La giacca

Certo che lo so che solo gli “over non ve lo dico quanto” si ricorderanno che è una bellissima canzone di Claudio Lolli, che poi magari uno di questi giorni ve la faccio sentire su Facebook, ma tanto la giacca del titolo non è quella lì, ma la giacca che avrei voluto comprare per la presentazione di Bella Napoli  di mercoledì.
Sì, avrei voglia di una giacca nuova, ma per me è sempre un problema trovarla con i saldi, non tanto per i 197 cm di altezza, ma per le braccia troppo lunghe, ci vorrebbe una drop 8, ma questi non le fanno quasi più le drop 8, a meno che non decidi di andare in un negozio specializzato e sei disponibile a spendere una cifra esagerata.
No, io non sono disponibile, e non solo per un fatto economico anche se pure quello conta, ma perchè poi in fondo con le giacche non ci prendo molto, bisogna abbinarla con i pantaloni e le scarpe giuste, insomma è una complicazione, diciamo che amo di più vestire “casual”, oppure scombinato, come diceva Luigi Santoro, sì, proprio lui, il mio amico – maestro – fratello maggiore a cui è dedicato Bella Napoli.
Talmente che mi metteva in croce per il mio modo di vestire che la storia della prima volta che sono arrivato a casa sua con il mio esckimo innocente, la barba e i capelli lunghi se la ricordano ancora sia Gianna, la moglie, che Nando, Massimo e Fabrizio, i figli. Sì, diciamo che  mella storia della famiglia Santoro rimarrò incaccellabile per due cose, per quanto ero brutto, di più, cavernicolo, conciato in quel modo e per la mia interpretazione de “Il vestito di Rossini”, sì, guardo caso proprio quello che nel ritornello fa “aveva solo un vestito da festa, se lo metteva alle grandi occassioni, ma poi gli dissero domani ai padroni, gliala faremo faremo pagar”.
Dite che vi devo far sentire anche questa su Facebook? Sarà fatto. Però voi se vivete o passate dalle parti di Napoli mercoledì 16 febbraio non dimenticate di venire alla Feltrineli Libri e Musica di Piazza dei Martiri. Secondo me ne vale la pena, poi vedete voi.

2 pensieri riguardo “La giacca”

  1. Arrivare con l’eskimo e la faccia di Guccini certo doveva essere un bello spettacolo… Ma era una divisa, la tua divisa. Ed erano altri tempi. L’altro giorno mi è capitato di vedere un servizio su una partita di campionato tra Roma e Napoli negli anni ’60: tutti gli spettatori erano in giacca e cravatta, l’abito della festa insomma. Inconcepibile per noi che vediamo beceri tifosi a torso nudo dimenarsi sugli spalti. Era una convenzione sociale, che il Sessantotto e lo scorrere degli anni hanno provveduto a cancellare. Io ho sempre ritenuto che l’abito non fa il monaco, anche perché agli esordi della mia carriera lavorativa mi dovevo vestire con giacca e cravatta e invece mi sentivo dentro “casual”. È la solita storia dell’essere e dell’apparire. Io preferisco sempre l’essere: la giacca, l’eskimo, il giubbotto di pelle sono soltanto la buccia che lo riveste. E la giacca e la cravatta le indosso solo ai matrimoni, salvo abbandonarle sulla sedia già all’antipasto…

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