Mi sono concesso quasi una settimana di tentennamento, il fatto è accaduto sabato scorso, ma poi ho deciso di raccontarvelo, anche se il fatto è di quelli che basta poco per finire nella cartella “tarallucci e vino”, di più, “Napoli, Pulcinella, la pizza e il mandolino”, ancora di più, “chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, ha dato, scurammece ‘o passato” insomma proprio quelle cartelle che io non sopporto, di più, le detesto, perché penso che noi napoletani con questa filosofia ci siamo fatti già troppo male, che per noi domani non sarà mai un altro giorno fino a quando non torneremo a indignarci, a ribellarci, a impegnarci, a cambiare profondamente noi stessi e molti dei nostri modi di fare.
Perché ho deciso di raccontarvelo? Non ve lo dico, tanto leggendo leggendo lo scoprite da soli.
Sabato 24 settembre, scendo come ogni sabato quando vado da Cinzia alla fermata della Cumana del Fusaro. Si chiudono le porte, il segnale è verde, il treno sta per ripartire, quando un vecchietto con un bastone in una mano, un paniere di frutta nell’altra, “si butta” dal lato opposto sui binari e comincia lentamente ad attraversarli.
Il movimento del treno è quasi impercettibile, poi ritorna fermo. Il vecchietto con faticosa lentezza attraversa i due binari e risale sul “nostro” marciapiede. Il macchinista abbassa il finestrino e gli dice “nonno, c’è il sottopassaggio, non dovete attraversare i binari, può essere molto pericoloso, può passare il treno e succede una disgrazia”. Il vecchietto prima non risponde, la testa china, poi sussurra “lo so”, senza alzare gli occhi da terra, poi si ferma, rimane immobile, senza aggiungere né chiedere altro. E’ il macchinista a domandargli “ma voi non dovete prendere il treno?”. Solo a questo punto il vecchietto muove appena la testa mentre il viso gli diventa rosso fuoco. Il macchinista sorride, gli apre le porte, gli dice “Avanti, salite, ma non lo fate più”. “No no no”, “grazie grazie grazie”. Poi le porte si richiudono e il treno riparte.
Certe volte penso che è vero. Napoli è davvero una città particolare.
Cosa dire? Il vecchietto ha attraversato i binari, pur conoscendo le regole e le conseguenze delle sue azioni. La sola sua attenuante è l’età. Il conducente, fortunatamente, si è accorto in tempo dell’avventata azione e, pur avendo il segnale di via libera, ha fermato la vettura. La differenza tra l’uomo e la macchina sono i sentimenti, la capacità di potersi fermare in tempo, di provare comprensione. Se lì ci fosse stato un robot, la tragedia sarebbe stata inevitabile. Non credo che il vecchietto abbia attraversato i binari solo perché da sempre ha imparato che esistono le regole e si possono tranquillamente trasgredire, perché in fondo in fondo si è sempre fatto così. Mi piace credere che sia stata solo superficialità. Allo stesso modo sono contenta che, nonostante la regola prevedesse la partenza al segnale di via libera, il conducente abbia deciso di non rispettare l’ordine ma di salvare una vita.
luogo: italia. napoli è una città come tante ce ne sono in questo nostro paese, come milano, come bologna, firenze, roma, torino. città tormentate, città flagellate da una marcescente classe politica collusa con le mafie e il malcostume, città assediate dalla povertà che incombe ogni giorno di più e dall’indifferenza che è anche peggio. aree urbane dove la gente comune fa fatica anche a sognare oramai, dove uno spicciolo di umanità manifesta diventa particolarità. i tempi magri ma ricchi di solidarietà e altruismo del vetturino interpretato da aldo fabrizi sono lontani anni luce; sì, è giusto e necessario vivere il presente con tutto il suo progresso, basterebbe solo nn aver paura di viverlo per come si è, senza inseguire falsi valori, falsi modelli, senza soffocare – soprattutto – quel bisogno di socialità, comunicazione e cooperazione che contraddistinguono noi mammiferi, istinto compreso. ecco, cerchiamo di nn perdere irrimediabilmente quell’istinto altruistico, quella compassione – altissimo valore secondo me – che finora ci ha consentito la sopravvivenza e la continuità della specie.
Non mi sembra un episodio da Simme ‘e Napule paisà. Anzi mi meraviglio della tua meraviglia. C’è un vecchio bisognoso, e in difficoltà, e una persona disponibile che gli presta ascolto. Non c’è una spiegazione. Si chiama carità (e i credenti aggiungono, cristiana). Certo in questo mondo, in cui tutti gli atti hanno un fine, un gesto di solidarietà appare come un gesto straordinario, ma, a ben pensarci, non c’è nulla di eccezionale.
E poi, pensa, oggi è la giornata dell’anziano. Una volta si chiamavano vecchi ma ne avevamo molta più cura.
Questa storia ha provocato due reazioni: la prima di comprensione e umanità verso il macchinista che, fermandos, fa salire il vecchietto in questione, la seconda il fatto che se il vecchietto percepisce che, facendo così, riesce a prendere il treno, la prossima volta si ammazza!!!
E torniamo di nuovo al rispetto di regole e regolamenti….
Immagino due possibili finali: se il macchinista non avesse fatto salire il vecchietto, l’indomani spuntava sui giornali ” Anziano lasciato sul marciapiede…..in che mondo viviamo…non c’è più umanità, cmprensione…”
Oppure peggio, se il macchinista non avendolo visto ,fosse partito, pur avendo il verde sul semaforo, sicuramente passava un guaio, e grosso….
Viviamo così oscillanti tra comprensioene e rispetto delle regole…
Ma quello che veramente mi fa pensare è l’età del personaggio, se fosse stato un ragazzino a fare questa stupidaggine, mi sarei arrabbiata di meno, ma un adulto dovrebbe avere maggiore senso di responsabilità, maggior senso civile, dovrebbe rendersi conto che questo gesto , visto l’epilogo , potrebbe essere imitato con tutte le conseguenze del caso….
Siamo noi, noi “adulti” che sbagliamo….purtroppo!!!!