La notizia che mi ha spinto a scrivere stamane sulla bacheca di Facebook che di George Clooney ammiro la bravura e invidio la bellezza è stata la sua supposta avversità per i Social Network in generale e per Facebook in particolare. Sulla stessa agenzia di stampa ho letto anche che Rosario Fiorello ha dichiarato che di questi tempi non trova molte ragioni per andare in televisione. Fermo restando che magari domani scopriremo che Clooney ha 67 mila amici su Twitter, che Fiorello presenterà Sanremo al posto di Morandi, e che i social nework e la tv si possono amare o odiare anche assieme, ho pensato che il pretesto per discutere c’è e se non c’è il vantaggio dei blog è che al massimo non ci sono commenti, comunque non ci sono canoni da pagare nè spazi fisici da affittare. Ops, dite che così finisco con l’influenzarvi? Se avessi questa capacità realizzerei il sogno incoffessato della mia vita, quello fare il mago in televisione, sì, proprio quello che si fa raccontare da te i fatti tuoi e poi te li dice come se ti stesse svelando il terzo segreto di Fatima. Eh sì, per realizzare il mio sogno sarei disposto a fare molti sacrifici. A ricomprare la televisione no, a quello vi ho già detto che non ci penso proprio. E poi il mago a me non mi serve. Lo vedo nello specchio ogni mattina. Adesso sto cercando di imparare come si fa a scomparire e poi a ricomparire, magari da qualche altra parte, sì, una specie di teletrasporto, ma questo ve lo racconto un’altra volta. Buona partecipazione.
Ecco, adesso dire una cosa intelligente dopo 3 colossi di enakapata è cosa molto molto ardua. Concordo in pieno sul fatto che la televisione di oggi sia inguardabile, fatta eccezione per pochissimi programmi. E mi trovo anche in accordo con il fatto che la nuova frontiera digitale sta cambiando tutto e rappresenta il nuovo “attivo” e “partecipativo”. Sempre se non si esagera e se la si inserisce in tante altre attività della nostra vita. Detto questo però, io resto fedele al mio media preferito: la radio. Dite che posso ascoltarla anche da internet? vero. Ma non è la stessa cosa per me, forse perché ci ho anche lavorato per due anni con un programma che andava in diretta il venerdì mattina. Io l’ascolto, quando posso, praticamente l’intera giornata. Al mattino Il ruggito del coniglio, programma che ha quasi 20 anni e che non mi stanca mai, il primo pomeriggio ascoltavo w radio 2 (appunto con Fiorello, che alla radio è tutta un’altra storia… un genio, con una squadra di autori coraggiosi e completamente fuori di testa) adesso ascolto musica, perché il programma non c’è più. Poi il pomeriggio è consacrato a 610 (con Lillo e Greg) e a seguire a Caterpillar… sempre su radio2. Mi domando perché la rai abbia programmi radio ineguagliabili e faccia trasmissioni tv da vomito e mi rispondo pure: la radio, nonostante le tante epurazioni che pure sono state fatte, resta uno spazio in cui ancora un poco si può sperimentare, in tv vince la legge dell’auditelraccattasoldi. E soprattutto vince un conflitto d’interessi, caso unico nel mondo occidentale.
A me piace tanto la radio. L’ascolto sempre, quando posso perché mi consente di continuare le mie occupazioni. Devo confessare, però, che la sera, quando tutto e tutti sono a posto, non c’è più bisogno di me, sprofondo nella mia amata poltrona, in camera da letto e guardo i miei programmi preferiti. Non c’è una rete che guardo in assoluto ma guardo i programmi che mi piacciono selezionandoli attentamente. Devo anche dire che, a volte, me ne perdo buona parte perché se non tengono viva la mia attenzione, immancabilmente mi addormento per poi riavermi, spegnere e andare a letto. Esiste poi il telecomando, che è uno strumento molto democratico e se non ti piace cambi o spegni, ma rinunciare a questo mezzo mediatico, mi dispiace, non ci riesco.
La tv è morta quando si è scoperto che fare pubblicità “paga “di più di tutto il resto : sceneggiati, teatro, film (senza interruzioni), varietà (sobri) con ballerini “veri” e cantanti “bravi”…
Così invece di proporre cose gradevoli, interessanti, divertenti e qualche volte istruttive senza guardare l’ indice d’ascolto, ci propinano stupidate, che attirano un pubblico stanco , che non vuole “pensare”, e che, contemporaneamente, subisce un lavaggio di cervelo a base di pubblicità…le cose “interessanti” di notte quando la pubblicità costa molto meno….
Tutto questo però, ha ragione Adriano, è agli sgoccioli…
Dal mio piccolo osservatorio domestico, Enrico (23 anni ) Claudia (22 ), non guardano quasi niente….solo qualche film, qualche serie tv (Claudia), qualche programma di approfondimento politico (Enrico) , altrimenti se ne vanno in rete ed interagiscono con il loro mondo…
Devo dire che la tv a casa mia non ha mai avuto un ruolo importante , si accende solo al tg dell’ ora di pranzo e di sera tutto il resto …..è noia!!!!
L’impero sta crollando, anzi si sta sgonfiando!!!!
Nelle ultime tre righe di Daniele c’è il cuore del problema. E’ in quelle righe che c’è scritto perché la televisione è “morta”. La tecnologia ci sta avvicinando a quello che siamo, nel micro del nostro copro e nel macro dell’universo, ossia un sistema a rete facente parte di un tutto. Non che non lo fossimo anche prima ma adesso che un fatto in più; la tecnologia sta abilitando le nostre capacità di concepirci rete, di sentirci nodi di commutazione, di essere produttori di comunicazione, produttori di pensiero, di essere oggetti e soggetti di relazioni impensabili solo pochi anni fa. Internet ed il web non sono più una tecnologia, sono un tessuto vivente di emozioni, di sensazioni, di conoscenza e di relazioni tra umani. Noi stiamo cambiando, chi prima chi dopo, ma stiamo modificando il nostro essere. La “televisione” non c’entra nulla con tutto questo; sta sparando le ultime cartucce ormai scadute e quindi ancor più puzzolenti e dannose. Fa parte del mondo degli umanosauri che continuano imperterriti a rimanere aggrappati al vecchio (che non è “antico” intendiamoci bene) come i decennali dittatori asiatici, come i fondamentalisti di ogni risma e come buona parte dei nostri politici. Umanosauri che si estingueranno pena l’estinzione planetaria.
Mentre scrivo mi dicono che al TG5 l’uscita dei minatori cileni è stata paragonata all’uscita dalla casa del grande fratello.
Capisco l’umano sentimento di “rimpianto” di Daniele, ma personalmente preferisco o mi sforzo di pensare a quante belle cose nuove (o da re-inventare) saremo in grado di pensare e di produrre. L’oscurantismo, ossia la cultura che mi pari imperi nei media tradizionali, tende a portarci verso il basso, a farci vedere tutto negativo, fatiscente, putrido, educandoci alla nostalgia del passato. Il passato per me è memoria e quando invece diventa rimpianto ne vedo i rischi; ovviamente è anche il segno di un tempo malato. Sono sinceramente preoccupato dei molti segnali negativi che vedo in giro, e non mi soffermo per non aprire un altro fronte di discussione, ma bisogna dare spazio, il più possibile a quanto invece di positivo esiste e che viene schiacciato, sottovalutato, celato o combattuto. Forza dunque, spegnete la televisione il più possibile e datevi da fare 🙂
La televisione è morta. almeno da una ventina d’anni se non di più. È morta con il rimpianto di grandi varietà e grandi sceneggiati ormai irripetibili. Al suo posto c’è un simulacro, una sorta di parodia di quello che la gente faceva al bar: spettegolare, denigrare, litigare su tutto. Si è suicidata quando ha inseguito l’audience, il gradimento becero e popolare dei reality show, che si sono trangugiati tutto il resto, anche i programmi di servizio come “Chi l’ha visto?” o “Forum”, ridotti a brutte copie di quelli condotti da Donatella Raffai e Catherine Spaak. Sopravvivono i film, i telefilm e il calcio, ma solo sui canali a pagamento.
Fiorello non mi è mai piaciuto. Di Clooney conosco il personaggio di ER – il dottor Ross – e il ladro di Ocean Eleven. Comunque hanno ragione tutti e due: il primo fa bene a dire che la televisione di oggi fa schifo, anche se ci campa, a quanto risulta dagli spot con la talpa che inondano i programmi e “scassano i cabbasisi” per dirla con il buon Montalbano, ottimo esempio di tivù positiva. Il secondo, cioè Clooney, è nel giusto se pensa che i social network tolgono energie e tempo ad attività più proficue. Come sempre, basta non esagerare: in medio stat virtus. (E passiamo sopra al fatto che “Uno, doje, tre e quattro” è stato reso possibile da Facebook, altrimenti non sarebbe neanche esistito, anzi non sarei nemmeno qui a scrivere questo commento. Magari starei guardando un film con Clooney alla tivù, invidiandogli la bella di turno).