
Debbo queste riflessioni alla congiunzione di una mia idea d’annata –vendemmia 1994, anno nel quale Silvio Berlusconi vince le elezioni contro Achille Occhetto e la sua “gioiosa macchina da guerra”-, e una domanda postata su Facebook dalla mia amica Musa: “ma come si fa a votare per questa maggioranza?” (la domanda è in verità più colorita, ma la sostanza è questa).
L’idea, per la verità talmente semplice da rischiare la banalità, è che la politica ha bisogno di differenze. Differenze che, Before 1989, erano date dalle ideologie, dalle appartenenze, dalle identità, nel senso che dirsi comunista, democristiano, fascista significava definire i confini entro i quali ci si poteva riconoscere con altri che, come te, condividevano miti, valori, aspettative, ceti sociali di riferimento, modi di essere, talvolta persino di fare. Persino quando i comportamenti sono diventati simili, l’apparentenza a ideologie diverse garantiva le differenze di identità, di riconoscibilità, di aspettative, di gruppi sociali di riferimento.
After 1989 le differenze, in Italia in particolar modo dopo Tangentpoli, avrebbero dovuto essere garantite dalle idee, dai programmi, dalle modalità con cui si favorisce la partecipazione e si selezionano le classi dirigenti, dai modelli di partito e di coalizione.
Vogliamo dirlo con uno slogan? Ma sì diciamolo! Meno ideologie, più differenze. Quale strada è stata imbroccata invece? Quella dell’omologazione. Nelle piccole e nelle grandi cose. Vogliamo fare qualche esempio?
Federalismo, che è una cosa seria, che invece di rincorrere la Lega, per poi lasciarle la più totale egemonia culturale, poteva essere fatto vivere come solidaretà, partecipazione, responsabilità, controllo.
Legalità, che è una cosa seria, che invece di assecondare la Lega sul terreno della paura dell’Altro, meglio se extracomunitario, quasi sempre da sfruttare di giorno e da nascondere di notte come le puttane de “La città vecchia” di De André, poteva essere fatta vivere come una questione di etica pubblica invece che di ordine pubblico, di rispetto delle regole, di tutela dei diritti, di esercizio responsabile dei doveri.
Leaderismo esasperato, vogliamo chiamarlo idolismo?, personalizzazione dei partiti come antidoto alla loro crisi, che non è una cosa seria, e che ha portato prima alla lista Berlusconi, poi alla lista Di Pietro, poi persino alla lista Vendola, in mezzo tutte le altre liste, senza nessuno che dica chiaramente che di molti di questi leader si può tranquillamente fare a meno, dei partiti no. Che è una sciocchezza immaginare una democrazia che funziona solo con la società civile, senza i partiti.
L’elenco potrebbe continuare, fino scrivere un libro: arbitrarietà nel rispetto delle regole (primarie a volte si, a volte no, a volte strappate dal basso, altre volte imposte dall’alto), di là mettono in lista portaborse, segretari, amanti e ballerine, di qua pure, e poi clientelismo, familismo, eccetera eccetera.
E non provate a dirmi che ci sono molte persone per bene che svolgono il loro ruolo di eletti in maniera seria. Innanzitutto perché lo so. E poi perché ci stanno anche di là. Anzi mi convinco sempre più che tra le ragioni del successo della Lega stia diventando sempre più importante il radicamento territoriale, il contatto con i cittadini e con gli elettorali, insomma quella roba che una volta facevano i comunisti e i democristiani.
Visto che ci siamo, non provate neanche a spiegarmi che con tutti i difetti che abbiamo noi e loro non siamo la stessa cosa. Innanzitutto perché lo so. Poi perché non basta. Soprattutto a livello di pubblica opinione.
Cosa voglio dire in sintesi? Che fermo restando tutti quelli come noi che a prescindere stanno dall’altra parte io credo che non sia solo comprensibile, ma anche razionale che la maggioranza degli italiani votino come votano.
Che fare in sintesi? Lavorare seriamente per una prospettiva diversa.
L’ho scritto martedì 16 dicembre 2008 alle ore 18.16 (potenza del web, e chi se lo sarebbe ricordato): se continuiamo a pensare di risolvere i problemi entro la prossima elezione non andiamo da nessuna parte.
Questo paese non ha più classi dirigenti nel senso auspicato da Cuoco, da Salvemini, da Gramsci, da Dossetti, da Di Vittorio, da Dorso, da ..;. c’è scarsità di senso civico ad ogni livello; di più, si è creata, grazie ad un’azione scellerata ma scientificamente condotta dall’attuale leadership, una convenienza-convergenza intorno a una via italiana alla sopravvivenza fatta di piccole e grandi furbizie, evasioni, illegalità.
Bisogna ritornare a pensare e a praticare la partecipazione come fatica, continuità, impegno, perché ad ogni diritto corrisponde un dovere, ad esempio di non chiedere favori e raccomandazioni, di non fare i furbi, di non rivendicare il merito quanto tocca agli altri e l’appartenenza quanto tocca a sè stessi.
Per invertire l’ago della bussola, per cominciare a varcare la distanza tra i valori di solidarietà a prescindere, di pemessività e persino di impuntà che informano oggi il nostro paese, e i valori di responsabilità, di eguali opportunità, di valorizzazione del merito e del talento di cui c’è bisogno, ci vuole tempo.
Dite che non possiamo aspettare? Sbagliato. Mi dicevano così anche nel 1994, che se non facevamo l’inciucio con Dini, Berlusconi sarebbe restato lì per altri 10 anni. Ne sono passati 16, per ora, destinati a meno di miracoli a diventare 19.
La verità è che non possiamo aspettare senza fare niente. Bisogna cominciare subito. Ognuno dal suo “posto di combattimento”. Facendo le cose per bene perché è così che si fa. Facendo rete tra noi. Rendendo espliciti, pubblici, gli esiti di questo nostro lavoro.
Come ha scritto Confucio, una marcia di 10mila chilometri comicia con il primo passo. E, anche senza scomodare Aristotele, rimane il fatto che la politica è ‘na capata. L’importante è cominciare. Se non ora, quando?
Scrivere dopo quello che ci raccontato Santina è difficile, ha fortemente toccato le corde del mio cuore e mi ha indotto a pensare a ritroso. A pensare a mio padre e a quello che mi ha trasmesso e mi trasmette. Comunista da sempre ha visto svanire prestissimo il suo più grande sogno , quello di volare , perché nel 54 chi possedeva la tessera del partito comunista non poteva essere ammesso nelle forze armate e in tutto ciò che era a partecipazione statale. Deluso, ma senza demordere, ha orientato le sue scelte verso il mare, desideroso di viaggiare per colmare la sua sete di conoscenza, di curiosità. Ha cominciato con le navi petroliere per approdare poi alla Tirrenia, con le sue forze, i suoi sacrifici, le sue rinunce. Il suo motto : “dignità”. Mio padre non ha mai chiesto nulla, non si è mai piegato a compromessi, nel 70 ha rifiutato la proposta di divenire rappresentante dei lavoratori in un sindacato che non rappresentava appieno gli interessi dei lavoratori. Mio padre pur essendo ufficiale non faceva sfoggio della divisa, non la indossava quasi mai, per lui non avevano valore i gradi e i galloni sulle spalle, ma ciò che sai fare e come lo fai, non si è mai fatto blandire dalle offerte di ditte che avrebbero voluto lavorare a bordo o nei cantieri navali, si incupiva se prendevamo qualcosa dalla cancelleria, apparteneva alla nave. Mio padre non ha scelto per me e mia sorella scuole private, pur potendoselo permettere, non ha cercato raccomandazioni per noi dopo la laurea, occorreva saperselo cercare e meritare “il posto”. E’ contro le ingiustizie e per queste si è sempre battuto sul lavoro, ma la sua lotta gli è costata un infarto e il suo immediato prepensionamento. Anche allora non ha mai chiesto nulla, diversamente da altri, che lo hanno fatto anche se non gli spettava, non ha fatto ricorso a leggi e leggine che garantivano una maggiore entrata economica perché invalidi o altro. Mio padre paghe le tasse il giorno successivo all’avviso di ricevimento. Mio padre non compra il contraffatto. Non punta il dito contro questo o quel politico di turno che si alterna al potere di sinistra prima e centro-sinistra ora, lui si muove nella correttezza ideologica e di vita. Un folle? No un uomo che fa , come scrive Vincenzo, le cose per bene perché è così che si fa. Questo forse è il dramma della nostra società. Siamo tutti bravi a dire come si dovrebbe fare e meno attenti a farlo. Riflettiamoci su un attimo… Siamo veramente sicuri di essere in grado di rinunciare a raccomandare i nostri figli qualora ce ne fosse bisogno? Siamo veramente sicuri di non ricorrere all’amico per ottenere una priorità per un esame all’ospedale? Siamo veramente sicuri di non aver mai pensato al modo di non pagare una tassa perché ritenuta magari iniqua? E ancora e ancora e ancora. Forse se cominciamo a guardare le cose da un altro punto di vista, se condividiamo valori e, come afferma Trumanus, senso civico, e li trasmettiamo attraverso il fare rete, e quindi alle piccole e grandi comunità, o attraverso il fare bene giorno per giorno, forse a piccoli passi potremmo raggiungere anche grandi traguardi. Forse. Ma occorre iniziare. Se non ora quando?
P.s. Ora che posso ancora farlo ringrazio mio padre per gli ideali che mi ha trasmesso e di cui vado fiera
Se non ora … quando potrò parlarvi del mio amato Gigi, compagno, amico , amante, padre … primo segretario FGCI; della Sezione PCI P. Togliatti di Bonifati ( Cs);;qualche anno fa, nel ricordarlo, i compagni della sez,, mi hanno regalato i diari delle riunioni e in un impeto di passione condivisa, uno di loro staccò dalla parete il simbolo del partito,scalfito su un pesantissimo scudo circolare, tutto in legno di ciliegio..ora appeso nella mia sala.
Mi piace ricordare Gigi, per ovvi motivi intimistici, ma soprattutto perché è un pezzo della nostra storia comune, delle nostre “belle bandiere”ideali.. dei sogni comuni che travalicavano i confini nazionali, delle fervide e contrastanti idee di rivolta… scusatemi se irrompo con una storia così triste, ma non posso tacere!
( Ho scritto di Gigi per anni.. persino dopo un concerto
Lettera a F. Guccini
Morazzone, 10-febbraio-1997 lunedì h 4.00
E’ da ieri che tento di fermare la tentazione di scrivere una storia non facile, non breve; una storia non solo mia, ma che si snoda in vicende di altre vite…più che una lettera diventa un romanzo.
Devo farlo, non posso perdere, per pigrizia, la grande forza delle emozioni che investono i protagonisti di questa storia.
Tento delle sintesi
L’8 febbraio ci sarà Guccini al Palavobis di Milano : la notizia è comunicata da mia figlia Venere (25 anni il 20 marzo ) al rientro dall’università, è lei l’organizzatrice delle uscite; compera 13 biglietti e distribuisce i partecipanti nelle auto, la nostra R4 rossa “Camilla “fino a Milano…no!! E’ troppo attraente, ma si stanca spesso…non posso rischiare il mezzo storico, come farei nei miei andirivieni di maestra elementare …
Chi sono i 13??
La narratrice di storie (ormai quasi 46), due mie coetanee : Rosanna e Luisa, il resto della compagnia va dai 24 ai 29 : abbiamo nuovi adepti e vecchi appassionati delle tue atmosfere.
Roby si lamenta di non conoscere i testi, nonostante la frequentazione di casa nostra, rifiutava l’ascolto impegnato…lui è sempre in fuga, ma dopo il concerto è rimasto impigliato!
Isa e Michela sono state affascinate…sono rimaste a casa :Alessandra, 20 anni, sarebbe stato il suo 11° concerto …una passione insana e
Riccardo, 9 anni, si consola con un concerto registrato in tv.
Non divertirti troppo, caro Francesco , delle nostre “follie”, ognuno di noi offre sensibilità diverse e complesse ed è per questi inviti intorno all’essere che la vita per me diventa meno drammatica e provo un’attrazione a capire…e a non richiudermi nell’angoscia isolante!
Sabato 8 ero impegnata a seguire un corso per ins. di sostegno, ho saltato 2 ore di lezione, sono corsa a casa ad infilarmi la maglietta della “Locomotiva” e via….finalmente entriamo, siamo alla sinistra del palco :Venere e Fabio, Simone e Simona, Roberto e Isa, Michela , Antonio (ne abbiamo persi 2)
Ognuno di loro è attento a captare e controllare non solo la propria emozione, ma vigilano sulle mie reazioni, mi attraggono col loro calore e tentano di colmare il freddo vuoto che mi avvolge dal 2 maggio 95, quando GIGI, marito e padre, ha deciso di non partecipare più a nessun altro concerto …..
e si è impiccato in una stanza della nostra casa di Cittadella, in Calabria, il nostro paesino sul mare.
Chi era Gigi?
Un uomo di 45 anni, che dopo aver vissuto l’ultimo 1° maggio con i compagni e amici di sempre, senza un motivo visibile all’esterno, decide il taglio e se ne va così lontano, ma rimane “DENTRO” ognuno di noi con la sua dolcezza di ragazzo di .
Gigi comunista, senza più collocazione partitica, ferroviere inquieto, con il sogno del ritorno al sud, amico dei tanti giovani che lo seguivano negli impossibili sentieri di montagna, distratto dal suo passato, timido ed introverso, incurante delle formalità, solidale con i diseredati, pensatore solitario…ricercatore di atmosfere e di luoghi dell’anima…..
Amava la tua “Keaton”, ricercava solo sapori genuini, il contatto con la terra, i suoi sapori forti e il vino prodotto dai nostri…
È rimasto ancorato a questa terra amata, ha scelto di non tornare in questo luogo -non luogo, è rimasto là in un piccolo cimitero fra collina e mare , dove non è mai solo!!
Eravamo due ragazzi, sullo stesso treno che ci portava a scuola, un diploma e via… verso l’avventura del nord , sposi senza casa né lavoro, Bologna la “rossa” cadeva già allora , due ragazzi anonimi che consumavano i pochi soldi in mirabolanti pasticcerie di corso Indipendenza o in un cinema… spinti sempre più a nord.
E poi come posso racchiudere 25 anni di vita insieme in un soffio, posso solo fissare alcune impressioni di vita che condividevo con e per questo amore.
Ora posso ritrovare percorsi in mille musiche e parole di amici, farmi trascinare dalla nostalgia, oppure mettere un coperchio alle emozioni e lasciar accadere….tutto può accadere , posso riascoltarmi le emozioni delle canzoni preferite, in cuffia o a “palla”, scegliere questa musica dolcissima
che mi fa vibrare (ho scoperto Pat Metheny), posso vivere il quotidiano e lasciarmi avvolgere dalla cura affettuosa degli amici, ma nessuno potrà ridarmi quello che ho perso.
I ragazzi mi chiamano “roccia ” sono forte dicono e li aiuto e mi aiutano a non sprofondare nella pena inconsolabile…
Ci sono, anche se la tortuosità del dolore mi può far affondare in ogni momento, anche mentre rido e canto e salto al tuo concerto….e il tonfo è un urlo silenzioso!!
Ci sono con Venere e con tutti quelli che mi rimandano quest’impressione di vita non vana, con la sensazione che la mutazione dei nostri 20 anni di allora non ha cancellato i sapori forti, gli ideali, le lotte per riportare al centro i vinti.
Posso finalmente fermarmi, respirare al nuovo giorno che sarà pieno e intenso come sempre. Ciao, Santina!
Come augurio per questi giorni pensosi,
una poesia di
Lawrence Ferlinghetti:
Sono in attesa
che gli umili siano beati
ed ereditino le terra
senza tasse
e sono in attesa
che foreste ed animali
reclamino la terra come propria
e sono in attesa
che si escogiti un modo
di distruggere tuti i nazionalismi
senza uccidere nessuno !
Ed ora che ho son riuscita a leggere le vostre intense e varie divagazioni intorno alla “cosa”, tutto quello che vorrei dire si somma in un ammasso di idee e sensazioni che mordicchiano per uscire.. da dove incomincio?
Che dire dell’ideologia leghista? Ci vivo da quasi 40 anni al nord e oggi ,più che mai,sento quest’accerchiamento di estraneità : quel linguaggio rude e triviale di molte persone che conosco in veste di genitori di miei alunni e che ritrovo nei gazebo o in assemblee e che mi invitano molto arditamente ad andare a colonizzare il mio sud… mi fa inorridire e mi spinge sempre più in un informe limbo.Eppure capisco le loro ragioni di pancia, il loro sentirsi invasi in casa loro, il loro timore di essere schiacciati dalla crisi economica e da tutto il frastuono mediatico intorno alla sicurezza.
Posso intuire, indagare, sospettare ragioni di buona fede, ma è solo il germe Xenofobo che li induce a retrocedere a forme di chiusura non – inclusiva o è ben altro che li condanna a non agire secondo uno spirito libertario di condivisione dei beni accumulati nel corso del tempo dalla tanta forza-lavoro che ha permesso forme di benessere di largo raggio?
Questo senso di superiorità della razza padana è pervasivo non solo nell’elettorato diretto,invade oramai gran parte dei cosiddetti democratici.. l’altro giorno, dopo un convegno, discutevo con delle colleghe-amiche su alcuni principi che animano le scuole di stampo montessoriano e mi ha lasciato attonita la frase di una carissima amica–“Pensa a come potrebbe essere facile per la Lombardia organizzare scuole di questo tipo, con la ricchezza che produce, se solo non dovesse aiutare voialtri…” Ditemi se il linguaggio diretto e rude usato dalla lega non ha contaminato anche il popolo altro? Potrei avere dubbi circa la mia suscettibile sensibilità da ” forastiera”: ho provato una fitta atroce di dubbio e di perdita di speranza.
Ditemi come fare ad uscire da questo sentire diffuso e soffuso ad ogni livello!! E’ stata la nostra insipienza comunicativa e poco contenutistica ovvero farraginosa a non creare sacche di dubbi?
Esiste una logica in questo procedere a tentoni e rincorrendo una bellezza immaginifica nell’essersi pensati…ahimè un tempo, i puri— gli onesti— i portatori di diritti e sognato la pace sociale e l’equità planetaria — insomma da comunista non pentita ( come mi piace esserlo, per ragioni di cuore e di pensiero filosofico) .
Come vorrei che questo filo di pensieri diventasse forza… azione!
Mi piace questo pensare il possibile riannodarsi di nodi, con questa luce di positività che il pensiero di Vincenzo veicola e che rende possibile lo sviscerarsi di tentativi- costruttivi.
Ecco cosa mi fa rabbia–questo parlarsi addosso fra i nostri politici, come se non ci fosse altro che il parolaio -pensiero– vorrei che insieme si proponesse un pensiero-stimolo, per uscire da questo non -luogo del pensiero immodificabile, non credo che se ci si situa solo contro, si ottenga un effetto – spostamento-voto— e che molte trasmissioni anche ” illuminate” sono solo funzionali al sistema, eh già la Tv, Pasolini associava la degenerazione del potere all’affermarsi di una società dove il benessere non si accompagnava né alla cultura né tantomeno a una qualche idea di “bene comune”. forse è ora che una nutrita minoranza metta in agenda ..di nuovo, grandi temi; ho nostalgia del ’68, non abbiamo cambiato il sistema- cardine istituzionale, ma alcune questioni fondamentali del vivere- comune, hanno dato una bella sferzata di cambiamento.
Per ora mi fermo… buone idee di riscossa da nonna Tippete!
Caro Adriano, anche se in realtà per me l’ideale è quello reale, accetto di buon grado la tua correzione, del resto si tratta di semantica e la sostanza non cambia 🙂
E l’uguaglianza si basa sul rispetto delle differenze non certo sull’omologazione, anche su questo siamo d’accordo.
Come del resto concordiamo sul fatto che i diritti universali dovrebbero prevalere su tutto, ma mi pare che purtroppo così non sia, per questo mi ritrovo in una ideologia (purché aperta, cambiata, modernizzata, molto più spirituale) che li difende a spada tratta. Pronta comunque al dialogo, sempre. Al confronto, sempre. Quando c’è la chiusura allora qualunque pensiero diventa dogma, verità assoluta, fede… e diventa quello che dicevi tu prima.
Cara Viviana, comprendo bene il tuo sentimento e la difficoltà a spiegare le sensazioni della pancia, e non pensavo certo che potevi riferirti al comunismo reale (e qui permettimi solo questa piccola correzione) ma bensi al concetto ideale di comunione tra le genti. Certo che potremmo parlarne per ore e non sarebbe male farlo, ma soprattutto dobbiamo essere il cambiamento, aprirci, combattere gli stereotipi.
Ad esempio io preferisco parlare di liberazione degli individui e non di liberazione delle masse.
Così come preferisco parlare di diversità. Ogni individuo è un essere unico ed irripetibile, siamo tutti diversi. I diritti universali e fondamentali della persona sono l’unica cosa che ci rende uguali e sono diritti associati al singolo essere umano, non ad un popolo, non ad una nazione, non ad una razza. Se lavoriamo sulle diversità potremmo concepire una società aperta, posso dirlo? planetaria, democratica ma in senso liberale, dove prima vengono i diritti fondamentali dell’individuo. Questa dev’essere la discriminante. Tutti gli ismi che non li rispettano vanno combattuti; diversità non significa accettazione delle culture fondamentaliste. I diriitti universali della persona valgono per tutti e non esistono politiche, stati, nazioni ne tantomeno culture che possano violarli. O no?
caro Adriano, ho la sensazione che potremmo discuterne per ore ed ore (e sarebbe bello eh!), però tenterò di riassumere per non tediare ulteriormente gli altri… eheheheh
Cercavo di spiegarmi prima, ma come dicevo è un fatto di pancia, non di cervello per cui diventa veramente difficile: io sono nata che praticamente il comunismo stava già morendo, o meglio moriva quello che racconti del tu del comunismo: gli orrori umani, lo stalinismo, la dittatura, il culto del leader, le tragedie e le preclusioni di ogni genere. Ma io non mi riferivo a questo e non potrei, perché sono di un’altra epoca. Io intendo il comunismo quello reale, nell’ispirazione dei suoi più nobili principi e ideali. Solo come pensiero, non come fede, Ecco dov’è l’errore e dove tu hai ragione. Quando lo si è applicato come una religione ha portato agli stessi errori di uno stato religioso. Alle stesse intransigenze. Io non mi sento così. Io sono comunista perché quando ne ho letto il pensiero che lo ispirava ho scoperto che era lo stesso mio, che portava ai miei stessi scopi. L’uguaglianza sociale, umana. Profonda. E certo non parlo solo di Marx, che nell’ottocento non poteva che avere una visione molto ristretta dell’uguaglianza (ma mi pare che se la cavasse comunque bene per l’epoca), parlo anche della modernità. E in questo non c’è alcuna trascendenza. Ma gli uomini sono deboli, hanno bisogno di porre le speranze in qualcosa di più grande e per questo trasformano tutto in fede. Anche un pensiero semplice, che come diceva Brecht, è difficile a farsi…
Condivido molti dei punti su riportati e soprattutto il discorso sull’identità e sul senso di appartenenza ormai perduto.
Devo ammettere però che non condivido affatto gli entusiasmi.
La politica oggi somiglia sempre più a un teatrino dove si ripropongono sempre le stesse maschere dinanzi ad un pubblico totalmente inebetito e assuefatto.
E ciò che più mi irrita è l’incapacità del centro-sinistra di riuscire a scopiazzare anche le strategie più spicciole.
Sembra che ancora debbano rendersi conto del processo di spettacolarizzazione della politica messa in atto dal Presidenzialismo.
McLuhan diceva “il mezzo è il messaggio” e se il mezzo è la televisione che si rivolge ad un pubblico di massa è chiaro che a contare sono l’immagine dei rispettivi leader di partito ed il loro linguaggio.
Se la destra ha pian piano abbandonato il burocratese a favore di un linguaggio più spicciolo e spesse volte volgare (vedi Lega) la sinistra continua a parlare un linguaggio che non è in grado di arrivare ai più inoltre, non riesce a trovare un leader carismatico che possa realmente dare la sensazione di cambiamento e per giunta quando chissà per quale scherzo del destino riesce a tornare sulla cresta dell’onda, eccolo ricadere a causa di una maggioranza instabile.
E in più un programma elettorale…c’era???…scusate ma non me ne sono resa conto!
Mi ricordo una famosa battuta di Beppe Grillo: “Chi votare PDL o PD meno L?”
Quasi a ribadire che ormai le differenze tra i programmi elettorali dei due schieramenti sono quasi impercettibili.
C’è il Berlusconismo e l’anti-berlusconismo.
E’ la Lega che però ha deciso di spingersi oltre e in un certo qual modo credo che sia grandioso il lavoro che è riuscita a fare in alcune delle regioni del nord.
Con un grande radicamento a livello territoriale è riuscita a dare un fortissimo senso di appartnenza ai suoi elettori pur presentando toni oltre che aspri a tratti decisamente razzisti. E’ riuscita così a conquistare quella fetta della popolazione che crede nel federalismo nella sua natura più subdola (ahimé non quello propositivo di Moretti).
Ciononostante credo che da un partito come la Lega ci sarebbe molto da imparare. Oltre che un lavoro a livello territoriale (che può risultare vincente ma difficilmente arrivare a cifre davvero considerevoli) credo che la Lega abbia avuto il merito di ricordare agli altri partiti COME si fa politica.
E’ riuscita a giocare molto sul senso di appartenenza e su un linguaggio (per quanto irritante) schietto e determinato al fine di rendere il messaggio politico accessibile a tutti. Parlare per rivolgersi alle masse, discorsi semplici, diretti e concisi con un leader forte e convinto, che non si limita ad esporre il suo programma elottorale ma lo urla, urla per gente arrabbiata, gente pronta ad identificarsi con un leader che sembra abbastanza determinato da riuscire ad affermare le sue idee nel panorama politico.
Purtroppo contro quello che Moretti definisce “leaderismo esasperato” c’è poco da fare. Ogni epoca porta con sé dei cambiamenti e questo modo di fare politica anche se non ci piace, dobbiamo tenercelo e accettarlo perché parte della nostra epoca.
Per il resto anch’io credo nell’importanza di fare rete, credo nella mobilitazione delle masse, credo ancora che sia possibile tornare a parlare di ideali e senso di appartenenza ma non ora, non così.
C’è molto su cui lavorare, c’è una classe politica e parlo del PD da rinnovare. Deve cambiare il leader, deve cambiare il linguaggio ma innanzitutto deve cambiare il modo di far politica: partire si a livello territoriale ma abbandonando l’antiberlusconismo a favore di progetti, programmi, idee e nuove prospettive di sviluppo.
Condivido molto le parole del mio amico Trumanus e soprattutto l’essenza, che è poi quella espressa da Vincenzo e da me. Muoviamoci, siamo noi il cambiamento. Torniamo alle basi: domandiamoci cosa vogliamo, cosa vogliamo vedere nel mondo, e creaiamolo.
Trumanus parla della dicotomia bene-male. Capisco cosa intende perché condividiamo alcuni percorsi, chiamiamoli, intellettuali?. Il problema, la sfida, lo sforzo a cui siamo chiamati sta nel superamento del pensiero dicotomico e quindi nell’abbattimento degli stereotipi che sono un vero flagello culturare.
A Viviana vorrei dire con simpatia che milioni di persone hanno vissuto l’ideale comunista come una vera e propria religione, così come hanno voluto che fosse vissuta dai popoli gli oligarci dei vari regimi comunisti che si sono presentati nella storia. C’era trascendenza nel culto della personalità, dei padri comunisti, che come nelle religioni, godevano dell’incorruttibilità ed infallibilità del pensiero. C’era fatalismo nel credere che il comunismo sarebbe prima o poi arrivato perchè non poteva essere altrimenti. Tutta una letteratura a cui anche io da giovane mi sono abbeverato e che mi ha visto partecipe nelle piazze romane del famigerato 1977 ci raccontava dell’Alba che sarebbe venuta, del Sole dell’avvenire e della dittatura del proletariato che avrebbe prima o poi vinto. Una parte di quel movimento a sinistra del PCI a cui appartenevo, criticava fortemente quell’ortodossia culturale fino a rigettarla apertamente con creatività ma anche con violenza.
Ha ragione Viviana quando si preoccupa dei nostri figli che potrebbero non leggere della resistenza (problema che pare rientrato), ma per quasi sessant’anni “noi” non abbiamo saputo niente delle foibe, ne delle vendette personali e criminali perpretate in nome della Volante Rossa, ne degli assassini di partigiani da parte di altri partigiani. La storia è storia, i fatti sono i fatti. Il problema è che di solito la storia la scrivono i vincitori e difficilmente riescono ad essere laici e liberali.
Bisogna con-vincere, non vincere. Tornando alla politica, una delle tante la motivazione per cui non amo i “Di Pietro”, è che non saranno mai in grado di far cambiare idea agli altri. Di Pietro non convincerà mai un elettore di Berlusconi a non votarlo più. E’ questo il problema, perchè in democrazia, devi convincere quelli che votano per l’altro. E Berlusconi pagarebbe milioni per avere come unico referente dell’opposizione proprio un Di Pietro perché sa bene che non gli toglierebbe un solo voto mentre li toglierebbe al PD ed al resto della sinistra.
Quindi superamento delle dicotomie come citate dall’amico Trumanus; come dice lui “riscoprirci qui, dobbiamo incontrarci, sempre di più, senza astio ne rancore, ma con un profonda consapevolezza che se non ora quando”.
Io dico che noi siamo, di fatto, una comunità, con i nostri giochini, le nostre discussioni, i nostri rapporti e che abbiamo l’opportunità di FARE quello che si deve. Io ci sono.
Viviana su questa “cosa” sembriamo intercambiambili. Trumanus, tra le altre, mi hanno colpito in particolare due cose quella della civiltà aliene a cui mio marito dice che io sicuramente appartengo (magari è vero! Mah) e la civiltà che bisognerebbe insegnare. Come dico sempre l’Educazione Civica nelle scuole non doveva essere abbandonata (Ahimè!) se ne vedono i risultati. E le famiglie dovrebbero essere meno distratte alle grandi e piccole “trasgressioni civiche” dei propri figli perchè se nessuno mai ha il coraggio di dire “no, non si fa” come si può pretendere che i cuccioli lo imparino da soli quando da più grandi è già troppo tardi?
@trumanus…
mi hai fatto molto riflettere con quello che hai scritto, ma mi trovo in disaccordo e vorrei spiegarti perché (se ci riesco, ché queste sono cose di pancia a volte, molto più che di cervello).
La differenza sostanziale secondo me tra una filosofia religiosa (consentite ad un’atea di chiamarla filosofia, ma so bene che per i credenti la religione è una cosa profonda e lo rispetto molto) e il comunismo è che in quest’ultimo non c’è fatalismo, né trascendenza, non c’è la promessa di un mondo migliore dopo, che aiuti a sopportare questo e qualche volta persino a rassegnarsi allo stato delle cose. L’unico mondo possibile è qui e ora, ed è per questo che dobbiamo renderlo migliore noi tutti, è l’hic et nunc, senza se e senza ma. Tocca a tutti noi, non si tratta di settarismi o di etichette, si tratta di quello che siamo e di quello in cui crediamo. Si tratta di quello che facciamo, di come viviamo. E’ come quando mi sento dire “no no, a me la politica non interessa”; ma la verità è che queste persone non capiscono che se vanno a far la spesa e il prezzo della pasta è aumentato si tratta di politica, che se il lavoro non lo trovano o lo trovano precario e fanno una vita da schiavi si tratta di politica, che se a scuola i loro figli non avranno la possibilità di leggere della resistenza si tratta di politica, che se non rispettano i leggi, le donne, gli omosessuali si tratta ancora di politica… ce l’abbiamo dentro e la portiamo fuori in ogni cosa che facciamo o diciamo.
Un saluto a te e a tutti 🙂
Stare qui tra voi è una cosa bellissima…..
Carmela, apprezzo molto il tuo post, non perche’ io sia comunista ANZI, ma perchè rivedo nelle tue parole, il buon senso (common sens, che gli anglosassoni hanno molto più spiccato di noi).
Come ha trasudato Vincenzo, non è essere o meno di un partito o di un ideologia non ci da la verità..
Il comunismo, inteso come concetto filosofico, non si distacca molto dal cristianesimo o da una qualsiasi religione, a parte il centralismo dell’uomo e la necessità di infinito non soddisfatta di quest’ultimo, e perche’?
Per il common sens… Vincenzo lo chiama “fare bene le cose perche’ e’ cosi’ che si fanno”, noi italiani questo concetto non lo abbiamo nel DNA!
Se sono caritatevole, faccio volontariato, mi preoccupo degli altri , non rubo, non uccido, non evado le tasse, non sono un buon Cristiano o un buon Comunista, sono un essere CIVILE….ecco la civiltà e più in particolare il Senso Civico… andebbe insegnato dalla scuola materna, assieme alle lingue, perchè, aprire la mente e superare i nostri limiti e i nostri preconcetti. anche ammettendo i propri errori è dimostrare intelligenza!
smettiamola di etichettarci, smettiamola di suddividerci mentalmente in micro classi colorate dei fondamentali dell’arcobaleno e iniziamo a ragionare con la mente Atavica…
Vedete ci sono studi sull’intelligenza aliena e sulle probabilità che esista la vita exrtaterrestre che si basano proprio su questo concetto.
Presa come ipotesi che le due civiltà a confronto la notra e quella aliena, avessero visto i natali nello stesso istante, l’unico modo per il quale loro possano raggiungerci oggi è che la loro mente atavica sia condivisa e intrinsecamente patrimonio di ogni essere appartenente a quella civiltà!
Il nostro limite è questo, noi usiamo internet per condividere il sapere, ma è uno strumento sterile che non ci permette di alterare le nostre sinapsi eliminando il pregiudizio.
Che persone saremmo, se avessimo nel nostro recondito, l’esperienza di Galileo, Leonardo, Newton, Pascal, Marx, Gesù, Hitler, il mostro di firenze…
Saremmo delgli esseri che ragionano sulle opportunità in un modo consapevole, andando contro la prima legge della storia…
Dimentica il passato e si riproporrà nella stessa medesima forma!
Allora cosa vogliamo fare. continuare ad accapigliarci su che colore ha avuto la nostra infanzia? Se io sono Ebreo, Mussulmano, Alto, Basso o con gli occhi azzurri, l’unica differenza sostanziale è se sono una buona persona o un delinquente..
e alla fine ci sono arrivato alla dicotomia bene-male……
Purtroppo oggi il bene è scomparso… vince il più furbo, quello che non fa gli scontrini, che evade le tasse o imbroglia lo stato…
Poi ti trovi un giorno, a capire che cosa sia lo stato sociale, entri ed esci dagli ospedali, e vedi quante risorse economiche servono per garantire l’unico bene che debba essere realmente tutelato, la vita e di fronte alla sofferenza, ti senti fiero di non avere mai evaso un euro.
Dobbiamo riscoprirci qui, dobbiamo incontrarci, sempre di più, senza astio ne rancore, ma con un profonda consapevolezza che se non ora quando? e che dobbiamo fare le cose BENE PERCHE’ E’ COSI’ CHE SI FANNO!
Vincenzo TVB!
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Ecco, Carmela è arrivata prima di me e praticamente ha scritto molte delle cose che penso anche io. Solo che io mi sono scoperta comunista in un mondo in cui il comunismo non c’era già più. Io, che nell’89, avevo appena 9 anni, ho imparato con gli anni che la caduta di quel muro ha tentato di seppellire con sé non solo gli errori e gli orrori umani, ma anche tutti i principi e i valori che c’erano nell’ideologia.
Purtroppo non è semplice, non basta dire “ognuno di noi deve metterci del proprio”, oggi ci vuole di più. Ognuno di noi deve fare qualcosa anche per gli altri, per contrastare l’avanzata di questo velo nero che ci stanno poggiando sulle teste, fatto di arroganza e di ignoranza. Perché è grazie all’ignoranza (nel senso più stretto del termine: non conoscenza) se ci ritroviamo in questa situazione. Ci vogliono ignoranti, non informati, non acculturati: ci propongono questi modelli, ci impongono governanti senza cultura, ci abbagliano con giochi a quiz e reality show. Ci distraggono. Ci ammazzano.
Diceva qualche giorno fa Scalfari su Repubblica, riferendosi all’influenza che ha (o meno) la tv sul voto “la tv pesa molto poco per quello dice, ma pesa moltissimo per quello che non dice”. Io sono pienamente d’accordo. Questo è un mondo fatto di comunicazione, quando questa è quasi totalmente manipolata, anche tante (troppe) coscienze (o incoscienze?) lo sono. E’ da qui che bisogna ripartire, dal riappropriarci dell’informazione, della cultura, della diffusione di valori e principi che qualcuno vorrebbe far scomparire. E se non ora, quando?
Io ho gli occhi neri, i capelli neri e sono comunista. Non è solo l’aver sposato un ideologia è qualcosa di più intimo di più atavico. Io ero comunista quando ancora non sapevo di esserlo e già mi comportavo da tale. Lo ero già da quando, ancora ragazzina, ero rappresentante di classe al liceo, membro del comitato di redazione del giornale d’Istituto il mitico “Garibaldino” e mio padre continuava a dirmi di stare lontana dalla politica “Carmè” mi diceva “a politica è sporca” ed io per tutta risposta andai ad iscrivermi al P.C.I. (Ne conservo ancora la tessera). Non era ribellione, era molto di più. Era quel senso di appartenenza di cui parlavi tu, Vincenzo. Era la voglia di dimostrare che la politica non è sporca, che la politica siamo tutti noi ciascuno con i suoi pensieri con le proprie ambizioni, sogni, speranze, vita. Papà non si rendeva conto che anche il suo atteggiamento era un modo di prendere una posizione, per me non condivisibile, ma anche lui, senza saperlo, perseguiva un suo pensiero. Per me il quando è stato sempre. Ogni istante. Ogni occasione. Cercare di far capire agli altri che è inutile lamentarsi dopo, se quando ci si trova soli all’interno di una cabina elettorale non si vota secondo ciò che si ritiene giusto, ma secondo ciò che si ritiene utile. Ho speso la vita a spiegare anche a chi non voleva ascoltare che se si guarda oltre il proprio piccolo orto magari si dà l’opportunità a tutti di crearne uno. Nonostante le sconfitte e le delusioni il mio pensiero non cambia, si evolve, matura ma non cambia. Lo dico con orgoglio io sono comunista, non di sinistra ma proprio comunista. Certo questo mi costa gran fatica perchè nella vita di tutti i giorni in una realtà di piccolo paese è dura la convivenza civile con chi di politica piuttosto che di stato sociale non capisce un ca…volo. Ma io come al solito, come un’ariete vado avanti a testa in giù ed ogni tanto qualche piccola porticina la sfondo, almeno questo è quello che mi piace pensare dopo certi discorsi. Nonostante le batoste, io nel cambiamento ci credo sempre e per quello che compete la mia vita di persona normale credo pure di impegnarmi abbastanza per fare il mio dovere, ma un reale cambiamento lo vedo molto lontano, anzi a tutt’ora non lo intravedo nemmeno però ci credo e questo mi sembra il primo passo.
Ho letto tutto attentamente, e non ho intenzione di aggiungere un mio monologo a quanto già intensamente espresso..
Riassumo solo dicendo che le tue parole e i tuoi pensieri Vincenzo, sono intrinsecamente e inscindibilmente accoppiati con i miei.
Non solo condivido quello che dici, ma sono proprio i miei pensieri…
Quando ho detto che l’italia ha nel suo futuro Lega e Grillo, intendevo proprio quello che hai scritto tu… Fortuna che al mondo ci sono persone dotate di tanta intelligenza da capire senza parlare… ovvio perche’ i cuori sono vicini 😀
Io sono pronto a fare rete.. le cose CAMBIANO.. solo quando lo si vuole davvero!
Il disagio di pensare: se solo potessi, scapperei lontano da qui. E’ la fantasticheria che vado raccontandomi, in questi giorni più che mai. Mi sono interrogata, ispezionata, monitorata, nell’auspicio di trovare in me quella nota stonata, quell’anelito di assonanza con la maggioranza degli elettori italiani. Ho tentato di trovare una mia collocazione fra gli attuali vittoriosi schieramenti: NO, impensabile, improponibile! Quell’imbarazzante malessere dell’anima e della mente, è soltanto mio? Sono io inadeguata, o questo venir meno a TUTTO, a quel Valore di appartenenza, collante di un popolo consapevole di sè, mi rende insofferente e maldisposta ad accettare supinamente una realtà che nn ho voluto, anzi osteggiato e dispregiato. Parlando con altre persone, poche a onor del vero, ho avuto conferma che il mio bisogno di altro che nn sia arroganza, autoritarismo, che nn sia nè questa maggioranza, nè quest’opposizione è condiviso anche da loro. Ebbene, ogni epoca ha le sue guerre, e ogni guerra ha i suoi combattenti ribelli, i suoi insorti; NOi siamo i nuovi partigiani di questo conflitto fatto di affondi reazionari, di leggi dileggiate, di Resistenza cancellata dai testi scolastici, di parchi pubblici intitolati a picchiatori fascisti, di clero omertoso sulla fanciullezza abusata, di iNDiFFERENZA per la Vita e sprezzo per la dignità umana. Contro quest’esercito irregolare, è ASSOLUTAMENTE LEGiTTiMA la costituzione di una difesa stabile, pronta a rideterminare il proprio indubitabile diritto di democrazia e libertà. Tutto questo, così estremamente necessario per potersi definire popolo civile e indipendente, se non ora, quando?
Il piccolo principe traverso’ il deserto e non incontro’ che un fiore.
Un fiore a tre petali, un piccolo fiore da niente…
“Buon giorno”, disse il piccolo principe.
“Buon giorno”, disse il fiore.
“Dove sono gli uomini?” domando’ gentilmente il piccolo principe.
Un giorno il fiore aveva visto passare una carovana:
“Gli uomini? Ne esistono, credo, sei o sette. Li ho visti molti anni fa. Ma non si sa mai dove trovarli. Il vento li spinge qual e la’. Non hanno radici, e questo li imbarazza molto”.
“Addio”, disse il piccolo principe.
“Addio”, disse il fiore-.
A volte sembra come essere in quel deserto dove gli Uomini con la u maiuscola si contano sulle dita.
La mancanza di radici credo sia il problema fondamentale. Prima si sapeva da dove prendevamo nutrimento: i punti di riferimento erano chiari e certi. Le norme, la costituzione, erano la bussola che orientava i passi e dove c’era contrasto, contrapposizione, disaccordo c’era in aiuto la forza della propria ideologia.
Adesso le norme e la costituzione si modificano a seconda delle “peripezie del leader”.
Adesso come canne al vento ci agitiamo ma rimaniamo fermi sullo stesso insano terreno.
Adesso abbiamo bisogno di ricostruire continuamente la nostra identità, abbiamo l’esigenza di creare qualcosa di simile ad un collante che ci faccia sentire parte di un tutto integrato.
Le società, sempre più complesse e composite, chiedono alla teoria politica strumenti per far fronte ad uno stato di cose profondamente destabilizzante dovuto all’incertezza connessa all’entrata in crisi del tradizionale modello di stato-nazione ed alla conseguente rottura delle cerchie di riconoscimento.
E’ sentita più che mai l’esigenza di trovare una nuova solidarietà, una solidarietà tra estranei. Una solidarietà che è possibile solo attraverso un processo argomentativo e dialogico in cui le parti si confrontano liberamente.
Adesso gli argomenti che si propongono sono vuoti a perdere.
Adesso più che mai è venuto il momento di urlare più forte.
Adesso è il momento di ancorare la nostra esistenza ad un quadro normativo di riferimento che ponga gli esseri umani uguali davanti alla legge.
Molto convincente, in particolare, il discorso sul tempo lungo necessario per fare le cose per bene. Aggiungo io che “darsi tempo” non implica, nel frattempo, “perdere tempo”.
“Se non sono io per me, chi sara’ per me? E quand’ anche io pensi a me, che cosa sono io? E se non ora, quando?”
A questo detto rabbinico della Talmud si inspirò Privo Levi per il suo romanzo “Se non ora quando?”, che narra le drammatiche avventure di alcuni partigiani ebrei, polacchi e russi, che fuggono dalla russia ed attraversano l’europa combattendo contro la germania nazista.
“Se non ora quando?” è lo slogan di Emma Bonino e dei Radicali Italiani che nel loro ultimo congresso (novembre 2009) hanno chiamato alla Rivolta, a una rivolta gandhiana, sociale, politica, morale.
“Di fronte al precipitare della crisi politica e morale, degli stravolgimenti di politica europea e internazionale, all’incalzare di ulteriori controriforme e in particolare quella sulla giustizia, fino alle ipotesi “presidenzialiste” di stampo putiniano, alla semplificazione autoritaria in corso delle istituzioni, ormai esse stesse strutturalmente anti o a-costituzionali, come ultimo atto della sessantennale degenerazione partitocratica documentata nel Libro Giallo sulla “Peste italiana” redatto nella primavera scorsa, l’VIII Congresso di Radicali Italiani chiama da subito a una rivolta gandhiana, sociale, politica, morale” (chi vuole può leggere il testo completo su http://www.radicali.it/view.php?id=149155)
“Mi auguro che i temi della legalità, dello stato di diritto e del rispetto delle regole rimangano nell’agenda politica come priorità e riscossa di questo paese. Gli episodi che hanno distinto questa campagna fino agli ultimi giorni impongono a questo paese di riscoprire legalità, senso delle regole e delle istituzioni” Sono le parole di Emma Bonino alla conferenza stampa sul risultato elettorale, ed ha aggiunto: “La nostra battaglia è solo all’inizio di un’esperienza politica nuova”
Si sappia che il nuovo, l’innovazione, che appunto significa “portare il nuovo dentro” è il vero nemico dei potenti e dei loro sudditi. Che quindi la scacciano, la mistificano facendola passare per il male, la oscurano e la censurano.
Se non ora quando? E’ un fatto di consapevolezza e di conoscenza delle cose del mondo. Al di là del “percorso” che ogni individuo compie nella sua esistenza, alla base delle sue decisioni c’è il concetto di “conoscere per deliberare”. Sul recente voto degli Italiani grava questo immane censura politica del regime partitocratico che da un parte manipola l’informazione e la comunicazione e dell’altra censura, oscura, o mistifica chi propone il nuovo. L’ultimo caso della Par Condicio è l’esempio più chiaro di mistificazione a cui la partitocrazia tutta, destra, sinistra e finti paladini della libertà di pensiero alla Floris, si sono dedicati. Alla fine non è stato possibile per i cittadini, come prevederebbe la legge, conoscere nella giusta e corretta modalità informativa, i programmi e le idee delle cosiddette liste minori, che sarebbero tali solo dopo le elezioni. Ma quanti di voi e quante volte avete visto in televisione Emma Bonino, che ha perso per una manciata di voti, con la possibilità di poter esporre le proprie idee, e le proprie proposte? E’ costante la denuncia anche della Comunità Europea al nostro sistema d’informazione di regime; cito solo come esempio che oggi 01/04 sul Sole 20 Ore vi è un articolo di un osservatorio di ricerca che denuncia l’elevato squilibrio dei telegiornali a favore del PDL
Chiudo con una citazione di Ghandi: “Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”
Perchè se non ora, allora mai !
Io ci vivo nel profondo nord e ho visto la Lega trasformarsi dal suo timido apparire nel 1985 come apparato folkloristico e dalle idee strampalate (il dio Po, la secessione, i muri con scritto Indipendenza) a sicuro ed efficiente partito radicato sul territorio come e forse più del vecchio PCI. Intanto gli altri si perdevano nelle solite diatribe delle segreterie, si scindevano, mutavano nome e simbolo, cambiavano pelle, scomparivano quando non erano ridotti allo zero virgola come il vecchio PSI. Quello che la sinistra non riesce a capire è che chi vota Lega non lo fa per protesta – forse lo faceva al suo apparire – lo fa perché è convinto di trovare una spalla su cui piangere, un appoggio in caso di necessità, un aiuto sicuro nella vita di tutti i giorni. Quello che un tempo era il parroco. Ora le parrocchie diventano manageriali, si fondono, si mischiano, non ci si capisce più niente. Invece i leghisti con i loro gazebo sono pronti alla battaglia, anche quella più sanguinosa: la TAV, per esempio, l’hanno combattuta, ma anche certe trivellazioni ENI, sanno che certe strade sono necessarie e le accettano, sanno che l’ambiente va tutelato. Alla gente, soprattutto quando vota per le regionali, è il “particulare” che interessa. E ancora un’altra cosa vincente: le giovani leve, i ricambi. La Lega ne ha un’infinità, salvo poi candidare a Lecco un vecchio scarpone come Castelli e vederlo sonoramente sconfitto da un ragazzo dell’Oratorio come Virginio Brivio. Ma quella è un’eccezione. I Comuni di gran parte del nord sono gestiti da gente capace, non parlo di quella che va sui giornali per la caccia all’extracomunitario o simili trovate. Dico sindaci che rinnovano le infrastrutture, che incrementano il turismo, che parlano di sicurezza, che fanno funzionare gli ospedali, esigono la raccolta differenziata. E gli altri, ripeto, lì con le solite beghe da Prima Repubblica. Poi si meravigliano di aver perso (veramente Bersani ripete che ha vinto) e bollano la Lega come protesta, come alleato scomodo. Da quassù non sembra. Sembra che l’avanzata della Lega sia inarrestabile: si è insinuata anche nella rossa Emilia, fa leva a Prato sul malcontento verso gli immigrati cinesi, sfonda nelle Marche, fa breccia in Umbria. Io non l’ho votata, ma ho moltissimi amici che l’hanno fatto: imprenditori, operai, avvocati… E molti di loro votavano a sinistra.
esatto. gira un’aria nuova. questa frase dilaga ad ogni campagna elettorale coprendo i perchè del dovremmo crederci. ogni volta la promessa che il peggio è passato, la panacea pronta. si brinda si ascolta … e di nuovo lo stantio. se fossimo al mare questi, come una coscienza che si confessa lascerebbe solo dei rifiuti sulla riva.
alla fine voti x spregio visto quanto costa imbandire questo carrozzone, e ricordi quando hanno stravolto i no dei referendum. quando ti hanno chiesto il parere solo x cortesia, perchè ti fermassi a firmare o facessi girare il “santino”.
gira aria nuova? in puglia UN UOMO parla senza usare frasi ad effetto, coinvolgendo davvero tutti mettendo la faccia non urlando (se penso a quelli che si sono stracciate le vesti e cercato subito una verginità politica … grrr) e dimostrando che era DAVVERO onesto.
vince la lega, quelli che la sparano grossa che rompono i giochi e il falso perbenismo, che, accettano tutti quelli che difendono la proprietà sudata sia la fabbrichetta che ora arranca che coloro obbligati a emigrare al nord per un lavoro. vincono sempre tutti alla fine, chi tiene terreno, chi fa alleanze, chi si propone come alleato dopo i risultati. vincono pure i trombati e qui ti chiedi se ad essere cieca non è solo la fortuna ma anche la speranza.
vince chi alla fine? il carrozzone dell’umanità varia non l’etica che ci spinse da branco primitivo a creare aggregati sociali e collaborativi. santo medioevo torna e ripulisci dacci persone che davvero ci rendano migliori e partecipi.