A Natale regala Enakapata. E’ un libro, e tra una papaccella e un pezzo di baccalà un pò di cultura non guasta. Costa poco, e con la crisi che c’è qualche risparmio da investire in Bot (ti) fa solo piacere. E’ bello, come disse la mamma guardando lo scarrafone suo. Leggerlo Enakapata. Regalarlo nù capatone.
Queste le quattro righe quattro con le quali da qualche giorno ho lanciato Natale Enakapata, ‘a Befana nù capatone, la campagna natalizia per quelli che hanno già letto Enakapata e per quelli che invece no.
In queste ultime settimane mi sono chiesto spesso se non sia ora di smetterla di fare viaggi, di spendere tempo e soldi, di dare fastidio ai miei amici su Facebook, per promuovere Enakapata. Perché non lo faccio? Perché per ora mi piace più di quanto mi stanchi, anche se mi stanca molto. Perché una ragione ci deve essere se più della metà delle persone che vengono alle presentazioni comprano il libro. E perché spero che un giorno o l’altro il passaparola l’abbia vinta sui distributori che non lo pubblicizzano e sui librai che non lo ordinano.
La morale della storia? Fino a quando ce la faccio, vado avanti, nonostante Luca che quando non lavorava non mi aiutava senza sensi di colpa (per fortuna li ho io quelli di tutta la band) e adesso che lavora non mi aiuta e basta.
Su Flickr troverete perciò le nuove foto (e le vecchie di Noyori, Tonomura, Nori e Carninci nello stesso album). Su Scomunicando il resoconto della presentazione a Brolo. Per le prossime news, incluse quelle relative alla traduzione del libro in giapponese, bisogna aspettare ancor un pò. Speriamo.
Archivi tag: Noyori
Noyori says
Domani c’è un eurostar (senza av, che da Napoli in giù non si usa) che parte alle 8.42 destinazione Villa San Giovanni, poi traghetto per Messina e poi in auto a Brolo assieme al mio amico Teodoro Lamonica. A Brolo rivedrò tra gli altri Max Scaffidi, l’uomo che mille ne pensa e diecimila ne fa e che assieme a Teodoro ha organizzato tutta la faccenda presentazione di Enakapata.
Tra i miei impegni del giorno segnalo l’invio a Rassegna di un articolo di presentazione di Accadde in autunno, iniziativa della Fondazione Di Vittorio e del Sindacato Pensionati della CGIL , l’aggiornamento dei contenuti di Immaginazione Poteri Diritti, il corso con gli studenti del Margherita Di Savoia, la sosta alla Feltrinelli per ritirare i libri da portare domani alla presentazione perché in Sicilia non se ne trovavano a sufficienza. Non mi piace ma funziona così, se non hai scritto il Codice Da Vinci o giù di lì con la distribuzione è dura, molto dura. Che fare? Io, l’autore – facchino. Voi, rompere i cabasisi al vostro libraio fino a quando non ordina il libro.
Tra una cosa e l’altra ho cercato naturalmente anche di pensare a cosa raccontare domani, quando via Google Alert mi è arrivata la seguente news: i premi Nobel Leo Esaki (physics, 1973), Susumu Tonegawa (medicine, 1987), Ryoji Noyori (chemistry, 2001), Makoto Kobayashi and Toshihide Maskawa (physics, 2008) (da sinistra nella foto) hanno incontrato i giornalisti per protestare contro i tagli del governo alla ricerca.
Cosa hanno detto? “It is essential to establish Japan as a nation driven by the creativity of science and technology, to constantly gather talented individuals to the scientific world and to steadily continue to accumulate knowledge“. In particolare Noyori, che ho avuto il piacere di conoscere ed intervistare durante il mio soggiorno a Tokyo ha sottolineato senza giri di parole che “We need more money, not less”.
Cosa ha fatto il Primo Ministro Yukio Hatoyama? Ha deciso di incontrarli per ascoltare la loro opinione. Uguale a ciò che accade da noi. Mi piacerebbe parlarne domani a Brolo.
Uno di due
Ebbene si, si ricomincia.
Il prossimo appuntamento è per il 7 novembre a Capo Miseno, dove la presentazione del libro sarà il pretesto per ragionare di università, di ricerca scientifica, di innovazione, magari con qualche raffronto tra Giappone e Italia.
Il 25 novembre sarà invece la volta di Caserta, dove invece il tema scelto dagli organizzatori è lo scambio culturale tra le generazioni.
Ecco, tra le cose che continuano a piacermi di tutta questa storia ci sono sicuramente le diverse angolazioni con le quali si può leggere Enakapata. La scienza. Il rapporto tra padre e figlio. Secondigliano e Tokyo. L’umanità di magliari e Nobel Prize.
La cosa che mi piacerà di meno sarà ritrovarmi a discutere senza Moretti il giovane. Se siete frequentatori abituali già sapete che da qualche setimana ha un lavoro. E se non lo siete non perdetevi d’animo, appena un pò di scrolling e avrete modo di sapere tutto ma proprio tutto su questa grande novità.
Lo so che ci voleva. Il titolo del post l’ho scritto io, non voi. Ma se e quando accadrà mi mancherà tantissimo. Enakapata è il nostro viaggio. In ogni caso vi farò sapere. Promesso.
p. s.
Prima che me lo chiedete voi, ve lo dico io. I turni di Moretti il giovane lo impegnano 6 giorni a settimana, cosicché incastrare la sua agenda con la mia e con quelle di coloro che organizzano le presentazioni è un’impresa titanica. Senza bisogno di dircelo abbiamo deciso di dare priorità al libro, e ogni volta che abbiamo una data si va comunque. Naturalmente lui conta sul fatto che tanto sono io quello che sta sempre in mezzo. Vorrei sfatare questo mito. C’è qualcuno che mi aiuta? Io sono certo che Moretti il giovane da solo se la caverebbe benissimo. E voi?
Sarzana, tre anni dopo
Sono passati 3 anni, ma voi questo lo sapete già. Ma nonostante i problemi, le difficoltà, la crisi, la banda Apai non ha rinunciato al suo evento, ma di questo potrete leggere domani su Nòva 100.
Quello che ci piace raccontarvi adesso è che a Sarzana, nell’ambito di Tecknos Duepuntozero ci saremo anche io e Luca, e naturalmente Enakapata e Tokyo e la serendipity e Secondigliano e il ramen e ancora tante altre delle cose che abbiamo fatto e visto in Giappone.
Ma Enakapata a Sarzana non sarà solo un viaggio verso ciò che è già stato. Non solo perché con Andrea Lagomarsini, Laura Marchini, Marco Marchi e company non è possibile guardare solo al passato. Ma perché Tecknos è davvero un evento serendipitoso, che favorisce naturalmente e piacevolmente l’incontro di menti preparate capaci di cogliere il dato anomalo, imprevisto e startegico e dunque in grado di realizzare connesioni e creare valore per genio e per caso.
Non ci credete? Seguiteci e vedrete.
Gaetano
Lo vogliamo dire? E diciamolo. Noi ci siamo piaciuti. E non sempre accade. Telefonate e messaggi sms lo hanno “soltanto” confermato.
Non ci credete? Ascoltate il podcast su RAI Radio 3. E se poi vi piace giurate che lo fate girare. Come disse Zia Concetta a mio nipote Davide (lei si riferiva ai Moretti) fatelo crescere e moltiplicare.
Ciò detto, la porzione Enakapata del mio cervello è già proiettata sulla prossima tappa del viaggio, quella che il 17 settembre ci porterà a la Feltrinelli Libri e Musica di Palermo.
Anzi no. Rewind. C’è tempo per parlare di Palermo. Oggi il post di Enakapata è dedicato a Gaetano. Il terzo dei miei fratelloni. Che sta attraversando un momento di quelli tosti davvero. E che ieri ha chiuso il suo messaggio a me e Luca con un “sono contento e fiero di voi” che mi ha commosso. Dite che è la vecchiaia che avanza? Dite pure. Per una volta non me ne importa niente.
All we hear is Fahrenheit
Lo confesso. Il titolo non è solo un omaggio al genio dei Queen e alla mitica Radio Ga Ga, ma anche il pretesto per ricordarvi che domani 31 agosto, dalle 17.00 alle 17.30, si parla di Enakapata a Fahrenheit, sulle frequenze Rai Radio 3, nel corso del programma condotto da Tommaso Giartosio.
Sperando che siate davvero in tanti a sintonizzarvi vi ricordo che potete interagire inviando:
una mail all’indirizzo fahre@rai.it
un SMS al numero 3355634296
un commento a I vostri favoriti
Buona partecipazione.
Zio Peppino
[…] Luca un po’ si diverte e un po’ fa la faccia modello «pà, questa già l’hai raccontata 1387 volte». Comincio a parlare di zio Peppino, fratello di mamma, operaio alla Richard Ginori, naturalmente comunista, grande appassionato di musica lirica, di parole crociate e di Totò.
Sia chiaro. Quando dico grande appassionato voglio dire grande appassionato. Nel senso che alla terza nota era in grado di dirti di quale opera si trattava, chi aveva scritto il libretto, in che anno era stata musicata, dove era stata rappresentata la prima volta, quali erano stati gli interpreti maggiori; nel senso che partecipava e non di rado vinceva ai concorsi de «La Settimana Enigmistica»; nel senso che poteva ripetere pressoché a memoria le scene principali di tutti i film di Totò. Roba da Lascia o Raddoppia, per intenderci.
Zio Peppino non si era mai sposato e già questa, in famiglie come la nostra, in anni nei quali «essersi sistemato» equivaleva a dire aver trovato un lavoro e aver messo su una famiglia, era una stranezza. Ma la cosa ancora più strana era che proprio lui, il comunista eccetera eccetera, si era arruolato volontario. Come gli era venuto in mente? Cosa c’entrava lui con la guerra d’Etiopia? Io e i miei fratelli a zio Peppino abbiamo voluto come si dice un bene dell’anima, ma la confidenza per domandargli perché, quella no, non l’abbiamo mai avuta. Così quando zio Peppino approda al Pantheon degli uomini semplici la domanda se ne va con lui. Almeno così ho pensato per circa vent’anni. Fino a che una mia cugina, non ricordo se in occasione di un battesimo, un matrimonio o un funerale, non dice che le sorelle di casa Picano, sei in tutto, proprio come quelle della gatta Cenerentola, si sono potute sposare solo grazie a zio Peppino.
In che senso? – le chiedo. Nel senso che i nostri nonni erano talmente poveri che le figlie, nonostante fossero tra le più belle del paese, non avendo nulla che potesse anche lontanamente assomigliare a un corredo o a una dote, non si maritavano.
Fu così che zio Peppino partì per l’Africa e con i soldi guadagnati fece il corredo alle sei sorelle. Ora non sosterrò che Luca si è commosso, lui che quando gli ho detto che se mi succede qualcosa gli toccherà prendersi cura di me mi ha risposto «già il verbo è sbagliato, quello giusto non è curare, ma terminare», ma sono certo che la storia gli è piaciuta. In fondo fa lo sprucido per darsi un tono. Anche se in effetti la cosa gli riesce molto bene. […]
Serendipity Lab
Chi non ha letto il libro e se lo ricorda (anche chi lo ha letto?) lanci pure la prima mail, ma il serendipity travel di Enakapata non comincia domenica 2 marzo 2009, giorno della nostra partenza per Tokyo, destinazione Riken, ma venerdì 25 ottobre 2005, quando su La Stampa.it pubblico l’articolo che parla di Piero Carninci e delle sue scoperte.
Da lì in poi è stato tutto un susseguirsi di eventi serendipitosi, a partire da quelli che portano me e Cinzia Massa ad intervistare Piero per il numero di Gennaio Febbraio 2006 di Technology Review.
La cosa bella (almeno dal mio punto di vista), è che il viaggio continua. Naturalmente attraverso questo blog. Poi ancora sul terreno delle idee, com epotete leggere ad esempio su Nòva Review. Da qualche giorno con un vero e proprio Serendipity Lab, che speriamo da settembre, anche con il vostro aiuto, di far diventare un luogo dove confrontare idee e progetti nati per genio e per caso, grazie al talento e all’organizzazione.
In attesa di più connessioni ed interazioni più fresche e riposate, buona lettura.
Why Riken è ‘na capata
Ancora sul mondo Riken i link relativi agli ultimi articolati segnalati su Business Exchange. Con l’avvertenza di non perdere di vista il fatto semplice ma non banale che i risultati che da quelle parti si ottengono sono il prodotto di una ottima organizzazione, di sistemi di valutazione efficaci, di politiche di costante valorizzazione del talento e del merito.
Aggiunto che se volete saperne di più sul modello organizzativo Riken potete cliccare qui, eccovi i link promessi:
Sense of Attraction
A timid knockout mouse separates conflicting emotional behavior for the first time
How the turtle’s shell developed
Buona lettura.
Ciuccio ’e fuoco
Me lo disse papà che ero ancora bambino. La chiamavano «Ciuccio ’e fuoco» per quella sua innata tendenza ad attaccar briga, per quel suo carattere ribelle, per quello che una donna poteva ribellarsi ai suoi tempi. Io però la ricordo soprattutto per il suo affetto. Per l’uovo di papera a zabaione con “una” goccia di marsala che mi preparava quando passavo per casa sua prima di andare a scuola alla Masseria Cardone, (sarà stato l’uovo, lo zucchero o il marsala a “gocce”, ma i miei professori delle medie si sono ricordati per un pezzo della mia, chiamiamola così, “vivacità”). O per la visita del 5 aprile, giorno di san Vincenzo, quando affrontava un viaggio a piedi di quasi 3 km, lei sempre più anziana e claudicante, io sempre più vicino al traguardo dei 18 anni, per portarmi in regalo un pacco di biscotti, perché il “Santo va rispettato” e perché, come quasi tutti i miei coetanei primogeniti, portavo il nome del nonno.
Era famosa anche per i suoi modi di dire, quelli ufficiali, come «’e sfuttute vann ’mParavìso», e quelli fatti in casa, come «’e figlie quanno se fanno gross addeventano parient laschi» o, rivolto a Davide, figlio di mio fratello Gaetano, che non vedeva da tempo «ah, tu sì nù Moretti, bravo, crescete e moltiplicatevi».
Un esempio puro di comicità il «Pascà, mò è murì solo tu» con il quale abbracciò piangendo mio padre il giorno della morte dell’amata sorella Maria, che le valse il gesto prosaicamente scaramantico di papà e il secondo e definitivo soprannome di «Highlander» (ne resterà una sola). Per non parlare delle visite domenicali al cimitero con regolare sediolina pieghevole nel corso delle quali prendeva in giro fino all’irrisione e oltre il marito morto che l’aveva tormentata per una vita intera.
Lei era fatta così. Prendere o lasciare. C’è che nella mia vita è stata una persona importante. E mi piace ricordarla qui.
p.s.
Se avete letto il libro lo sapete già, lei è, era, Zia Concetta.
Riken World
Chi ha già letto Enakapata lo sa. Tutti gli altri lo sapranno. Il Riken è lo straordinario istituto di ricerca giapponese dove nel marzo 2008 ho cercato di scoprire la pillola rossa in grado di avvicinarmi a quel mondo di meraviglie scientifiche e tecnologiche, di farmi scoprire quanto è profonda la tana dell’innovazione, della buona scienza, del talento. Se vi interessa saperne di più intorno ai risultati del mio lavoro di ricerca potete cliccare qui e scaricare il .pdf, in italiano e in inglese, del rapporto di ricerca. Su Riken Research trovate invece highlight, podcast, frontline. E se non ancora non vi basta cliccate su http://bx.businessweek.com/riken/. Se questioni come la serendipity, il merito, i processi di competizione collaborazione, il rapporto tra talento e organizzazione sono entrate anche una sola volta nelle vostre vite non mancate di farci un salto. Sono convinto che non ve ne pentirete.
Ruggiero, Cati, Stazi, De Luca
Antonio Jr Ruggiero: Cartoni animati cruenti, pesce crudo da mangiare e il Karate di Bruce Lee (che, tra l’altro, era di origini cinesi): gli stereotipi nostrani sulla terra del sol levante sono più o meno questi; come accade da altre latitudini, quando, pensando a noi italiani, parlano di pizza, spaghetti e mafia e la cosa non ci fa tanto piacere. Il libro “Enakapata – da Secondigliano a Tokio”, scritto a quattro mani dagli autori partenopei Vincenzo e Luca Moretti, racchiude in sé tanti significati, tra questi, anche l’intento di approfondire nel migliore dei modi la conoscenza di una cultura tanto lontana e tanto etichettata dagli occidentali. […]
Leggi su Futura l’intero articolo di Antonio Jr Ruggiero
Sergio Cati: Enakapata è un libro che si legge con grande piacevolezza e che mi ha ricordato i miei viaggi a Osaka.
Danilo Stazi: Caro Enzo, sono in aereo, riparto per l’India mentre leggo, interessato e onorato, il vostro libro. Ci sentiamo presto.
Valentina De Luca: Ho letto il vostro libro che mi sembra vi somigli molto: è serio e divertente, fuori dalle righe. Soprattutto interessante la capacità di mettersi a nudo, cosa che nessuno fa più, terrorizzati come siamo dalla possibilità di scoprire il fianco.
Don Peppe detto Testolina
Io speriamo che me la cavo: è stato l’ultimo esorcismo lanciato via Facebook poco prima della partenza per Torino.
Volete sapere come è andata? Venerdì notte le mie 5 ore le ho dormite benissimo. Il che significa che sono andato a letto contento. In pace. Soddisfatto. Sabato mattina sono rimasto sveglio a letto dalle 5.30 alle 7.20 senza battere ciglio. (Quasi) immobile. Per non svegliare Luca. Il che significa che mi sono svegliato contento. In pace. Soddisfatto. E mentre scrivo in questa declinante domenica di afa e silenzio (il silenzio esiste anche a Napoli, a patto naturalmente di abitare sulle scale) sono contento. In pace. Soddisfatto.
Tutte queste storie per dire che è andato tutto bene, che è venuta un sacco di gente, che si sono vendute tante copie del libro? Niente affatto.
C’erano poco più di 10 persone. Si sono vendute una copia di certo e un’altra forse. Non abbiamo fatto i video. La card memory nuova di zecca si è rivelata difettosa e abbiamo perso tutte le foto a parte le 6-7 (erano sulla card in dotazione con la macchina fotografica) che potete vedere cliccando su Flickr. Mi chiedo se non sia stata la forza del destino. Se non sia stata un’intrepida vendetta. Quarantanni dopo le scorribande torinesi di don Peppe detto Testolina, lui che era capace di raccogliere un sasso da Piazza Vittorio e rivenderlo come Pietra del Vesuvio, un’audace tabaccaio torinese rifila un pacco a chi ha osato raccontare in un libro le beffe perpretate a loro danno. Ma torniamo al punto. Luca ha fatto un numero dei suoi perchè davanti ad un negozio di cappelli ho osato dire che ne avrei volentieri comprato uno (chi ha letto il libro lo sa, quando vuole riesce ad essere odioso, nel caso specifico con argomenti tipo “è assurdo anche solo pensare di spendere 130-150 euro per comprare un cappello quando poi non risolvi niente, non avrai mai fascino, non ti può abbellire, non ti sta bene, ecc.”). L’aereo del ritorno ha fatto 2 ore di ritardo. E a Capodichino abbiamo perso l’autobus per mezzo minuto (accade anche a Napoli che partono in orario; quando tu sei in ritardo).
Ma allora sei scemo, direte voi. Come si dice a Napoli dove la “appoggi” questa tua contentezza e soddisfazione? Come fai a essere in pace con te stesso?
Questione di relazioni. Di rapporti umani. Di connessioni. Che sono la cosa più importante per esseri come noi.
Proprio così. La presentazione di Enakapata a Torino è stata una straordinaria occasione di sensemaking. Grazie innanzitutto ad Anna Masera, Alessia Cerantola e Giorgio Fontana. Ma per questo ci vuole un post a parte.
Bologna, 23 Aprile 2009
Come molte delle cose che mi accadono anche questa comincia un pò per genio e molto per caso.
Nel corso dell’ultimo anno Sergio l’ho incrociato più volte e sulle “principali” l’ho trovato tranquillo, per certi versi persino rilassato. Forse Bologna la rossa e fetale non lo ha amato come merita. Forse è stato lui che non ha saputo farsi amare di più. Ma in fondo io devo soltanto chiedergli se gli va di presentare il libro.
Ne parlo con Angelo Lana. Mi dice che l’idea non gli dispiace. Mi dico che è difficile che mi ricapiti la fortuna di un editore così. Chiedo il numero alla mitica Magda. Chiamo. Gli dico che ho scritto assieme a mio figlio Luca un libro che racocnta la nostra esperienza in Giappone. Gli chiedo se ha voglia e tempo di presentarlo. Mi dice subito si. Aggiunge che le Librerie Coop gli sembrano il posto giusto.
Metto in moto la macchina. Fila tutto liscio. Fino ad una settimana prima della presentazione. Quando mi viene in mente che lui è il Sindaco di Bologna. Che per quanto il libro sia bello io e Luca a Bologna non siamo certo delle celebrità. Che se non viene nessuno alla presentazione faccio una pessima figura.
Scatta il Piano Plus. Coinvolgere mio fratello Antonio, che a Bologna vive da più di 30 anni. Torturare la mia amica Roberta Della Sala, che a Bologna ci è arrivata da un anno per la laurea magistrale dopo la laurea triennale a Salerno. Chiedere aiuto a tutti gli amici reali e virtuali che in qualche modo hanno o hanno avuto a che fare con Bologna. Una per tutti. Cristina Zagaria. Che prima di approdare a la Repubblica Napoli ha lavorato alla redazione di Bologna. Per aiutarmi invia mail e mette annunci su Facebook. Mi sembra incredibile e invece è vero.
Nel treno verso Bologna continuo a ripetermi che funzionerà, ma il fatto che me lo ripeta non serve certo a tranquillizzarmi. Sento Cinzia. Lei e Luca sono già in albergo. Li raggiungiamo. Mettiamo via i bagagli. Andiamo a fare un giro in centro. Incontro Roberta. Poi Alessandro Pecoraro di Oltregomorra, con il quale conto come Fondazione Di Vittorio di organizzare una serie di iniziative sul tema legalità, lavoro, diritti. Parliamo di un sacco di cose. Ma io penso sempre alla stessa cosa.
Piove. Facciamo un giro. Non piove. Ancora un giro. Piove ancora. Meglio andare in libreria.
Non c’è ancora nessuno per la presentazione, ma manca ancora mezzora. Cinzia e Roberta chiacchierano. Io vado avanti e indietro come un carcerato.
Mi maledico e poi mi maledico ancora. Mi ripeto che le presentazioni dei libri le devono fare gli scrittori veri, quelli che loro arrivano, fanno i tipi “sostenuti”, firmano autografi, trovano tutti là che pendono dalle loro labbra, non come me che a momenti devo preparare anche il tavolino con le sedie mentre Luca già da 3 giorni mi ha comunicato che lui quello che poteva fare l’ha fatto e non ha nessuna intenzione di farsi trascinare in questa overdose di ansia da presentazione. Giuro che mi ha detto più o meno così. Giuro che se fosse davvero possibile odiare i propri figli queste sarebbero le occasioni nelle quali ci riuscirei alla grande.
Esco. Ritorno. Riesco. Ritorno. Lo facico ancora. Miracolo. Lo spazio che ci è stato assegnato è pieno di sedie e di persone. Merito di Roberta e di Antonio. Merito di Sergio. Merito della libreria. Non importa.
La discussione fugge via piacevolissima. Il Sindaco che non fa il sindaco ma il curioso, l’amico, il lettore, l’intervistatore. L’abbraccio affettuoso con Carmine Rubino e Gennaro Pastore, amici amici amici della Secondigliano della mia gioventù. Le dediche, ebbene sì, ai lettori conquistati. La foto ricordo che mannaggia mi sono dimenticato di chiamare tutto il resto della Band. La cena, le chiacchiere e il vino con Angelo, Cinzia, Antonio, Stefano e Luca.
Domani si ritorna a casa. Anzi a lavoro. Ma stanotte la testa sul cuscino la metto felice.
Napoli, 17 marzo 2009
Sono 2 mesi che abbiamo presentato il libro a Napoli. Fino a quando il mio amico Carninci non scopre la maniera per recuperare l’elasticità e dunque l’efficienza del mio cervello (lo so che lui lavora per il cervello di tutti, ma intanto io mi guardo il mio) mi tocca coccolare la mia poca memoria. In questi casi lo faccio con piacere. Lei quasi lo avverte. E mi regala le 10 cose 10 che (ancora) non ho dimenticato:
l’attività di amici e parenti per la buona riuscita dell’evento; ammetto di aver avuto la sensazione di esagerare quando ho visto che non mi rispondevano al telefono e mi evitavano per strada, ma non ho avuto pietà;
la sala eventi de la Feltrinelli Libri e Musica di p.zza dei Martiri piena piena piena di facce conosciute e no; a fare la differenza con le altre volte sono i tanti amici di Luca ma io per intanto mi compiaccio con me stesso di non aver avuto pietà;
il momento di panico, quello che non manca mai e rischia creare l’incidente ancora prima di cominciare; non ricordo più come e perché è successo, ma ricordo bene che c’è stato e che mi ha procurato un disturbo all’occhio sinistro che è andato via solo due giorni dopo;
i pensieri gentili di Cristina Zagaria, la sua dolce fermezza, l’elogio del figlio nonostante un padre che non sta zitto mai;
il talento dirompente di Enzo Avitabile, le parole e la musica, il cuore e le mani;
i volti felici di amici e parenti, l’imbarazzo e il piacere ad ogni dedica, il senso condiviso di una sera;
gli occhi di Luca;
la gioia di Laura e Riccardo;
la ricerca di un portafoglio perduto e mai più ritrovato (il mio, of course);
il tempo ritrovato (di una cena) con Cinzia, Angelo, Alessio, Luca, Stefano, Federica, Tarcisio, Gianni;
le chiacchiere gioiose fino a casa, della serie domani è un altro giorno, ma intanto questo ha funzionato alla grande;
l’ultimo è per un sospeso, per un pensiero che verrà, proprio come quella bella abitudine ormai andata quasi del tutto persa di pagare un caffé, un sospeso per l’appunto, per la persona che lo chiederà.