parlare di storia, tradizioni o narrare di luoghi senza annoiare. E “il suo erede” ci è riuscito. Mi è venuta voglia di andarci in Giappone (anche se un mese senza pasta e pizza…ecco forse due settimane possono bastare!). La saluto. A domani. Complimenti e in bocca al lupo.
Luisa Iossa: Di mestiere faccio la libraia, e dovrei quindi esprimermi come tale…ma con il tuo libro proprio non ci riesco…come amica e persona che ti vuole bene dico che è semplicemente “tutto te stesso”. Ti ritrovo in ogni rigo, mi sembra anzichè leggere di ascoltarti, per non parlare di Luca che si è già confermato figlio di tale padre (e direi tale nonno).La vera scoperta per me è proprio Luca, ed è a lui quindi che faccio i miei in bocca al lupo, ma so già che questo può solo farti felice…Enakapata Forever!
Alessio Strazzullo on Ciò che penso e qualche volta scrivo
Irene Gonzalez: Cmq è trooooooooooooooopp bell!!!
Red on Comunitàzione, Il punto di incontro per la comunicazione e il marketing
Salvatore Di Domenico: Caro Enzo, sai il bene che ti voglio, ma non è questo il motivo per cui ti scrivo. Stamattina appena sveglio poso lo sguardo su Enakapata e incomincio a leggere. La posizione dove mi sono trovato a leggere non era tra le più comode. Ma nonostante tutto mi sono fermato solo quando le gambe hanno iniziato a farmi male e ho pensato che le pagine del tuo libro sono come le patatine fritte e i pistacchi… quando inizi non è facile smettere. P.S. scusa per il paragone Salvatore
Red on Vesupreme, storie di eccellenze napoletane
Antonio Lieto on Marketing Media Comunicazione Innovazione
Mai dire mai
Per Luca è la prima volta. Lui fino ad oggi ha litigato più con le note che con le parole. Per me no. Io sono Moretti il vecchio. E non mi ricordo neanche più da quand’è che faccio a pugni con i pensieri.
L’affettuosa complicità di amici come Sabato Aliberti, Salvatore Casillo, Sergio Cofferati, Luca De Biase, Biagio De Giovanni, Rosario Strazzullo, Riccardo Terzi ha permesso ai miei libri di finire sugli scaffali e a me di imparare molte cose. Ma è inutile negarlo. Questa volta è diverso. Speciale.
Quando ho chiesto a Luca di venire con me in Giappone ho pensato che per lui potesse essere un’esperienza importante. Gli piace viaggiare, studia giapponese, ama le culture orientali, gli piace persino cucinare giapponese, quale occasione migliore?, mi sono detto. E poi avevo un bel ricordo del nostro viaggio in Australia, nel 2000, in occasione delle Olimpiadi. E poi ero terrorizzato dal mio pessimo inglese e dalla mia scarsa capacità di sopravvivenza. E poi ai tipi che fanno, per scelta e per caso, la vita che faccio io, fa un gran bene stare per un pò assieme ai propri figli. E poi potrei dire di altri mille e poi. Ma mai e poi mai avrei pensato di scrivere un libro insieme a mio figlio. E invece eccoci qua. Cosi insieme e così diversi.
Perché le cose che ha raccontato lui io non avrei mai potuto raccontarle. Perché mentre lui faceva il turista io lavoravo. Perché senza quelle sere passate assieme a leggere, rileggere, correggere non sarei tornato a Secondigliano, alle mie radici, là dove per me tutto è cominciato.
Anche per questo Enakapata non è solo un diario. Ma anche un gioco. Un tradimento. Una prepotenza. Un augurio.
Il diario dà conto di come è nato e di cosa è stato il viaggio a Tokyo e al Riken, istituto di ricerca tra i più importanti del mondo. Dove io e Luca siamo rimasti dal 3 al 30 marzo 2008. Dove continuiamo a tornare con il pensiero. Il discorso. L’immagine. La posta e la chiacchiera. Elettronica e no.
Il gioco consiste nella contrazione giapponesizzazione di un’espressione assai di moda nello slang under 30 dalle parti del Vesuvio, «è ’na capata», letteralmente «è una testata», in senso figurato «è in», «è una cosa che colpisce», «è qualcosa di straordinario». Il resto lo scoprirete leggendo il libro.
Chi lo ha letto lo ha trovato bello, ma su questo conviene che io taccia. Mio padre avrebbe detto “Ogni scarrafone è bello ‘a mamma soia” o anche, meglio, “Acquaiuò, l’acqua è fresca? Manco ‘a neve“, e tanto basta.
Posso dire invece che spero che lo compriate. Di più. Che vi piaccia a tal punto da indurvi a consigliarlo agli amici. A regalarlo. Ancora di più. Io ci credo. E voi?
Buona lettura.