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Al laureato non far sapere

Questa è la mail che mi ha inviato Vera Roberti un pò di giorni fa (a parte l’attacco, più formale e rispettoso del mio lavoro e dei miei 55 anni :-)). Io a Vera ho risposto, e naturalmente poi lo racconto anche a voi cosa le ho detto, le ho naturalmente chiesto il permesso di pubblicare la sua mail, e adesso mi piacerebbe che anche voi diceste la vostra in questa discussione, che secondo me non è per niente facile ma presenta molti aspetti molto ma molto interessanti.
Buona partecipazione.

Salve,
ho letto con piacere il suo libro Enakapata questa estate.
Sono perfettamente d’accordo con quasi il 100% delle sue considerazioni sulla ricerca in Italia e nel mondo. Io conosco molto bene questa realtà in quanto laureata in chimica con quasi dieci anni di precariato all’ attivo nel mio curriculum professionale. Poi mi sono arresa ed adesso faccio altro (vendo strumentazione scientifica per una multinazionale). Ho avuto anche proposte di lavoro all’ estero ma non so bene per quale motivo, se per paura o per mancanza di attitudine al cambiamento,  non ho mai accettato.
Una sola cosa mi ha lasciato un pò perplessa; ad un certo punto lei nel libro parla del suo compito “istituzionale” di professore universitario  ovvero delle prove di esame, parlando ad un certo punto di esamificio. Ebbene io penso che se dobbiamo aspirare all’eccellenza dobbiamo incominciare a farlo da subito ovvero dai banchi dell’università.
Perchè non si chiede agli studenti di non imparare a memoria ma di cercare di rielaborare le informazioni e farle proprie? Questo renderebbe magari gli esami meno sterili per gli studenti  e forse gli stessi meno noiosi per lei.
Questo inoltre potrebbe far diminuire il numero di promossi ed aumentare magari il numero di 18, ma non sarebbe forse meglio far laureare solo coloro che effettivamente lo meritano piuttosto che avere un esercito di laureati che non sanno che farsene di un pezzo da carta che ormai non vale più niente?
Capisco che questo discorso in un momento in cui i corsi di laurea vengono valutati in base al numero di promossi non è poi in linea con il pensiero corrente. Non sia mai si sparge la voce che quel determinato corso di laurea è troppo sellettivo con conseguente fuga di iscrizioni … dunque meglio una massa di laureati senza possibilità di futuro tanto poi in italia NON IMPORTA QUELLO CHE SAI MA CHI CONOSCI O MEGLIO DA CHE SEI PRESENTATO.
Resto in attesa di una sua risposta ringraziandola anticipatamente.
Cordiali saluti.
Vera Roberti

Enakapata Agua

by Concetta Tigano
by Concetta Tigano

Ebbene sì. Chi trova un’amica trova un tesoro. Concetta Tigano il quadro precedente l’aveva fatto per Cinzia Massa e però poi ha fatto per me questa nuova versione acquerello.
Sì, direi proprio che Enakapata Agua ci sta molto bene nella nostra piazza. La galleria insomma si arrichisce sempre più. E poi sono  in arrivo le foto di Giancarlo Iorio, e poi e poi va a finire che questa volta davvero la inauguro Enakapata at an Exhibition.
Vuol dire che venerdì a eBookFest avremo altre cose ancora da raccontare.

Aliza e Biagio Pace

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Ebbene sì, questo me lo ero perso, anche se non proprio perso perché avevo anche ringraziato ma poi mi ero dimenticato di postarlo sul blog. Lo aveva scritto Aliza, moderatrice del gruppo di lettura  Mi libro con voi di Donna Moderna, il 21 agosto 2009, in risposta a un lettore che aveva scritto  della sua passione per il Giappone: “Condivido il sogno! Mi consolo con le letture dal/del/sul Giappone. L’ultimo libro di questo genere che ho letto è ENAKAPATA di Vincenzo Moretti: insolito, divertente, illuminante…!

Questo invece l’ha postato  Biagio Pace su Facebook: “Ho letto Enakapata… Complimenti, bellissimo anche nella parte … per addetti ai lavori.  Scorrevole … splendida l’idea padre/figlio… Ma il basso è arrivato?”

Come sapete, il basso è arrivato, ma posso dire che continua a piacermi un sacco i commenti e le recensioni che arrivano su Enakapata?
Perciò cosa aspettate, se lo avete letto e ancora non avete mandato il vostro commento o la vostra recensione “do it”, fatelo. Saremo superfelici di pubblicarla.

Giancarlo Enakapata Iorio

di Giancarlo Iorio

Caro Vincenzo,
ti voglio premettere qualche informazione sulla recensioe fotografica di ENAKAPATA.
Mi sono ispirato al concetto gramsciano di letteratura. Ho dato da leggere il libro a diversi personaggi di differente estrazione e cultura e li ho fotografati mentre, nel loro ambiente, leggono.
Le foto sono state eseguite con un apparechio digitale, perchè purtroppo non ho più la camera oscura e non potrei stampare delle foto eseguite in modalità analogica. Le foto sono a colori ma naturalmente si può visionare anche la versione in bianco e nero, specie per alcune di esse. Spero che il lavoro complessivamente non ti deluda. Qualche ritocco ancora e domani ti mando tutto
.
Ecco dunque alcuni dei “devastanti” effetti della lettura di un libro rivoluzionario!
Personalmente ho trovato prodigioso che un libro con lo stile narrativo del diario e un registro tendenzialmente giocoso e a volte scanzonato possa comunicare in modo così efficace e presentare le vite parallele (nel senso che non si incontreranno mai?) di Napoli e di Tokyo.

Angelo Michele e Tonio, zio e nipote. Il primo, 94 anni, ogni mattina muove tremila passi e li conta con una specie di corona. Vorrebbe sapere qualcosa di più sulla longevità dei giapponesi e mi chiede se è tutto merito del the. Tonio, 65 anni, (il lupo perde il pelo, ma non il vizio) vuole conoscere Kimi Matsujama.
Nina, appassionata di giardinaggio vuole trasformare il suo orto in un giardino zen

Zia Nicolina (quella che nella foto BW del balcone aveva 80 anni) ora novantatre anni, pasta in casa quasi tutti i giorni festivi, capisce la dipendenza della pasta che si fa sentire in terra straniera e solidarizza.

Iba ha scelto ENAKAPATA per perfezionare il suo italiano.
Giuseppe Storto, appassionato studioso di storia locale, produttore dell’eccellente olio “Sperone del gallo”, monovarietale, legge il libro prima di ribattezzare i suoi fichi ENAKAPATA.
Ornella, avvocato matrimonialista e housepastamaker, si chiede se nella ricetta del RAMEN i cavatelli possono sostituire i tagliolini all’uovo.

Bobo uno dei migliori cuochi molisani, cucina creativa ma legata al territorio, si chiede se la zuppa di pesce giapponese è più buona di quella termolese. Personalmente di giapponese amo Sashimi con Wasabi.

Questi giovani, universitari o laureati, hanno saputo del Riken e della tendenza dei giapponesi ad accogliere i cervelli in fuga, mi hanno chiesto come si dice in giapponese “Scusi con quale assessore bisogna parlare e che cifra si deve sborsare per potere essere assunti?” Ho avuto difficoltà a convincerli che non è così in Giappone ( e in Olanda e in America e in Germania….).

Incredibile anche questa insospettabile dote! ENAKAPATA aiuta a sbrogliare le matasse!

Flavia studentessa universitaria, barista precaria, è apparsa molto interessata alla Serendipity.

L’amico Tonino, pizzaiolo, of course, mi ha chiesto se l’autore di ENAKAPATA ha sentito più la mancanza della pastiera o della pizza Margherita.

Antonio e i suoi amici hanno cercato su ENAKAPATA la via giapponese alla perfezione nel gioco del bigliardino.

La vignetta di Viviana

by Viviana Graniero
by Viviana Graniero

Raféle

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Se venite stasera, Raféle lo incontrate a via Toledo, lato Banco di Napoli, seduto sul gradino di un negozio chiuso, tra una ventina di ventagli multicolori di poco prezzo e di altrettanta qualità che si venderebbero da soli se non fosse che con un caldo così  è troppo anche roteare avanti e indietro il polso della mano.

Però stasera è, diciamo un’eccezione, come mi ha spiegato lui una volta c’è un amico che ogni tanto gli lascia il posto, e lui ne approfitta per farsi un bagno nell’alta nobilità – perché Vicié, t’ho giuro, qua è tutta un’altra gente rispetto ’a Ferrovia, là ce stanno solo muorte ‘e famme e mariuoli, e io mica pozz vennere ‘e ventaglie, solo accendini e qualche pazziella pé criature -.

Dite ma come faccio a riconoscere Raféle, che se Napoli se ne cade la mantengono le migliaia di Rafele di tutti i colori sparsi in ogni angolo della città? Avete ragione. Io stesso avrei difficoltà se non fosse che Rafele – che scemo, non ve l’ho detto -, è mio cugino carnale, il figlio di una delle sorelle di papà.

Sì, Raféle è mio cugino, e aggiungo che sono onorato di averlo come cugino anche se il motivo dell’onore ve lo spiego dopo, adesso vi devo dire che io per molti anni, diciamo 20, forse 25, neanche l’ho saputo che papà avesse un’altra sorella, anzi due, e di conseguenza non sapevo nemmeno dell’esistenza di questi cugini.

Per la verità una volta era successa una cosa, avrò avuto 12 anni, stavamo al mercato io e papà quando una signora che assomigliava molto a zia Maria si avvicina e dice : “Pascà, chisto é Enzuccio?”. Con mia grande meraviglia, papà, che vi assicuro era di un’educazione adamantina, non solo non risponde alla ma mi dice “s’é fatto tardi, è ora ‘e turnà ’a casa” e mi tira via.
Papà, ma chi era quella signora – gli chiedo -, Nisciuna – risponde, un “nisciuna” con incorporato “non chiedere altro che ti piglio a schiaffi”.

Verso i 25 anni ho saputo, credo. Pare che il papà di Raféle avese lasciato la mamma per andare a vivere con la sorella (della mamma e di papà) e questo  era bastato per condannare alla damnatio memoriae le due sorelle e tutto quel ramo del parentado.

Io non so se la vita di stenti a cui sono stati condannati le mie due zie e i loro figli sia dipesa anche da questo, forse no, in fondo neanche noi non ce la siamo passata un gran che bene, però tra noi ci aiutavamo, il cappottino rivoltato, i  pantaloni del cugino più grande a quello più piccolo, insomma una sorta di mercato equo e solidale formato famiglia, e poi l’affetto, vuoi mettere l’affetto, lo scambio dei giornaletti (i fumetti allora li chiamavamo così), l’organizzazione delle prime feste, tutte cose che con Raféle e i suoi fratelli non abbiamo potuto condividere.

Stasera quando sono passato Raféle mi ha chiamato, come le altre volte. Mi sono avvicinato, ci siamo salutati, ha scelto il suo ventaglio più bello e me l’ha dato. Ho cercato in tutti i modi di dirgli di no, non c’è stato verso. A pagarglielo non ci ho provato neanche, l’avrei offeso inutilmente. Mi ha sorriso con quel suo sorriso stanco, dolce, disarmato. Mi ha detto portalo a tua moglie. L’ho abbracciato. Gli ho detto grazie. L’ho salutato. Ho pensato che davvero è più facile che un povero sia generoso piuttosto che un ricco passi nella cruna di un ago (dite che quello era un cammello? è che io a volte vorrei che ci passassero certi ricchi, non tutti per carità, una buona parte).

Ecco, ve l’ho detto, considero un grande onore essere il cugino di Raféle. Ha un cuore grande  grande e un animo nobile, e questo nessuna miseria materiale e nessun pregiudizio umano potrà toglierglielo.

Agisci senza agire [63]

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Agisci senza agire,
occupati di non faccende,
assapora l’insapore,
ingrandisci il piccolo,
aumenta il poco,
ripaga l’odio con la benevolenza,
pianifica il difficile mentre è facile,
affronta il grande mentre è piccolo.
Nel mondo le cose difficile cominciano necessariamente come facili,
le cose grandi cominciano necessariamente come piccole.
Il saggio fino alla fine non si occupa del grande,
perciò può realizzare il grande.
Le promesse fatte con leggerezza necessariamente sono poco affidabili,
troppa facilità necessariamente comporta grandi difficoltà.
Il saggio considera tutto difficile,
perciò fino alla fine non incontra difficoltà.

From Lao Tsu
Tao Te Ching
Una guida all’interpretazione del libro fondamentale del taoismo
Traduzione e cura di Augusto Shantena Sabbadini
pag. 473

L’estate é ‘na capata. Scusate Enakapata. Quando arriva.

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Dite che il post lo potevo intitolare “E la chiamano estate”? Mmmh, troppo presto per essere così pessimisti. “Settembre poi verrà ma senza sole”? Peggio che andar di notte.
No, no, direi che il titolo mi piace, l’estate ancora no, anche se confido sulla possibilità di cancellare presto l’ancora. E poi questo titolo qua mi da l’occasione di ricordarvi che se non avete ancora comprato e letto Enakapata quessto è il momento giusto per farlo. E che se anche lo avete comprato e letto potete sempre comprarlo e regalarlo.
State già tremando al solo pensiero che possa ricominciare ad assillarvi come con Natale Enakapata? Tranquilli. Ho cambiato strategia di marketing, ho adottato il modello “Dicette ‘o pappice vicino ‘a noce  damme ‘o tiempo ca te spertose”. Dite che facevo così anche prima? Ma no, siete voi che siete prevenuti. Se volevo fare come a Natale lanciavo la campagna Enakapata al Mare. Enakapata al Mare. Bello. Dite che quasi quasi ….

Simona Enakapata Salvatore

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Lo so che già ve l’ho detto, ma io sono nato davvero con la camicia. Da domenica ho il titolo del nuovo post, “Pà, e a te ‘a zanzara quando te pogne”, e so anche quello che ci devo scrivere, ma non ho avuto il tempo, la testa e il cuore giusti per farlo. Stasera avevo deciso di farlo, ma  avrei trovato il tempo, forse la testa, ma non il cuore.
Invece accendo il mio Mac e guardate che trovo, la recensione a Enakapata di Simona Salvatore. Giuro che non l’ho letta, sono così felice che l’abbia scritta che devo prima pubblicarla e poi la leggo. Eccola dunque. Buona lettura.

Ciao Vincenzo,
non sono esperta di recensioni, ma questa te l’avevo promessa ed è davvero sentita! (scusa se la metto qui ma sulla bacheca di enakapata, non so perchè, non me la prendeva).
Se non ti dispiace, e sempre che ci riesca, la metto anche in “libri che passione”.

ENAKAPATA, contrazione naponica (napoletana-nipponica) dell’espressione in voga tra i giovani partenopei “è na’ capata” – letteralmente è una testata, vale a dire è qualcosa di straordinario, qualcosa che colpisce – è il diario, resoconto del viaggio da Secondigliano a Tokio presso il centro di ricerca Riken, compiuto da Vincenzo, professore di Sociologia dell’organizzazione presso l’Università di Salerno e da un accompagnatore-assistente speciale, suo figlio Luca, studioso di fisica e di culture orientali, nonché bassista del gruppo napoletano Motor Sound.
L’obiettivo è quello di analizzare, attraverso una serie di incontri ed interviste, l’organizzazione della ricerca scientifica in Giappone. Sullo sfondo della capitale giapponese, da un lato “cervelli” mondiali del calibro di Piero Carninci, lo scienziato leader di Fantom 3, consorzio internazionale di scienza, Ryoji Noyori, presidente del Riken, nonché premio Nobel per la chimica nel 2001, Franco Nori, esperto di nanoscienze, Akira Tonomura, fisico eletto membro della Japan Academy, dall’altro i parenti (“la sacrada famiglia”) e gli amici napoletani (“guest and friends”)con i quali la comunicazione resta sempre accesa grazie ad internet (Skype, mail, chat), ed infine una serie di pittoreschi personaggi della periferia napoletana (“quelli di Secondigliano”), Zia Concetta, Don Peppe detto Testolina, Pippone, Gennaro detto Topolino, evocati qua e là grazie alla serendipity (trovare qualcosa di inaspettato e sorprendente mentre si stava cercando tutt’altro).
Grazie a questo libro, scoperto in via del tutto “serendipytosa” attraverso l’@mico Vincenzo, mi sono piacevolmente imbattuta nella serendipity (quanti incontri serendipitosi facciamo nella nostra vita e non lo sappiamo: un amico, un libro, un nuovo amore…), ho respirato la “shinsetsu”, ossia la tipica ospitalità giapponese (mi ha colpito il fatto che se chiedi per strada un indicazione loro ti ci accompagnano fisicamente…che bello!), ho capito qualcosa in più sul funzionamento della ricerca scientifica, su quanto purtroppo si investa poco nel nostro paese malgrado le preziose risorse umane di cui potremmo disporre, ho conosciuto sapori nuovi della cucina giapponese (la ricetta finale di Luca del “ramen” voglio assolutamente riprovarla), ma soprattutto mi ha intenerito la complicità e l’amore filiale di Luca per il padre Vincenzo.
Già dalle prime pagine, prima scherzosamente lo massacra paragonandolo ad un “cingolato che quando si mette una cosa in testa è pressoché impossibile fermarlo” ma poi precisa che questo cingolato “ha anche la marcia indietro…e quando ha torto non è che te lo fa capire, te lo dice proprio, ti chiede scusa e anche questa non è una cosa da poco …. Da un lato ti dice che bisogna fare le cose bene perché è così che si fa, dall’altro ti spiega che possiamo definirci uomini perché moriamo e perché sbagliamo, che il punto non è il risultato ma quello che facciamo per arrivare al risultato”.
Infine, Luca prova a tracciare un bilancio di quello che resta alla fine del viaggio e così conclude: … “un mese passato con papà che, come il vino, più invecchia più è buono, anche se gli aumentano le ansie”.
Giunta al termine di questa meravigliosa lettura posso semplicemente ribadire che davvero “E’ na’ capata”!

Thanks

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Ieri, nel corso di una chiacchiera via mail con Noa, oggetto la partecipazione di Piazza Enakapata (volete sapere cos’è eh, bisogna aspettare un pochino, ci sono delle regole e come sapete le regole vanno rispettate) a eBookFest, dal 10 al 12 settembre a Fosdinovo, mi sono ritrovato a scrivere che “è l’interazione tra amici e @mici, persone e webpersone, book, ebook e ibook, atomi e bit, che rende la  storia di Enakapata assolutamente originale, ai confini  con l’unico”.
Ogni giorno accadono cose che rendono semplicemente evidente tutto questo. Ieri per esempio è arrivato a casa mia Enakapata di Matteo Arfanotti. Ora coi vi aspettate che io vi dica che è bellissimo, stupendo, meraviglioso. E’ vero,  è proprio così, ma detto così è troppo scontato, finisce che voi non mi credete veramente. Allora vi dico tre cose.
La prima è che quando Luca mi ha detto è bellissimo mi sono tranquillizzato, lui per dire bellissimo deve essere veramente bellissimo, una volta quando era giovane ma giovane davvero di una stupenda ma davvero stupenda ragazza che avevamo incrociato per strada disse “sì, però ha le dita dei piedi troppo tozze” e da allora con lui di belle ragazze non ho voluto parlare più.
La seconda è che quando l’ho visto sono ritornato bambino, mi sembrava di volare,  me song cunsulato, ho pensato sinceramente che tanto affetto nei miei confronti è esagerato, ho pensato no ma io devo fare qualcosa per far capire a Matteo quanto gli voglio bene, ho pensato mo è meglio ca me fermo sinnò me vene ‘na cosa.
La terza è che quando la sera l’ho dovuto lasciare, nel senso che l’ho portato a Peppe per fargli mettere la cornice, mi sono sentito come quando mio fratello Antonio è partito per il militare. Lo sapevo che tornava, ma stavo male lo stesso.
Ecco, adesso penso che ci dovete credere a quello che vi ho detto, perché se non ci credete è un problema vostro, non più mio.
Prima di metterci il punto, voglio dire che il grazie del titolo non è rivolto solo a Matteo, ma anche a Felicia Moscato che il suo bellissimo quadro dedicato a Enakapata lo ha già fatto (e che domani se si presenta si dovrà sudare l’esame come e più di tutti gli altri, è la legge del ring, o almeno quella del mio ring) e a Concetta Tigano che lo sta facendo. E poi voglio dire grazie anche a tutti quelli che hanno recensito il libro, più di cento ormai, e poi a Adriano Parracciani con i suoi Grammi di Storia e le sue Sottolineature, erranti e non, e poi a Daniele Riva che scrive cose bellissime su Il canto delle Sirene, su Nuvole Gialle, su Viaggiatori Immobili, e poi a Viviana, a Carmela, a Deborah, a  Andrea, Santina, a Stefania, a Lucia, a Maria, a Antonio, a Cinzia e a tutte/i quelli senza i quali questo spazio semplicemente non avrebbe ragione di esistere.
Thanks.

Bella Napoli

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

No, no, non vi allarmate, non ho deciso di aprire una pizzeria. Innanzitutto perché nell’elenco, infinito quasi come la poesia di Leopardi, di cose che non so fare, c’è anche la pizza e io non mi metto certo a fare il pizzaiuolo se non posso fare la margherita e la marinara più buona di Napoli e dunque del mondo (perché solo la margherita e la marinara? e perché le altre sono pizze? e allora era una pizza anche quella con l’ananas che ho mangiato a Sydney dal mio amico Lucio da Montoro Inferiore, ma fatemi il piacere, è meglio che mi sto zitto perché altrimenti facciamo la fine della discussione sul viaggio). E poi perché se apro la pizzeria non la chiamo certo Bella Napoli, che ce ne sono già 250 mila, ma Pizzeria Enakapata, che fa molto più chic.
La bella Napoli a cui mi riferisco è quella che sta venendo fuori dalle chiacchierate che sto facendo per il mio prossimo libro.
Finora ho intervistato un ingegnere, un restauratore, un ferroviere, e un addetto alla vendita di musica, film e videogiochi, tutti rigorosamente napoletani, e sapete le due parole chiave che accomunano tutte queste belle persone?
Amore e Responsabilità.
L’amore per il proprio lavoro.
La responsabilità di fare bene il proprio lavoro.
Sì, sta venendo fuori proprio una bella Napoli. Una Napoli che non mi fa rimpiangere Tokyo, che anzi ha un qualcosa di più che la rende unica.
Dite che  Napoli non è tutta così? E proprio a me lo venite a dire?  Oggi  è la seconda volta che lo dico: io racconto storie, non faccio rivoluzioni.  Però le storie si prendono cura di noi e dunque io spero che continui così. Se va male, scrivo un bel libro, se va bene, beh, se va bene, mannaggia  quante feste che dovremo fare. Non ci credete al lieto fine? Neanch’io. Però non si può mai sapere. Come dicevano gli antichi, quello che non succede in mille anni succede in un giorno. In ogni caso prometto che vi tengo informati. E’ il minimo che posso fare per voi.

Mi consenta, lei allatta a doje zizze

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Ieri pomeriggio e stamattina sono riuscito a stare insieme a mamma e Antonio, Gaetano e Nunzia, i miei fratelli. Antonio è arrivato qualche giorno fa da Bologna, l’altro ieri Nunzia ha compiuto gli anni, Gaetano da meno di un mese è tornato a vivere con la sua famiglia nella casa sopra a mamma, Antonio avevo deciso anche di intervistarlo per il nuovo libro che sto scrivendo e dunque l’occasione è stata di quelle giuste per organizzare la rimpatriata. Lo so che detta così sembra una banalità, ma in realtà non lo è. Non solo perché in realtà accade di riuscire a stare tutti assieme non più di 2 quando va bene 3 volte all’anno, ma anche perché più si va avanti con l’età e più si rischia di incontrarsi solo quando accade qualche cosa di negativo.
Stamattina è stato Antonio, mentre parlavamo non ricordo più di che cosa ah, sì, del telefonino (il suo ha una decina di anni e reclama la pensione e Gaetano gli ne ha regalato uno che i suoi figli non usano più) a commentare con un “ah, mò pozz allattà a doje zizze” e a ricordarmi questa espressione che usava papà quando voleva criticare i nostri tentativi di tenere due piedi in una sola scarpa,  di volere tutto e il contrario di tutto, di cercare i vantaggi di una situazione e allo stesso tempo quelli di una situazione contraria, tipo ad esempio quando  si parlava di autonomia e indipendenza dalla famiglia senza porsi il problema di avere un lavoro.
Come sempre quando mi vengono in mente queste cose, prima rido e poi, diciamo così, penso. Questa volta ho pensato che da oggi in poi invece di dire “mi consenta, lei ha un conflitto di interessi” dirò “mi cnsenta, lei allatta a doje zizze”. Sì lo so che lo stesso non si risolve nulla, ma almeno ci scappa un sorriso, da un sorriso una risata, da una risata … com’era la cosa?, ah sì, una risata vi seppellirà. Speriamo.

I know. Lo so. ‘O saccio

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

“… Per apprendere bisogna in primo luogo capire. Poi studiare. Infine connettere ciò che si è capito e studiato a contesti di vita reale. Il resto è noia. Roba per cacciatori di crediti. Studenti senza qualità.” (ENAKAPATA) … quanto mi piace … io l’ho dedicata a mia nipote che quest’anno ha la maturità!
Questa volta è stata la mia @amica Simona Salvatore a darmi due buone notizie e un’idea.
Partiamo dalle buone notizie. La prima è che sta leggendo il libro, e come sapete  io sono della serie chi trova una lettrice, un lettore, trova un tesoro. La seconda, per la verità non me l’ha data lei, l’ha scoperta il vecchio scugnizzo napoletano che alberga, insieme a tanti altri, in me, è che ha segnalato Enakapata anche sul gruppo Libri che Passione, al quale mi sono naturalmente iscritto.
L’idea è quella di spendere ancora qualche parola su cosa vuol dire studiare e sul perché è importante studiare. L’ultimo dolore l’ho avuto da una studentessa che ha affermato, candida, che lei in 3 giorni prepara gli esami da 3 crediti e in una settimana quelli da 6, “poi qualunque voto lo prendo”, la sua serafica conclusione.
Detto che preparare non è il verbo giusto in casi come questi, impreparare andrebbe già meglio, vorrei evitare però di ridurre tutto a una questione dei ragazzi, perché insieme o forse anche prima c’è una questione istituzioni, dalla scuola elementare all’università, e una questione prof., troppo spesso mal preparati, senza un minimo di amore per il loro lavoro, o anche solo demotivati, umiliati perché sono pagati male e trattati peggio, che è più comprensibile ma produce lo stesso effetto dal versante dei ragazzi.
Io un’opinione me la sono fatta, ma prima di dirvela mi piacerebbe foste voi a raccontare la vostra. Allora, forza, non lasciate tempo al tempo, che gli esami si avvicinano.

Dialogo finito in (finta) disturbata intorno a Enakapata di Lucia Rosas, Carmela Talamo e Viviana Graniero

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

L’idea me la suggerisce il commento di Cinzia Massa al dipinto di Matteo Arfanotti: “che invidia … Vincenzo sei proprio sicuro che a casa mia non starebbe meglio? 😀 E’ semplicemente FAVOLOSO!”, cosicché scrivo sulla bacheca di  Facebook. “A sentire Deborah Capasso de Angelis, Viviana Graniero e Cinzia Massa a casa loro The Enakapata Picture by Matteo Arfanotti starebbe alla grande. Sono commosso, ma declino l’offerta. Potrei però organizzare una festa sul terrazzo con visita al dipinto. Che ne dite?”.
E’ Lucia Rosas la prima a cliccare su “mi piace”, poi interviene Carmela Talamo, poi Lucia, poi Carmela, poi … ma che ve lo dico a fare, adesso ve lo scrivo. Io lo trovo un pezzo di teatro, voi fate voi.

Carmela Talamo
Questo quadro starebbe bene ovunque ma visto che si appropinqua il mio compleanno magari…

Lucia Rosas
Eccola, mi hai preceduto nella richiesta! 🙂

Carmela Talamo
Si appropinqua anche il tuo compleanno?

Lucia Rosas
Poco più in là … ma se posso prenotare approfitto!

Carmela Talamo
Siamo troppe e tutte sfacciate senza vergogna … povero Enzo il solito maschio in minoranza, hihihi.

Lucia Rosas
Mali estremi, estremi rimedi. Enzo fonda scuola di scrittura sul mare e tutti insieme ammiriamo il quadro.

Carmela Talamo
Lulù, ma sei di luglio anche tu?

Lucia Rosas
NO, ma piace molto pure a me.

Detto che l’idea della scuola di scrittura sul mare mi piace da impazzire ma è purtroppo  irrealizzabile dato che mi mancano due requisiti fondamentali, i soldi e le competenze, aggiungo che magari possiamo aprire un laboratorio teatrale, e non è detto che non …..

Poi è arrivata Viviana Graniero

Viviana Graniero
Uè uè e poi dite che sono sempre io a fare succedere la disturbata… c’ero prima io!!!!

Lucia Rosas
In coda piccola! e stavolta posso dirlo !!!!

Carmela Talamo
Viviana, ma tu non devi dare retta alla tua amica bergamasca? Jamme bell jà

Lucia Rosas
Eeeeeh ?

Carmela Talamo
Jamme bell ja vuol dire è un’esortazione che possiamo tradurre con “forza sù”

Viviana Graniero
Carme’, agg’ pacienz’… ma io mi sono prenotata che era ancora in “costruzione”… per cui: ARIA!!!! hihihihihi

Lucia Rosas
Quindi mentre voi … parlate entro in salotto lo sfilo e come caccia al ladro … adieu.

Carmela Talamo
Sentite facciamola breve io sò la più grande e, quindi, decido io.

Viviana Graniero
A-me-mi chiamano Viviana Bond (e pure un poco bot e cct), statevi attente!

Lucia Rosas
A me strega. le ragazze di enzo non perdonano!

Carmela Talamo
Vabbuò io già l’ho detto prima che stavo scazzata mò come la mettiamo?

Lucia Rosas
Toglitela. anche se abbai ti faccio pernacchia! PRRRR

Viviana Graniero

Carmé e tirititittì!!! hihihi

Carmela Talamo

Che belli cumpagn ca teng (che belle amiche che ho)

E con questo, Enakapata ha anche la sua compagnia teatrale :-).

Padri e figli o carote e carote, questo è il problema

Concetta l’aveva scritto, qualche giorno fa, quando avevo pubblicato il discorso di Piero Calamandrei agli studenti milanesi: “Conservato, stampato e lunedì lo leggo in classe!!!!”. Scritto fatto. Quelle che potete leggere di seguito sono le sue considerazioni post-fatto. Secondo me offrono un sacco di spunti per continuare a discutere. Buona partecipazione.

di Concetta Tigano
Come immaginavo…classi diverse reazioni diverse!
Ho una prima classe con ragazzini svegli e curiosi, dopo aver ascoltato con attenzione la lettura del discorso di Calamaandrei, la prima domanda è stata “noi cosa possiamo fare?”, con quegli occhi che chiedevano consigli , è stato bellissimo sentire questo interesse, poi tutti insieme a parlare tra loro chiedere, voglia di capire, di sapere, insomma un po’ di baccano, ma che bel baccano…..!!! Manco a dirlo è passata tutta l’ora parlando di regole da rispettare in tutti i campi , ma soprattutto da applicare in prima persona : casco , sigarette,rispetto, puntualità …..studio….

Ho anche una seconda, di gente un po’ “scafata” e con ben altri interessi, ragazzi molto più disinteressati , anche loro hanno ascoltato con una certa attenzione ma il commento finale è stato “anche se ci interessiamo…non cambia niente!” senza entusiasmo e disillusi, di già a 16-17 anni….
Ho cercato di coinvolgerli portando il discorso sui problemi della scuola, e lì un po’ si sono svegliati, ed è cominciata una discussione che li ha coinvolti…
Secondo me la differenza la fa un po’ le esperienze che hanno già avuto ed anche la brutta aria di rassegnazione che si respira, si rifugiano nell’ascolto di programmi idioti non seguono un TG , nessuno di loro ne aveva visto uno ieri sera, non cattiva informazione….nessuna informazione!!!!
Ma i genitori, cosi presenti per contestare un 5 al posto di un 6, che fanno???
I figli non sono carote, non crescono da soli!!!!
Ma forse da genitori carote…..figli carote!!!!

Signori, favorite i biglietti

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Oggi, mentre nell’atrio della funicolare centrale aspetto il mio amico Angelo Marcone, passa un lavoratore credo filippino che mi vede dal lato sbagliato della porta, quello con il maniglione che permette di uscire ma non di entrare, si mette la mano in tasca, la ritira fuori, me la porge e mi dice  “vuoi il biglietto, signo?”. Gli sorrido, gli dico no, grazie, mentre cerco di spiegare che è già scappato via.

Due ore dopo, accompagno Angelo alla funicolare, la perde per un nonnulla, la prossima è diretta, bisogna aspettare 20 minuti, ci fermiamo fuori a chiacchierare ancora un pò, ad un certo punto mi racconta di Alì che non si chiama Alì.
E’ accaduto un pò di anni prima alla stazione centrale, sull’autobus in partenza per Arzano, alle porte di Napoli. Sale un lavoratore di colore, si siede, il conducente gli dice “cos’è, Alì, non si fa il biglietto?”. Il lavoratore in questione non risponde, probabilmente non ha capito che la domanda è rivolta a lui. Il conducente lo fa di nuovo, il lavoratore si alza, gli dice non mi chiamo Alì, il mio nome é Sulley Kemal Mustafà Mahallesi e ho regolarmente timbrato il biglietto giornaliero.

40 anni fa, arriva una lettera dai Moretti argentini, i figli di Vincenzo, il fratello più grande di papà. Ci chiedono aiuto per il concorso al quale stanno partecipando nel loro paese, vince chi raccoglie più biglietti di autobus, tram, filobus, metro in giro per il mondo.
In men che non si dica mettiamo su una catena di montaggio da far nvidia a Ford: i cugini maschi a raccogliere i biglietti negli autobus, alle fermate, chiedendoli alle persone (non era mica facile come oggi, bisognava  prima superare l’imbarazzo, poi spiegare perché facevi quella richiesta tanto strana), le cugine femmine a selezionare quelli buoni così come sono, a lavare e a stirare tutti gli altri e a mettere nelle buste, i cugini maschi ad affrancare e spedire. Non vorrei esagerare, ma credo che abbiamo inviato in Argentina più di diecimila biglietti per poi scoprire, una quindicina di anni dopo, che il concorso non era mai esistito, che i nostri cugini d’oltreoceano se l’erano inventato per sentirci vicini, per vedere se volevamo loro bene.
Voi che avreste fatto? Noi ci siamo commossi. Abbiamo mandato una bella lettera piena di affetto e con le firme di tutta la tribù rimasta in Italia. E li abbiamo pregati di non farlo più.

Matteo Enakapata Arfanotti

Enakapata  di Matteo Arfanotti è in dirittura d’arrivo. Posso dire che sono emozionato? Di più, che non sto nella pelle? L’ho detto. Sì, Enakapata è un libro speciale. Naturalmente non nel senso che quello che abbiamo scritto io e Luca è speciale, se anche fosse io sono l’ultima persona che può dirlo. Enakapata è speciale per tutto quello che sta determinando. Gli acrostici, i tautogrammi, i quadri, i racconti, i rapporti digitali che diventano umani, le @micizie che diventano amicizie, la serendipity e tutto il resto. Scorrendo  le immagini, dalla più recente ai bozzetti iniziali, potete seguire l’evoluzione dello splendido lavoro di Matteo. Non so perché ma credo che anche per voi  è difficile stare nella pelle. Proprio come accade a me.

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

by Matteo Arfanotti
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by Matteo Arfanotti
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by Matteo Arfanotti
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by Matteo Arfanotti
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Matteo Enakapata Arfanotti
by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

A Paolo e a Giovanni

Questo lo ha scritto Carmela su Facebook. E le cose che scrive lei mi piacciano un sacco perché non sono mai pre-fabbricate. Tra le tante bellissime meravigliose cose che si diranno e si scriveranno oggi per ricordare Falcone e Borsellino è difficile che qualcuno dica o scriva di plaffoniere. Per me questo fa la differenza, e in ogni caso mi piace. Mentre voi leggete io la vado ad avvisare.

di Carmela Talamo
Lo ricordo come fosse successo poche ore fa. Erano i giorni in cui si traslocava da Secondigliano a Somma Vesuviana, eravamo in macchina, i soliti noti, mio marito mia madre ed io. Si parlava di lampade, plaffoniere. Mamma voleva portarci in un negozio che aveva intravisto durante uno dei tanti tentativi di trovare il percorso più breve dalla vecchia casa alla nuova. L’atmosfera era serena e rilassata. All’improvviso la radio dà notizia dell’attentato. Silenzio. Nessuno aveva il coraggio di parlare. Ricordo che ho cominciato a piangere in silenzio, senza respiro, senza singhiozzi. Rivoli di lacrime mi bagnavano il viso. Era la rabbia ed il dolore ma, ahimè, anche la paura e la consapevolezza che sarebbe successo ancora.
Non ho mai pensato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino come a degli eroi (eppure lo sono stati). Ho sempre pensato che fossero uomini che non avevano scelta, poichè la loro scelta l’avevano già fatta, ed erano rimasti coerenti ad essa per tutta la vita e a costo della vita stessa.

Una giornata particolare

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri  Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri Auguri a Cinzia per i suoi 45 anni. La regola vorrebbe che io porti il regalo e lei offra il pranzo ma temo che anche questa volta se voglio mangiare devo pagare io, a suo dire lei è prima una signora e poi una festeggiata e le signore che sopportano un maschilista esagerato come me come minimo non pagano. Dite che dovrei spiegarle che non sono un maschilista?, é una parola. Preferisco vivere.

Sarti, Burnich, Facchetti, Bedin, Giarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. Sì, sono diventato tifoso dell’Inter grazie a loro, e a una Coppa vinta 46 anni fa a Madrid con 2 gol di Sandro Mazzola. Sì, poi l’anno dopo a Milano abbiamo fatto il bis contro il Benfica sotto il diluvio con una rete di Jair, ma stasera, ancora al Santiago Bernabeu di Madrid, se, e sottolineo se, con annessi corni, scongiuri , ecc., le cose dovessero andare come dovrebbero andare, potrò finalmente sostituire la mia vecchia formazione con la nuova,  Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Eto´o, Sneijder, Pandev, Milito. Zitti, zitti, non dite niente, perché altrimenti …

Ancora stasera, dalle 22.00 trattabili (causa partita) al Marabù Club, via Toma 5, Napoli, Musica Blues-Rock-Soul anni ’60 – ’70 con Federica Morra,  voce, Alessia di Filippo, voce, Luca Moretti, basso, Andrea di Filippo, chitarra, Peppe Del Vecchio, batteria. Insieme fanno i Motor Sound e vi assicuro che è davvero un piacere ascoltarli (soprattutto se l’Inter …., zitti, zitti, non dite niente, perché altrimenti …).

Il post lo volevo intitolare “ma proprio tutto oggi doveva capitare”, poi non so perché m’è venuto in mente Ettore Scola. Una giornata particolare. Speriamo. Voi intanto zitti, zitti, non dite niente, perché altrimenti ….

Deborah Capasso de Angelis says

by Matteo Arfanotti
by Matteo Arfanotti

Ho letto di emozioni, di sensazioni, di domande, di risposte, di ansia, di paura, di senso d’inadeguatezza, di gioia, di nostalgia, di soddisfazioni, di stupore, di amore, di ricordi, di volti, di luoghi sconosciuti, di luoghi noti, di notti insonni, di cose non dette, di cose non fatte, di cibo buono, di sapori amari, di dolci, cappuccini, letti stretti e corti, di scienza, di lavoro duro, di tecnologia, di scoperte sensazionali, di belle persone, di cervelli sublimi, di un giovane musicista, della sua chitarra, di fiori di ciliegio, di inchini, di treni puntuali, di novità, di risate, di qualche lacrimuccia.
Ho letto di uomini che non saranno mai caporali, di gente fantastica.
Adesso leggo il mondo anche con queste parole e sono più ricca.
Ho letto Enakapata!

Santina Verta, again

enakapata3Questo incontro”per caso” e “per fortuna” con Vincenzo e Luca Moretti mi conduce a scoprire concetti scientifici “serendipitosi” in un -viaggio- condito di concreta competenza e un pizzico di amarezza per quello che potrebbe essere la ricerca in Italia.. nello stesso tempo mi inebria del colore della nostalgia della meraviglia dei ciliegi in fiore fra templi e perfetta sincronia tecnologica. Mi arriva la percezione di suoni antichi e nuovi e ..gli incontri con persone che scandiscono il rinnovamento con modalità ritmate dal tempo delle regole condivise, danno speranza di futuro. Tutto il viaggio-diario è attraversato da un duetto padre-figlio esilarante e tenerissimo. Potrei mettere come colonna sonora…-ti invito al viaggio, in questo paese che ti somiglia tanto..( Battiato) mentre Pessoa direbbe:-“Un uomo, se possiede la vera sapienza, può godere l’intero spettacolo del mondo seduto su una sedia, senza saper leggere, senza parlare con nessuno, soltanto con l’uso dei sensi e il fatto che l’anima non sappia essere triste”.

Tic tac tic, tac tic tac. E siamo a 100. Grazie a Giovanni

enakapata3Tic, tac, tic, dalla finestrella di Facebook appare il nome Maria Paraggio e la scritta “Buonasera prof., Giovanni ha finito di leggere Enakapata. Se le fa piacere, gliene vuole parlare”.

Tac, tic, tac, “mi fa piacere?, certo che mi fa piacere, mi fa piacere un sacco, e poi Giovanni sarà il 100 lettore che lascia una recensione, un messaggio, un commento, bisognerà fargli un regalo”.

Tic, tac, tic, “buonasera professore sono Giovanni Salomone”.

Tac, tic, tac, “ciao Giovanni, chiamami pure vincenzo,  tanto qui non stiamo all’università”.

Tic, tac, tic, “vabbè, ma sempre professore siete !!!”.

Sorrido, rido, schiatto, tac, tic, tac, “per la verità non sono professore, sono Vincenzo, ma ne riparliamo tra qualche anno. A proposito Giovanni, quanti anni hai?”.

Tic, tac, tic, “13, ma il 1° luglio ne compio 14”.

Tac, tic tac, “allora ti è piaciuto il libro?”.

Tic, tac, tic, “si molto”.

Non avevo finito il tac, tic, tac precedente che già pensavo Vicié, e se glielo chiedi così cosa ti deve dire questo ragazzo?, quando tic, tac, tic, Giovanni aggiunge “anche perchè in fondo andare in Giappone è il mio sogno”.

Tac, tic, tac, “azz, bellissimo, perché è il tuo sogno?”.

Tic, tac, tic, “amo molto la cultura giapponese, leggo i loro fumetti e faccio anche un corso per imparare a disegnare i manga. Poi seguo la maggior parte degli anime giapponesi e quasi tutti i videogiochi li prendo giapponesi. Poi i giapponesi sono educati, gentili, rispettosi delle regole. E di questo ne ho avuto conferma nel vostro libro. E poi mi piace il fatto che sono diversi da noi, che hanno altri interessi che non entrano per niente nella nostra concezione. Mi riferisco, per esempio, al fatto che in Italia il disegno è una passione legata più all’arte vera e propria mentre in Giappone il disegno è comunicazione e divertimento oltre ad essere arte”.

Tac, tic, tac, “come conosci tutte queste cose del Giappone?”.

Tic, tac, tic, “beh, direi che so molto poco e quel poco che so l’ho imparato leggendo”.

Ri-azz, già è arrivato a Socrate?, boh, tac, tic, tac, “leggendo cosa?”.

Tic, tac, tic, “manga, libri in generale (Ichiguchi Keiko è molto brava, descrive in maniera compiuta la loro cultura. Ho imparato molto anche leggendo il vostro libro. A proposito, ma poi vostro figlio lo sta suonando il basso comprato a Tokyo??”.

Tac, tic, tac “si, si”.

Tic, tac, tic, “chissà che bello !!!!, io invece suono la chitarra”.

Tac, tic, tac “sei bravo?”.

Tic, tac, tic, “ho iniziato da poco ma l’insegnante dice che me la cavo”.

Tac, tic, tac “ti piace?”.

Tic, tac, tic “si, tantissimo, anche se il mio obiettivo è suonare la chitarra elettrica”.

Tac, tic, tac “lo credo bene, magari una bella Fender Stratocaster come quella di Eric Clapton”.

Tic, tac, tic, “beh non esageriamo”.

Tac, tic, tac, “esageriamo esageriamo. A proposito di esagerazione, conosci Made in Japan dei Deep Purple?”.

Tic, tac, tic, “no”.

Tac, tic, tac, “la prossima volta che incrocia tua mamma te lo faccio avere. È un disco esagerato. E se non esageri alla tua età quando esageri?”.

Ma sì, pà, si campa anche di soddisfazioni

Me lo dà il permesso di pubblicare questi suoi pensieri su Enakapata?
Sì, lo ammetto, ad un certo punto glielo ho chiesto proprio così. Dite che detto così non si capisce niente? Va bene, allora provo a ricominciare dal principio.
Nella fattispecie il principio è il Serendipity Event del 21 marzo scorso organizzato dalla premiata ditta Bespoke & Enakapata. Tra le tante belle persone che mi sono state presentate da Antonio Gravina quella sera, con molte delle quali  nei giorni seguenti facciamo @micizia su Facebook, c’è Rosa Cennamo, che qualche settimana dopo mette sulla sua bacheca una citazione da Enakapata.
Che mi ha fatto piacere che ve lo dico a fare?, un pò è normale, un pò lo sapete già. Vi dico invece che abbiamo scambiato qualche chiacchiera via Facebook, i miei ringraziamenti, la sua gentilezza e poi basta. Anzi no. Poi ogni tanto frasi dal libro che ritornano sulla sua bacheca. Fino a stamattina. Quando su Facebook mi ha scritto:

E’ bellissimo il suo libro!!!, buongiorno Vincenzo, mi dispiace finirlo, lei mi fa felice tutte le mattine con questo suo diario stimolante. Sono napoletana e mi trovo da qualche anno a Firenze e quando nel libro incontro paragoni con la realtà di Napoli o le sue sensazioni nell’essere lontano da casa può capire l’effetto che scatena in me. E  poi tutte queste storie di personaggi importanti a livello scientifico riescono a portarmi lontano con la mente, verso  un  possibile futuro, grazie di cuore. Non so se ci fa caso, ma ogni tanto pubblico qualche frase del suo libro nel mio stato di Fb; dato che ho avuto il piacere di conoscerla personalmente mi capita, mentre  leggo il suo libro, di  leggerlo quasi come se parlassi dal vivo con lei.

Voi che avreste fatto? Io le ho detto che tutto questo mi fa un sacco di piacere e che aspetto la sua recensione appena ha finito di leggerlo. E poi ho aggiunto: Me lo dà il permesso di pubblicare questi suoi pensieri su Enakapata? Certamente – ha risposto-. Ed eccoci qua.
Ma sì, come ha detto Luca l’altro giorno parlando del suo lavoro, del quale è molto coonteno, ma sì, pà, in fondo si campa anche di soddisfazioni. Decisamente. Adesso però mettiamoci al lavoro.

Questo l’ha detto Concetta Tigano

enakapata3Bello.
Questo libro-diario mi è piaciuto!
Che fare “ricerca” fosse difficile lo sapevo, ma quello che succede in Giappone in questo campo è straordinario, mi sembra un mondo irraggiungibile.
Il racconto di questa avventura, scritto da Vincenzo e Luca, è istruttivo, coinvolgente, interessante, autoironico, a volte piacevolmente “comico”, insomma leggere “Enakapata” è puro piacere.
Conoscere l’autore di un romanzo può spiazzare, te lo immagini tutto diverso, ma conoscere l’autore di un libro autobiografico … aiuta a capire meglio, a me sembrava di sentire proprio la voce … di sentire il racconto … fantastico!!
Il legame che si intuisce tra padre e figlio è la cosa più vera e più tenera di tutto il libro.
Complimenti Vincenzo, sia come autore che come papà!!!!
E’ stata una lettura gradevolissima!!!!

Il Piccolo Principe

Questa storia comincia alle 6.20 a.m. di una mattina di gennaio, o forse di febbraio, no gennaio, ma poi gennaio o febbraio cosa importa? Nel bar ci sono Luciano, il proprietario, alla cassa, la moglie, al banco dei cornetti, il mitico Gabriele, il barista, al proprio posto di combattimento, l’uomo sotto ai 40, anni,  che mangia un cornetto, uno sgabello di quelli alti modello saloon che sovrasta, di più, sommerge,  ancora di più, travasa tra le braccia del ragazzetto di 7 max 8 anni che non lo lascia fino a che non  è davanti al banco  del caffé. Passa la mano sul sedile, ci si arrampica sopra, chiede una cannuccia, beve avidamente il suo cappuccino. Il padre, l’uomo sotto ai 40, ha l’aria di chi ha rinunciato da un pezzo a dirgli di fare le cose con calma.
Sorrido. Il bimbo ha gli occhi belli e svegli, della serie da queste parti o cresci in fretta o cresci in fretta, e la risposta pronta, della serie anche alla mia età non mi faccio passare la mosca sotto il naso.
Sorrido mentre mangio con più lentezza del solito il mio cornetto.  Come sempre sono in anticipo, l’autobus per Fisciano parte alle 7.15 e da qui  alla fermata a piedi ci vogliono al massimo 20 minuti. E poi curioso sono curioso,  però curioso della curiosità buona, perché la curiosità è come il colesterolo, c’è quella buona, quella che ti fa fare domande, ti fa cercare risposte, ti fa capire, imparare, migliorare,  e c’è quella cattiva, quella che ti porta ad essere pettegolo, come si dice, trasiticcio. Aspetto dunque che padre e figlio escano  e chiedo a Gabriele cosa ci fa un ragazzino così piccolo a quell’ora per strada.
“Che ci fa per strada?, e provateci voi a tenerlo a letto, quello la mattina se non esce con il padre fa il pazzo. Le hanno provate tutte, la migliore è questa: la mattina vengono qui, fanno colazione, aprono l’oficina, poi lui alle 8 prende la cartella e se ne va a scuola”. “Tutte le mattine?” “Tutte le mattine.” Mah.
Ci siamo incrociati altre 6-7 volte fino a quando, due settimane fa, ho chiesto al padre se il ragazzino studiava con profitto. “Sì sì, mi ha risposto, è bravissimo, le maestre ne dicono un gran bene, non ci sono proprio problemi”.
Mentre facevo i miei soliti 20 minuti a piedi mi è venuta l’idea, e il giorno dopo ne ho parlato a Gabriele.
Avrei pensato di regalare un libro al ragazzino, “secondo te se lo faccio il padre si offende?”
“Assolutamente no, anzi, è una bravissima persona, un gran lavoratore, non ci sono problemi”.
Nei giorni successivi, durante uno dei miei ricorrenti pellegrinaggi alla Feltrinelli ho comprato Il Piccolo Principe, quello con la copertina di cartone, con i disegni colorati e la carta più bella. A voi lo posso dire, ci tenevo tanto che il libro piacesse al ragazzo.
Ieri finalmente l’ho portato, sono passato apposta prima, l’ho lasciato a Gabriele, che a me queste cose, sarò perché sono grande e grosso, mi imbarazzano in modo incredibile.
Stamattina invece li ho incontrati, ma solo perché loro erano in ritardo. Appena sono entrato Gabriele ha fatto segno al padre che mi ha detto “grazie, prufessò” e prima che riuscissi a impedirglielo ha fatto segno al figlio che prima che il padre gli dicesse qualche cosa mi ha detto grazie, ma non un grazie normale, ma un grazie così bello, con degli occhi così belli, che vi giuro un grazie così tanto bello l’ho sentito poche altre volte nella mia vita. Gli ho detto “per me è stato un grande piacere”. Lui mi ha detto “grazie”. Domani non mi devo scordare. Devo chiedere a Gabriele il ragazzetto come si chiama.

Nuvole Gialle

Giuro che prima o dopo lo acchiappo. Nel senso che lo tocco, gli stringo la mano, se non si impressiona lo abbraccio. Tanto l’ho fatto già e mi è venuto bene. Con Piero Carninci e Franco Nori a Tokyo, Adriano Parracciani a Roma, Viviana Graniero, Concetta Tigano e Deborah Capasso de Angelis a Napoli. Sì, appena capita mi allungo (in senso metaforico, che già così ho difficoltà a trovare le giacche) a Bergamo e lo incontro.
Di chi sto parlando? Di Daniele Riva, of course, che di fianco  all’incantevole “Il canto delle Sirene” gestiste un’altra bottega d’arte, “Nuvole Gialle” dove pubblica  racconti.
Volete sapere cosa ha combinato oggi? Ha pubblicato un nuovo racconto e me lo ha dedicato. Ditemi voi io cosa devo fare. Ma fate presto. Perché tra poco metto l’ultimo punto al post e mi commuovo.

Il filo rosso di Santina Verta

by Roberto De Pascale

Santina Verta
Caro Vincenzo,
sto trepidando con te e Luca in questo viaggio “serindipindoso”… mi fermo spesso a rileggere per le impreviste e sorprendenti sfaccettature che partendo da un’idea- desiderio, trova la strada dell’attesa/ intesa, condita da ansie e imprevisti che il nuovo impone.
Vivo con voi, ad ogni pagina, una curiosità contagiosa, ricca di emozionanti scoperte dell’evolversi dei contatti, gli attesi disagi, l’estraneità che diventa alleanza, sorrido delle parche colazioni e dei lauti pranzi, attraverso come un segugio le mappe stradali di vie ignote e misteriose… accolgo con batticuore gli intralci e i fortunosi contatti con questa umanità che si dipana come un filo d’Arianna.
Devo scrivere ora, dopo la notte con papà (73), arriverò tardi a scuola, il caffè trabocca, ma l’impeto emotivo deve trovare un freno, ci sono immagini che si sovrappongono come un caleidoscopio con la mia vita. Ti (ri) conosco nella comunanza del percorso originario, abbraccio mentalmente quel ragazzino di Secondigliano che si rispecchia negli occhi del tuo Luca: nell’orgoglio amorevole, tenero e, a volte, schivo, come sa essere chi viene da una consapevolezza vissuta con ardore.
Apprezzo questo non rinnegare da dove veniamo, anzi il rivalorizzarlo è un punto di estrema importanza, rompe quel moto di falsa modernità che ha invasato molti compagni, scambiando il nuovo con cancellazione del passato … chi rinnega se stesso lacera la storia, si nasconde sotto un manto di ipocrito non -senso di appartenenza, forse impedisce la visione d’insieme del dove siamo ora e della perdita inevitabilmente dolorosa!
Ritrovo una forza nel tuo modo di stare in contatto con gli altri che era lo status della vita di sezione, l’antico PCI, mi ha lasciato questo senso della fratellanza che ci faceva sentire potenti- capaci di scalare le difficoltà.
Crescevamo, mentre sognavamo una equità sociale, rendevamo allegre le infinite discussioni, colmandole di speranza!
Mi fermo, per ora… e spero di continuare presto questo dialogo mai interrotto.
Buona giornata a te e alla tua famiglia, Santina

Per gli esseri umani, pensare a cose passate significa muoversi nella dimensione della profondità, mettere radici e acquisire stabilità, in modo tale da non essere travolti da quanto accade-dallo Zeitgeist, dalla storia, o semplicemente dalla tentazione. Il peggior male non è dunque il male radicale, ma il male senza radici.E proprio perché non ha radici, questo male non conosce limiti.proprio per questo, il male può raggiungere vertici impensabili, macchiando il mondo intero
Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale

Maria Paraggio

Chissà perché questo post mi ha rimandato ai miei tredici anni, al ginnasio e ha riportato alla memoria giorni e accadimenti.
Nell’anno scolastico 1968-69 frequentavo la quarta ginnasiale. Venivo dalla provincia ed avevo da poco compiuto solo tredici anni ( avevo fatto la primina). A Salerno c’erano due licei: il Liceo Tasso, frequentato dal fior fiore della bella gioventù salernitana, con la sua prestigiosa sede in centro e il Liceo F. De Sanctis che era ubicato in un palazzo di cinque piani. Il mio era il De Sanctis. C’erano, rigorosamente, due ingressi, uno per i maschi ed uno per le femmine. La presidenza, strategicamente, era ubicata al terzo piano.
Quando è iniziato l’anno scolastico, il primo ottobre, portavo ancora i calzettoni (calzini alti di lana) e alcuni compagni addirittura i pantaloni corti (Così si usava). Sembravamo ancora bambini, mentre i ragazzi di città si distinguevano sia per la spigliatezza che per gli abiti alla moda. Pian piano, ci adeguammo a quel nuovo stile di vita, imparando dagli altri e trovando un nostro proprio gusto. Ben presto cominciarono a circolare volantini ciclostilati che parlavano di collettivi, assemblee, cortei, scioperi per ottenere una riforma.
Poi all’ingresso della scuola, sia all’entrata che all’uscita cominciarono a formarsi capannelli di studenti intorno a due o tre leader. Dal Tasso venivano alcuni del movimento studentesco, già vivo, e facevano opera di convincimento tra noi. Si respirava un’aria di tensione tra i diversi gruppi di destra e sinistra. Ormai il movimento si era politicizzato. Ricordo che uno studente del Tasso fu picchiato proprio davanti al nostro liceo.
Le ragazze che, per un certo tempo, si erano tenute lontane, cominciarono ad aggregarsi intorno ai leader che fecero molte conquiste femminili. Il carattere forte, la novità, gli ideali fecero più colpo  della bellezza maschile.
Assemblea era la parola che più passava di bocca in bocca. Ci furono scioperi, cortei di varie scuole che poi si riunivano al Tasso. Si passò all’occupazione, poco prima delle feste di Natale. Ragazzi e ragazze si asserragliarono all’interno dell’Istituto per circa 40 giorni. Per il timore di essere coinvolta negli scontri tra gruppi di estrema destra e sinistra, i miei non vollero che andassi a scuola per tutto il tempo. Le mie compagne mi tennero informata. Ormai si respirava un’aria di libertà, di parità di sessi, di libertà di opinione mai provata.
Tutta l’Italia studentesca era in fermento. Cominciarono ad arrivare i primi risultati. Ci fu concessa l’assemblea di istituto, l’assemblea di classe, la ricreazione. Anzi alcuni istituti ottennero mezz’ora di ricreazione e si poteva uscire e rientrare in classe alla ripresa. Noi del De Sanctis, invece, con un referendum tra alunni, scegliemmo di abolire la ricreazione e optare per un orario ridotto. Uscivamo alle 12:20 per le quattro ore e alla una 1:10 per le cinque.
A livello nazionale si ottenne l’abolizione dell’esame di ammissione dal V ginnasio al I liceo, bella conquista, soprattutto per me che avrei dovuto sostenerlo a breve, e in seguito fu approvato l’esame di stato su due materie orali e due scritte.
La conquista più grande fu però il riconoscimento della parità delle donne nel prendere decisioni importanti in tutti i campi della società, con l’abolizione di tanti tabù che l’avevano accompagnata fino a quel momento.
Dimenticavo di dirvi che in prima fila nei cortei, con megafono e una sciarpa stretta intorno al collo faceva la sua bella figura un famoso e discusso giornalista televisivo.

Tu chiamala se vuoi, serendipity

Oggi a Unisa, finita la lezione, ho incontrato la mitica M.G. per il riesame delle pagine del mio dizionario del pensiero organizzativo che ha già tradotto in inglese. Non ci credete che un mio libro viene tradotto in inglese? Neanche io. Eppure accade. Si lo so che una volta tradotto il libro in inglese bisognerà trovare un editore inglese, ma questo non mi spaventa. Con gli anni sto diventando come Henslowe, l’impresario che in Shakespeare in love, anche nelle situazioni più improbabili dice “si risolve”. Con la differenza che lui, nel film, a chi gli chiede “come?”  risponde “non lo so: è un mistero”, mentre io, nella vita, a chi mi chiede “come?” rispondo “non lo so: per genio e per caso”.
Voi dite “tu chiamala se vuoi serendipity”? Non me la sento. Come ho spiegato proprio oggi ai ragazzi questa faccenda della serendipity – l’idea che l’osservazione, da parte di menti preparate, di un dato anomalo, imprevisto e strategico crei le condizioni per un cambiamento di paradigma -, non va banalizzata. Come ha  ricordato Khun, ad un sacco di gente sono cadute mele e mille altre cose in testa, ma c’è voluto Newton per definire la legge di gravità. Eppure c’è qualcosa di magico nel fatto che M.G. arriva per caso un giorno nella mia stanza, finiamo con il parlare del dizionario, gliene porto una copia insieme alla versione in inglese del mio rapporto di ricerca sul Riken e lei, che ha tradotto Harold Garfinkel, non so se mi spiego, qualche settimana dopo mi propone di tradurlo.
Dite che sono fortunato? Vero. Mia madre mi ricorda ancora adesso che sono nato con la camicia, non ho mai capito bene di cosa si tratta, ma meglio questo che un dito in un occhio.  Dite che tutto questo mi piace un sacco? Verissimo. A patto che conveniamo sul lavoro che c’è da fare per fare in modo che il piacere non si trasformi in incubo: la traduzione è una grande opportunità ergo richiede un significativo impegno per migliorare il volume da tutti i punti di vista, comprese le definizioni, anche perché  sulla versione inglese io non sono più in grado di metterci le mani. Dite che per uno con il mio carattere la cosa non deve essere facile? Questa volta ci avete preso in parte. Perché la professionalità, la competenza e la disponibilità di M.G. mi fanno stare assolutamente tranquillo.
Quello che intendo dire è che  intorno a  concetti come passione, impegno, lavoro, professionalità, competenza, disponibilità, collaborazione si possono cogliere opportunità, crearne di nuove, risolvere problemi. In Giappone come in Italia o in ogni altra parte del mondo. Il fatto è che in Giappone, in Cina, negli Usa e in tante altre parti del mondo questa cultura c’è, in Italia no, e questo spiega perché da noi i cervelli sono costretti a fuggire.
Per quanto mi riguarda, nel mio infinitamente piccolo, indietro non torno. Per me è persino un fatto di libertà. Luca lo sa, ma adesso lo dico anche a voi, sarà il titolo del mio ultimo post, diciamo, come augurio, l’11 settembre del 2055:
Ho fatto sempre quello che volevo. Ho lavorato sempre un sacco per poterlo fare.

Concetta Tigano
Serendipity, fortuna si!
ma sotto sotto tanto impegno e lavoro e studio e cuore e passione e chissà cos’altro!!!
senza tutte queste cose….non credo si arrivi tanto lontano, non credo sia solo il caso, questo è il raccolto di tanta semina…
meritato raccolto….meritatissimo!
questo “tema” è molto interessante….

Adriano Parracciani
Questo tuo dizionario è una iniziativa notevole e lodevole. Lo voglio leggere al più presto perchè il tema l’ho vissuto direttamente. Ho lavorato per tredici anni in una multinazione del software e della consulenza IT che aveva definito un proprio pensiero organizzativo chiamato SCOPE; nei primi tempi erano state create delle figure specifiche chiamate MOC (Man Of Change) con il compito di diffondere, divulgare e rendere operativo SCOPE in tutte le unità locali sparse per il mondo.

Organizzazione e Serendipity: binomio non solo possibile ma forse auspicabile, da agevolare, da incentivare. Perchè? perché la serendipity è innovazione non prevista, come dire, innovazione al quadrato; forse più difficile da capire ma spesso molto più efficiente.
Bene, bravo, bis

P.S.
Potremmo divertirci a creare qualche neologismo sul tema come versione enakapatiana del dizionario 🙂

Fidya

Congratulazioni!
Io ho la 2a EDIZIONE…dovrò rimediare? :)
Nascere con la camicia significa nascere con la placenta ancora intorno al momento del parto…era usanza dire che il nascituro fosse un bambino fortunato! E lei lo è Prof. Ma… dietro ogni fortuna ci sono enormi sacrifici!

Carmela Talamo

Nulla succede a caso, il caso non esiste. Non esiste la fortuna e quindi non esiste la sfortuna. Niente miracoli, solo forza di volontà capace di trasformare il dire in fare e, quindi, facendo, tutto può accadere, tutto diventa possibile. La nostra vita è come un puzzle rovesciato su un tavolo, le cui tessere sono disposte apparentemente a caso. Le guardiamo e ci sembra impossibile dar loro forma, eppure il disegno è già là  dobbiamo solo ricomporlo. Occorre lavoro, impegno, fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di fare e pian piano le tessere si incastrano, piano piano troviamo le connessioni giuste e cominciamo ad intravedere il disegnio, a dare un senso a ciò che stiamo creando. Talvolta costruiamo tanti pezzetti isolati che sembrano non interagire fra loro e poi, quasi per magia, compare il pezzo mancante, quello che ti permette di ricomporre il tutto di capire dove ti ha portato tanto lavoro. Non è fortuna, non è un caso era tutto sul tavolo. Nulla è comparso
per incanto il disegno era già stato tracciato. La nostra forza è questa andare avanti , non arrendersi, perseguire sempre  ciò in cui crediamo. Non lasciare che il puzzle resti lì sul tavolo. Una poteziale vita mai compiuta. Semplici riflessioni di una complicata mezza  indu-buddista.

Metti una sera a Bespoke


Di ieri sera mi sono piaciute tante cose, ma naturalmente non ve le dico tutte. Perché? Perché sarebbero troppe e troppo lunghe. Perché ci sono cose che hanno bisogno di tempo e di maturare meglio. E altre che sono fatte di incontri, di occhi, di mani, di intimità.
Diciamo che ve ne dico tre tra quelle mi sono piaciute un sacco.

La prima è Pierpaolo che ancora non so che si chiama Pierpaolo che si presenta con Enakapata e mi presenta la mamma. Io che gli dico “come ti chiami”, lui che mi dice “Pierpaolo”. Io che non faccio in tempo ad aprire il libro e lui che mi dice “per favore  mia madre vuole la dedica con le parole del tuo amico filosofo”. Il filosofo è Salvatore Veca, le parole sono tratte da un suo meraviglioso volume, Dell’Incertezza (Feltrinelli, 1997)  e ci dicono, naturalmente in maniera molto più bella di quanto non riesca a farlo io, che le nostre vite possono dirsi tanto più degne di essere vissute quante più relazioni e connessioni riusciamo a stabilire nel corso di esse. Scrivo, restituisco il libro alla signora, stringo la mano a Pierpaolo, mi resta la gioia sincera che provo ogni volta di fronte ad esperienze, come questa, di comunicazione riuscita.

La seconda è la complicità tra Federica ed Alessia, le due giovani cantanti dei Motor Sound. Che fossero brave io lo sapevo già. Ma non pensavo potessero diventare complici, causa proprio la bravura e la giovane età, due  forze molto potenti per attivare processi di competizione. E invece sì, grazie un poco al coraggio e alla passione di Beppe Del Vecchio,  batterista e guru del gruppo, e  tanto alla loro capacità di vedere, di scoprire, di comprendere, il lato win-win della vita.

La terza è l’entusiasmo, la voglia di confrontarsi e di migliorarsi dei partecipanti al progetto Bespoke  ideato e  diretto da Antonio Gravina. Antonio me ne aveva già parlato. Ma come dice il poeta, di una cosa devi fare esperienza se vuoi comprenderla veramente.
Sono rimasto insomma davvero colpito dalle intersezioni possibili con persone ccosì uguali e così diverse da me.

Viviana Graniero
Splendida serata serendipitosa
Sei serali: svelti saliamo scale, sopraggiungendo speciale salone. Si svolgerà serata straordinaria!
Scrutiamo sguardi stimati, seppur sconosciuti, supposti, sentiti sinora solo su spazi surreali.
Scambiamo sorrisi sinceri, spontanei. Scherziamo. Sentiamo, silenziosamente sedotti, storie su scrittori-scropritori, su “spedizioni” straordinarie, storie semplici scritte sinceramente, senza sovrastrutture.
Si somma sound sensazionale, sottofondo superlativo.
Si susseguono stranissime sensazioni, svariate suggestioni: sicuramente scopriamo senso sostanziale serendipity.
Salutiamo sconsolati, sceglieremmo senzaltro seguitare serata, sfortunatamente siamo senza seicento.
Stranezza : sera seguente siamo ancora soddisfatti, sorrisi stampati senza spiegazione… succede solo sperimentando situazioni singolarmente speciali.

Maria Savarese
Metti una serata a Bespoke…
Metti che arriviamo nella magica galleria Umberto 1 e la prima cosa che incontriamo sono dei ragazzi che giocano a pallone e che sognano di diventare un giorno come Cannavaro.
Se ci è riuscito lui, perché non altri ragazzi napoletani!
Metti che entriamo nell’accademia Bespoke e ad accoglierci c’è il sorriso dolce di Trudy e tante belle persone.
Metti che incontriamo Vincenzo Moretti, un uomo dalla stretta di mano decisa e dallo sguardo familiare.
Metti che inizia a raccontarci delle sue scelte di vita, di quando decide di studiare sociologia, di quando il padre gli chiede cosa avrebbe potuto fare dopo e lui dice: “il disoccupato”. E il padre gli risponde “se ti pace questo tipo di studio, allora fallo!”
Metti che penso ai ragazzi che stavano giocando a pallone e a noi presenti lì, pieni di sogni e di voglia di fare e penso che… se una cosa ci piace, allora possiamo farla!

Fly Fly Away

by Adriano Parracciani

La Musa
Pagina 181, last page: 196. fra poco meno di 15 pagine, il mio viaggio in Giappone sarà finito. Andrò via con la sacralità dei ciliegi in fiore, con una Tokyo brulicante e ordinata, con la tecnologia più avanzata intersecata e fusa a millenni di leggende e storia antica. Questa è la cartolina di Vincenzo e Luca, di un arcipelago di tante culture racchiuse in un unico mondo. Loro, padre e figlio che hanno la capacità nn comune di scambiarsi i ruoli pur rimanendo ciascuno, l’uno figlio, l’altro padre. La tenerezza e la sincronicità che li lega e che li porta ad illustrare al lettore gli aspetti più vividi e salienti di un popolo così lontano da noi. L’ospialità ad esempio, che nn è un fatto assolutamente accidentale, ma un rituale semplice e spontaneo, che si celebra quotidianamente verso tutti, a beneficio dell’animo umano. Un rapporto che fa sentire meno lontani gli autori dalla loro casa, la nostra Nazione, dove quel senso intimo e sociale di “shinsetsu” sta venendo a mancare sempre più. Il rispetto delle regole: di quando un semaforo rosso è ROSSO e basta, e nn si strombazza per passare ad ogni costo o si sgomma sulle strisce pedonali. Il rispetto per l’ambiente nella cura della raccolta differenziata della spazzatura; il cartoccio vuoto della pasticceria, appallottolato e messo in tasca perchè niente viene gettato in strada. Cose che i giapponesi fanno ciascuno per sè, per la propria qualità di vita a vantaggio dell’intera comunità. Che dire ancora di questo diario di bordo? leggendolo ci si ammanta di emozioni e di silenzi rotti dal vento di marzo; una sorta di serendipity per l’appunto, vissuta in prima persona dagli scrittori e trasmessa al lettore sul sottile spessore di una pagina bianco-opalina. Vincenzo e Luca, grazie. Fly fly away…

De Enakapata

by Adriano Parracciani

di Viviana Graniero
“Storie di città invisibili. Di luoghi ritrovati. Di luoghi da ritrovare. Forse da cercare. Magari con l’aiuto della serendipity”. Voglio partire da qui. Perché è anche la mia idea di viaggio, di percorso, di avventura.
Mi sono incamminata lungo le strade di Tokyo, nei centri di ricerca e persino nei grandi store nipponici. L’ho fatto con Vincenzo e Luca. Mi hanno tenuta per mano e portata con loro. Non è solo per la dovizia di particolari, direi piuttosto che è per l’empatia che hanno saputo creare.
Vincenzo avevo già avuto modo di apprezzarlo, per quello che scrive, per quello che pensa, per l’entusiasmo che mette in ogni cosa che fa. Lui ci crede e finisci per crederci anche tu, non puoi farne a meno, è più contagioso del morbillo. Luca è stato la vera sorpresa: ci sono intere pagine del suo diario che avrei potuto scrivere io, solo non così bene. La sua attenzione per ciò che lo circonda, la capacità di osservare e integrarsi anche con le cose più diverse e lontane, senza mai eccessivi giudizi o paure… questo farà di lui un grande narratore. Ha un punto di vista, ma non lo impone, te lo serve poco a poco, come un piatto prelibato e così ti sembra di non essere mai sazio: potresti continuare a mangiare per ore.
Enakapata non è solo un bel libro, sarebbe riduttivo: è una bella scoperta, una piacevole passeggiata al mare, un tuffo fra i ciliegi in fiore e un salto nel vuoto della modernità. E’ il piacere della sorpresa, di quello che potrebbe accadere.
Non mi dilungherò sul fatto, pur importante, che si legge in un soffio, preferisco sottolinearne la leggerezza, nel senso più bello del termine.
C’è un profondo equilibrio pur nelle più estreme delle diversità: tra Napoli e Tokyo, tra ricerca scientifica e viaggio di piacere, tra paure e sfrontatezze, tra le pagine dei due diari, tra padre e figlio… qualcosa mi dice che la frase più giusta sarebbe “c’è un perfetto punto di incontro tra lo Yin e lo Yang”.

Enakapata Spring

Con l’arrivo della primavera Enakapata riprende il suo viaggio. Dite che in fondo non si muove da Napoli? Non sono daccordo. Innanzitutto perché un viaggio è un viaggio, e non dipende dai kilometri che si fanno. E poi perché se qualcuno mi invita  aparlare di Enakapata, Serendipity, Secondigliano, Tokyo, Ricerca, Sensemaking e così via discorrendo io ci vado a prescindere.
Ciò detto, vi ricordo che domenica 21 marzo, dalle 17.00 alle 23.00, presso la  Bespoke Accademy, Galleria Umberto 1° n.50 c’è il Serendipity Event organizzato in occasione del primo anniversario di Enakapata.
Come dice Antonio Gravina? A Napoli.  Cose dell’altro mondo.

Mercoledì 24 Marzo 2010, sempre a Napoli, dalle ore 17.00 alle 18.30 sarà invece la volta dell’Associazione Mogli Medici Italiani che organizza l’incontro Arti e Tradizioni Giapponesi presso la Sala Multimediale del Palazzo del Dipartimento Consiglio Comunale, (Piano IV) in via Verdi 35. Gli pspiti saranno questa volta Kuniko Nishiyama (Dimostrazione di Ikebana – Arte giapponese della disposizione dei fiori recisi),  Io e Luca in quanto autori di Enakapata, Patrizia e Roberto De Pascale (Introduzione alla Scrittura Giapponese).
Noi ve lo abbiamo detto, se ve li perdete poi non date la colpa a noi.

Carta muta

enakapata3Don Antonio e il tressette erano una cosa sola, ma non era per questo che, quando si poteva, la domenica, prima di pranzo, andavamo a trovarlo. Ci andavamo per il ragù di donna Assunta e  perché a giocare con lui ti divertivi veramente. Perché ti divertivi?
Innanzitutto perché non giocava mai per soldi, neanche una cifra simbolica, che a lui i soldi, sarà perché ne aveva avuti sempre pochi, facevano schifo.  E poi perché se perdeva andava su tutte le furie. La sportività? E che cos’é, una cosa che si mangia? Tu potevi essere pure il campione interplanetario di tressette, se vinceva lui era bravo, se vincevi tu eri fortunato. Nelle cose della vita era un vero galantuomo, di quelli modello “signori si nasce, non si diventa”. A tressette no, era peggio del principe di Macchiavelli.
Naturalmente per lui il tressette era il tressette, quello a due coppie, e le sole varianti ammesse erano il pizzico (due giocatori) e il tressette a chiamare (tre giocatori, quello di mano può chiamare un tre e gioca da solo contro gli altri due o può passare; i due giocatori non di mano possono dichiarare “sola” e giocare contro agli altri due senza chiamare il tre). Il tressette a perdere e il tram (tressette a cinque) per lui semplicemente non esistevano.
Ora voi provate a immaginare il compagno di un soggetto così durante una partita: non era un giocatore, era un martire, perché persino quando vinceva don Antonio ricostruiva a fine partita tutte le giocate sototlinenado gli errori dell’altro e la sua perizia.
Non vi dico che cosa succedeva quando metteva una carta a terra e tu lo guardavi  come a  chiedergli “che dice questa carta”. Lui a risponderti ti rispondeva – Carta muta -, ma alla fine della partita era meglio scomparire. Perché prima ti diceva che in coppia con te non avrebbe giocato più, poi aggiungeva “si nu ciuccio, senza offesa pò ciuccio”,  poi continuava con “‘o tressette è nu juoco serio” e infine ti spiegava che “si io joco ‘o tre, voglia ‘a meglio, pecché o tenga a napulitana, o tengo o 25, o sto cercanno o doje” e continuava così via discorrendo per quanto riguarda il due, l’asso, la figura e la scartina.
Quando finiva? Quando arrivava donna Assunta annunciando il ragù. Il tressette scompariva d’incanto e don Antonio ritornava la pasta d’uomo che conoscevamo. A volte mi chiedo com’è che, con tutte le cose inutili che si vedono in giro, nessuno abbia ancora scritto un libro sul potere taumaturgico della tracchia a ragù. Bisognerà che qualcuno ci pensi.
Buon appetito.

Enakapata secondo Daniele Riva

Considero un privilegio raro essere finito insieme a Luca e a Enakapata su Il canto delle Sirene.
Ringrazio Daniele Riva per l’amicizia, senza la quale sarebbe stato troppo arduo finire  in una compagnia nella quale fanno bella mostra di sé Gozzano, Flaiano e Chopin; per l’impegno nel prendere sul serio questo nostro libro-viaggio-avventura; per la cura nell’interagire.
Il fatto che abbia trovato ragioni e motivazioni per farlo, mi rende felice e di ciò lo ringrazio di cuore.

Questo lo ha fatto Felicia Moscato

Questo lo ha scritto Lucia Rosas

enakapata3Ho sempre creduto ai libri come mondi paralleli e possibili. Crescendo, ad appuntamenti col destino. Stavolta il libro è venuto a cercarmi e alla fine ho ceduto. Ho ritrovato i passi del gioco, i gusti di un amico virtuale, i suoi occhi su un mondo che funziona, delle idee, dei ricordi, delle riflessioni. Letto tutto in un fiato e sottolineato alcuni passi. E rileggerò ancora delle pagine, perchè servono idee emotive.

La cattiva strada

enakapata3Non sempre due indizi fanno una prova ma ieri mattina un’amica, mentre si discuteva delle generazioni più giovani mi ha detto: questi ragazzi si stanno allenando a diventare imbroglioni mentre stasera un’altra mi ha scritto chiedendo cosa rispondere ai giovani che le dicono che gli adulti stanno insegnando loro che bisogna vivere nell’illegalità.
In altri anni non avrei avuto dubbi su ciò che cosa sarebbe giusto dire, oggi si.  Non ho eccessivi dubbi invece su che cosa direi io oggi:
1. che è assolutamente vero che il messaggio di noi adulti, a partire dagli adulti delle classi dirigenti, è che bisogna vivere nell’illegalità (naturalmente tra gli adulti e persino tra le classi dirigenti c’è chi non appartiene a questa schiera, ma in quano aggregati, “adulti” e “classi dirigenti” danno inequivocabilmente questo messaggio);
2. che loro, i giovani, questo messaggio lo devono rifiutare non soltanto per una questione di etica o di giustezza ma anche, soprattutto, per una questione di convenienza, dato che vivere nell’illegalità non è una risposta alle loro esigenze e che a fronte dei pochi che a livello personale ci guadagnano, in quanto “aggregato” i giovani hanno tutto da perdere da questo stato di cose;
3. che ciascuno di noi può fare delle cose concrete per cambiare; se si è studenti, studiando tanto; se si lavora, lavorando col massimo impegno; quando da studenti di legge si diventa avvocati, scegliendo per il proprio studio i più bravi e non i parenti o i raccomandati; all’università, assegnando le  borse di studio ai più meritevoli e così via discorrendo;
4. che ciascuno di noi può fare queste e tante altre cose concrete senza cercare alibi nell’imbroglione della porta affianco; nessuna conquista, piccola o grande che sia, è possibile senza persone disponibili a fare il primo passo, ad assumersi responsabilità, a rischiare di pagare un prezzo in prima persona per lasciare a chi viene dopo un mondo almeno un pò migliore di quello che ha trovato;
5. che l’alternativa alla legalità, al rispetto delle regole, al fare le cose per bene perché è così che si fa c’è, ed è continuare a vivere in un mondo nel quale gli adulti insegnano a vivere nell’illegalità; se per loro va bene, la strada attuale è quella giusta.

Questo lo ha scritto Maria Paraggio

enakapata3Mi sono avvicinata a questo libro con molta curiosità. Già il titolo mi spingeva ad approfondire quale poteva essere l’elemento che avvicinava Secondigliano a Tokio. Pertanto, non appena avuto il libro nelle mani, svolte tutte le faccende e gli obblighi casalinghi, mi sono seduta comodamente in poltrona, decisa a fare quello stesso viaggio attraverso le parole degli autori.
E’ stata una lettura continua, sospesa solo per brevi pause e interrotta solo all’ultima pagina. La scelta di raccontare i fatti sotto forma di diario e secondo gli occhi di due diverse personalità, dico personalità non persone, che raccontano gli stessi eventi ma con prospettive diverse , a mio parere, è risultata vincente. Non ci si annoia mai, neanche quando dalle storie di tutti i giorni di persone semplici che nulla hanno a che fare con la scienza, si passa a testi che sembrano tratti da vere e proprie riviste per soli addetti. Ciò che maggiormente risalta è il desiderio di apprendere sempre di più, di condividere esperienze senza chiusura alcuna perché la scienza è patrimonio di tutti.
Non è estranea alle pagine l’amara riflessione che in Italia, purtroppo, non c’è molto spazio per bravi ricercatori né c’è l’interesse, di chi dovrebbe promuoverla, a studiare i successi dell’organizzazione della ricerca scientifica in altri paesi. Il tutto detto sempre senza asprezza, solo con un po’ di rammarico.
Bello è anche l’appellarsi, di tanto in tanto, alla saggezza insita nei vecchi proverbi e l’accorato ricordo del genitore che con la sua severità e il suo rigore morale ha trasmesso nell’autore valori e rispetto delle regole, che non sono poi così distanti da quelli giapponesi. Inoltre il viaggio si rivela anche un’occasione per mettere in luce che i figli imparano dai genitori ma anche questi ultimi hanno molto da apprendere da loro. E’ un continuo dare ed avere vicendevole.

Detto Lo Scognato

enakapata3Si lo che ormai vi siete abituati ai miei ti abbracico invece di ti abbraccio, ma vi assicuro che questa volta non ho sbagliato. Era scritto proprio in bella evidenza: detto lo scognato. Dov’era scritto? Ah, già scusate, sull’avviso mortuario. La dicitura in alto quella in versione sobria: E’ venuto a mancare all’affetto dei suoi cari all’età di 52 anni; sotto il nome e cognome; più sotto ancora detto lo scognato.
Da voi come lo chiamate?, il soprannome, il contronome, insomma il modo in cui per tutta la vita uno viene chiamato.
Immagino che adesso vi state domandando da dove viene scognato. Lasciate stare i dizionari di italiano e di napoletano. Scognato, scugnato, significa senza denti. Vedete, se foste stati di Secondigliano l’aveste saputo, perché da quelle parti a tutti è stata  data l’opportunità, almeno una volta nella vita, di prendere in giro qualcuno cantilenando “scugnato, senza diente, vase ‘nculo, a zì Vicienzo“.
State pensando che davanti alla morte ci vuole più rispetto? Non sono d’accordo, perché non si tratta di mancanza di rispetto. C’è innanzitutto una questione pratica. Solo con il nome e cognome sul manifesto al funerale non ci viene nessuno, perché nessuno capisce chi è morto. E poi c’è una questione di identità. Si proprio quella cosa strana ma importante che ci permette di riconoscerci con gli altri nel tempo.
Voi dite e allora il Partito Comunista? La Democrazia Cristiana? Il Partito Socialista? Potrei rispondervi appunto, guardate come stiamo combinati.  Che naturalmente chi doveva essere arrestato andava arrestato, e anche qualcuno di più, ma non si doveva buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Preferisco “nuje simme gente seria, appartinimme ‘a morte“. Si, meglio lo Scognato, con l’aiuto di Totò.

Piccole storie crescono | Istruzioni per l’uso

L’ispirazione me l’ha data neanche a farlo apposta La Musa, anche se in una versione diversa da quella che intendo proporvi e che, lo dico subito, non so ancora bene se e come possa funzionare. Diciamo che è un gioco  esperimento e che, come mi hanno insegnato i miei amici scienzati, in quanto  esperimento può riuscire o fallire.
Passo a spiegare come dovrebbe funzionare il gioco. Dopo di che spero mi diciate cosa ne pensate e se vi va di giocare. Infine, ammesso e non concesso che ci sia qualcuna/o disposta/o a farlo, cominceremo a giocare.

ISTRUZIONI PER L’USO
Titolo
Piccole Storie Crescono

Finalità

Riscrivere Enakapata a 10, 100, 1000 mani. Far diventare ogni pagina (giornata) del diario un giardino dei sentieri che si biforcano.

Modalità
Ogni  lunedì vengono pubblicate le prime righe (fino al primo punto) di una delle giornate di Enakapata, in ordine casuale (Piccole Storie Crescono non è il clone di Enakapata).
Queste righe faranno insomma da incipit, dopo di che la parola, meglio, la scrittura, passa a noi.

Premesse
1. Chi decide di giocare, lo fa rispettando le regole. Punto.
2. Chi decide di giocare, lo fa accettandone le finalità.
3. La scrittura è assolutamente libera purché rispettosa della Netiquette.
4. Niente Berlusconi, Bersani, Di Pietro e così via discorrendo, nella mia vita tutto questo ha un peso già troppo rilevante e non intendo averci a che fare anche quando gioco.

Regole
1. Si comincia il lunedì postando una volta sola e solo al livello 2.
2. Dal martedì al venerdì si può postare un solo post per singola storia.
3. Il sabato e la domenica niente vincoli se non quello di non postare di seguito nella stessa storia.
4. Ciascun post deve essere lungo max 7 righe, va contrassegnato con il solo numero 2 se è collegato all’incipit e con il numero della storia e il numero progressivo negli altri casi (esempi: 2; Storia 3 – 5; Storia 1-12; Storia 9 – 6).

Fase  Transitoria
E’ fissata in un mese, termine entro il quale saranno definiti eventuali cambiamenti delle modalità o delle regole.

Ieri ho toccato Adriano. Oggi Deborah

enakapata3Allora, prima che cominciate a malignare, è bene precisare che la “toccata” in questione è un modo per dire che ieri ho incontrato per la la prima volta “vivo live” Adriano Parracciani e oggi Deborah Capasso de Angelis. Ho stretto loro la mano, li ho guardati negli occhi, ho sentito le loro voci (per la verità con Adriano ci eravamo già parlati via Skype, ma comunque non è proprio del tutto la stessa cosa), abbiamo preso un caffé, abbiamo gesticolato, ci siamo detti che ci rivedremo. Sperando che abbiate finito di malignare, prima che cominciate a preoccuparvi pensando che io voglia riprendere la discussione sull’amicizia al tempo dei social network, rilassatevi, perché lo farò, ma la prossima settimana e su Nòva Review.
Perché allora vi sto raccontando tutto questo? Perché la “toccata” ha una versione secondiglianese, della Secondigliano dei miei 13-14 anni (il primo che dice che anno era lo fucilo). Avevamo la testa nel futuro (Kerouac, Ginsberg, Dylan, Genesis), i piedi nel presente (pregiudizi, maschilismo, omofobia e compagnia cantando) e una voglia senza fine di prenderci in giro, di sfotterci, di divertirci con quello che avevamo, cioé poco o nulla. E tra il poco o nulla c’era anche la “toccata”.
Di cosa si trattava? Presto detto. Di un tocco furtivo tra le natiche, meglio se eri piegato per prendere qualcosa che era stato fatto artatamente cadere per terra. Se al momento del tocco sobbalzavi, ti scansavi, saltellavi voleva dire che tenevi la “toccata”, nel senso che non eri un maschio a denominazione di origine controllata, avevi tendenze omosessuali.
Dite che è impossibile non sobbalzare se all’improvviso qualcuno ti mette una mano lì? Diciamo quasi, nel senso che era possibile se capivi il gioco per tempo e facevi finta di non essertene accorto.
Dite che non capite dove sta il divertimento? Mi dispiace, ma non ci posso fare niente. Vi assicuro però che quando si trovava il “soggetto” adatto ci si poteva passare in allegria una serata intera.  Un poco più triste è il fatto che noi ci siamo fatti grandi e ce ne siamo andati. E troppi di quelli rimasti hanno cominciato, per scelta per necessità e per caso, a giocare con le pistole.

Enakapata Game

A. A. A. A tutti gli appassionati, gli innamorati, gli amanti di giochi linguistici, vi aspettiamo in tanti, di più, a palate, sulle pagine di Secondigliacrostico e di Omero Enakapata.
A tutte/i voi che sceglierete di interagire va il nostro più caro e affettuoso benvenute/i a Enakapata Game.

Ho detto tutto

enakapata3Ebbene sì. Ho deciso di battere Peppeniello e di designare 3 vincitori, ognuno naturalmente vinciotre della copia autografata di Enakapata. La ragione mi pare resa evidente dalle motivazioni, e dunque, come diceva uno dei mitici fratelli Capone, “Ho detto tutto”. Si potrebbe aggiungere qualcosa sul rapporto partecipanti al gioco – votanti, ma non qui e non ora. Aggiungo invece con piacere che sono sinceramente grato a tutte/i coloro che hanno partecipato e ancora parteciperanno a giochi di Enakapata.
Con questo, bando alle chiacchiere.
Vincono la copia autografata di Enakapata:

Giuseppe Giordano per il suo metacrostico. È  stato definito geniale, stupendo e tante altre cose ancora, è stato il più votato, ma, come è stato giustamente rilevato, in senso proprio il suo non è un acrostico. A lui va dunque il premio per l’opera più creativa e affascinante.

Deborah Capasso de Angelis perché è stata la più votata tra gli acrostici veri e propri, perché in particolare il suo acrostico in inglese è veramente bello e perché ad un certo punto ha rischiato di battere nel voto popolare persino Giuseppe Giordano.

Adriano Parracciani perché secondo Sabato Aliberti, Luca Moretti e Alessio Strazzullo è stato quello che ha saputo meglio tenere assieme il gioco, la bellezza letteraria (dell’acrostico) e  il contenuto (del libro).

Tautogramma Enakapata

enakapata3Nuovo gioco, nuova corsa. L’idea è arrivata ancora una volta via Facebook, ma stavolta il sasso nello stagno l’ha gettato Francesco Caruso. Cos’è un tautogramma l’ho imparato dopo il suo messaggio: uno scritto in cui le parole iniziano con la medesima lettera. Il nuovo gioco ha una sola regola, anzi due: si possono usare solo le lettere (una sola, naturalmente) che compongono la parola Enakapata; non si può usare la k per comporre parole come ke, ki, kiara, ecc. That’s all, folks. Buona Partecipazione.

Deborah Capasso de Angelis
Nessuno nasce nella nefandezza. Nessuno nutre nel nido neonati nefandi. Nessuno nasce nazista.

Keep kindness, kiss keenly, kill kingbird, knot kismet.

Promessa. Parole, pesanti pietre, penetrano profondi pensieri.

Tutto taceva troppo tranquillo! Trasportata, tosto trascrivo tautogrammi

La Musa
Bandana&banana, Bacucca, Babbeo, Bamberottolo: BALORDI! Baldanzosamente baritoneggiano, barbugliano bizzosi – “badilate, badilate!” – bastonando baldi benpensanti barricadieri. Banditi, bracconieri, buoniannulla, BASTARDUME!

E di ENAKAPATA
Egea era euforica; esteticamente esile, efebica, eclissò eterea entro elevatore, ed essendo estate, evinse essere epoca esatta: evadere, evadere! era eccepibilmente eccitata; enigmaticamente, evocava estrosi espedienti: evitare escursioni estere. Ella era ellenica ed edonista – “efkaristò” – esclamò ebbra entrando. ecco, era eliaco Eden. Ermete echeggiò: “efkaristò?” erano entrambi emozionati esternandosi enfatiche effusioni. “Egea…” “Ermete…” era entusiasmo endogeno, eccellenti evasioni. echinocactus ed euphorbia, elicrisio ed edera. era, ebbene, efflorescente estate.

“Pò-Pò-Pò, PiO-PiO-PiO” pigola petulante pulcino Pancho; “porca paletta Pancho!” parlotta papera Polda – “per piacere Pancho, papà Pinco potrebbe prenderla prosaicamente!” papà papero, passata paura per puma poco placido, pensato pressare pisolino pomeridiano. “Pii-Piii-Piiii, PiOO-PiOOO-PiOOOO” prorompe precipitoso Pancho. “Panchooo!” Polda perde pazienza. “piccolo prepotente, proprio persecutore!” – predicozzo per punire pestifero Pancho – piano piano, pulcinetto pigola placato “pio-pì, pì-pì” “piuttosto” – pensa – “prenderò panni per partire – piii – partirò per posti privi papere pedanti!”

Clarissa casuale cardiologa [in C]
Credendolo con collasso ciclo cardiaco completo, Clarissa corse con CGRP – conosciuto composto chimico con caratteristica capacità contrazioni cuore – cercando cavità capace convergere corroborante. Camillo continuò camminare carponi causa cute cuoio capelluto crivellata; Clarissa constatando cicatrice craniale, cautamente condusse Camillo canapè cremisi, costringendolo coricarsi con capo chino. Camillo, colorito cadaverico, chiese caffè corretto con cointreau; categorica, Clarissa costrinse costui calmarsi con camomilla.

Concetta Tigano
Eterea estate,
espugni effimeri equilibri.
Eterno equinozio,
esalti estranei eremiti.
Entrambi esprimono estasi ed ebrezze.
Eludendo errori…evochiamo efficaci Elisir!!

Trasformi
timide tentazioni, teneri turbamenti,
tessendo trasparenti tele.
Trasmetti
tumultuose tempeste, traboccanti torrenti
tacendo.

Nessun nomade naufraga nelle nuvole
Niente, nemmeno nubi e nebbie nuociono
Noi, nuovi nostalgici, nuotiamo nelle nostre nostalgie
Noi nocchieri naufgaghiamo nella natura, nelle nuvole
Nuove nebbie nascondono nostro Nadir
Nuove ninfee nascono, nuotano nel nostro nuovo nulla.

Viaviana Graniero
L’ACINO ALL’ASTUTO (LA VOLPE E L’UVA IN A)
Anticamente , animale astuto, acuto, assai ambizioso, accusando assenza alimentare, avanzava affamato. Arrivò ad appezzamento affollato abbondanti, altissimi acini. “Ah! anelato alimento…” allora atleticamente allungò arti, ancora… ancora… Azz! Arduo arrivarci…
“Aspetta” asserì “Assurdo arrendersi, arguzia aiuterà, avrò acini assolutamente!”
Allora, allontanato affaticamento, ancora accennò anomali acrobazie. Accipicchia! Abilità acrobatiche assolutamente assenti…
Alfine, allontanandosi amareggiatamente, affermò ” Assurdo affannarsi alacremente: acini ancora acerbi, assimilarli avvelenerebbe!”
ASSIOMA: Accort’ ambizioso! Assai amaramente affogherai… abbassa ali!

ALBACHIARA (in a… cantabile, ma con qualche licenza metrica… e non solo!).
Aliti adagio allontanando attenzione
addormenti annottando
apri ante all’aurora
accechi alias alba
arzilla alias aria …
Assumi aspetto arrossato, ammirata
assai ammaliante allorché assorta:
avendo ardori, aspirazioni …
Anacronisticamente addosso assente
abito appariscente,
alcuno ad apprezzare,
anche ad ammirare…
Adesso angelicamente attraversi autostrada
addentando alimento, abbecedario
aneli approfondire
ancora accenni ad arrossire (?!) …
Allora affronti ambiente apertamente
assai autenticamente
appare ancora agli amici
anima, auspici …

Kyoto kermesse: Kung-fu? Kendo? kick-boxing? kabuki?????…. karaoke!!!!

Kurosawa Kollossal: “Kimono killer knockout kilt killer!”

Peter Pan (in p… e a modo mio eh! si fa per ridere!!!)
Peter Pan, personaggio prossimo pensione, pensa poter perpetuare perennemente preadolescenza…. (paradigmatico!)
Prende probabilmente pillole (più pericolose prozac!)…
Privo professione, perdigiorno, propina panzane piccole puelle.
Prospetta parecchi portenti: parapendii, posti paradossali, piroghe per pirati, piccoli palazzi posti profondità piante portentose.
Poi puntualmente Peter Pan piazza prontamente piccole pesti perdute, porge pezza per polvere, pasta per pulire pavimenti, pentole per preparare peperonata…
Perciò pronto precetto: Puelle, prudenza! praticate plurimi pretendenti, punite poco pietosamente panzanatori pari Peter Pan!

Paradisiaco Pellegrinaggio (Divina commedia in p)
Poeta, parte per Paradiso, passando prima per paese pienamente peccaminoso, poi per purgatorio. Per pilota, poeta persino più popolare!
Pensionato preistorico piroga per percorso paludoso (pare pipì!), portandolo presso porta peccaminosa. Poster puntualizza previdenza ” Perdete prospettive, penetrando!”
Post parlatoria plurimi peccatori puniti perennemente, poeta prosegue pellegrinaggio per purgatorio. Punizioni passeggere, peccatori presto partiranno per Paradiso, previa preghiere parentado.
Perciò pure poeta prosegue per punto più prominente, popolato persone perfette. Permutato pilota: puella paradisiaca! Poeta prova poderoso palpito petto… pure pube (pesante peccato!)
Puella presenta patriarca perfettissimo “piacere!”, poeta percepisce potenza, proferisce paternoster, prega per prossime pubblicazioni popolari, possibilmente pure per plurime pecunie!

Dora Amendola
Teorizzando tormentosi trasporti, temibili trasferte, trafiggendomi tu taci troncando teneri tempi… talché, trovando tosta terapia, tutti tornano tranne te tediosa tendinite!

Preparare polpettoni pesanti per parenti pedanti potrebbe pregiudicare prossimi pranzi… pertanto propinarli paga!
Pensare producendo parole profonde può parere pleonastico primariamente per persone psicologicamente piccole.
Trote trotterellanti traversano torrenti turchesi tramando truffe taglienti toccanti trattorie tarantine.

Maria Maddalena Fea
Torino-Toronto traversata terrificante: tuoni terribili tartassavano turbìne, tempesta trapanava timpani, tazze tremavano, terrorista tenebroso trasportava teschi, topi transitavano trotterellando. Tacevamo tutti!

Nacque nano nella nuvolosa Norvegia. Nottetempo nuotava nascosto, naufragando nomade nel nonconformismo nichilista. Nutrimenti nocivi: nicotina, narghilè. Nutrimenti non nocivi: noci, nocciole, nespole, nettarine, nasello, nebbiolo. Nefrite nefasta necessitò nosocomio. Noncurante naviga nelle nuvole, non nasconde nudità, niente noia, nostalgia, nel nuovo nirvana.

Nidia Vedana
Aiuto! Accorrete! Affogo! Aiu….
Ammise affranto: assassinai Antonio: amava Anna.
Anni addietro aveva avuto antipatiche allergie agli acari, asma atipico; aveva addirittura assunto ansiolitici anti-age. Assurdo? Assolutamente autentico: accaduto ad Antonio.
Aspettaaaaaaaaaa!!!!Arrivooooooooo!!! Andato. Accipicchia. Avessi accelerato avrebbe aspettato almeno alcuni attimi.

Ah, avessi allora ascoltato avvertimenti! Avrei ampiamente accolto amore. Accidenti!

Astri argentei ammaliano anime addormentate

Avevano aspettato ansiosi. Adesso, alfine, all’alba autunnale aprirono adagio ampie ali azzurro acqua alzandosi accorti, avanzando alti, ammirando Alpi, Appennini, altitudini assai ammalianti, aspirando aria avvolgente, aggiungendo alcune allegre acrobazie. Affrontarono agitati anche attimi angoscianti, abbagli assassini. Avanti, ancora avanti. Altrove, aldila’, attendevano anatre, albatros, allodole, allocchi, animali africani, amici, anche – azzarderei -amori.

Roberto De Pascale e Miyuki Hasegawa
(in caratteri Occidentali)
kyou kara kyouto kayou kyoukai konsaato kaishi, kekkou,
kono kaijou kayoukyoku kiku koto kanpeki.
(in caratteri giapponesi)
今日 から 京都 歌謡 協会 コンサート 開始, 結構, この 会場 歌謡曲 聞く こと 完璧
(Traduzione)
Da oggi iniziano i concerti dell’Associazione di Musica Tradizionale Giapponese di Kyoto, l’acustica di questa sala si puo’ considerare perfetta.

Cinzia Massa
Nipponico Noyori. Nella Napoli negligente, nichilita, negata non nascono Nobel. Nella Napoli narcotizzata, nolente, nomade, neanche. Nebulosa notte. Neapoli numen necesse.

Stefania Bertelli
Per piacere puoi porti, prossimamante, più parco per pretendere parole preziose possibili, per persone perfette, pur povere pecunia (parlo personalmente)…però pronte per parlare, presentare paradossi, proporre pedanti pagine, piene pamphlet. Porgo panegirico pullulante peana, per particolari parti prosodiche per programmi pubblici. Percossa petulanti pensieri, posso perorare perditempo penosi, per produrre premi perenni.
Perdindirindina….

Daniele Riva
Know-how KO: karma kaputt, kleenex…
(sembra un delirio incomprensibile: in realtà è un tizio che si trova con il computer in avaria, “invoca” alcuni santi del paradiso e alla fine, come il grande Troisi, non gli resta che piangere…)

Esulando dal tema prettamente Enakapata e nipponico, ho una versione tautogrammatica della poesia “Alla sera” di Foscolo:
POMERIGGIO PASSATO
Probabilmente perché paragoni
postremo passo, più piacevolmente
plani! Plaudonti prendendo passione,
pecorelle pervenute ponente,
poi più pallide precipitazioni
portanti procella prepotente,
però pregata procedi, padroni
poveri palpiti perdutamente.
Poiché poni pensieri ponderare
passo per prossimo periodo, prendo
perciò perizia precario passare
preoccupazioni procurate; pendo
per pace piana proposta: posare
proposito pugnace preferendo.

Partenopei partirono per paese posto poco ponente. Passarono per paesaggi paradisiaci parlando padre pargolo. Pigramente presero parte performances piacevoli. Poi pubblicarono prosa ponderata.

Bruno Patrì
Ad Aosta andarono alcuni alpini, avevano amato: auree albe, ammalianti ancelle austriache, alte anglosassoni, anonime abbronzate, angeliche andaluse, aborigene australiane, assatanate argentine, acchetate americane, accigliate armene, affezionate amazzoni, accomodanti artigiane, acconsenzienti agrigentine, accreditate ambasciatrici, acide albanesi, acquose anconetane, acrobatiche albine, aggressive astigiane, affezionate arizoniche, addette alla anagrafe, assassine ariane

Lucia Rosas
Tentativi tentando testi, tentai tentatore testi tamburellati , trovare termini, tasti trovati troverò terminando tossendo temendo tonta temeraria

Felicia Moscato
Pietro Paolo Pancio, Pittore Poco Pratico, Promise Pince Paride Per Puro Poco Prezzo
(è la filastrocca delle 13 P che mi insegnò da piccola la buonanima di mio nonno … a  me faceva sempre sorridere … non sarà il massimo, ma nel mio piccolo voglio sorridere di nuovo)

Adriano Parracciani
Enakapata è elemento enzimatico; escogita esercizi ed esorta energie elaborative, esportando educativi ed efficaci enacrostici elegantemente editati

Vincenzo Moretti
Papà, per piacere puoi passare per Perugia per portare presso Padova pacchi postali per portalettere partecipanti prossima partita pallavolo pescivendoli – postini?

I poppisti

enakapata3Di Totonno qualche volta vi ho parlato. Alto, robusto, forzuto, simpatico, atteggiato, ignorante q.b., in un mondo in cui tutti avevano prima un “soprannome” e poi un nome e cognome – Peppe ‘a lenta, Pippone, Gennaro Topolino, don Peppe Testolina, Gigino schifo d’ommo e così via -, a lui era stato affibiato quel “tre palle” che si portava appresso con ostentato orgoglio, come a imperituro acclarato riconoscimento del fatto che quando il gioco si faceva, per così dire, duro, potente come lui non c’era nessuno.
Se fosse stato uno Jedi sarebbe stato il suo lato buono della forza. Quello che gli permetteva di parlare di politica senza capirci niente, tanto lui era rivoluzionario come Cè Gaetano. Quello che quando provavi a dirgli che era Che Guevara, gli  faceva rispondere “e che differenza c’è, conta quello che ha fatto non come si chiama”. Quello che gli aveva  permesso di coniare il termine “poppista” per definire me, Salvatore ‘o beat, Tonino Parola e tutto il resto della band.
Poppista, cioè seguace della musica pop, nella sua Weltanschauung una sorta di poveraccio che perde tempo appresso a Joan Baez, Crosby, Stills, Nash & Young e similari quando ha in casa dei come Mario Merola e Pino Mauro.
A raccontarle tutte ci vorrebbe un libro intero, vi dirò per questo solo della sera in cui  nel bar di don Peppe mi si avvicinò con fare comprensivo, mi mise una mano sulla spalla, mi disse oggi ‘e fatt l’ommo venenno cu chelli ddoje guaglione, pure se erano nu poco brutte. A proposito, ma pecché ‘e poppiste so tutte brutte? Cercai di spiegargli che non erano brutte, che si vestivano da maschio,  che non si truccavano, mi avete sentito voi?, lo stesso lui.
Lo ametto, dovevo capire e non capii, ma a quei tempi si usava. Si usava cosa? La cosa che dissi a Totonno: e poi si proprio ‘o bbuò sapé, ‘e poppiste so belle dentro.
Mi guardò con comprensione. Di più. Preoccupato. Ancora di più. Al punto da non profferire ulteriore parola. Con l’esperienza di oggi ne  avrei approfittato, avrei preso le mie due buste di latte e me ne sarei tornato a casa. Allora invece no.  E gli dissi che d’é, nun parli cchiù? Viciè – mi rispose -, io stavo parlann ‘e femmene e tu me parli ‘e trippa.
Sono passati 40 anni. Ma quando ci penso sento ancora i pugni sul flipper do ricciulillo e la risata con il risucchio di Peppe ‘a lente che a momenti rischiamo di perderlo per sempre. Sono andati avanti per un bel pò a sfottermi: Viciè, è bella dentro, ma ‘a fora nun se pò guardà. E’ la legge del chi sbaglia paga. Non è la peggiore, volendo si impara anche. Le leggi brutte, quelle brutte assai, sarebbero venute dopo. Ma di questo stasera non voglio parlare.

Enacrostico Fuori Concorso

enakapata3Ancora della serie una regola è una regola, in questa pagina gli acrostici arrivati fuori tempo massimo e che quindi non partecipano al concorso.
E se lo immaginassimo come un cantiere sempre aperto? Un ponte verso il gioco prossimo venturo? Voi se vi sovviene un nuovo acrostico  non esitate a inviarlo. A pubblicarlo penseremo noi.

La Musa
Era Necessario Abdicare. Kronos Aveva Provocato Atteggiamenti Troppo Aberranti
Ecco Ninfa Ancella. Kaos A Palazzo. Abbaruffata Tra Abbadesse
Ecatombe Narvali A Kyoto: Accorrete Per Arginare Triste Accadimento
Endecasillabi Nodose. Assortamente Katrina Annotava Perifrastiche Attive Tratteggiandole Accuratamente
Erano Nere Aquile, Kandahar Appariva: Pietrosi Altopiani Tipicamente Afghani.

Dora Amendola
Ecchimosi Nere Ammantano Kevin: Aveva Pericolosamente Affrontato Tornanti Alpini
Eccola Nadia: Assaporando Kebab Ancheggia Per Ankara Tutta Allegra
Essendo Nano, Abdul Kassam Attraversò Pistoia A Testa Alta
Elisa Non Apprezza Koala Australiani, Preferisce Topi Africani
Entrando nell’arena Karim aspettò pazientemente ansimanti tori assassini

Valeria Atteo
E Nessun Altro Kaos Aveva Prima Attanagliato Tanto Amore
Era Nuda Adesso Ke Aveva Provato A Tenerlo Accanto
Era Nervosa Adesso Ke Aveva Perso Altro Tempo Amando

Luca Moretti
Eterne Notti A Kyoto. Amori Passionali Attendono Tenui Albe

Miyuki Hasegawa
In caratteri occidentali
Eien-ni Nanokori Academic-ni Kagaku-wo Aisuru Partner-ga Achikochikara Takusan Atumarutokoro

In caratteri giapponese
永遠に 名が残り アカデミックな 科学を 愛する パートナーが あちこちから たくさん 集まるところ

Traduzione
Consacrando il proprio nome all’immortalità, in questo luogo si riuniscono i colleghi amanti della scienza accademica provenienti da ovunque

Nidia Vedana
Everybody: Never Again! Keep Auschwitz People Alive. Teach Always

Maria Maddalena Fea
Eterna Noia A Kyoto, Avrei Preferito Avere Torbidi Amori

Adele Gagliardi
Enzo Non Aveva Kiesto Aiuto Per Andare Tranquillamente Avanti

Laura Fichera
E, Nell’Antico Kimono, Asconde Prudentemente Audaci Testi Amorosi
E’ Notte Al Kilimangiaro, Aquila Percorre Alta Terra Africana
E’ Nell’Arte Kabuki, Asiatica Poesia, Assoluta Teatrale Armonia
Eucalipto Nutre Acrobatico Koala, Animale Presente Ardente Terra Australiana
E Nell’Ampio Kay-way Alla Pioggia Aiuto Tranquillo Abbiamo
Esistono Nauseanti Assassini Ku-klux-klan Anonimi Putridi Animali Turpemente Arroganti
E Nell’accogliere Kirieleison Alto padre Ascoltaci, Tremebondi Aiutaci
Esiste Nell’Avvolgente Kriss, Asiatico Pugnale, Arte, Tecnica, Armonia

Gerardo Navarra
Ernesto Non Aspettava, KIller Amato, Passionario, Armato, Temerario, Amorevole

Enacrostico Poll

enakapata310  voti
Giuseppe Giordano

9 voti
Deborah Capasso de Angelis

4 voti
Maria Maddalena Fea

3 voti
Cinzia Massa

2 voti
Adriano Parracciani

1 voto

Sabato Aliberti (f.c.), Paola Bonomi, Guglielmo Festa, Valeria Gonzalez, Vincenzo Moretti, Bianca Paganelli, Carmela Talamo

21 partecipanti e 48 acrostici, questo l’esito del gioco Acrostico Enakapata proposto da Adriano Parraciani, ideatore di Sottolineato.
Da adesso e fino a domenica prossima chi ne ha voglia può votare e far votare quello che ritiene più bello. A fianco di ciascuno dei partecipanti ho messo un numero (in ordine di apparizione), si vota indicando il cognome o il numero. :-))))

1. Maria Maddalena Fea
Entrando Nell’Agognata Kermesse Avvicinerò Politici Attempati Torturandoli Appassionatamente

2. Sabato Aliberti
Enzo, Navarra, Anna, Killer Anche Parracciani Acrostici Talentuosi Appostarono
E Non Abbandonare Katia, Altrimenti Perdi Ancora Tanto Amore!
Eccomi Nell’Antica Kioto A Pensare Al Tuo Ardore
Enzo Non Amò Kiara, Anzi Partì Amareggiato, Tanto Angustiato!

3. Deborah Capasso de Angelis
Eccoli Numeri Ambiziosi Ke Arrivano Prevedibili A Travestire Armonie
Everybody Needs A Key A Particular Access To Authenticity
Emotiva Narrazione Ambiziosa Keyworld Argute Parole Accarezzano Turbolenti Anime

4. Adriano Parracciani
Enakapata: Napoletani A Kyoto; Anzi, Prima A Tokyo Andarono
Ehi, Non Abbiamo Killer Abbastanza Pratici A Terminare Adriano
E’ Napoletanità Amara, Kafkianamente Angosciata, Pur Amandola Tanto, Ancora
Enakapata: Nipponico Amore. Karaoke A Parte, Anche Totò Andrebbe
Enakapata: Napoletani Allontanatesi Kilometri A Palate, A Tokyo Arrivarono

5. Irene Gonzalez
Estri Nascenti Accolsero Kimoni Antichi Proponendo Altrove Tempi Ascolti

6. Anna
Ecco, Nemmeno Avessi Kapito A Proposito Ancora Tutto, Amore.

7. Giuseppe Giordano
Esile Nobile Ardente Karma Anela Pacato Auspicio: Tanto Amore
Era Nuova Attesa: “Kaira Ama Pino?” Attesa Tanto Amara
E(N) = Ak ∪ Ap →A  T(A)
Sia E l’insieme degli Eventi a cui partecipano gli attori di una rete (es.: post in un forum)
Sia N il numero dei nodi (attori della rete)
Allora: l’insieme delle relazioni che uniscono gli N attori  attraverso gli Eventi: E(N) è descritta dall’Unione della matrice di affiliazione A dei primi k nodi e la matrice di Affiliazione dei p restanti nodi,  (dove N=k+p) e dalla loro unione si definisce la matrice di affiiazione completa A che, moltiplicata per la sua trasposta, T(A) definisce la matrice di adiacenza delle rete completa degli N nodi in ENAKAPATA: E(N) = Ak ∪ Ap → A  T(A)

8. Guglielmo Festa
Entrai Nell’ Amata Kabul A Portare Amore Tranquillità Ascolto

9. Lucia Rosas
Egli Non Aveva Kapito Astioso Provava Ancora Tanta Amarezza
Erano Nuovi Auspici Ke Aprivano Porte Animando Tanti Ardori
Ecco Non Arrivano Ke Appelli Per Averti Trovato Amore
E’ Nobile Anima (di) Klee Aleggia Parlando Ancheggiando Tortuosi Arabeschi
E’ Notevole Avversario Kasparov Annuii Pensando Tormentati Arrocchi
E’ Nell’Antico Kalahari Amico Poeta Ancora Tutta Acerba
Elementi Naturali Artistici Kahlo Artista Pazza Annunciò Turbinosi Auspici
Esaurita Narrazione A Kiamata Ancora Provo Affondo Toccata Ammirata

10. Valeria Gonzalez
Ensemble, N’ Accepte K’ Amour Passionné, Autrement Trouvé Ailleur

11. Riccardo Moretti
E’ N’Avventura Ke Aiuta Per Attraversare Momenti Amari
Essendo Napoli Andata Ko Aiutarla Puoi Amarla Tanto Anche (con Vincenzo Moretti)

12. Vincenzo Moretti
Entrando Nell’Antica Kyoto Ascoltò, Poi Aspettò, Trovando Amore
E Nun Alluccà Kabuki. A Piazzetta Augusteo Teatro Abbasta

13. Gerardo Navarra
Eva Non l’Afferrò, Kostrinse Adamo Promettendogli Amore: Tentazione Amara!

14. Paola Bonomi
Eccoti  Notte  Avvincente. Kimoni Aperti Protesi Al Tramonto
E’ Notte Ancora. Kimono Avvolgimi e Proiettami Al Teatro Astrale

15. Daniele Riva
È Necessario A Kyoto Andare Per Apprezzare Terra Amata

16. Carmela Talamo
Empatica Narrazione Affascinante Ke Accorpa Parenti Amici Transitati Affettuosamente

17. Bianca Paganelli
Estasiato Nell’Azione Kamikaze Ambisci Paradisi Ammazzando Tante Anime?

18. Stefania Bertelli
Eziandio Noi Abbiamo Kant A Parlare Ai Tanti Amici
Essendo Nato A Kyoto Attende Pazientemente Altri Turisti Aerotrasportati
Eppur Nostro Amato Kolbe Aveva Pensieri Tutti Apostati
Eccoci: Noi Anime Kiare Avanti Possenti Autori Tesoro Ameno
Eccolo Nuovo Attore Keynesiano Americano Presidente Avventurarsi Terreno Ascoso
Effettivamente Noi Arranchiamo Koala Animali Protetti Avanziamo (pian pianino
ascendendo) Torre Avita

19. Cinzia Massa
E’ Necessario Avere Karma Attraente Per Allacciare Tante Amicizie

20. Concetta Tigano
Entra Nell’Anima Klimt Audace Pittore Austriaco Tanto Amato!!!

21. Alessandro Trovato
E Noi Audaci Klingon Andiamo Protervi Alla Terra Amata

‘O primmo estratto

Il babà da Augustus? Preso. I libri alla Feltrinelli? Pure. Resta la cumana, destinazione Bacoli, dove oggi ci vengono a trovare due cari amici. La notizia buona? La cumana è puntuale. Dite che non dovrebbe essere una notizia? Ma dove credete di essere, in Giappone?
Entro nella cumana, poso babà e libri, prendo ‘O principe piccerillo, la traduzione in lingua napoletana di Roberto D’Ajello del capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry, essa stessa un capolavoro, quando mi si avvicina un giovanotto in arancione, sandali ai piedi, con i libri di Krishna. Sorrido. Sorride. Mi propone un testo. Gli dico che Cinzia l’ha comprato già. Non mi dice chi è Cinzia, mi chiede un piccolo contributo. Sorrido. Sorride. Gli do due euro. Per me sono tanti. Ma ho simpatia per i seguaci di Krishna. Di più. Mi ricordano i tempi del Gruppo Alternativo Incazzati di Secondigliano e il cantio corale di “Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare”.
Mi rimetto le cuffie, comincio a leggere, neanche un minuto, entra un signore con la fisarmonica e comincia a suonare a mezzo metro da me. Mi tolgo le cuffie, Asle Rose e lui assieme non vanno. La prende come una manifestazione di interesse. Gli faccio segno di no con la testa. Se ne va deluso.
Mi rimetto le cuffie, ricomincio a leggere, altro uomo in fisarmonica più bambina con tamburello. La ragazzina avrà dieci anni, forse ci è nata sulla cumana, ha il pregio di sorridere sempre, un sorriso vero, nonostante il raccolto sempre troppo magro. La guardo, sorrido, faccio no con la testa.
Riprendo a leggere, stavolta passano tre pagine prima che con la coda dell’occhio mi accorgo del babà che si sposta. E’ il quarto, l’uomo con i bigliettini, un giro e li appoggia senza una parola sul sedile, un altro giro e li riprende. Lo guardo, gli sorrido, ma il mio budget giornaliero per la sezione “facite ‘a carità, rifrisco all’anema de muort vuost” è stato abbondantemente superato.
Mi dico Vicié, forse i due euro li hai dati a chi ne aveva meno bisogno. Mi rispondo  Vicié, mò non solo hai speso due euro ma ti vuoi far venire anche i sensi di colpa? Oggi è sabato. Hai puntato tutto sul primo estratto. E sulla corsa delle 9.40 è uscito Krishna. La cumana è arrivata a Lucrino. Scendo. Ma se pò campà accussì?

Orrait

E ’nguaiato tutta ’a grammatica: la condanna era definitiva, la colpa il non avere fatto una cosa come diceva lui. La possibilità di farla come l’avrebbe fatta lui? Semplicemente non era prevista. Un pò perché nel fare le cose lui era davvero come l’amico della porta accanto di Massimo Troisi, un mostro, nel senso che era un “mastro” in tutto o quasi. Un pò perché anche se una cosa la facevi benissimo lui ci trovava sempre un difetto, la sbavatura che si poteva evitare, il particolare che si poteva curare meglio.
Lo vogliamo dire? E diciamolo. Quando faceva così non ce la facevi a sopportarlo. Di più. Ti levava la salute di dosso. Ancora di più. Era comme ’a morte ’ncoppa ’a noce do cuollo.
Vi state chiedendo se tutto questo ha inciso su di me?  E perché mai avrebbe dovuto? Io non ho mai saputo fare niente di pratico. E soprattutto non ho mai voluto imparare a fare niente di pratico. Il saper fare comporta aspettative. Genitori, mogli, figli, sorelle, fratelli che si aspettano che tu aggiusti cose che loro non sanno aggiustare. E ti criticano fino alla ferocia se non lo aggiusti nel modo in cui loro ritengono vada fatto. Manco ai cani. Certo ho rischiato. Come quella volta che ho fatto venire mio fratello Gaetano da Secondgliano al Vomero, roba da due ore e mezzo anche tre di traffico tra andata e ritorno più la “mission impossible” finale, trovare un posto dove parcheggiare a via Palizzi, più un paio d’ore buone con pinze, cercafase, cacciaviti, prima di accorgersi che la lampadina sul comodino che non riuscivo ad accendere da due mesi era semplicemente svitata.
Dite che doveva accorgersene subito? E perché? Gaetano è un uomo razionale. Pensa che qualunque persona normale prima di mettere in moto un meccanismo infernale controlla se la lampadina è svitata o è fulminata.
Dite che così facendo riconosco di non essere normale? Potrei rispondere “e chi lo è?”. Preferisco definirmi un sincero keynesiano.
Non funziona lo scaldino? Chiama l’idraulico e fai circolare la vil moneta. La moneta non è disponibile? Chiama un parente o un amico. L’amico non ce l’hai? Ti rimane l’opzione “impresario di Shakespeare in love”: Si risolve, come?, non lo so, è un mistero!
Dite che sono una persona impossibile? Lui lo era più di me. Eppure è stato molto amato, dalla famiglia, dagli amici, dai colleghi di lavoro, dai conoscenti. Sapete che anche io mi arrangio? Deve essere una questione di simpatia. Come faceva quella canzone che a lui piaceva tanto? Orrait, i song veri nais, che ci posso fà.

Assunta Malafronte e Gerardo Navarra

Il commento di Assunta è dall’undici ottobre duemilanove che è rimasto lì dove  lo ha postato lei, in calce alla pagina di Enakapata100. Nessuna censura, of course. Ma non me la sono sentita di portarla in prima  pagina. Troppi complimenti. Solo per me. Più la sindrome del political correct. Più il fatto che Assunta è una “mia” ex studentessa.
Oggi è arrivato il commento di Gerardo, “mio” ex studente, in calce alla pagina Citazione. L’ho letto. Ho sorriso. Mi sono ricordato del commento di Assunta. Mi sono detto Vincenzo a volte sei esagerato. Di più. Insopportabile. Rilassati. E che sarà mai. Facciamo che l’entusiasmo degli ex studenti bisogna tararlo del 50%. Di più? Del 75%. Ancora di più? Del 90%. Resta il fatto che anche se la loro laurea se la sono già presa continuano ad avere affetto per te. Come Antonio. E Antonio. E Antonio. E Vincenzo. E Roberta. E tanti altri.
E allora sapete che faccio? Assunta e Gerardo ve li propongo qui chiatti chiatti. Nel senso metà fisico, s’intende. Buona lettura.

Assunta Malafronte
“Ogni libro ha un’anima. L’anima di chi scrive e quella del lettore”.
Nel mio percorso di studio ho avuto modo di conoscere molti prof. ma solo pochi ricordo ancora con affetto. Moretti è uno di loro. Uno di quei pochi. E’ una persona che ha una straordinaria capacità: riesce ad insegnarti le cose senza farti sentire il “peso” di essere uno studente. Ti trasmette cose che vanno al di là dello studio. Ecco, il suo libro è proprio così. Non è solo il frutto di una ricerca, ma è un racconto di vita, di una grande città, di personaggi, di incontri, di amori, di aspettative, di ricordi. Questa è l’anima che ho sentito scorrere nelle pagine di quel libro. Un mega “in bocca al lupo” al mio magnifico prof.!!!

Gerardo Navarra
ENAKAPATA è realmente na ‘CAPATA, nei pensieri, perchè fa riflettere e non poco.
ENAKAPATA: è il vecchio e il mare?…NO
ENAKAPATA: è il “vecchio” e il giovane, il vulcano che brontola e la pianura fertile, il capocomico e la “spalla” che lo rende tale, l’arzigogolo e la sobrietà.
L’ho letto divertendomi, poi, mi sono reso conto che mi ha fatto riflettere in modo serio. Tante verità. Anche tristi. Non a caso, Luca scrive: “La saggezza popolare recita che partire è un po morire. Forse talvolta è vero il contrario.”
ENAKAPATA inizia con un parallelismo, padre-figlio e finisce con un’amalgma, una fusione oserei dire tenera, sempre padre-figlio.
ENACAPATA: è analisi empirica, che scaturisce da un viaggio, reale, bello, suggestivo, didattico, viaggio fatto per lavoro e per piacere, e proprio per questo che dietro un sorriso spesso spunta una riflessione arguta e seria.