Viva l’Italia

Rosa, 25 anni, mi scrive da Milano, anche se nell’era della posta elettronica New York o la stanza a fianco per noi pari sono diventate. Mi dice che alla fine un lavoro l’ha trovato, che esce alle 7.30 di mattino e torna alle 8.00 di sera. Che le danno la bellezza di 300 euro al mese. Di mio aggiungo che Rosa si è laureata con 110 e lode, laurea magistrale, in Scienze della Comunicazione e che può vivere questa “esaltante” esperienza perché si “appoggia” alla sorella che è a Milano.

Mario, 19 anni, lo incontro a Napoli un sabato fa. Funicolare centrale, prima corsa, quella delle 6.30. Io che da tempo ho rinunciato a fare a botte con il sonno sono appena uscito dal bar, lui che si reca come ogni mattina al lavoro. Mario non lo conosco, gli sento dire che la sera precedente a scuola prima si è fatto interrogare poi si è addormentato. Gli chiedo che fa, mi spiega che lavora in un bar del Vomero, ore 7.00 – 17.00, 7 giorni su 7, per 100 euro a settimana. Aggiunge che al padre ha detto che ne guadagna 120 e che già così, al padre, sembrano troppo poche, e che lui nel frattempo dopo 3 anni è tornato a scuola, economia aziendale, si è reso conto che è importante, che deve prendere il diploma.

Antonio, 72 anni,
lo conosco da una vita, e da una vita mi racconta di quando nelle fabbriche i vecchi operai “passavano le consegne” ai giovani che avevano varcato per la prima volta i cancelli, di come attraverso la trasmissione delle esperienze, delle conoscenze formali e informali, si creava un ponte tra passato e futuro, tra il “vecchio” e il “nuovo”, che si basava certo sulla preparazione tecnica e professionale, ma che finiva fatalmente per investire i rapporti umani e sociali tra persone di generazioni diverse. I vecchi lasciavano tracce che aiutavano i più giovani a formarsi ed essere autonomi. Vecchi e giovani davano senso al loro lavoro e ciò incrementava il loro capitale di fiducia, conferiva significato non solo alla loro dimensione lavorativa, ma anche a quella esistenziale, familiare, sociale.

Perché vi racconto tutto questo? Perché penso che Rosa, Mario e Antonio dovrebbero essere trattati da questo paese molto meglio di come vengono trattati. Perché penso che prima lo capiamo e meglio è, non solo per Rosa, Mario e Antonio ma anche, soprattutto, per l’Italia. Perché penso che dare valore al lavoro, al rispetto, al futuro sia un buon modo per pensare ai nostri prossimi 150 anni. Lo so che tra un po’ viene Natale, ma purtroppo con queste cose qua Babbo Natale non c’entra. Ci vuole una nuova classe dirigente. Paese avvisato mezzo salvato.

1 commento su “Viva l’Italia”

  1. e’una considerazione che mette in parole il giusto svolgersi della vita, senza un’inutile contraposizione di generazioni, ma con la considerazione dell’ esperienza ed il rispetto verso coloro che lavorano veramante e non solo a parole.

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