Il modello della serendipity si riferisce all’esperienza, abbastanza comune, che consiste nell’osservare un dato imprevisto anomalo e strategico, che fornisce occasione allo sviluppo di una nuova teoria o all’ampliamento di una teoria già esistente.
Ciascuno di tali elementi del modello può venire descritto facilmente.
Prima di tutto, il dato è imprevisto. Una ricerca diretta alla verifica di una ipotesi, dà luogo ad un sottoprodotto fortuito, ad una osservazione inattesa che ha incidenza rispetto a teorie che, all’inizio della ricerca, non erano in questione.
Secondariamente, l’osservazione è anomala, sorprendente, perché sembra incongruente rispetto alla teoria prevalente, o rispetto a fatti già stabiliti. In ambedue i casi, l’apparente incongruenza provoca curiosità; essa stimola il ricercatore a trovare un senso al nuovo dato, a inquadrarlo in un più ampio orizzonte di conoscenze.
In terzo luogo, affermando che il fatto imprevisto deve essere strategico, cioè deve avere implicazioni che incidono sulla teoria generalizzata, ci riferiamo, naturalmente, più che al dato stesso, a ciò che l’osservatore aggiunge al dato. Com’è ovvio, il dato richiede un osservatore che sia sensibilizzato teoricamente, capace di scoprire l’universale nel particolare. Dopotutto, gli uomini hanno osservato per secoli fatti banali come lapsus linguae o lapsus calami, sviste tipografiche e amnesie, ma era necessaria la sensibilità teorica di un Freud per considerare questi fatti come dati strategici, grazie ai quali egli poteva ampliare la sua teoria della repressione e degli atti sintomatici.
Ciascuno di tali elementi del modello può venire descritto facilmente.
Prima di tutto, il dato è imprevisto. Una ricerca diretta alla verifica di una ipotesi, dà luogo ad un sottoprodotto fortuito, ad una osservazione inattesa che ha incidenza rispetto a teorie che, all’inizio della ricerca, non erano in questione.
Secondariamente, l’osservazione è anomala, sorprendente, perché sembra incongruente rispetto alla teoria prevalente, o rispetto a fatti già stabiliti. In ambedue i casi, l’apparente incongruenza provoca curiosità; essa stimola il ricercatore a trovare un senso al nuovo dato, a inquadrarlo in un più ampio orizzonte di conoscenze.
In terzo luogo, affermando che il fatto imprevisto deve essere strategico, cioè deve avere implicazioni che incidono sulla teoria generalizzata, ci riferiamo, naturalmente, più che al dato stesso, a ciò che l’osservatore aggiunge al dato. Com’è ovvio, il dato richiede un osservatore che sia sensibilizzato teoricamente, capace di scoprire l’universale nel particolare. Dopotutto, gli uomini hanno osservato per secoli fatti banali come lapsus linguae o lapsus calami, sviste tipografiche e amnesie, ma era necessaria la sensibilità teorica di un Freud per considerare questi fatti come dati strategici, grazie ai quali egli poteva ampliare la sua teoria della repressione e degli atti sintomatici.
Caro prof. Moretti,sono Marianna Calvanese…. ho cercato con un motore di ricerca la parola SERENDIPITY e, leggendo i vari risultati ottenuti uno mi ha incuriosito e ho voluto sottoporlo a lei e a tutti i lettori di questo blog: c’è un gruppo italiano che nel 2000 ha pubblicato un album intitolato SERENDIPITY; Nello spiegare il perchè del titolo i componenti del gruppo dicono: “La PFM entra ufficialmente nel nuovo millennio con l’album “Serendipity” (che sarà pubblicato l’8 settembre) ricco di sorprese, di ospiti e di canzoni. Perché il titolo? Serendipity è la capacità di ottenere risultati apparentemente inaspettati, è la filosofia di scoprire qualcosa cercando qualcosa d’altro.” In pratica è da sempre il nostro modo di lavorare. E’ quello stato di ricerca continua che ci permette di cogliere un nuovo risultato creativo partendo da un qualsiasi punto della nostra esperienza”Fonte:http://www.pfmpfm.it/main.htm
E’ la capacità di trovare qualcosa senza cercarla, di cogliere un’intuizione, felice e casuale, molto più di un colpo di fortuna: è una filosofia di vita. ALLE ORIGINI UN’ANTICA FAVOLA PERSIANA Serendip – dal Sanscrito Simhala dvipa – si chiamava anticamente l’isola di Ceylon, oggi Sri Lanka. Da qui l’origine della parola Serendipity. Ma per quanto riguarda la filosofia che ne deriva, tutto nasce da una favola persiana del quindicesimo secolo, che narra le avventure di tre principi, figli di Javer, il re-filosofo di Serendip. Re Javer aveva affidato la loro istruzione agli uomini più sapienti del reame. Per arricchire la loro cultura con l’esperienza e la conoscenza di altri popoli, i tre giovani partirono per un lungo viaggio in giro per il mondo. Cominciarono così le loro peripezie e le loro scoperte. “Scoperte” – e qui sta il concetto-base della Serendipity – intese come intuizioni dovute sì al caso, ma anche allo spirito acuto e alla capacità di osservazione dei tre principi. Queste qualità li porteranno a trovare sul loro cammino una serie di indizi che li salveranno in più di un’occasione. Tradotta in diverse lingue, la leggenda approda nelle mani dello scrittore inglese Sir Horace Walpole che, nel 1754, conia, per primo, il termine di Serendipity per indicare quella miscela di “sagacia” e “fortuna” che permette di fare, senza intenzione, felici scoperte. Negli anni 40, Robert K. Merton, uno dei massimi sociologi viventi – di cui il Mulino sta per pubblicare Viaggi e avventure della Serendipity – ha divulgato il termine Serendipity rintracciandolo nella storia sociale. E dando il via ad un fenomeno che, altrimenti, sarebbe rimasto appannaggio esclusivo di scienziati e “addetti ai lavori”. E’ la capacità di cercare una cosa e di trovarne un’altra. E’ la facoltà dello sguardo di captare un indizio. E’ l’abilità di cogliere al volo un’idea accidentale. E’ il coraggio del cuore di seguire un’intuizione. Serendipity. Una strana parola per qualcosa di molto vicino a noi. Qualcosa che tutti abbiamo visto o sperimentato almeno una volta: come la bussola che ha portato alle più grandi scoperte scientifiche, come l’alchimia che sta dietro ai colpi di fortuna più clamorosi, come la magia che ti porta tra le braccia dell’anima gemella. La fortuna? C’entra. Ma, da sola, non basta. Grandi scoperte “impreviste” “La sorte favorisce solo le menti preparate”. Lo ripeteva spessa Louis Pasteur che, complice la Serendipity, riuscì a mettere a punto la vaccinazione come nuova cura delle malattie infettive. A questa felice miscela di casualità e perspicacia, si devono alcune tra le più grandi scoperte dell’umanità: dalla penicillina alla corrente elettrica, dai raggi X alla radioattività. Perchè la luce della Serendipity ha illuminato la mente dei più celebri scienziati. Un esempio per tutti: Isaac Newton. “Se un caldo pomeriggio del 1665 Newton non avesse deciso, contro le sue abitudini, di bere il tè in giardino, probabilmente non avrebbe mai formulato la legge di gravità”, sostiene lo scienziato Royston M. Roberts in Serendipity, accidental discoveries in science, una “summa” pubblicata in America, delle invenzioni ispirate dalla Serendipità. Quel pomeriggio Sir Newton la incontrò nelle sembianze di una mela che cadeva da un albero. L’aveva visto migliaia di volte, ma quella mela in quel preciso momento fece scattare il click di una intuizione sepolta da anni di studi, ricerche e analisi. Quell’attimo che cambia il destino”Uno dei nodi cruciali sta proprio nell’abilità di captare l’attimo di un’intuizione e di seguirla. Prima che scompaia per sempre. Nella Serendipity la fortuna gioca un ruolo fondamentale ma, alla fine, dipende da noi. E’ l’opposto dell’ineluttabilità: puoi raccogliere o ignorare ciò che il destino ti fa trovare sul tuo cammino. A me è capitato”, dichiara Stefano Zecchi, docente di Estetica all’Università Statale di Milano e autore di Capire l’arte (Mondadori). “La mia professione e, quindi, buona parte della mia esistenza è legata ad un “incontro” di Serendipity avvenuto tanto tempo fa. Da ragazzino, trovai un pezzo di quarzo su un sentiero di montagna. Rimasi affascinato dalle simmetrie, dalle proporzioni, dai colori che la natura sapeva costruire. Mi sarei iscritto a Geologia, se non avessi capito che, in quella facoltà, avrei studiato tutt’altro che la bellezza dei minerali. Fu così che decisi, in seconda battura, per la Storia dell’arte. E’ stato un modo di approfondire quella passione per la straordinaria creatività della natura, in competizione con quella dell’uomo. In fondo, tutto è cominciato da un pezzo di quarzo trovato per caso”. Mettersi in gioco, con slancio e sentimento “Cogliere la Serendipity significa sapersi mettere in gioco. E’ l’opposto dell’idea di costruirsi un futuro a tavolino, attraverso un percorso di scelte razionali. La Serendipity implica proprio il superamento di quella rigidità che porta a perseguire un obiettivo a testa bassa”, spiega la psicologa Anna Salvo. “Nella vita affettiva, l’incantamento della Serendipity “capita” soltanto a chi si lascia sorprendere. E, soprattutto, a chi non ha paura e si fida dell’intuizione. Chi si difende ad oltranza, chi si barrica dietro ad incertezze inossidabili, difficilmente vivrà la Serendipity. Insomma, tutto sta nella disponibilità ad esporsi, a rischiare, a deviare dalla ricerca prestabilita per raccogliere una chance imprevista!. Da locale-cult a filosofia di vitaE pensare che per anni Serendipity era “solo” il nome del celebre ristorante di New York amato da Andy Warhol e Cary Grant e oggi frequentato da Tom Cruise, Nicole Kidman e Meg Ryan. Oggi, è diventato una filosofia. Approdata anche nel cinema e…in musica. Serendipity, infatti, s’intitola l’ultimo alum della PFM. “Perchè è da sempre il nostro modo di lavorare. E’ quello stato di ricerca continua che ci permette di cogliere un nuovo risultato creativo, partendo da un qualsiasi punto della nostra esperienza”, spiegano quelli della PFM. E Serendipity è il film di Peter Chelson con John Cusack che ha iniziato le riprese un mese fa. La storia di un amore nato ai tempi del college. Quando non è ancora il momento. I due si danno appuntamento dieci anni dopo. Ma si ritrovano sempre senza cercarsi. Ogni volta, per effetto della magica Serendipità. Fonte: http://www.studiopaolaserena.com/serendip.htm
Volevo precisare che la fonte di rete da cui ho preso l’articolo “Serendicity” è http://www.serendicity.arch.unige.it/numero2/editoriale.htm. Mentre l’autrice di quest’ultimo è Antida Gazzola.
Navigando in internet attraverso google ho individuato un film intitolato “Serendipity” La scheda del film è la seguente:Titolo originale: Serendipity Nazione: Usa Anno: 2001 Genere: Commedia Romantica Regia: Peter Chelsom Sito ufficiale: http://www.serendipity-themovie.com Sito ufficiale: http://www.buenavista.it/xserendipity.htm Cast: John Cusack, Kate Beckinsale, Jeremy Piven, Molly Shannon, Eugene Levy Produzione: Peter Abrams, Simon Fields, Robert L. Levy Distribuzione: Buena Vista Uscita prevista: 21/12/2001 (cinema) Trama:Quello tra Jonathan e Sara è un amore grandissimo, un vero colpo di fulmine. Attraverso una serie di piccole, misteriose coincidenze e nonostante la vita li abbia separati per 10 anni, i due ragazzi si ritrovano; il fato aveva stabilito quest’unione prima ancora che gli stessi protagonisti se ne accorgessero?(il sito da me visitato è il seguente :www.filmup.leonardo.it/ sc_serendipity.htm)
Ho appena digitato la parola “serendipity” su google e come risultato ho ottenuto una serie di articoli che trattano questo concetto in diversi aspetti ed approcci. Vi propongo quello che maggiormente mi ha colpito….SERENDICITYSociologia delle città, dell’ambiente e del territorio Serendicity è una parola che non esiste e che è stata composta partendo da serendipity, aggiungendovi le suggestioni che aleggiano intorno alla parola city, con i suoi molteplici significati di “grande e importante agglomerato”, di “insediamento con speciali diritti di autogoverno (nel diritto Inglese)”, di parte centrale di Londra – e, per estensione di ogni metropoli – un tempo circondata da mura, piccola come superficie, ma di grande importanza sociale ed economica, come recita il Learner’s Dictionary della Oxford University Press. Fonicamente, poi, serendisiti evoca l’idea di sito, luogo, località, posto, posizione, ubicazione – premessa e fondamento dell’edificare – e, anche, per estensione, paesaggi, ambienti.Serendipity – che, secondo l’Oxford English Dictionary è la facoltà di compiere casualmente felici ed inaspettate scoperte – è un termine che nasce come invenzione letteraria, essendo stato coniato dal romanziere Horace Walpole in una lettera a Mann del 28 Gennaio 1754, prendendo spunto dal racconto persiano “I tre principi di Serendip”, provenienti, cioè, da Serendip o Serendib, antico nome arabo dell’isola di Ceylon, e che avevano appunto il dono di fare scoperte per caso.Oggi sembra riscuotere un successo popolare sorprendente: sono stati denominati Serendipity luoghi destinati alle più varie attività, da un noto ristorante di New York a una ludoteca di Torino; si chiamano così case editrici, ditte che producono biglietti di auguri, agenzie di viaggi, fabbriche di biancheria. Un motore di ricerca su Internet, Altavista, segnala quasi 75000 pagine web in cui la parola compare. In sociologia, l’espressione deve la sua fama principalmente a Robert K. Merton e, più recentemente, in Italia, è stata riproposta da Arnaldo Bagnasco. In una sua famosissima opera del 1959 – Social Theory and Social Structure – Merton definisce come serendipity l’ “esperienza, abbastanza comune, consistente nell’osservare un dato imprevisto, anomalo o strategico che fornisce occasione allo sviluppo di una nuova teoria o all’ampliamento di una teoria già esistente”.Un’applicazione del concetto agli studi urbani è stata proposta dall’antropologo Ulf Hannerz che, senza usare il termine serendipity, connette il particolare carattere culturale della città al suo essere luogo dove si può trovare una cosa mentre se ne cerca un’altra.La serendipity, dice Alfredo Mela, “si addice alla città perché questa, grazie alla sua complessità e all’eterogeneità degli elementi che la compongono, lascia sempre aperta la possibilità di sintesi culturali felici e impreviste”.La città, multiforme e densa per definizione, si presta a consentire occasioni di serendipity sul piano culturale e sociale, ma dovrebbe essere in grado di offrire, anche sul piano formale e architettonico, quella varietà di stimoli senza i quali la poetica urbana, la sua norma costitutiva, il suo senso profondo sono difficilmente percepibili e interpretabili.Serendicity vuole essere una proposta, un progetto, un luogo virtuale di riflessione e di comunicazione sui temi della sociologia dell’ambiente e del territorio e, in particolare, della sociologia urbana.Nasce come espressione del Laboratorio CRAFTS (Centro di Ricerca Applicata e di Formazione sulle dinamiche Territoriali e Sociali) coordinato da Antida Gazzola nell’ambito del Dipartimento di Storia e Progetto dell’architettura, del territorio e del paesaggio-POLIS dell’Università degli Studi di Genova. Sono campi di interesse di CRAFTS la qualità della vita sociale urbana, la città come fenomeno comunicativo, le politiche urbane, lo sviluppo locale, la sicurezza e la vivibilità, il rapporto tra società e progetto architettonico e urbanistico, la comunicazione del progetto, l’organizzazione socio-spaziale, la percezione sociale dell’ambiente naturale e costruito.Sono graditi e sollecitati contributi da parte di studiosi di qualunque disciplina purchè i loro scritti abbiano come oggetto il rapporto tra le persone o i gruppi sociali e i luoghi, costruiti o naturali, con approcci che tengano conto delle variabili spazio-temporali del contesto.Serendicity offre links con i siti della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova e con il sito Urbananalysis della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. E’ prevista la possibilità di stabilire altri links con siti coerenti con i temi della sociologia urbana, dell’ambiente e del territorio.