Archivi tag: Maria Paraggio

Uno, doje, tre e quattro e Maria Paraggio

Caro professore ho letto il libro e ne sono rimasta entusiasta. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata quello di paragonare il vostro libro ai sonetti di corrispondenza che i poeti del Dolce Stil Novo si scambiavano, esprimendo la loro concordia spirituale. Mi è sembrato di vedere tutti e quattro voi autori sulla navicella descritta da Dante nel suo celebre sonetto:

“Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio,
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ‘l disio. …”

Una concordia di intenti nel talento che genera il desiderio di incontrarsi, con la possibilità di scambiare idee, conoscenze, sensazioni, emozioni. Ognuno con il suo carico di esperienze, ricordi, passioni ma nella consapevolezza di far parte di una comunità nuova, non legata più ad un territorio ma al mondo intero, grazie ad internet. E’ come se ci fosse un cerchio magico che vi lega insieme provocando una suggestione unica e, credo, generando in chi ancora non si è accostato alle grandi potenzialità di internet, di cominciare il proprio viaggio nella rete e di trovare amici virtuali ma leali e reali come voi vi proponete.
Grazie a voi tutti per questa bell’immagine di un mondo dai più visto come dannoso.

Non toccate la mia pastiera che vi taglio le mani

La pastiera di Maria
La pastiera di Maria

Tubettoni, seppie e piselli

from Adriano Parracciani

Oggi avevo pensato di passare da Gerardo e Anna. Compagnia ottima, siamo amici da una vita e anche più, pranzo altrettanto, Anna è una eccellente cuoca e  invece  ho desistito, proprio come nella mitica scena di Totò in Miseria e Nobiltà. Perché l’ho fatto è presto detto: in primis,  perché questa settimana l’ho trascorsa da vagamondo che più vagabondo non si può (mammà, come mi piacciono questi improbabili giochini con le parole); in secondis, perché le caccavelle appicciate ‘ncoppa ‘o ffuoco (lasciate perdere la traduzione letterale, sta per le cose da fare) sono in questo periodo talmente tante che l’idea di starmene a casa da solo a lavorare m’è sembrata  perfino una buona idea.
A proposito di caccavelle e di fuoco, intorno alle 11.00 a.m. ho realizzato che mangiare avrei dovuto mangiare comunque, così ho chiamato Beppe e abbiamo deciso che l’avrei raggiunto in bottega intorno alla 1.30 p.m. (penso che già ve l’ho detto, ma comunque preferisco avere una martellata sulle dita piuttosto che mangiare da solo, soprattutto fuori casa).
Ho preso una funicolare che parte alla 1.20 p.m., alla 1.40 p.m. sono arrivato in vico Acitillo, poco dopo le 2.00 p.m. eravamo a tavola.
Acqua. Liscia e a temperatura ambiente. Tubettoni, seppie e piselli per me. Tubettoni, seppie e piselli per Beppe. Siamo ancora alle prese con le chiacchiere quando sui due  schermi musicali – ormai sono diventati obbligatori per legge, come il divieto di fumare – compaiono cinque ragazze in bikini che si dimenano e cantano nella cella di un carcere, almeno così mi pare. Ve l’ho detto che io le televisioni che mentre mangi trasmettono musica, film, notiziari, programmi di intrattenimento, dibattiti e tutto quello che vi pare  io non le sopporto, quasi come non sopporto le sigarette? Nel caso, ve l’ho detto adesso. Eppure questo video ha qualcosa di diverso. No, non le ragazze in bikini, che quelle le trovi dappertutto, è come è fatto, come si muovono, quello che ti dicono anche se non capisco bene cosa ti dicono.
Il video sta per finire quando riconosco, mi sembra, Madonna. Chiedo conferma a Beppe. Ricevo conferma. Gli dico che Madonna riesce a fare sempre qualcosa di speciale. Mi dice che Madonna “è” speciale, non “fa” cose speciali. Gli chiedo se ha visto Kill Bill. Mi dice di no. Gli racconto di Bill che spiega a Beatrix la differenza tra Superman e  gli altri supereroi. Gli dico di Wayne e Parker che si svegliano al mattino e devono indossare il costume per diventare Batman o Spiderman mentre Superman si sveglia al mattino ed è già Superman. Mi dice che questo è uno degli scopi fondamentali delle nostre vite, riuscire a svegliarci la mattina ed essere quello che siamo, senza cercare ogni volta di mettere un costume per sembrare diversi. Sta per aggiungere qualcosa quando irrompe Agostina con il suo “Beppe, i vostri tubettoni, seppie e piselli, buon appetito.”
Per carità, non c’è Madonna o Batman che tenga. Buon appetito.

Il filo rosso di Santina Verta

by Roberto De Pascale

Santina Verta
Caro Vincenzo,
sto trepidando con te e Luca in questo viaggio “serindipindoso”… mi fermo spesso a rileggere per le impreviste e sorprendenti sfaccettature che partendo da un’idea- desiderio, trova la strada dell’attesa/ intesa, condita da ansie e imprevisti che il nuovo impone.
Vivo con voi, ad ogni pagina, una curiosità contagiosa, ricca di emozionanti scoperte dell’evolversi dei contatti, gli attesi disagi, l’estraneità che diventa alleanza, sorrido delle parche colazioni e dei lauti pranzi, attraverso come un segugio le mappe stradali di vie ignote e misteriose… accolgo con batticuore gli intralci e i fortunosi contatti con questa umanità che si dipana come un filo d’Arianna.
Devo scrivere ora, dopo la notte con papà (73), arriverò tardi a scuola, il caffè trabocca, ma l’impeto emotivo deve trovare un freno, ci sono immagini che si sovrappongono come un caleidoscopio con la mia vita. Ti (ri) conosco nella comunanza del percorso originario, abbraccio mentalmente quel ragazzino di Secondigliano che si rispecchia negli occhi del tuo Luca: nell’orgoglio amorevole, tenero e, a volte, schivo, come sa essere chi viene da una consapevolezza vissuta con ardore.
Apprezzo questo non rinnegare da dove veniamo, anzi il rivalorizzarlo è un punto di estrema importanza, rompe quel moto di falsa modernità che ha invasato molti compagni, scambiando il nuovo con cancellazione del passato … chi rinnega se stesso lacera la storia, si nasconde sotto un manto di ipocrito non -senso di appartenenza, forse impedisce la visione d’insieme del dove siamo ora e della perdita inevitabilmente dolorosa!
Ritrovo una forza nel tuo modo di stare in contatto con gli altri che era lo status della vita di sezione, l’antico PCI, mi ha lasciato questo senso della fratellanza che ci faceva sentire potenti- capaci di scalare le difficoltà.
Crescevamo, mentre sognavamo una equità sociale, rendevamo allegre le infinite discussioni, colmandole di speranza!
Mi fermo, per ora… e spero di continuare presto questo dialogo mai interrotto.
Buona giornata a te e alla tua famiglia, Santina

Per gli esseri umani, pensare a cose passate significa muoversi nella dimensione della profondità, mettere radici e acquisire stabilità, in modo tale da non essere travolti da quanto accade-dallo Zeitgeist, dalla storia, o semplicemente dalla tentazione. Il peggior male non è dunque il male radicale, ma il male senza radici.E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti.proprio per questo, il male può raggiungere vertici impensabili, macchiando il mondo intero
Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale

Maria Paraggio

Chissà perché questo post mi ha rimandato ai miei tredici anni, al ginnasio e ha riportato alla memoria giorni e accadimenti.
Nell’anno scolastico 1968-69 frequentavo la quarta ginnasiale. Venivo dalla provincia ed avevo da poco compiuto solo tredici anni ( avevo fatto la primina). A Salerno c’erano due licei: il Liceo Tasso, frequentato dal fior fiore della bella gioventù salernitana, con la sua prestigiosa sede in centro e il Liceo F. De Sanctis che era ubicato in un palazzo di cinque piani. Il mio era il De Sanctis. C’erano, rigorosamente, due ingressi, uno per i maschi ed uno per le femmine. La presidenza, strategicamente, era ubicata al terzo piano.
Quando è iniziato l’anno scolastico, il primo ottobre, portavo ancora i calzettoni (calzini alti di lana) e alcuni compagni addirittura i pantaloni corti (Così si usava). Sembravamo ancora bambini, mentre i ragazzi di città si distinguevano sia per la spigliatezza che per gli abiti alla moda. Pian piano, ci adeguammo a quel nuovo stile di vita, imparando dagli altri e trovando un nostro proprio gusto. Ben presto cominciarono a circolare volantini ciclostilati che parlavano di collettivi, assemblee, cortei, scioperi per ottenere una riforma.
Poi all’ingresso della scuola, sia all’entrata che all’uscita cominciarono a formarsi capannelli di studenti intorno a due o tre leader. Dal Tasso venivano alcuni del movimento studentesco, già vivo, e facevano opera di convincimento tra noi. Si respirava un’aria di tensione tra i diversi gruppi di destra e sinistra. Ormai il movimento si era politicizzato. Ricordo che uno studente del Tasso fu picchiato proprio davanti al nostro liceo.
Le ragazze che, per un certo tempo, si erano tenute lontane, cominciarono ad aggregarsi intorno ai leader che fecero molte conquiste femminili. Il carattere forte, la novità, gli ideali fecero più colpo  della bellezza maschile.
Assemblea era la parola che più passava di bocca in bocca. Ci furono scioperi, cortei di varie scuole che poi si riunivano al Tasso. Si passò all’occupazione, poco prima delle feste di Natale. Ragazzi e ragazze si asserragliarono all’interno dell’Istituto per circa 40 giorni. Per il timore di essere coinvolta negli scontri tra gruppi di estrema destra e sinistra, i miei non vollero che andassi a scuola per tutto il tempo. Le mie compagne mi tennero informata. Ormai si respirava un’aria di libertà, di parità di sessi, di libertà di opinione mai provata.
Tutta l’Italia studentesca era in fermento. Cominciarono ad arrivare i primi risultati. Ci fu concessa l’assemblea di istituto, l’assemblea di classe, la ricreazione. Anzi alcuni istituti ottennero mezz’ora di ricreazione e si poteva uscire e rientrare in classe alla ripresa. Noi del De Sanctis, invece, con un referendum tra alunni, scegliemmo di abolire la ricreazione e optare per un orario ridotto. Uscivamo alle 12:20 per le quattro ore e alla una 1:10 per le cinque.
A livello nazionale si ottenne l’abolizione dell’esame di ammissione dal V ginnasio al I liceo, bella conquista, soprattutto per me che avrei dovuto sostenerlo a breve, e in seguito fu approvato l’esame di stato su due materie orali e due scritte.
La conquista più grande fu però il riconoscimento della parità delle donne nel prendere decisioni importanti in tutti i campi della società, con l’abolizione di tanti tabù che l’avevano accompagnata fino a quel momento.
Dimenticavo di dirvi che in prima fila nei cortei, con megafono e una sciarpa stretta intorno al collo faceva la sua bella figura un famoso e discusso giornalista televisivo.

Foto in cerca d’autore. I racconti


Carmela Talamo

E’ vero Musa, la vita è bella, maledettamente, terribilmente, immensamente bella anche se te ne accorgi quando la senti che ti sfugge, anche quando stai per buttarla via come ha fatto “nennella” (ricordate?) è bella anche quando è fatta di poco, anche quando è fatta di niente, perchè ti basta un attimo per capirlo, come questo sole che dopo tanta pioggia comincia a scaldarti il viso e poi più giù fino al cuore e poi più in fondo fino all’anima. E’ bella perchè anche quando stai per compiere l’ultimo passo verso il nulla puoi trovare una mano che ti afferra giusto in tempo per i capelli, perchè quello è il primo giorno della tua nuova vita, perchè anche se nulla è cambiato intorno a te, finalmente qualcosa comincia a cambiare “dentro” di te e poi incontri la big band e ti rendi conto che è valsa la pena arrivare fino a qui anche solo per raccontare e ricordare e, magari, aiutando te stessa, aiuti anche gli altri. Si Musa, la vita è decisamente bella.

Daniele Riva
L’infermiera ha detto che passerà più tardi. Con le pastiglie della buona notte. E dormirò ancora e avrò altri di questi sogni chimici che mi sballottano nello spazio e nel tempo e al mattino mi lasciano uno straccio, un otre vuoto. È quello che vogliono, questa è l’igiene mentale che campeggia a grandi lettere bianche e illuminate sul muro della clinica. È strano come certi eufemismi ci lavino la bocca: sono soltanto dei modi per pulirsi la coscienza e non pensarci. Clinica. Ospedale psichiatrico. Manicomio.

Così mi si incastreranno gli eventi della giornata e le allucinazioni prodotte dai medicinali. Chissà come entrerà Vincenzo in questo sogno. Nel pomeriggio è venuto a trovarmi e mi ha portato in dono il suo libro. Ho cominciato a leggerlo. Probabilmente anche il Giappone scivolerà nel sogno con i suoi giardini di ciliegi in fiore e la perfezione tecnologica. Si miscelerà con le brutte facce di questa televisione che non riesco neanche più a guardare: volti litigiosi, veline seminude, gente che parla e apre la bocca come in un acquario, perché io non li sto più neanche a sentire.

Come la notte scorsa: c’era una donna con una foglia di vite tra i capelli serpentini, una Medusa moderna che sproloquiava in una vecchia sala d’aspetto con le panche di legno e un lattiginoso lampadario al neon. Fuori c’era il tram che mi aspettava ed erano gli Anni Cinquanta, Milano – credo fosse Milano, ma poteva essere Torino o Dresda o Buenos Aires – era una grigia periferia di opifici, ormai finita la guerra si pensava a ricostruire. I cani razziavano tra i rifiuti, un gatto pisolava su un muro di cinta. Ovunque reticolati e ciminiere. E d’improvviso, con un salto di tempo e di spazio, il tram divenne un moderno treno rosso e correva accanto a un lago. Volli scendere in una di queste piccole stazioni, mi inoltrai nel paese, dove splendevano gialli i lampioni tra le case e i campanili. I murales mi attirarono in un atelier, dove una donna bellissima dipingeva. Non era vero nulla, lo so: era l’effetto delle medicine. Ma l’Arte, l’Arte quella era vera. Come era vero quell’ometto curvo e cieco che giocava al go. Mi disse di chiamarsi Jorge Luis Borges, si teneva a un bastone e raccontava qualcosa a proposito di labirinti e biblioteche…

Ecco l’infermiera con le pastiglie in un bicchierino di carta bianco. Me le porge. Le inghiotto con un sorso d’acqua. Addio…

La Musa
Eppure, la vita è bella, come dice lieve Benigni in quella sua canzone. E’ bella? E’ quello che noi siamo, quello che diventiamo, quello che avremmo fatto e nn è stato, quello che adesso è, e va bene così. Perchè indietro nn si torna e avanti si deve procedere, finchè morte nn ci separi da lei. Pensieri melanconici, pensieri inquieti, ricordi struggenti; quello spleenetismo che avviluppa le essenze più sensibili. Nel percorso fino ad oggi, il beneficio dell’età adulta, mi ha dato la chiave di volta: ci vuole resilienza. Quella capacità che volge al positivo ogni esperienza forte, spesso traumatizzante; quell’umanità che ti fa apprezzare la compagnia, ma altrettanto la solitudine, perchè di fronte a qualunque bivio, a qualunque alternativa, a qualsivoglia intoppo, in ogni caso siamo soli con noi stessi, tanto vale accomodarsi l’idea. La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte, diceva Celine. Allora ho guardato fuori stamattina: due piccoli di merlo pigolavano festosi nel nido fra i rami di un pruno ingemmati; sulla mia rosa rampicante occhieggiano i primi teneri boccioli; il sole, riverberi di luce fra l’ondulare tenue delle foglie di bamboo. Sì, la vita è bella, come cantava lieve Benigni.

Lucia Rosas
Tutto per una promessa. Che strano nome, ma che cos’è un libro. Un discorso smozzicato come solo una chat sa fare quando ti serve. Alla fine il libro è in mano poi sul comodino in ospedale. Un fidato amico che aspetta il tuo tempo. Sono sola, mi godo il silenzio inframezzato dal campanile, dai passi felpati in corridoio dal sole primaverile alla fine di febbraio. debbo aspettare con calma un altro medico e la sua spiegazione. Nulla di grave, un polipo fuori programma mentre mi chiedo perchè l’endometriosi non si ferma e mi rende impossibile non solo programmare la giornata ma anche camminare. E’ un male sottile, subdolo, un filo di edera che ti scivola dentro dall’utero arriva all’intestino alla schiena si annida senza chiedere permesso. Si siede, dorme e quando è il momento si sveglia scoppia come polvere da sparo brucia e ti vorresti scavare le carni per farlo smettere.
Siamo rimasti soli in camera tutto il giorno prima io in attesa e lui che raccontava che esiste una cosa chiamata serendipity e tu annuisci, ci credi e sorridi in attesa che qualcosa di buono succeda.

Deborah Capasso de Angelis
Carmela ce la farà ancora e ancora e ancora.
E ce la farò io con lei, ancora, ancora e ancora. Me lo ripeto spesso perchè solo in questo modo arrivi al controllo successivo e aspetti i risultati. La settimana più lunga in assoluto e poi vai, da sola, perchè è una cosa solo mia. E’ la mia vita e voglio aprire io la busta. Non è stato così terribile come quello di Carmela, me la sono cavata in tempo di record e senza terapia ma, è vero, sorridi di più, ti arrabbi di meno, elimini tanta gente rubarespiro e fai entrare nel tuo mondo tante persone ossigenanti. Ci sono in tanti intorno a te ma le decisioni devi prenderle tu e certe volte avrei fatto vincere “lui” (non voglio nominarlo, non merita di avere un nome). Ho dovuto rimandare nel giardino dei mai nati il mio bambino per “lui”. Mi ha fatto male ma ora sono qui e ci sto proprio bene!

Lucia Rosas
Scrivo di getto breve spaventata senza curarmi degli errori del suono del cellulare mentre quel quadro perfora le tempie poichè rifiuto quel volto accigliato della prozia matilda. Ho deciso di abbandonare il liceo i sogni di gloria dell’università e l’amata pittura. Via dal calore opprimente di milano verso altri lidi. Lascerò in disordine come tutti i giorni come dovessi tornare sapendo di mentire. Libri abiti sgargianti cd e quanto mi lega al mio bozzolo.  Il biglietto sul bordo del tavolino scivola a terra, un refolo di vento lo ha fatto scivolare: fosse così per i pensieri ma no. Lo zaino leggero è pronto solo un paio di jeans e una felpa la kway e la macchina fotografica; tuffo al cuore album e carboncini debbono essere raccolti. Sbatto la porta quasi inciampo sulle scale saluto furtivo alla portinaia e via correre a testa bassa verso la stazione mentre il cuore in petto scoppia come la voglia di urlare libera.
Il treno per la svizzera è puntuale, ovvio, salgo rosso lucido perfetto lunga serpe verso altri lidi. Curva quasi impenna questo cavallo d’acciaio chiudo gli occhi inebetita e sempre tra il dubbio e la certezza che sia la cosa giusta.

Carmela Talamo
E’ vero, mentre sei chiusa in una camera d’ospedale a combattere contro il cancro, tutto assume una dimensione diversa, cambiano le cose, cambiano le persone, le priorità, i pensieri si susseguono così velocemente che tu stessa fai fatica a stare al passo e, inevitabilmente, ti lasci alle spalle la zavorra che hai raccolto per una vita intera.
Io ero praticamente sigillata in camera, completamente sola ed isolata, chiusa ermeticamete dall’esterno con una porta blindata, sorvegliata perennemente da una telecamera (ho avuto anche io il mio Grande Fratello).
Terapia radiometabolica con iodioradio 131 è così che la chiamano, si pratica dopo che ti hanno asportato la tiroide con il suo bel carcinoma, serve a distruggere qualsiasi residuo di tiroide e, quindi, previene il riformarsi del cancro in qualsiasi frammento d’organo superstite. Devi solo ingerire una pillola e diventi radiottiva per un pò di giorni e resti lontana dal mondo finchè non smaltisci le radiazioni. E allora che fai? Pensi  e pensi e pensi… a tua figlia che si è appena affacciata alla vita, a tua madre che invece la sta lentamente abbandonando perchè un’altro signor cancro ha deciso che se la vuole portare via e, infatti, di lì a poco ci riuscirà, e pensi pensi pensi… che se ne esci viva nulla sarà più come prima, ed infatti non lo è, né peggio né meglio ma molto diverso, niente più fronzoli, persone inutili, niente più idiozie, solo quello che conta veramente, solo quello che mi va, niente più cose da fare perchè si deve ma solo perchè ti va, fanculo tutti quelli che non ti servono, se il cancro ha avuto un senso allora la mia anima deve crescere fino a farmi scoppiare di essenza. E poi passano gli anni e tu ce l’hai fatta (forse), si susseguono i dolori e i lutti devastanti e tu ce l’hai fatta ancora. E forse tutto questo aveva un senso, forse il senso era semplicemente portarmi qui adesso, per il momento mi basta e se domani ci sarà dell’altro io … ce la farò ancora, ancora ancora…

Maria Paraggio
Quel tavolino, il libro, l’acqua mi fanno tornare in mente giorni in cui mi sono trovata a riconsiderare la mia vita e le cose importanti che avevo messo da parte per dare priorità ad altro. Ci sono momenti in cui, come un flash ti passano davanti anni ed anni e ti rendi conto di quante occasioni sprecate, quanto tempo non vissuto in pieno ed allora vorresti anche solo un giorno in più per non guardarti indietro ed avere rimpianti. Questo pensavo nella mia camera d’ospedale, con monitor vari, fili, un tavolino girevole, un libro e una bottiglietta d’acqua a farmi compagnia e a ricordarmi l’infelice condizione in cui mi trovavo. Da quei momenti nacquero i seguenti versi:
“Vorrei ritrovare il sentiero perduto
seguendo le tracce
delle mie ambizioni passate
Camminare con il vento in faccia
senza paura, liberata dai lacci delle aspettative di altri
che decidono per te, che scelgono per te, senza parlare
senza ordinare, senza persuadere,
con la scusa di amare.
Quante volte ho ripercorso a ritroso la mia vita.
molti gli errori, tanti gli eventi assistiti come dal balcone.
Dall’angolo più alto assistere impotente al progressivo e
inevitabile annullamento e tutti intorno indaffarati a riportarti
là dove volevi scappare.
Consapevolezza della propria stoltezza
Amara verità che ancora non ha imparato ad accettare la sconfitta”.
(Penombra mattutina, pag 16)
Invece non ho accettato la sconfitta. La vita mi ha dato un’altra opportunità ed altro tempo. Tante le cose lasciate incompiute ed ora portate a termine e parte del merito va al mio caro Prof. Moretti e alla prof. Massa.

Viviana Graniero
Mettiamo insieme il treno sul fiordo e il biglietto per un’imprecisata destinazione e quella che viene fuori è una storia realmente accaduta. A me, per fortuna!
Uno degli ultimi viaggi io e mio marito (che all’epoca lo era da appena una settimana) lo abbiamo fatto in Scandinavia… lo sognavamo da tanto e abbiamo approfittato delle ferie matrimoniali per organizzare un lungo giro, di circa 16 giorni. Prima tappa: la danimarca. Copenhagen. E poi in giro per la costa danese, con i suoi meravigliosi castelli e tutt’intorno un’aria da favola di Andersen.
Seconda tappa: la Norvegia. E qui comincia la storia.
Dopo due giorni meravigliosi a Bergen, un paradiso tra i fiordi del sud, avevamo tutto prenotato per raggiungere Oslo facendo ancora una gita in nave tra i fiordi e poi un tratto in treno. La mattina della partenza pioveva a dirotto, in pieno stile norvegese. Le valigie e la pioggia hanno rallentato la nostra corsa verso il pulman che avrebbe dovuto portarci al paesino dal quale partiva la nave. Tre minuti di ritardo (e dico 3 davvero), il pulman è già partito, lo abbiamo perso. Per i primi 5 minuti ci prende il panico, tutto già pagato e organizzato e adesso che si fa? Come ho detto il panico dura 5 minuti, in fondo siamo alla stazione qualcosa si farà. E così con il nostro inglese di bassissimo livello cerchiamo di spiegare l’accaduto alla biglietteria, speriamo che ci convertano i biglietti della gita in 2 per un treno diretto ad Oslo. Niente da fare, sono biglietti di un tour operator, alla stazione non possono far niente. decidiamo di comprare due biglietti per una tappa intermedia e di lì cambiare per Oslo. E quella che ci era sembrata una sfortunitissima situazione si trasforma in una delle cose più belle che abbia mai visto e vissuto, che ricorderò per sempre. Prendiamo un treno che passa attraverso il paese delle meraviglie e mentre fuori diluvia (e tutto sommato, pensiamo, che cosa avremmo potuto vedere da una nave con quel tempaccio?) noi siamo incollati ai finestrini, incantati da montagne, cascate, fiumi, mari e laghi… un trenino che sembra quello dell’edenlandia per quanto è lento, ma scopriamo che è fatto apposta per farti ammirare il tratto di ferrovia più bello del mondo. Sfoglio la mia inseparabile guida del National geographic e scopro che quel tratto è segnalato, che è imperdibile se sei in Norvegia perché non lo scorderai mai più. Vero. Assolutamente. Ti sembra di essere in un documentario, ad un passo dalla perfezione assoluta. E’ più di un semplice paesaggio, è un mondo apparte… come in un film, come in un romanzo d’avventura. Ridi o ti commuovi, apparentemente senza motivo, non puoi farne a meno… è intenso. Vorresti che la stazione di destinazione non giungesse mai, è come avere a che fare con il “per sempre”, ci credi. Esiste qualcosa di eterno e tu l’hai visto, anzi, ne sei stato parte.
Alla fine arriviamo ad Oslo con il sorriso stampato sul volto e mille emozioni che restano dentro, nel silenzio trovano la loro espressione migliore. Abbiamo scordato completamente di averci rimesso circa 200 euro e la gita in nave e corriamo in albergo a posare le valigie, pronti per il resto dell’avventura, che si concluderà la settimana seguente a Stoccolma, ma che ancora è vividissima nel nostro ricordo.

Santina Verta
Vedi Napoli e poi muori“. Me lo disse il nonno della signora Rosa, di Maiori, che abitava nel mio vicoletto calabro. Napoli, la prima città vista, ero affascinata da tutto, che ricordo elettrico,  “Marò, quanto mi è piaciuta sta città!”. Era, ohi la memoria … era fine terza media, aspetta che conto; estate ’64.
Un insieme di flash nitidi e offuscati dall’eccitazione di una prima uscita da casa, ospite da estranei … timidissima … un solo vestito fatto fare per l’occasione. Tre giorni di curiosità  e quel timore del detto dell’accoglienza … non capivo la morte abbinata alla bellezza, mi impensieriva.
Sarei tornata a Napoli nel ’74, pretendendo di studiare e fare anche la mamma, ma la precarietà economica, sempre quella dannata, mi bloccò al quinto esame di lettere moderne, ma intanto avevo avuto l’impatto  escludente con Milano, ma ora  è  Napoli e la sua bellezza che si impenna!
Due giorni ospite da Amica, per caso parente,  ‘ncoppa o Vomero, mi permettevano di passare gli esami in università e poi gironzolare per scoprire parti della città.
Riecheggiano le parole di mia madre “Statt’accorta, a Napule rubbano“, ma io ho sempre avuto coraggio! Ma, quella volta, invertii numero di tram e finii a san Martino, poi al Cardarelli e ripensandoci, mi vien da ridere, non osavo entrare in un bar e telefonare all’amica Annalisa, né tantomeno entrare per un caffè, le parole della mamma … ma   le ore passavano, così la fatidica telefonata: “Annalì, mi signu persa” e lei invece di spiegarmi … chiamò tutta la famiglia e ridevano  e ridevano. “Io nu ci puzzu penzà“, ero già sotto casa loro!
Altra cosuccia di cui ridiamo quando ci ritroviamo  è stata la sorpresa  di vedere scritto vicino  al suo palazzo “Parco Aldebaran” io vedevo un solo Albero recintato e dissi: “Ma Annalì, a Napuli  chiamate parco un albero! E lei: “dai moviti, u parco so i case“!

Stefania Bertelli

Io partirei dal biglietto del tram. Perché a casa mia i trasporti pubblici occupano un ruolo importante. Mio marito ne è responsabile presso il comune di Venezia e si nutre e ci nutre costantemente dei suoi problemi. Tutti i nostri viaggi sono caratterizzati da tappe presso stazioni di autobus, gite in tram, percorsi in metropolitana…su e giù per le città. Per non parlare dei parcheggi scambiatori, per i quali mio marito ha un’insana venerazione: se li vede è capace di inchiodare l’auto, per andarli a fotografare. Detto questo, non è per fare la vittima, ma anche in uno di momenti più importanti della nostra vita Franco non ha voluto derogare. Il giorno che ho partorito per la prima volta, molto inesperta, non ho riconosciuto i primi segni delle contrazioni; allora, informata mia zia del mio stato, lei ci ha intimato di muoverci velocemente… e così ci siamo avviati verso l’ospedale. Essendo io impossibilitata ad andarci a piedi, mio marito ha rifiutato il suggerimento della zia di chiamare un’idroambulanza ed ha sentenziato: si va in mezzo pubblico!
La sfortuna ha voluto che fosse la domenica della Regata storica, la prima di settembre, una delle feste popolari cittadine, quando il traffico acqueo si paralizza; morale… ho dovuto attendere pazientemente presso l’imbarcadero dei vaporetti l’arrivo del mezzo, quando mi si son rotte le acque, … quando sono arrivata finalmente in ospedale, medico e infermiere mi hanno guardato con gli occhi fuori dalle orbite e mi hanno catapultata in sala parto.
Vorrei aggiungere, a questo proposito che, in questo periodo, stanno costruendo dei vaporetti proprio a Napoli. Mio marito è venuto a definire i lavori ed è tornato con pastiere, sfogliatelle e dolci vari, che i soci della cooperativa gli hanno suggerito.

Foto in cerca d’autore

L’autore da trovare non è quello della foto, che c’è già, è in realtà un’autrice da queste parti assai nota, Lucia Rosas. La foto, con mio grande piacere, me la sono ritrovata sulla bacheca di Facebook qualche giorno fa. Naturalmente ho ringraziato Lucia con i mezzi che sono disponibili da quelle parti e così, chattando chattando, è venuta fuori l’idea, più sua che mia, di provare a raccontare storie a partire dalla foto.
Lucia si è entusiasmata un bel pò, io ho fatto la parte di quello che butta acqua sul fuoco. Questa faccenda delle storie a volte funziona e a volte no -le ho detto-, comunque possiamo provare. Lei ha detto proviamo, ed eccoci qua.
La parola, anzi il post, passa a noi, gli autori. Se abbiamo voglia di farci trovare, of course.

Lucia Rosas
io non sono nota, io approfitto di una amicizia virtuale che, su una piattaforma vituperata rivela invece un’anima e una possibilità di essere ed esserci in modo vitale. io chatto perchè la mia voce è questa, io sono e vivo qui.
avevo scommesso di resistere alla nostalgia di uno schermo spento, di staccarmi dalla tecnologia armata di sms e un libro. è possibile e, paradossalmente ti fa desiderare di sentire il suono di quelle voci, di incontrare quegli altri che frequenti x il piacere di farlo, quando te la senti, quando hai da dire qualcosa di vero e tuo e dove distanze e credo si possono abbattere. ho sempre creduto ai libri come mondi possibili e che incontri le persone nei momenti + impensabili che ti piombano addosso con il loro vissuto, sono libri parlanti sono occasioni che non puoi perdere sono … il resto delle parole arriva durante dopo arriva. sempre.

Questo ce lo metto io
Con Lucia Rosas abbiamo pensato che un tavolino, due bottiglie d’acqua, un libro, una penna, un telecomando e una busta forse sono un pò poco per costruire una storia. Scrivete gli altri elementi, personaggi, soggetti che vorreste nella storia, mandate foto o disegni (purché fatte da voi o in ogni caso non soggette a diritti d’autore). Arrivati a 20 ci fermiamo e cominciamo a scrivere le storie con tutti o anche solo alcuni degli elementi a disposizione. Pronti? Via!

La Musa
Un gatto e un pc.

Vincenzo Moretti
Il Piacere di Matteo Arfanotti

Laura Marchini
Sedie di legno come quelle di una volta… fogli molti, sparsi sul tavolo, un pò di confusione….
e una luce! non sò se un lampadario oppure una luce da tavolo accesa: perchè la luce è importante, apre una “porta”, un pensiero….

Felicia Moscato

Concetta Tigano




Viviana Graniero

Daniele Riva
Un paio di biglietti del tram o della metro, senza specificare la città…

Santina Verta

Una tavola da Go e alcuni proverbi.
Perdi le tue prime 50 partite più in fretta possibile.
• Usa il Go per farti nuovi amici.
• Non seguire i proverbi.


Giappone.
Il gioco si svolge su una tavola di legno chiamata Goban (ban vuol dire tavola in giapponese) su cui è disegnata una griglia di 19×19 linee ortogonali. I due giocatori usano delle pietre bianche e nere che posizionano nelle intersezioni del Goban. Il nome del gioco vuole dire qualcosa come “pietre che si circondano” ed illustra lo svolgersi del gioco: entrambi i giocatori cercano di fare punti circondando territorio (zone vuote del Goban, ogni interesezione è un punto) e pietre avversarie (quando vengono catturate ognuna è un punto).

Le regole del Go sono poche e semplici: quelle fondamentali sono 3(+1) e le rimanenti servono per chiarire alcune situazioni che possono crearsi raramente.
• Inizia sempre nero, si gioca uno per volta e le pietre una volta collocate sul Goban non si spostano.
• Una pietra, od un gruppo di pietre contigue (lungo le linee, non in diagonale), ha tante libertà quante sono le intersezioni vuote adiacenti ad essa. Quando rimane senza libertà la pietra è catturata e viene rimossa dal gioco lasciando spazi vuoti al suo posto. Nell’mmagine la 1° pietra ha 4 libertà, la 2° ne ha 3, la 3° ne ha due. La 4° pietra ha solo una libertà, è in Atari, e se bianco gioca nella posizione segnata dal quadrato la pietra nera verrà catturata e rimossa.

• Ad ogni suo turno un giocatore può giocare una pietra o, se ritiene di non avere nessuna buona mossa da giocare, passare. Se entrambi i giocatori passano consecutivamente la partita è finita, si contano i punti e si determina il vincitore.
• Segnalo in questo breve riassunto come 4° regola quella del Ko senza approfondirla: possono esistere delle situazioni in cui il gioco potrebbe entrare in stallo ed esistono delle regole per impedire quasi tutti questi casi.

Normalmente il Go viene giocato su un Goban di 19×19 intersezioni, ma si gioca anche in Goban più piccoli come 13×13 o 9×9. Questi Goban ‘minori’ vengono usati per partite veloci, per introdurre i principianti al gioco e ‘tanto per giocare in modo diverso’. Una cosa interessante da notare è che nel Go c’è un sistema di graduatoria ‘naturale’: se due giocatori di differente abilità si incontrano il più capace concede all’altro il nero (che incomincia per primo) e, nel caso, pietre di vantaggio. In questo modo si può sempre giocare una partita equilibrata e divertente, mentre in altri giochi il giocatore più forte vince sempre (o almeno dovrebbe)
Buon gioco!

Paola Bonomi

Maria Paraggio
In provincia di Salerno c’è un paese molto suggestivo, Ottati. E’ una galleria d’arte a cielo aperto. Artisti provenienti da ogni dove hanno realizzato murales bellissimi. Sono circa un centinaio. Percorrere le strade del paese è come visitare una galleria d’arte. Ne sono rimasta affascinata. Sulle pareti di antiche costruzioni si possono ammirare delle vere e proprie opere d’arte.

Piccole Storie Crescono | S3-5


2. Maria Paraggio
La sveglia suona: è ora di alzarsi. Stamattina visita a Notre-Dame, poi al Louvre e nel pomeriggio Versailles. Non mi sembra vero di trovarmi qui. E’ un viaggio che desideravo fare da anni! Enzo mi segue nel risveglio, si stropiccia gli occhi, si siede in mezzo al letto e dice: “Marì, Parigi sarà pure bella, ma quanto mi manca a tazzulella e cafè che mi prepari tutte le mattine! Il profumo raggiunge la nostra stanza ed è meglio della sveglia!”. Allora mi ricordo che all’ultimo momento, ho infilato nella valigia una macchinetta espresso e una busta di caffè (Ho pensato: non si sa mai). Il ferro da stiro farà da fornellino. Prendo tutto, traffico un pò in bagno e dopo un poco …

3. Viviana Graniero

Esco portandomi dietro un profumino insuperabile… “Ahhhh” Enzo annusa la tazzina di plastica color moka che gli porgo con una faccia beata “Però ‘o croassàn parigino giuro che te lo compro, Marì!”. E dopo venti munuti eccoci immersi nella folla a Boulevard Saint Michel, sulla rive gauche…

Il mantra della pastiera


Santina Verta, Again
Ed ora … devo solo trattenermi, per non ingoiare tutto voracemente. ..  è arrivato “u camiòn”, Carmelina, mia sorella, ha preparato 3 pastiere … una per Venere e due per me e papà. Io dovrei sentirne solo l’odore, per l’effetto colesterolo a passa 3oo… ma da ieri pomeriggio … già metà pastiera è sparita!
In compenso ho lessato le cicorie di campo, il benefico tarassaco, ora devo cuocere i finocchietti selvatici,  da unire alle fave …”paste e fave cu finucchi i timpa” e se vi aggiungo il soffritto di cipolla e cotenna arrotolata di maiale diventa un piatto esplosivo, immancabile il pizzico di olio piccante. Si  mangia solo una volta all’anno … altrimenti che botto!
La zia Tetè, per gli adorabili monelli ha mandato uova freschissime e uova di cioccolato, lei  sa  esattamente cosa piace loro … in questo periodo “Ben 10”.
Lo zio Tato, che si diletta, nel tempo libero dal lavoro in ferrovia, a pascolare un piccolo gregge di capre e pecore,  ha pensato di barattare due capre e una pecora  per un pony -femmina, già pronta per partorire … Michi mi passa il telefono urlando … – lo zio Tato ci ha comprato un pony … per cavalvarlo quest’estateeeee! — ed io: ma Tato veramente hai preso un pony? –Ma no, è ‘na pony!! …   Ridiamo  e basta … oramai na pony  ci aspetta nel piccolo Ranch!

Santina Verta
Eh no, mi fate sgambetti di golosità… solo  a sentirne parlare ho l’acquolina in bocca… si è già capito che sono incredibilmente attratta dai dolci e  gli effetti si depositano morbidamente sia all’esterno che dannosamente nel circolo colesterolico.  Resisto solo per brevissimi periodi al non – dolce e la pastiera ha quei profumi che irradiano stille di malinconia da afferrare, inglobare, annusare e sbocconcellare col naso sui vetri, furtivamente, con pudore, cercando di scoprire il misterioso richiamo  tenace di tenerezze e candore e baluginio di marachelle.
Un tempo i dolci erano solo un evento straordinario, vicino al mio vicolo c’era “a putia” (negozietto) di Zi Parma e mi era proibito far segnare su “a libretta” generi dolciari. La donnetta, secca, cattivella e vecchiarella usava il nostro orto per lavare panni e stendere e mi lasciava di guardia alla Putia… un giorno bramosa di dolce…quei “Moretti” della Ferrero, detti “chicchirichì”  vi ricordarte? una cialda di cioccolato fondente, una cupoletta di morbida crema bianca  e su fondo waveroso— ebbene erano lì che occhieggiavano— slurpp–prendimi, prendimi… così decisi di chiudere zi Parma col lucchetto ..  intenzionata a fare una scorpacciata… ma ero come paralizzata da aver osato tanto. <finì che a sera le presi dai miei.e addio chicchirichi!
Ora  la pastiera, preparata da mia sorella Carmelina, mi arriva, per Pasqua, con il Camion- corriere  che riempie di profumi calabri le corti dei paesi lombardi e  anche l’umore dei migranti risplende come una melagrana!

Viviana Graniero
E
te
con
uova,
grano,
mangio
gustosa
pastiera
prelibata,
succulenta.
Sorprendimi!

Una “palla di neve” per la pastiera (non c’è bisogno di spiegarlo questo gioco, basta guardarlo)

Vincenzo Moretti
Dolce il grano,
come luna la sera.
Labbra umide.

Maria Paraggio
Sono le sette di mattina, una notte insonne, squilla il telefono. Corro ansiosa: mia figlia è partita per il Texas, mio marito è a Prato per lavoro, mia madre a Saronno e non sta tanto bene, mia suocera in ospedale. Dall’altra parte una voce sconosciuta di donna mi dice: ” Buongiorno signora Maria, lei non mi conosce. Sono tal dei tali, abito a Vallo della Lucania. Vorrei tanto una cortesia da lei”. Tra sorpresa e irritata ( pensavo: ma questa che vuole a quest’ora del mattino, con tutti i miei problemi e le mie ansie) chiedo se per caso non ha sbagliato numero. Lei tranquilla mi risponde: ” No, è proprio con lei che voglio parlare. So che è molto brava a fare i dolci e soprattutto la pastiera. Sono anni che cerco di farla buona come l’ho mangiata una volta a Napoli, ma ho provato tutte le ricette senza risultato. Ho provato anche con quella scritta sui barattoli di vetro che contengono il grano ma non c’è niente da fare”.
A questo punto la interrompo: “Signora, la ringrazio per la stima, ma mi dica, prima di tutto, come ha avuto il mio numero e chi le ha parlato della mia pastiera”. E lei ” Signora Maria, deve sapere che io viaggio spesso perché i miei figli abitano, per lavoro, uno a Torino e l’altro a Bologna”. Sono appena tornata da Bologna. Nel mio viaggio di andata, ho incontrato suo marito che saliva a Prato. Così tra una parola e l’altra, il discorso è caduto sui dolci. Suo marito ha detto che sono poche le volte che compra dolci in pasticceria perché lei, signora Maria, ama preparare torte e biscotti. Lui, che non aveva mai voluto mangiare la pastiera, mangia con gusto solo quella che fa lei. Per favore, mi dia la ricetta ma anche i suoi segreti per farla così buona”. A questo punto che potevo fare?. Le dissi di prendere carta e penna che le avrei dettato la ricetta, pensando che mio marito parla sempre più del dovuto, anche se in me ero felice di sapere che, se pure per la mia arte culinaria, mi apprezzava. Non mancai nessun ingrediente ma l’amore (il mio segreto) che metto nel preparare ogni cosa e che, a parer mio, è l’elemento indispensabile per la riuscita di ogni progetto, quello ce lo doveva mettere lei.

Maria Maddalena Fea
Oggi ho fatto la pastiera
trafficando per tre ore;
or ne sono proprio fiera
me la mangio con ardore!

Carmela Talamo
Si ma mangio me ngrasso
Si ma mangio me ngrasso
Si ma mangio me ngrasso

Concetta Tigano
“Un mantra ha due aspetti: il primo è manana, e significa che ciò che si è ascoltato deve penetrare nella mente; il secondo è trānia, e vuol dire che qualunque cosa sia penetrata nella mente vi deve essere fermamente stabilita e preservata”.
Definizione copiata “precisa precisa” da Wikipedia, così vi racconto come è penetrata nella mia mente e come si è stabilizzata “la pastiera”.
Natale di tanti anni fa … in casa di zii, che amavo tanto, squilla il telefono … risponde un cugino ( tra cugini piccoli e grandi … una dozzina).
“Francesco …ti vogliono….” e lì una fragorosa risata, il Francesco in questione per noi era Ciccio (adesso nonno), chiaro che chiamava una ragazza alla quale lui si era presentato così … vergognandosi come un ladro di quel “nome”.
La ragazza, telefonava da Amalfi, con uno spiccato accento partenopeo, gli “sfottò” non si contavano … Ciccio (rosso peperone), risponde al telefono, con tutti noi attorno (privacy = zero).
L’amore vince su tutto … Graziella entra in famiglia, e quando viene in Sicilia a conoscere il vasto parentado … porta una strana “torta” in quantità adeguata al numero di parenti, “la Pastiera”.
Sublime , deliziosa, una squisitezza … fatta come tradizione comanda, con il grano bollito (e non quello precotto!), mia madre, cuoca perfetta, appena ha saputo dell’elaborata fattura, non si è mai azzardata a provarci!
Successivamente mi è capitato di assaggiarla altre volte, ma ogni volta ricordo con tanta dolcezza quel Natale lontano.

Adriano Parracciani
Past past iera
om
iera iera past
om
Past iera iera
om
iera past past
om
iera past iera
om
past iera past
om

I ciliegi sono in fiore


Maria Maddalena Fea
Sotto un ramo di ciliegio fiorito
ho riconosciuto il tuo sguardo
farfalle impazzite
hanno ricominciato a volteggiare
dentro di me

Maria Paraggio
Rami di ciliegio fioriti
videro baci infiniti.
I nostri visi felici
del loro profumo inebriati.
Piogge di petali
Cadevano lievi come veli di sposa.

Daniele Riva
Il tempo bello è giunto  – i ciliegi
sono in fiore – discendono leggere
e come veli coprono il terreno
quelle rosee corolle così soffici.

Indovinello: che cos’è omesso?

Lucia Rosas
I ciliegi sono in fiore
nascerebbe anche l’amore
sento quasi un friccicore
accidenti è solo un banale raffreddore.
Scusate la commozione è solo allergia!

Deborah Capasso de Angelis
Era la fine di Aprile ed io ballavo leggera accarezzata dal profumo dei fiori. Alla festa hanami ci andavo ogni sera ed ogni sera la festa era diversa. Canti, danze, fuochi d’artificio, la luna ed i fiori di ciliegio. Festeggiavo la vita in un paese straniero, la mia vita da vagabonda, da cittadina del mondo. Era facile lasciarsi trasportare dalla poesia, passavo le giornate col naso all’insù e contavo ogni fiore, esprimendo desideri.

Piccole Storie Crescono | s1-7

INCIPIT
Visita al Ueno koen, uno dei parchi più antichi di Tokyo, inaugurato nel 1873, pochi anni dopo che la restaurazione dell’Imperatore Meiji mettesse fine al dominio politico e militare dello shogunato Tokugawa, dinastia di signori feudali che dal 1603 al 1868 governarono il Giappone.

Storia 7
2. Bruno Patrì

Il quartiere più vicino all’albergo era quello di Ueno. Il suo grande parco ci appariva come incantato sotto il caldo sole estivo. L’umidità saliva e avvolgeva, trasformava la vista degli alti toori. Ecco il primo tempio, dal classico colore rosso acceso.
Saliamo le ampie scale e giunti all’ingresso veniamo accolti da un anziano giapponese che in uno stentato inglese inizia un lungo monologo.
Diamo cenno di gradire il suo intervento, inchiniamo il capo più volte in segno di ringraziamento…… ma lui imperterrito continua con la sua cantilena sbiascicata.
Riusciamo a “fuggire” ……. e continuiamo a visitare il resto del parco. Attraversiamo ampi “corridoi” tra i curatissimi alberi, passiamo sotto agli splendidi toori e giungiamo ad un altro piccolo tempio contornato da antiche strutture incastonate nella vegetazione del parco.

3. Daniele Riva

Lì, con uno dei miei piedi misura extralarge colpisco inavvertitamente una pietra circolare, che rotola di lato e va a colpire con un toc sordo qualcosa in un cespuglio fiorito. È una borsa! E l’anziano giapponese aveva ripetuto spesso nel suo discorso sconclusionato la parola “bag”. Vuoi vedere che?
La curiosità è tanta. Che fare? Aprirla? Chiamare una guardia? Certo, poi quella non spiaccica una parola di inglese e finisce che passiamo la notte al commissariato, come Totò e Peppino…

4. La Musa
“Dopotutto”, mi dico, “è assoluamente lecito aprire una borsa rinvenuta fra i cespugli” del resto se nn l’aprissi nn potrei mai sapere a chi sia appartenuta. mi accingo a farlo, ma qualcosa mi frena e mi colpisce; la foggia della borsa è inusuale e anche il pellame di cui è fatta. sembra proprio una vecchia borsa da medico condotto. cerco l’anziano giapponese, ho bisogno della sua approvazione anche solo fatta di sguardi, ma davanti a me soltanto la distesa dei ciliegi odorosi e di lui nemmeno l’ombra. la borsa è lì, ai miei piedi, un velo spesso di polvere antica ne nasconde la finezza della fattura, la cerniera in metallo sembra ossidata. prendo ancora qualche minuto per decidere, in fondo sono ospite di una nazione molto lontana dal mio modo così occidentale di pensare, nn vorrei trovarmi nei guai…

5. Vincenzo Moretti
Va bé, alla fine se sto qua tutta la notte a pensarci diventa come trascorrere la notte al commissariato. Io la apro. No. Si. Dentro tre monete antiche. Con il buco in mezzo. Uguali uguali a quelle usate al posto degli steli di foglie per interorgare l’I-Ching, il più antico testo di saggezza cinese. No, non sono uguali uguali. Sono proprio loro.

6. La Musa
Ora che ho aperto, davanti a quelle monete antiche mi risuonano alla mente le lezioni del prof. di storia del liceo: un gruppo di transfughi cinesi riparati in giappone portarono con loro alcune cose indispensabili per nn morire di nostalgia: i bonsai, i bamboo e le monete divinatorie de I-Ching. “che meraviglia!” penso fra me e me, “a chi saranno appartenute queste preziose monete e come mai nella borsa da medico nascosta fra i cespugli di acero?” intanto, con le monete fra le mani, vado pulendole per guardarle meglio. il rame così sfregato a poco a poco mi rimanda i suoi rossi bagliori. ecco, ora le vedo bene, due sono sul lato “testa” – lo yang – e una sul lato “croce” – lo yin.

7. Deborah Capasso de Angelis
Morte e vita, ombra e luce, giorno e notte, perfetto equilibrio, interdipendenza, maschio e femmina, destra e sinistra…simboli antichi di una saggia cultura.
Sono inquieto, che faccio? Chiedo consiglio a Luca.
Fa un’espressione da “scugnizzo”. – Papà, comme se dice, ogni lasciata è persa! Piglia ‘a borsa e fuimmo!!! Po’ c’e pensamme!!! -.
Seguo all’istante il suo consiglio!

8. Daniele Riva
Rientrati in albergo, ci attacchiamo a Internet (Luca si attacca a Internet, io lo guardo da dietro le spalle, cosa che lo fa incavolare abbastanza) e troviamo un po’ di informazioni sull’I-Ching. C’è anche un sito che fa le divinazioni. Per gioco inseriamo la frase “Che cosa significano queste monete nella borsa?” e ci risponde: “Cielo e terra si incontrano: la pace”.

9. Adriano Parracciani
E’ una prima risposta. Ma adesso dobbiamo sapere di più su queste monete tonde con un foro quadrato al centro. La ricerca su internet si fa difficlle; non abbiamo idea di come orientarci in questo mondo sconosciuto ed immenso della numismatica. La depressione ci sta raggiungendo quando improvvisamente dal mio hard disk cerebrale spunta fuori il ricordo che serve. – Ma certo, – dico a luca – Alberto! Ti ricordi che è un appassionato di monete? Forse ci può aiutare –  Luca scatta delle foto con il suo iPhone e mandiamo tutto per email all’amico di Roma con la speranza che possa dirci qualcosa di più. Dopo un’ora arriva la risposta – Non m’intendo molto di monetazione cinese ma qualcosa posso dirvi. Innazitutto il foro quadrato centrale, che serviva per agevolare il trasporto infilandole in un laccio,  rappresenta la Terra avvolta dal Cielo del cerchio. Secondo il mio catalogo Krause le vostre monete sono dei Cash della dinastia Song più o meno databili intorno al 1200. Adesso non
vorrei illudervi ma se ho azzeccato l’identificazione siete incappati in  monete qualificate come R5 ossia rarissime, battute in soli tre, dico tre, esemplari !!! Quotazione?? 150.000$ l’una !!!

10. Deborah Capasso de Angelis

Alla faccia del bicarbonato di sodio!!! In casi come questo Totò è d’obbligo!
Continuiamo a fissare la cifra sul monitor ed io ho bisogno di sedermi.
– Papà, ma tu hai realizzato? Ti rendi conto di quello che abbiamo per le mani?-
– Si, Luca. Ma adesso dobbiamo restare calmi e pensare a cosa fare -.
L’anziano signore! Cerco di ricordare le sue parole….bag, peace, danger, end, earth wind and fire…mannaggia a me e l’inglese!

11. Maria Paraggio
Ancora incredulo e adirato con me stesso per non ricordare esattamente le parole, decido che per il momento è meglio pensare ad altro. Se son rose fioriranno! E’ meglio dormirci sopra e non perdere di vista il vero motivo del nostro viaggio in Giappone. Luca conviene con me che è ora di andare a letto. Ci siamo appena coricati, quando sentiamo strani rumori venire dalla porta d’ingresso.

12. Carmela Talamo
Ci alziamo e facciamo una “capatina” fuori dalla porta: turisti, non giapponesi  of course! Mannaggia! Di dormire non se ne parla. Troppa adrenalina, troppe emozioini, troppo di tutto. Ritorno a pensare inevitabilmente alle “nostre” (nostre?) monete, a cosa ci potremmo fare. Ai miei @mici di face, finalmente potrei realizzare il sogno di riunire la big band, stringere le mani di chi ancora non conosco, frugare tra i loro sguardi, respirare le loro emozioni. Ma mi tornano in mente anche gli articoli e le opinioni intrecciate con loro su rispetto, legalità, regole “E allora”, mi chiedo “forse che ciascuno è onesto solo fino a che non si presenta l’occasione?”… “Pa’”  mi interrompre Luca quasi a leggermi nel pensiero”. “Hai deciso?” “Si”… Ci rivestiamo e ci incamminiamo insieme verso la più vicina stazione di polizia.

13. La Musa
Avevo letto qualcosa sulla polizia giapponese: nè particolarmente preparata, nè particolarmente severa, ma una cosa è certa, si avvale di strumenti normativi e mezzi tecnici molto efficienti e chi è ritenuto colpevole paga, e paga severamente fino all’ultimo giorno di carcere duro. “non abbiamo nulla da temere”, mi dico, siamo degli onesti cittadini e come tali ci tratteranno. Il portiere dell’albergo ci indica il più vicino commissariato di polizia che è a due isolati dal nostro albergo, siamo nel grande quariere di Shibuya, sì proprio dove c’è la statua di Hachikō. L’edificio è a due piani, pulito e ordinato come tutto in giappone. Luca spiega brevemente a un agente, nel suo impeccabile inglese, il nostro problema. Questi annuisce e ci indirizza verso una porta in fondo al luminoso corridoio. sulla porta una targa: lost and found. Bussiamo.

14. Adriano Parracciani

Luca inzia a spiegare in giapponese la situazione ma, fortunatamente per me, l’agente lo invita ad usare l’inglese.
– Abbiamo trovato questa valigia nel parco – spiega Luca
L’agente prende la borsa, la osserva e poi la apre. Guarda all’interno con attenzione, infila la mano ma la ritrae stranamente vuota
– Non c’era nulla all’interno?
– Non so dirle, signore – risponde Luca da navigato attore – noi non l’abbiamo proprio aperta
Lo guardo cercando di dissimulare lo stupore mentre sento che sta per venirmi un infarto.

15. La Musa
Ho tirato su un novello Laurence Olivier, altro che ricercatore esperto nipponico! Sorrido, Luca nn finirà mai di stupirmi e intanto penso che quelle tre piccole monete stiano ballando allegramente nella tasca dei suoi pantaloni. Ma sì, dopotutto le cose sono di chi le trova, chi le perde è evidente, non meritava di averle – filosofia nippopartenopea – Usciamo dal commissariato senza scambiarci una parola, la nostra intesa d’intenti va ben oltre. Shibuya è un brulicare di gente, l’aria è fresca e il profumo dei ciliegi in fiore sarà il bouquet che ci accompagnerà per tutta la nostra permanenza a Tokyo. Passiamo sulla piazzetta davanti alla statua di Hachikō, il cane di bronzo, col suo sguardo fiero sembra darci la sua approvazione. Dopotutto i ragazzi meno fortunati di Secondigliano, di Scampia, di Barra, di Ponticelli, hanno bisogno di tutto e quelle monete potranno coprire una parte dei loro desideri, dei loro bisogni. Ci guardiamo io e Luca, il Giappone è davvero la terra dei miracoli.

16. Vincenzo Moretti

Miracoli. San Gennaro. Giuro che lo sto solo pensando. Luca mi guarda e mi fa: “Voglio pigliare tutta ‘a gente di Forcella, della Sanità e del Pallonetto e la voglio trasferire sopra al Vomero, al sole don Vincé, che nei bassi non ci batte mai. Un grande quartiere residenziale per i poveri, pulito comme ‘a Svizzera. Tutta gente onesta, che paga puntualmente, e chi non paga lo caccio via”. Comincio a ridere come un pazzo. Lui mi segue a ruota. Ebbene sì. Nel ruolo di Dudù e don Vincenzo in Operazione San Gennaro ci stiamo a pennello.

17. Deborah Capasso de Angelis
– Moretti san!-. La voce ci giunge quasi ovattata, io e Luca ci giriamo di scatto, impallidendo.
Stavolta San Gennaro lo invoco disperato! Sono quasi sicuro che sono i poliziotti venuti a reclamare le monete ma in giro non ci sono agenti.
– Moretti san! – stavolta la voce è più vicina e Luca si dirige verso la statua di Hachikō. Con gran stupore si trova davanti l’anziano signore incontrato nel parco di Ueno qualche giorno prima. Raggiungo Luca e, dopo una serie di veloci inchini, l’anziano inizia a parlare: – I’m your light. Now you’ve the keys. The young teachs, the old thinks….now you can -. Il tempo di guardarci con aria interrogativa nel tentativo di comprendere l’ermetico messaggio e l’anziano…..

18. Maria Paraggio

Una cosa però era chiara. Il vecchio ci aveva visti “trafugare” la borsa ed era anche a conoscenza del suo contenuto. Oggetti antichi, giovane insegnante, senz’altro faceva riferimento a Luca e alle monete antiche.

19. Daniele Riva
– “Salvatore, ma che stai facendo? Sono  ore che giochi a ‘stu videogghéim”
– “Nenti, pa’ mi ha presu. Ce stanno du’ napulitani che devono risolvere un enigma co’ tre monete. Sto quasi per passà al prossimo livello”.
– “Salvato’, t’ho detto tante volte che prima devi studià. Vai, vai a studiare di là”.
(Salvatore esce sbuffando, il padre si siede davanti alla consolle)
“Munete, ecche so’ ste munete bucate?”

Piccole Storie Crescono | s1-1

INCIPIT
Visita al Ueno koen, uno dei parchi più antichi di Tokyo, inaugurato nel 1873, pochi anni dopo che la restaurazione dell’Imperatore Meiji mettesse fine al dominio politico e militare dello shogunato Tokugawa, dinastia di signori feudali che dal 1603 al 1868 governarono il Giappone.

STORIA 1
2. Deborah Capasso de Angelis

Entriamo nel tempio di Benten-do sull’isoletta al centro del lago. Luca respira profondamente, quasi volesse farsi penetrare dal delicato odore dei fiori. Io lo guardo e lo riscopro, un uomo che tocca con mano quello che finora aveva sognato. Sorride e chiude gli occhi, è felice.

3. Lucia Rosas
Come Saigo Takamori: con l’aria fiera di chi guarda al domani e io nel ruolo del cane fedele mi chiedo cosa accadrà. Non mi stupirei se per cena proponesse di indossare il kimono. Troppe sensazioni a pelle.

4. Anna Aquilone
Ogni volta che visito un paese straniero è la stessa storia,insieme alla gioia della nuova esperienza si accompagna una stana malinconia, un formicolio nello stomaco, simile all’innamoramento. Gli odori , i sapori e i colori che sto metabolizzando lentamente, diventano  parte di me ,fino a quando, improvvisamente riconosco luoghi e situazioni…  . Li chiamano déja-vu !

5. Sabato Aliberti
Luca mi spiega che il tempio di Benten-do è dedicato alla patrona degli innamorati, della ricchezza e delle arti. Mi viene in mente la nostra festa di S.Valentino. Il contrasto tra spiritualità e matrialismo.

6. Dora Amendola
Ma l’atmosfera quasi mistica, che nello splendido luogo aleggiava leggera e che dolcemente aveva rapito Luca e me, all’improvviso fu rotta dall’insistente e quanto mai inopportuno squillo del telefonino. Acciderbolina! Avevo dimenticato di spegnere l’infernale aggeggio! “Papà, ma fai sempre questo!” tuonò Luca con uno sguardo di benevolo biasimo.

7. Lucia Rosas

Stavo replicando che omaggiavo questa terra usando un loro prodotto di punta quando lo sguardo di pietra di un signore anziano mi ricordò che eravamo lì per il piacere della compagnia e spegnerlo non mi avrebbe fatto male.

8. Stefania Bertelli
Prima di spegnerlo, però, non rinunciai a darci una sbirciatina. Diamine, avrebbe potuto telefonare chiunque: qualche parente che stava male, un amico che non sentivo da tempo, qualcuno che mi offriva un lavoro nuovo e interessante. Non potevo certo, in nome della spiritualità, rinunciare, a cuor leggero, a quella che sarebbe potuta essere la chiamata più importante della mia vita!

9. Lucia Rosas
La curiosità uccise il gatto. e lo fece anche stavolta. Era dall’Italia e non era in memoria. Ormai la chiamata era persa  e la mia fantasia galoppava, chi aveva avuto quel numero? Sapeva che stavo dall’altra parte del mondo? Deciso, avrei richiamato in albergo, uno strano brivido lungo la schiena mi diceva di farlo.

10. La Musa
Il tempo di una doccia veloce, mettermi comodo ed eccomi pronto; compongo il numero e resto in paziente attesa, che ore sono? qui in Giappone sono le 11.55 p.m. in italia siamo intorno alle 8 di mattina, “menomale” mi dico, è un’orario decente per chiamare. dopo una lunghissima attesa di tuuuuu tu tuuuuuuuu, la voce metallica del disco mi dice che il numero nn è raggiungibile. e vabbuò, sono stanco e nn insisto, una buona salutare dormita mi rinfrancherà dalle fatiche e le emozioni della giornata appena conclusa. chiamerò appena mi sveglio, orario permettendo.

11. Carmela Talamo
Storia 1.11 Infatti, alle 2.30 (ora locale) il trillo del cellulare mi catapulta letteralmente giù dal letto. A malapena riesco a farfugliare un pronto che se lo avessi pronunciato in giapponese sarebbe stato più comprensibile. Dall’altro capo del mondo mi arriva uno “Ciao Vincè” fresco e pimpante “Volevo essere sicuro di non disturbare e ho chiamato prima di pranzo” Ma chist chi è?

12. Lucia Rosas
Una cosa è certa: non è una delle mie solite frequentazioni. Cerco di ascoltare il suone della voce, l’inflessione ma non mi sovviene niente. Oddio panico! Fa che non sia una rimpatriata scolastica, ho fatto una fatica immane a ritagliare questa vacanza. Ma così non ascolto cosa dice.

13. Viviana Graniero
… ma una frase mi riporta alla realtà ” Vince’ ma che hai combinato”… ma sì, adesso lo so, questa voce la conosco! e finalmente ascolto quello che mi si dice dall’altra parte “Vincé, sono Salvatore… ma che hai combinato???? e dove stai???? è venuta a cercarti la polizia!”

14. Carmela Talamo

“Vincè ma mi senti? Mi pare che stai dormendo”. Ancora Salva… Gaetano!! D’un tratto la faccia di mio fratello si materializza davanti ai miei occhi. “Gaetà ma lo sai che ore sono?” “Sarà ‘a mezza, ma perchè stai mangiando?” “Gaetà sono le 2,30” “Allora ‘e mangiato già?” “Di notte Gaetà. Sto A Tokyo” “Tokyo? ma non era il mese prossimo? WOW! e mò che fai?” “Dormo Gaetà, dormo, con il permesso tuo e di Salvatore”.

15. Adriano Parracciani
Ma come? Vai in Giappone e dormi? Io nun dormisse mai. Vabbuo’, comunque ti ha cercato la polizia, dice che c’è un problema con il tuo passaporto e che non puoi espatriare. Oh, ma mo comme faje se sei già espatriato?

Piccole storie crescono | Numero Zero

Incipit
Scrivo a Piero per dirgli dell’idea di portare con me, naturalmente a mie spese e trovandogli una sistemazione autonoma, mio figlio Luca, che ha 25 anni, studia lingua e cultura giapponese e ogni tanto cucina anche giapponese.

Storia 1
2. Deborah Capasso de Angelis

Aspetto con ansia la risposta sperando che mi dica di non preoccuparmi per Luca. Sarà anche lui un gradito ospite!

3. Daniele Riva
In fondo i giapponesi sono noti per la loro maniacale precisione, per l’accanita ostinazione nell’osservare le regole e per la loro squisita ospitalità. Piero non dovrebbe avere difficoltà a convincerli.

4, Vincenzo Moretti
Purtroppo mi sbagliavo. Naturalmente non su Piero e neanche sull’ospitalità giapponese. E’ che ragioni di forza maggiore impongono di annullare ogni viaggio verso il Giappone. La delusione è tanta. Propongo a Luca di tornare a Sydney. Non me lo fa dire due volte.

5. Viviana Graniero
Tutto sommato, dice Luca, un nuovo viaggio avventuroso non è poi una cattiva idea e c’è sempre tempo per il lontano Oriente…
Surf, natura salvaggia e la grande città… ma sì, partiamo!

6. Anna Aquilone
Partiamo?  Ma quanto tempo ci vuole per arrivare dall’altra parte del modo ? Non voglio nemmeno pensarci…anzi …ci penso proprio, tutto quel tempo senza cellulare che squilla, solo con i miei pensieri e con…quanti libri riuscirò a leggermi durante il volo ?! Un sorriso si allarga sulla mia faccia. Partiamo !

7. Dora Amendola
In realtà Luca è un patito del mare e della tintarella e visto che in questo periodo in Australia è estate, il ritorno a Sidney non gli è per nulla dispiaciuto. Certo il Giappone ha il suo fascino, ma non importa perché sarà sicuramente la meta del nostro prossimo viaggio.

8. Viviana Graniero
Australia arriviamo! In aereo Luca mi elenca tutti i posti da vedere, tutto quello che assolutamente non possiamo perdere… mi ha comprato anche uno di quei costumi che sembrano pantaloni da rapper, non ho avuto il coraggio di dirgli che sarei stato più a mio agio persino con un costume alla tarzan che con uno di quei cosi… pazienza, mi adatterò anche a questo…

Storia 2
2. Stefania Bertelli

E’ la prima volta che facciamo un viaggio noi due, da soli. Sono un po’ preoccupato, perché non so come andrà, ma anche molto eccitato. Mio figlio è diventato un uomo e quasi non me ne sono accorto: le sue competenze rappresentano per me una sfida. Il suo amore per la cultura giapponese mi aiuterà a conoscere meglio quel paese.

3. Vincenzo Moretti
Adesso che non si può, cosa darei per fare un viaggio da solo con mio padre. Certo che è strana la vita, al tempo avrei inventato chissà quali scuse per evitarlo. Era testone, prepotente, voleva avere sempre ragione lui. Proprio così, era un uomo straordinario.

4. Daniele Riva
Chissà cosa avrebbe pensato di questi grattacieli, della monorotaia veloce, della monnezza che vengono a prendere a casa. Avrebbe borbottato qualcosa del tipo “Chisto è tutto n’atu munno! Però Napule tene ‘o sole!”

5. Cinzia Massa
Ah, papà. Grande filosofo della quotidianità. Mi assale un moto di tristezza interrotto quasi bruscamente da Luca che mi dice: “senti pà con il gruppo stiamo pensando ad un concerto di inizio primavera…” “oddio – penso – non gli ho ancora detto nulla del Giappone!”

6. Tina De Simone
Un concerto??? questa primavera??? No, devo parlargli subito, non posso più rimandare… deve sapere!! Omai è un uomo, il bambino capriccioso che era da piccolo è cresciuto. Gli dirò della visita e della brutta notizia che mi ha dato il medico. Questo viaggio con lui è troppo importante ora!

7. Vincenzo Moretti
Per essere brutta, la notizia è brutta. Però come tutte le volte in cui non puoi farci più niente, è inutile stare a piangerci sopra. E poi quante volte i medici si sono sbagliati. Ho cambiato idea, a Luca non dico nulla, deve decidere se venire con me senza condizionamenti.

Storia 3

2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Viviana Graniero
Ci divideremo le valigie: i miei maglioni misti alla sue T-shirt, i suoi cd misti ai miei… i nostri libri… quegli stessi che ho letto io e che ora ritrovo sul suo comodino e mi danno uno strano senso di malinconia e insieme di orgoglio.

4. Vincenzo Moretti
Assurdo. Luca mi ha detto che lo hanno preso a lavorare alla Feltrinelli. Lo so che il lavoro è importante, ma adesso io come faccio? Rimandare non posso. Andare da solo non mi va. Mi sa che intanto me ne vado a Procida da Salvatore. Sono il luogo e la persona ideale per rilassarsi e pensare.

5. Viviana Graniero
E mentre scelgo qualche libro da portare con me a Procida mi arriva una mail… “Ehi, ma per quel caffé poi???? bacio, Carla.”
Ecco giusto lei ci mancava ad incasinare la mia vita… che faccio, parto o resto?

6. Maria Maddalena Fea
Detesto dover scegliere, quando entrambe le situazioni mi interessano.
Sono ancora arrabbiato con Carla, ma leggendo la sua mail ho avvertito le farfalle nello stomaco, è una sensazione che mi piace nonostante tutti i problemi che comporta…e ne comporta sempre tanti avere a che fare con lei…

7. Viviana Graniero
E’ una persona particolare e il mio buon senso mi dice di starle alla larga, ma poi la guardo sorridere e si apre un mondo… ha quel sorriso infantile, che ti strega e ti fa abbassare le difese… ma sì… infondo si tratta solo di un caffé, che male c’è?

8. Maria Maddalena Fea
Prima però telefono a Salvatore e gli confermo che domani nel primo pomeriggio sarò da lui, così mi metto al riparo  da un eventuale colpo di testa nel caso in cui il sorriso di Carla stasera fosse più ammaliante del solito…e poi le scrivo proponendole un aperitivo al solito posto, quello dove abbiamo litigato l’ultima volta…ripartire da lì per ricostruire una parvenza di rapporto mi pare una scelta sensata…
La sua risposta arriva immediata “non posso aspettare fino a stasera. Mi stanno succedendo cose strane, devo vederti SUBITO”

9. Stefania Bertelli
Le avventure di Carla non rappresentano per me una novità. Quando la conobbi, era la persona più incasinata del mondo. Non sapeva decidersi tra due lavori e neppure tra due fidanzati. In quel marasma mi ero infilato io. Forse mi piaceva proprio per quello: nessuna certezza, nessuna stabilità, nessun impegno (da parte mia).

10. Maria Maddalena Fea
La giornata trascorre veloce. Preparo la valigia e mi rilasso nel silenzio di questa casa che ha il potere di rigenerarmi, tra un disco di Coltrane e un paio di caffè con inevitabile sigaretta. Puntualmente alle sette mi trovo all’appuntamento, preparato a non indispormi per il classico quarto d’ora di ritardo che senz’altro, come al solito, avrà Carla. E invece no. Me la trovo davanti appena varco la soglia del bar. Mi fermo interdetto a guardarla, seduta ad un tavolino in fondo alla sala. Avvicinandomi mi rendo conto che qualcosa non va veramente, in lei.

11. Tina De Simone
“Carla” le dico quasi bisbigliando. La luce nei suoi occhi è fioca e nel sorriso accennato non c’è spensieratezza infantile, ma una tristezza raggelante!!!
“Siediti” mi dice ed io paralizzato da tanta serietà, sto su quella scomoda sedia.

12. Viviana Graniero
“Sono Incinta” mi dice seria, buttando rapidamente giù un intero bicchiere d’acqua, “me l’ha confermato il medico qualche ora fa…”

13. Adriano Parracciani
Cavolo, non so cosa dire in queste situazioni. Non ho mai la casella pronta per la situazione giusta, come diceva il grande Giorgio Gaber in una delle sue canzoni. Provo a buttarla sul gioioso – ma è una notizia fantastica – le dico impostando il miglior sorriso del mio armamentario – E cosa ci sarebbe di fantastico, scusa? – replica lei secca – Ma come? Stai per diventare mamma, non lo trovi fantastico? – Mi guarda dritto negli occhi ed intuisco che sta per dirmi qualcosa di eccezionale – Bene, allora troverai sicuramente fantastico che tu stia per diventare nonno ! –

14. Cinzia Massa
Nonno?!! Trasecolo, sbando, mi si accappona la pelle. Carla è li che mi guarda. La guardo. E’ bella, allegra, coinvolgente, è giovane. Si è vero ho sempre pensato che prima o poi tutto sarebbe finito. Del resto non ha nemmeno trent’ anni, ed io ……Ma Luca no!!!! Con mio figlio no!!

15. Maria Paraggio
Che stupido che sono stato! Come ho fatto a non accorgermi di niente! Penso tra me. Mi sento un cretino. Non so cosa rispondere. Mi sento doppiamente tradito. Mi alzo, le tendo la mano salutandola e le dico ” Vi auguro di essere felici e buoni genitori”. Devo uscire in fretta, ho bisogno di aria.

16. Maria Maddelena Fea
Ripenso affannosamente ai colloqui con Luca avuti ultimamente. E’ vero, mi aveva accennato ad una nuova presenza femminile nella sua vita, ma non ci avevo fatto molto caso, lui è così, si infiamma facilmente e la settimana dopo con nonchalance mi comunica che no, era un falso allarme, già tutto finito, la prossima sarà di sicuro quella giusta e avanti così…

17. Felicia Moscato
Volevo andare da Salvatore per rilassarmi e pensare ma credo che Procida non sia più la soluzione giusta. In questo momento ho più confusione in testa io che quella che generò il Big Bang. Devo fermarmi un attimo, ripensare al mio obiettivo e fare delle scelte. Deciso: metterò in atto un veloce processo decisionale per arrivare alla scelta meno sbagliata. Parto con Riccardo o rinuncio a Tokyo?

Storia 4
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Maria Paraggio
Magari Piero mi prenderà in giro , ricordando il film ” In viaggio con papà”. L’abbiamo visto insieme, nel 1982. Eravamo giovani e pieni di sogni, progetti, ambizioni proprio come il mio Luca. Sognavamo l’America, grandi città, successo e soldi. Chi l’avrebbe mai detto che la sorte ci avrebbe diviso e destinati a luoghi così distanti geograficamente e culturalmente!

4. Deborah Capasso de Angelis
Chissà che impressione faremo ai giapponesi! Due “giganti buoni”! Magari ci ripenso, lascio a casa Luca e chiedo ad Adriano di accompagnarmi!

5. Adriano Parracciani

E così vedrebbero un “gigante” ed un “genio”. Uhm, no; Adriano sarà pure geniale ma di lingua e cultura giapponese ne sa meno di un pastore sardo, con tutto il rispetto. Absolutely, meglio Luca, no doubt.

Storia 5
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Adriano Parracciani
Però, per dirla veramente tutta manca ancora qualcosa: che ho una gran voglia di fare questo viaggio con lui; padre e figlio soli per il mondo.

4. Maria Maddalena Fea
La risposta di Piero arriva il giorno dopo. Fisso sconcertato lo schermo e rileggo la mail più volte…ma come è possibile?!?

5. Carmela Talamo
Piero mi scrive che, conoscendomi, era sicuro che avrei voluto condividere questa avventura. Ha già organizzato tutto per due. Gli mancava solo di sapere il nome del mio accompagnatore.

Storia 6
2. Paola Bonomi

E Luca sarebbe un perfetto interprete, non tanto del mio “partenopeo english”, quanto di quella sciolta parlata con le mani e con il corpo, di quell’eccesso d’affettività verbale che potrebbe fare insorgere incomprensioni con i cari amici giapponesi. Già mi vedo e sorrido.

3. Daniele Riva
Che poi, magari, mi scappa un gesto – che so? di allargare le braccia in segno di rassegnazione – e quel gesto in Giappone vuol dire tutt’altra cosa. Anche perché, mi hanno detto, ci sono gesti per gli uomini e gesti per le donne. E se faccio quello da donna, che figura ci faccio? Luca potrebbe salvarmi.

4. Stefania Bertelli
Mi viene in mente, a questo proposito, che Luca ed io, una volta, abbiamo visto insieme un film, si chiamava “Lost in traslation”, proprio ambientato a Tokio, dove il protagonista faticava a mettersi in contatto con i giapponesi, quanto abbiamo riso! Mi ero identificato in quell’attore molto alto, di cui non ricordavo il nome, ” ma è Bill Murray, papà, quello di Ghostbusters”.

Storia 7
2. Carmela Talamo

Luca. All’improvviso la tenerezza dei ricordi si confonde con la speranza per il futuro. Lo rivedo tentennante che muove i primi passi e lo immagino sicuro che mi guida per la sconosciuta metropoli e…poff…è arrivata la mail di Piero.

3. Paola Bonomi

La risposta è positiva al punto che ha già pianificato il nostro viaggio. Quindi abbandono subito la nuvola dei ricordi che mi aveva assalito e cedo totalmente anima e corpo a nuove sensazioni: paura, eccitazione, curiosità. In una parola (anzi due): Giappone, arrivo!!!

4. Vincenzo Moretti
Ancora l’avviso di ricevimento mail. Ancora Piero. Mi dice che si è scordato di dirmi che dovrei fargli un favore: portare in Giappone il suo vecchio cane. Portare in Giappone un cane? Ma si può fare? Come si fa? E chi glielo dice a Luca?

5. Viviana Graniero

Ed eccomi il giorno dopo a girovagare su internet per cercare qualche informazione su come far viaggiare gli animali… e mentre spulcio, trovo questo stranissimo sito… un’illuminazione!

6. Maria Paraggio
Così scopro che per portare in Giappone un cane è necessario un controllo sanitario. Inoltre deve essere dotato di Microchip (discernimento di individuo), 2 vaccinazioni contro l’idrofobia, esame del sangue,180 giorni di quarantena in Italia, dichiarazione di importazione al Servizio Quarantena Animali giapponese entro 40 giorni prima dall’entrata in Giappone. Insomma, un dirottatore salirebbe su un aereo più facilmente di un cane!

7. Paola Bonomi
E poi parliamone di questa idea di cane: pesa poco più di due etti, se lo nascondo in una tasca della giacca scompare ed è di una marca che non riesco nemmeno a pronunciare…ciuaua  ci che?

8. Adriano Parracciani
Mentre mi affanno ansiosamente alla ricerca di una soluzione, arriva una nuova email di Piero, dalla quale scopro il suo l’animo burlone che ignoravo. Mi scrive che il suo “vecchio cane” è in realtà un quadro di uno sconosciuto pittore fiammingo, antico regalo di una sua ex a cui è tanto affezionato.

9. Tina De Simone
Ma quanto sarà grande questo quadro??? Come dovrò imballarlo?? Come lo imbarco sull’aereo? Dovrò mica portarlo su come bagaglio a mano??? entrerà dal portellone? Preferivo il cane …. il ciuaua almeno lo nascondevo in tasca!!!

Storia 8
2. La Musa

La risposta non si fa attendere, Piero ha dato il suo benestare. Me lo comunica via mail, una domenica mattina, il viaggio è prefissato per il mercoledì successivo; giusto il tempo di stivare due trolley e si parte. Napoli-Roma-Milano-Tokyo: 13 ore e spicci con voli diretti, Dio ci scampi da eventuali subbugli aeroportuali. Luca non sta nella pelle e io come lui. La terra degli Shōgun ci attende; mi torna alla mente Itto Ogami – al quale peraltro assomiglio un po’ – e suo figlio Daigoro, un bel connubio di amore paterno/filiale e complicità.

3. Vincenzo Moretti
Tra pochi minuti comincieremo a sorvolare la Russia, Luca mi parla di quando siamo tornati dall’Australia mentre io sono alle prese con il tavolino che nn riesco a far uscire dal bracciolo.
Le parole sono rassicuranti, il tono di voce no. Luca che mi spiega che faremo uno scalo non previsto all’aeroporto di Mosca. Perché? Per quanto tempo? Ho una paura matta, ma faccio finta di niente.

4. La Musa
Attimi, frammenti di tempo che sembrano interminabili quando è la paura a farla da protagonista; respiro lungo, scrollo la testa per spostare ‘sti pensieri molesti, non voglio assolutamente trasmettere a mio figlio quest’ansia che mi sta pervadendo e ci riesco. L’aereo, fra un beccheggio e un altro, è entrato nei fasci di luce della pista d’atterraggio: Sheremetyevo Airport, voli internazionali. tutto sommato, assomiglia un pò all’aeroporto di Perth del viaggio australiano. la paura è scemata, Luca è sorridente; siamo consapevoli che ci attende una lunga fila per gli inflessibili rigidi controlli, finiti i quali ci indirizzeremo verso un albergo sulla Moskova, temperatura: -7°

Storia 9

2. Sabato Aliberti

Con la precisione che lo caratterizza, Piero mi risponde in giornata dicendomi che non ci sono problemi e che, anzi gli fa piacere. E poi è curioso di assaggiare una prelibatezza nippopartenopea.

3. Anna Aquilone
Sushi ? Saschimi ? Ma non lo sa Piero che anche noi campani siamo maestri con il pesce ? Avete presente quelle alicette crude marinate, che fanno , per esempio, a Capri ? Luca ifatti, sa preparare un piatto fatto proprio con alici marinate e…riso !

4. Viviana Graniero
Questa cosa deve averla ereditata dalla madre, la passione per la cucina… che poi è come la passione per i viaggi: è lo scoprire i sapori e gli odori, è il miscelare, l’integrare e poi assaggiare quello che non si conosce o che si conosce pure, ma che alla fine è sempre diverso.

5. Anna Aquilone
Si, voglio tentare di mischiarmi ai colori ed agli odori di questo paese,tentare, per il tempo che sarò qui,di assumere il loro punto di vista, di pensare all’orientale. Per prima cosa, sfidando le risate di Luca e Pietro, vado a comprarmi un bel kimono!

6. Carmela Talamo
Già, comprare un Kimono! Avete idea di quale sia l’altezza media di un giapponese? Posso solo dirvi che è molto, ma molto lontana dalla mia. Comunque non sarà certo qualche centimetro ad interrompere il mio processo di integrazione.

7. Viviana Graniero
E infatti quando rientro a casa col mio Kimono-minigonna, Luca mi prende in giro e ride come un matto… ma io non mi smuovo di un passo e ficco il mio nuovo acquisto in valigia. Ne sono ogoglioso e niente e nessuno mi farà cambiare idea.

8. Paola Bonomi
In kimono, calzini e mocassini, sarò protagonista e portavoce di una cultura occidentale curiosa di confrontarsi con il vasto mondo a Oriente.
Eh, sì! Proprio una grande occasione: crescere ancora.

Storia 10
2. Adriano Parracciani

La fissa del Giappone gli venne sin da piccolo, a forza di guardare quei bruttissimi cartoni animati manga. Non che avvessi un pregiudizio ideologico, ma francamente non riuscivo a vedere in Ken il Guerriero l’evoluzione di una Pantera Rosa o di Wile Coyote e Beep Beep.

3. Felicia Moscato
La stessa fissa continuò a maturare in lui quando per il suo 15°compleanno gli regalai un bel bonsai di acero rosso giapponese. Pensai che, data la sua passione per il Giappone, un bonsai poteva essere un’ottima sostituzione del classico”cucciolo da appartamento”.

Storia 11
2. Cinzia Massa

Bhè, diciamola tutta, per Luca sarebbe una gran bella esperienza, per me, che sono negato a fare cose pratiche e parlo poco l’inglese, una grande compagnia.

3. Adriano Parracciani
Però, per dirla veramente tutta manca ancora qualcosa: che ho una gran voglia di fare questo viaggio con lui; padre e figlio soli per il mondo.

4. Stefania Bertelli
Accidenti agli smemorati! Mi sono dimenticato di chiedere a Piero dove io sarò alloggiato; mi ero raccomandato di trovare un luogo, il più possibile familiare ed accogliente, vista la mia contrarietà verso gli alberghi modernissimi e anonimi . Invio perciò una seconda mail.

5. Tina De Simone
Ricevo il letto al mio scritto … la seconda mail è arrivata. Vediamo cosa risponde …
Ancora “Invia-ricevi” e arrivano le notizie da Piero:
Caro amico mio, visto che cercavi un posticino accogliente e poco moderno, ti ho trovato una camera presso una tradizionalissima famiglia giapponese, spero gradirai lo sforzo che ho fatto per te! Io invece starò in un’altra stanza, proprio in uno di quei modernissimi alberghi che tu odi, ma ci vedremo, stai tranquillo.

Storia 12
2. Paola Bonomi

E Luca sarebbe un perfetto interprete, non tanto del mio “partenopeo english”, quanto di quella sciolta parlata con le mani e con il corpo, di quell’eccesso d’affettività verbale che potrebbe fare insorgere incomprensioni con i cari amici giapponesi. Già mi vedo e sorrido.

3. Tina De Simone
Viene da ridere anche a me!!!
Siamo sicuri che Luca potrebbe davvero spiegare ai cari amici giapponesi come mai davanti a del pesce crudo, un uomo può brontolare tanto???
“ma chisto nun è magnà!!! … a chi o’ vulite dà!!
Il cameriere giapponese corre al tavolo a chiedere cosa c’è che non va …
Luca, imbarazzatissimo, scuote il capo a destra e sinistra nervosamente, continua a ripetere … 何もない (nulla … nulla) e si alza imbarazzatissimo … cerca con lo sguardo la cassa per poter pagare .. vuole solo allontanarsi!!!
Mi prende sotto il braccio e mi ritrovo all’uscita … con cinque giapponesi che mi fissano e mi ripetono: ARIGATO’ .. ARIGATO’!!!
Ed io: “Luca, addò vaie … chiste hanno capito che ie vulevo a PASTA!!!”

4. Vincenzo Moretti
Per carità. Se gli combino uno scherzo simile Luca sta una settimana senza parlarmi. Di Più. Se ne torna a Napoli. Ancora di più. Mi porta in un posto sperduto di Tokyo e mi lascia lì, sapendo che non sarei capace di tornare neanche in taxi. L’unica sarebbe la polizia, ma sai che figura. No no, su queste cose non si scherza.

Piccole storie crescono | Istruzioni per l’uso

L’ispirazione me l’ha data neanche a farlo apposta La Musa, anche se in una versione diversa da quella che intendo proporvi e che, lo dico subito, non so ancora bene se e come possa funzionare. Diciamo che è un gioco  esperimento e che, come mi hanno insegnato i miei amici scienzati, in quanto  esperimento può riuscire o fallire.
Passo a spiegare come dovrebbe funzionare il gioco. Dopo di che spero mi diciate cosa ne pensate e se vi va di giocare. Infine, ammesso e non concesso che ci sia qualcuna/o disposta/o a farlo, cominceremo a giocare.

ISTRUZIONI PER L’USO
Titolo
Piccole Storie Crescono

Finalità

Riscrivere Enakapata a 10, 100, 1000 mani. Far diventare ogni pagina (giornata) del diario un giardino dei sentieri che si biforcano.

Modalità
Ogni  lunedì vengono pubblicate le prime righe (fino al primo punto) di una delle giornate di Enakapata, in ordine casuale (Piccole Storie Crescono non è il clone di Enakapata).
Queste righe faranno insomma da incipit, dopo di che la parola, meglio, la scrittura, passa a noi.

Premesse
1. Chi decide di giocare, lo fa rispettando le regole. Punto.
2. Chi decide di giocare, lo fa accettandone le finalità.
3. La scrittura è assolutamente libera purché rispettosa della Netiquette.
4. Niente Berlusconi, Bersani, Di Pietro e così via discorrendo, nella mia vita tutto questo ha un peso già troppo rilevante e non intendo averci a che fare anche quando gioco.

Regole
1. Si comincia il lunedì postando una volta sola e solo al livello 2.
2. Dal martedì al venerdì si può postare un solo post per singola storia.
3. Il sabato e la domenica niente vincoli se non quello di non postare di seguito nella stessa storia.
4. Ciascun post deve essere lungo max 7 righe, va contrassegnato con il solo numero 2 se è collegato all’incipit e con il numero della storia e il numero progressivo negli altri casi (esempi: 2; Storia 3 – 5; Storia 1-12; Storia 9 – 6).

Fase  Transitoria
E’ fissata in un mese, termine entro il quale saranno definiti eventuali cambiamenti delle modalità o delle regole.