Utilità del vuoto [11]

Trenta raggi convergono in un mozzo:
grazie al suo vuoto abbiamo l’utilità del carro.
Modelliamo l’argilla per fare un vaso:
grazie al suo vuoto abbiamo l’utilità del vaso.
Ritagliamo porte e finestre per fare una casa:
grazie al loro vuoto abbiamo l’utilità della casa.
Perciò, se l’uso dell’essere è benefico,
l’uso del non essere è ciò che ne crea l’utilità.

from
Lao Tsu
Tao Te Ching
Una guida all’interpretazione del libro fondamentale del taoismo
Traduzione e cura di Augusto Shantena Sabbadini

16 pensieri riguardo “Utilità del vuoto [11]”

  1. Forse vado fuori tema ma la scatola vuota di Vincenzo mi ha fatto venire in mente l’incipit del Piccolo principe. Ve lo ricordate?
    Siamo in pieno deserto, un pilota ha subito un incidente con il suo aereoplano, è solo senza nè un meccanico, nè passeggeri, ha acqua da bere solo per una settimana e deve riparare il guasto al motore. All’alba una strana vocetta lo sveglia, è il piccolo principe che gli chiede di disegnargli una pecora. Malgrado lo stupore e l’assurdità della richiesta, soprattutto considerato il contesto abbastanza tragico, il pilota ci prova ma ogni suo tentativo viene bocciato dal piccolo principe: la prima la trova “malaticcia”, la seconda ha le corna e dunque non è una pecora ma un’ariete… spazientito il pilota gli disegna una cassetta con tre piccoli fori, spiegando che la pecora è lì dentro. Finalmente il viso del piccolo principe si illumina: questa è la pecora che voleva!
    … Dunque quello che con gli occhi vediamo vuoto, visto col cuore possiamo riempirlo di ciò che desideriamo davvero!

  2. A proposito del vuoto. E, soprattuo, a proposito del vuoto incolmabile perchè già pieno di vita lasciato dall’assenza. Mi è tornata in mente una cosa. Papà era il mago degli spazi vuoti. Nel senso che come li riempiva lui nemmeno un geometra. Era capace di stipare il portabagagli dell’auto fino all’ultimo centimetro. Un portento. E non era da meno con gli occupanti dell’ abitacolo. In un’epoca in cui ancora non esistevano seggiolini e cinture differenziate per fasce d’età, era capace di infilare dentro la nostra mitica cinquecento una moltitudine di bambini tra figli, cuginetti e amichetti, una favola. Lo so che questo ricordo poco ci “azzecca” con le digressioni filosofiche di questa pagina. Ma ciascuno ha i suoi vuoti. E il ricordo è l’unico spazio che riempie il mio.

  3. mi è tornato in mente un libro che ho acquistato vari anni fa… un piccolo album di foto e “didascalie”. Le foto scattate da Hélène Bamberger e le annotazioni scritte da Marguerite Duras. Si chiama “Il mare scritto”.

    In una pagina si legge (e peccato che non abbia modo di scannerizzarvi la foto di questo fantastico e nostalgico molo cui si riferiscono le parole):
    “Il piccolo traghetto Di Quillebeuf.
    Il posto scelto da me.
    La Senna, di già, sì. Bello come uno scritto.
    Bellissimo.
    Il titolo del film che farò, è lì, scelto da me, sì, è bellissimo perché è grande come un titolo di storia o come il titolo di una storia ancora mai scritta.
    Se non da me sola. Una donna che fa libri come farebbe luce. il senso.
    penso che faccio questo film per non dimenticare quel che si chiama: il senso. E che io chiamo : il vuoto o il tempo.

  4. Ci sono stati tempi in cui il vuoto mi ha avvolto…
    PARETI DI VUOTO
    Spesso ci sono intorno a me pareti alte e ruvide che mi impediscono di vedere.
    Avverto un VUOTO sconfinato, ma esiste il VUOTO?
    Anche quando il senso di VUOTO investe le mie ore, non riesco a percepire la forma del VUOTO, non è neppure definibile, è solo un brivido che mi attraversa ogni cellula, è un’assenza, una non-percezione di vita, è un tonfo assurdo, è l’esclusione!
    Non so intuirne il momento, arriva senza odori particolari o suoni e mi trascina nel gorgo..
    Stamattina, mentre pulivo le verdure,i pensieri gocciolavano nel lavello con un’intensità travolgente, volevo fermane il corso prima che prendessero la forma dell’angoscia.
    Man mano che rilavavo le sensazioni diventavano più consistenti e il senso di panico da abbandono diventava più aggrovigliato, fino a relegarmi nel VUOTO,
    Ho paura del VUOTO, si insinua in modo subdolo sotto e sopra la pelle, accede al centro vitale della mia anima, risale lungo le feritoie create dall’abbandono, arriva e rimbomba come un torrente e ci sguazzo dentro.

    Poi ho imparato a cercare di muovermi nel VUOTO.
    Non serve affollare la mente con tanti pensieri, serve soltanto creare un VUOTO-il VUOTO in modo che poi i pensieri fluiscano uno alla volta, con ordine e certezza.
    Sarebbe bello sapere cosa si sta pensando anche con il cuore.
    Il VUOTO serve a catturare l’infinito
    e
    dentro l’infinito il TEMPO
    e
    dentro il tempo le AZIONI
    prima ancora che si manifestino.
    Sono alla ricerca della mia dimensione, l’intima fibra di ciò che spesso sfugge:
    IL PROPRIO PENSIERO.

    E poi ancora… ricerco, provo, mi fermo, riprendo… e immaginate come sono buffa… persino delle prove di “Tai chi” per scoprire come armonizzare il VUOTO.
    La prima e l’ultima posizione del Tai chi è quella del” WU CHI”, del VUOTO.
    La Forma nasce dal vuoto, è sostanziata di vuoto e materia, e torna a dissolversi nel vuoto; questo, credo, sia il significato profondo della pratica del Tai chi: sperimentare la Vacuità, l’inconsistenza di tutte le forme, ma cerca l’illuminazione, una via verso la Verità.
    Il “Tao the ching” così cita: “Il Tao è un recipiente vuoto, ma il suo uso è inesauribile; pur essendo un abisso senza fondo sembra essere l’antenato delle innumerevoli creature…la natura del Tao è senza forma e inafferrabile…eppure contiene le cose e l’essenza della vita…”.

  5. Il vuoto e gli atomi: Democrito non aveva dubbi, i processi naturali e la realtà sono formati da questi due elementi. E uno è essenziale all’esistenza dell’altro. Buono per la ciambella, per la scatola di Vincenzo, per le lampadine, per la fusione nucleare. Sbugiardando quel genio di Aristotele e la sua teoria dell’horror vacui.

    Quel grande saggio di Lao Tsu invece lo sapeva e lo ha scritto nel suo Tao Te Ching – sembra una banalità, ma come diceva Kraus, se devi nascondere qualcosa mettilo in superficie. Il vuoto è il complemento del pieno, lo yin e lo yang, il bianco e il nero, il tutto e il nulla. Ciò non toglie che quando mi affaccio a un balcone tutto quel vuoto mi atterrisce e devo ritrarmi, maledicendo la mia propensione per le vertigini…

  6. il concetto di vuoto è un pensiero positivo!
    prova a pensare ad una scatola vuota,quante potenzialità!!!!!!!!!!!!!!la puoi riempire di tutte le cose che tu voglia,e poi toglierle e metterne altre,comunque quel vuoto ti serve a qualcosa,foss’anche a farti apprezzare che il vuoto è un’idea momentanea,se poi riempi la scatola,o un dato eterno se tu conservi la scatola senza riporvi niente……………

  7. Il problema del vuoto mi fa pensare a Seneca e alle sue riflessioni sulla brevità della vita. Egli sostiene che quel che conta non è la quantità, cioè la presunta brevità della vita, ma la qualità, il come viene usato il tempo che ci viene concesso di vivere. Le occupazioni futili ci distraggono e ci distolgono dal curare il nostro io. Chi è sempre di corsa, chi è indaffarato, chi è preso dalle passioni, chi è tutto proteso verso il futuro consuma i suoi anni senza rendersi conto di aver sperperato del tempo in balia della sorte, dei desideri, dei pregiudizi e delle consuetudini. Agli occupati il tempo sfugge di continuo. L’uomo saggio si sottrae alla lotta vorticosa del presente e non dissipa il suo tempo. E’ necessario essere vuoti, liberi da false occupazioni : Quel vuoto è indispensabile per aver cura del nostro essere, per riappropiarci del tempo che altri o le passioni ci portano via.

  8. Tra Parmenide, nozioni di fisica e concetti ontologici, avete scritto tutti cose veramente belle e con cui concordo in pieno. E com’è che adesso tocca a me abbassare il livello della discussione????
    Vabbè, lo faccio lo stesso: a me sono venuti subito in mente i cosidetti “vuoti a rendere” e “vuoti a perdere”, splendida metafora per distinguere, secondo me, tra tempi morti, unicamente oziosi e tempi “quieti” di riflessione, il vuoto utile insomma. Quello che si trasforma in qualcos’altro, che, per rimanere nella metafora del contenitore, si ricicla in qualcos’altro e che per questo diventa utile: proprio come le bottiglie di vetro della “Lete” che mio nonno riportava al vinaio, tanti anni fa. Non c’era spreco in quel vuoto, era un punto di ripartenza. Come il numero zero. Del resto anche in matematica, l’insieme vuoto è comunque un insieme esistente, anzi è proprio quello da cui partono tutti gli insiemi finiti.
    E’ che noi siamo abituati a dare accezioni negative a “ciò che non è”, ma la realtà è che il non essere è esattamente come l’essere e il vuoto è esattamente come il pieno. Nè migliore, nè peggiore. Dipende sempre dall’uso che se ne fa.

  9. A me il vuoto piace.
    Nel troppo pieno ci sto stretta, nel vuoto ti puoi muovere , mi sa di libertà.
    In Matematica lo “zero” e “l’ insieme vuoto” sono importanti per stabilire relazioni e proprietà.
    La storia dello “zero” è affascinante, fu introdotto in India credo nel II sec a. C. per indicare l’assenza di una cifra, divenne poi una cifra vera e propria, da noi in occidente arriva molto più tardi , quando si affermò definitivamente il sistema di cifre posizionale (per i non amanti della matematica :il valore di un nimero dipende dalla posizione delle sue cifre ).
    anche in Fisica il concetto di vuoto è molto interessante, ma non mi cimento, non è il mio campo…
    Tornando alle cose più normali, adoro il tempo vuoto, non lo temo, anzi me lo cerco.
    Non sono una fanatica del fare ad ogni costo, mi piace fermarmi ogni tanto per riflettere, pensare, raccogliere le idee, per ascoltarmi.
    Mi piace la notte senza rumori e senza le urgenze del giorno.
    Mi piace anche la storia della scatola, mi sembra un invito a riempirla, a conservare per non dimenticare.

  10. creare attorno a un vuoto. ci deve essere una vena di pazzia nei pubblicitari per pensare così … infatti hanno inventato il consumo,in maniera sottile, suadente e argomentata ti hanno rincitrullito così bene che sei convinto di essere un carrello della spesa e che alle casse devi arrivare traboccante a rischio di perdere qualcosa nelle file del supermercato. che importa se le uova saranno frittata, le hai messe nel carrello e paghi. se si è rotta la scatola del riso. la bottiglia d’acqua bucata o, al solito, la confezione di detersivo che sgocciola : le hai prese, le desideravi e le hai prese. vagli a spiegare che eri solo x quella miscela di caffè che era finita o quella bottiglia di vino. digli che hai riempito di cose inutili perchè andavi di fretta e che solo al portone di casa ti ricorderai che dovevi comprare anche il pane.
    quel carrello sei tu. fermati, chiudi gli occhi, respira piano:cosa vuoi? sei ancora in tempo, non ti vedranno se toglierai qualcosa di inutile o se vorrai cambiare qualcosa; attento però a non perdere il posto nella fila, certe occasioni sono uniche.

  11. il pieno è la fine, è il vuoto ad essere l’inizio…il pieno ha senso e valore solo se può essere svuotato. Un bicchiere pieno è buono se diventa vuoto, un portafoglio pieno solo se ne spendi il contenuto, un cuore pieno funziona solo se si contrae ritmicamente e si svuota per poi riempirsi e svuotarsi..vivo sino a che non si ferma..E devi fare il vuoto nella mente se cerchi la meditazione e l’ascolto del “se”. Poi il vuoto è desiderio del pieno, stimola l’immaginazione e la creatività: lo stomaco vuoto sogna il cibo e il foglio vuoto chiama tratti segni e disegni. Il vuoto mi attira, mi ci vorrei adagiare e farmi contenere come in una cuccia e quindi…buonanotte il consolante vuoto del sonno mi attira e mi costringe

  12. Stefania dice che non è facile riconoscere al vuoto una sua ragione d’essere. Penso che sia molto vero, e la ragione è che ormai buona parte di noi vive in una sfera di conformismo intellettuale dove imperano gli stereotipi. Quindi il vuoto, il buco, è una mancanza, una negatività.
    Ma la mollica lanciata da Vincenzo se mangiata e digerita a dovere ci dice che il vuoto è esattamente il contrario. Un bicchiere vuoto è pronto ad accogliere, uno pieno no. Il pieno è la fine, è il vuoto ad essere l’inizio.
    Pieno e Vuoto sono una classica dicotomia inscindibile, come lo Spazio-Tempo, e quinvi vanno pensati in una maniera terza.

    Ma il vuoto è poi veramente vuoto?. La fisica quantistica ci dice che quello che consideravamo spazio vuoto brulica di attivià, energia e particelle che apppaiono e scompaiono. Tutto la materia che siamo in grado di vedere rappresenta solo il 5% di tutta la massa esistente. L’altro 95% di materia, è invisibile, è la materia oscura, il vuoto !

  13. Storia Vera
    Un Natale di un pò di anni fa uno dei miei amici del cuore (eh sì, ormai lo sapete, sono una persona molto fortunata, ne ho più di uno/a) mi portò in regalo quella che al tatto era una scatola di cartone. Per quanto fosse avvolta in una carta natalizia, era evidente che era una scatola, e naturalmente finì sotto l’albero assieme a tutit gli altri regali. Viene il momento di aprire i pacchetti, e viene il momento della scatola del mio amico Salvatore. Strappo la carta e appare questa bella scatola rossa, coi Babbo Natale disegnati, di quelle che solitamente usiamo per metterci dentro i regali. Papà dai aprila, mi dice Riccardo, che al tempo aveva 3 anni. La apro e scopro che è vuota. Mi commuovo. Riccardo mi dice papà non ti dispiacere che dentro non c’è nulla, la scatola è bella. Gli dico che non sono dispiaciuto, che, al contrario, sono felice. Mi chiede perché. E io glielo spiego. Lo volete sapere anche voi? E mica avete tre anni. Quello che posso dirvi è che se venite a trovarmi difficile la mia scatola la trovate esposta in bella mostra. E guai a chi me la tocca.

  14. Mi verrebbe da dire “Ritorniamo a Parmenide”.
    Poiché il principio di non contraddizione, caro a noi occidentali, qui viene bellamente ignorato.
    Tuttavia non voglio esimermi dalla nuova sfida che Vincenzo lancia…come al Circo, cari signori “è sempre più difficile”.
    Devo dire che la filosofia esposta nell’incipit, trova in me una sostenitrice, in quanto sono fermamente convinta dell’utilità di tutte le cose. Peraltro devo confessare, che anche i miei meccanismi di difesa si nutrono principalmente della razionalizzazione; in questo modo mi consolo sempre, attribuendo alle mie sconfitte secondi fini.
    Non è facile riconoscere al vuoto una sua ragione d’essere, in quanto, nella vita, tendiamo al “Horror vacui”, riempiendo tutti i buchi con attività più o meno importanti. Temiamo il silenzio e l’inattività, scordando, alle volte, quanta rilevanza potrebbe avere il tempo della riflessione. Ci circondiamo di amici, per timore della solitudine, che sarebbe forse importante, per capire noi stessi. Il non-essere diviene, in quest’ottica, un disvalore e il “fare” diventa un progetto politico.
    Trovare un equilibrio tra il vuoto e il pieno potrebbe essere l’obiettivo da raggiungere.
    Come dice il saggio: “Il miglior silenzio non fu mai scritto”.

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