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Assunta Malafronte e Gerardo Navarra

Il commento di Assunta è dall’undici ottobre duemilanove che è rimasto lì dove  lo ha postato lei, in calce alla pagina di Enakapata100. Nessuna censura, of course. Ma non me la sono sentita di portarla in prima  pagina. Troppi complimenti. Solo per me. Più la sindrome del political correct. Più il fatto che Assunta è una “mia” ex studentessa.
Oggi è arrivato il commento di Gerardo, “mio” ex studente, in calce alla pagina Citazione. L’ho letto. Ho sorriso. Mi sono ricordato del commento di Assunta. Mi sono detto Vincenzo a volte sei esagerato. Di più. Insopportabile. Rilassati. E che sarà mai. Facciamo che l’entusiasmo degli ex studenti bisogna tararlo del 50%. Di più? Del 75%. Ancora di più? Del 90%. Resta il fatto che anche se la loro laurea se la sono già presa continuano ad avere affetto per te. Come Antonio. E Antonio. E Antonio. E Vincenzo. E Roberta. E tanti altri.
E allora sapete che faccio? Assunta e Gerardo ve li propongo qui chiatti chiatti. Nel senso metà fisico, s’intende. Buona lettura.

Assunta Malafronte
“Ogni libro ha un’anima. L’anima di chi scrive e quella del lettore”.
Nel mio percorso di studio ho avuto modo di conoscere molti prof. ma solo pochi ricordo ancora con affetto. Moretti è uno di loro. Uno di quei pochi. E’ una persona che ha una straordinaria capacità: riesce ad insegnarti le cose senza farti sentire il “peso” di essere uno studente. Ti trasmette cose che vanno al di là dello studio. Ecco, il suo libro è proprio così. Non è solo il frutto di una ricerca, ma è un racconto di vita, di una grande città, di personaggi, di incontri, di amori, di aspettative, di ricordi. Questa è l’anima che ho sentito scorrere nelle pagine di quel libro. Un mega “in bocca al lupo” al mio magnifico prof.!!!

Gerardo Navarra
ENAKAPATA è realmente na ‘CAPATA, nei pensieri, perchè fa riflettere e non poco.
ENAKAPATA: è il vecchio e il mare?…NO
ENAKAPATA: è il “vecchio” e il giovane, il vulcano che brontola e la pianura fertile, il capocomico e la “spalla” che lo rende tale, l’arzigogolo e la sobrietà.
L’ho letto divertendomi, poi, mi sono reso conto che mi ha fatto riflettere in modo serio. Tante verità. Anche tristi. Non a caso, Luca scrive: “La saggezza popolare recita che partire è un po morire. Forse talvolta è vero il contrario.”
ENAKAPATA inizia con un parallelismo, padre-figlio e finisce con un’amalgma, una fusione oserei dire tenera, sempre padre-figlio.
ENACAPATA: è analisi empirica, che scaturisce da un viaggio, reale, bello, suggestivo, didattico, viaggio fatto per lavoro e per piacere, e proprio per questo che dietro un sorriso spesso spunta una riflessione arguta e seria.

Borrelli, Rotella, Malafronte, Ferrante, Lorusso

enakapata3Marika Borrelli: L’ho letto in tre ore, l’altro ieri sera tra un po’ di Barcellona-Chelsea e il letto.
Ne ho fatto indigestione. Infatti, ho sognato il Riken, il ramen, il bar delle “ragazze”, tutto assieme, preoccupandomi se poi la Fender di Luca sia mai arrivata a destinazione.
Mentre leggevo – conoscendo già il contenuto del libro perché il prof. Moretti ne distribuisce camei su FB ogni tanto – mi è venuto in mente un documentario visto su Discovery Channel: True Tokio, o una cosa così. E ho cominciato a fare automaticamente paragoni tra il diario di Moretti&son e la descrizione (agrodolce) del tipo che a Tokio ci lavorava e viveva già da un po’.
Lo dico perché Enakapata – come il documentario – è soprattutto la proiezione di vite su un luogo diverso da quello quotidiano. Ed è la diversità del luogo che cambia la ricostruzione di un ricordo e lo ricompone. Vincenzo ci racconta della sua famiglia e Luca ci racconta del padre, stimolato dagli eventi che in quei desueti luoghi accadono.
Un diario a due voci, svelto, appetibile (molti riferimenti gastronomici, siamo italiani! Ed a Tokio si può anche mangiare male), dettagliato come per sistematizzare due esistenze per un mesetto sradicate da quell’humus vischioso e bellissimo che è Napoli, nonostante tutto. Con la meticolosità di Moretti father alle prese con un sistema cognitivo (quello dei nipponici) inverso: vedi il metodo di contare sulle dita, per esempio!
E con il rammarico di fondo dell’impossibilità per noi Italiani di avere una ricerca universitaria degna. Ci prova, Vincenzo, a descrivere il Riken, tempio pressoché perfetto per scienziati e ricercatori, evidenziando il coraggio dei nostri compatrioti a trasferirsi agli antipodi, lui con il rimpianto della pastiera.
Ma cosa mai potrebbero pensare i giapponesi di noi, se leggessero questo libro che li descrive e descrive due napoletani alle prese con Tokio? Sembra l’analisi di Las Meninas che ne fece Focault: un gioco di rimandi iconici il cui differenziale era il prodotto di una proiezione, appunto.

Mauro Rotella on Tesionline.it

Assunta Malafronte: Da qualche giorno ho terminato la lettura del vostro libro. Avvincente. La cosa che mi è piaciuta di più è l’aver alternato la “pancia” (le storie di vita) alla “testa” (la ricerca), rendendo la lettura scorrevole ed interessante. Non ho mai visitato il Giappone e prima di leggere il libro nemmeno ci avevo mai pensato. Però, prima di partire, farò un bel corso di inglese e  appena arrivata andrò a mangiare dalle ragazze!

Tommaso Ferrante: Na capata … ò sasiccio… le prime 40 pagine so state peggio di una palillata in fronte. Le ho lette almeno 3 volte per comprenderei qualcosa :-). Sembra il libro per l’esame di teoria dell’informazione e telecomunicazione. Ti farò sapere alla fine. Un abbraccio.

Rosa Lorusso: Sono pienamente d’accordo con l’idea che non si può prendere senza lasciare, né chiedere senza dare, ma aggiungerei che non si può dare se non si è a propria volta ricevuto.
Prescindendo dai nostri valori e orientamenti possiamo arricchire la nostra vita e la vita altrui, convinti che più si condivide più ci si arricchisce.
L’aggettivo che a mio parere meglio racchiude quest’opera è coinvolgente. Chi possiede la speciale abilità di renderti partecipe nella relazione del sapere riesce a farti entrare in un interessante vortice comunicativo che incoraggia la voglia di contribuire alla costruzione di questo meraviglioso e mai terminato edificio della cultura.
Mi sono sentita particolarmente coinvolta in questo viaggio; a volte mi sembrava di essere lì con i protagonisti di quest’avventura.