E’ stata la mia amica Bianca Arcangeli, prof. di Metodologia delle Scienze Sociali a Salerno, a chiedermi se avevo voglia di raccontare ai suoi studenti del primo anno la ricerca sul lavoro che stiamo portando avanti su Timu.
Detto che se mi chiedete cosa ho risposto vi tengo scompagne/i aggiungo che sono venuti anche un pò degli studenti del terzo anno che seguono il mio corso di Sociologia dell’Organizzazione e che il piccolo esperimento ha dimostrato, e vi assicuro che ce n’è bisogno, mamma come ce n’è bisogno, mica solo a Salerno, che studiare e lavorare assieme fa bene alla salute, degli studenti e dei loro prof.
Come provo a fare ogni volta in queste occasioni, la sera mi sono appuntato un pò delle cose dette e qualche considerazione utile per i vagabondaggi prossimi venturi; ve le segno qui, nel caso vi faccia piacere condividerle:
1. Timu e Fact Checking, le piattaforme Ahref per storyteller e citizen reporter che sulla base di un metodo condiviso decidono di raccontare storie, fare inchiesta, verificare notizie, in maniera partecipata.
2. Il rapporto tra Bella Napoli, il libro nel quale racconto la mia città attraverso la passione e il rispetto dei napoletani per il lavoro e Le vie del lavoro, l’inchiesta promossa da Fondazione Ahref e Fondazione Giuseppe Di Vittorio per raccontare l’Italia attraverso la passione degli italiani per il proprio lavoro, la voglia di farlo bene a prescindere.
3. Perché la scelta di raccontare il lavoro ben fatto. Illustrazione dell’ ipotesi di partenza (esiste in Italia il lavoro ben fatto?), del metodo utilizzato (accuratezza, legalità, indipendenza, imparzialità), della tecnica di rilevazione adottata (testimonianza guidata da tre domande: un’immagine, un ricordo, un fatto che riassume come il lavoro è entrato nella vita dell’intervistata/o; il racconto del proprio lavoro, come si svolge concretamente; perché il lavoro vale, dà significato alle nostre esistenze), dell’obiettivo finale (il racconto dell’Italia che lavora bene a prescendere come leva per il cambiamento culturale – dare più valore al lavoro meno valore ai soldi; dare più valore a ciò che sai e sai fare e meno valore a ciò che hai – di cui ha bisogno il Paese).
4. L’incidenza della serendipity, il concetto di isomorfismo, i processi di competizione collaborazione, la possibilità di dare nuovo senso e significato ai contesti nei quali viviamo.
5. Illustrazione di alcuni esempi (lavoratrici nigeriane che fanno le sarte; Enzo Paparone, parrucchiere; Antonio Zambrano, ebanista; Costantino Menna, ingegnere dei materiali; Carmine Brucale, ricamatore; Geremia Pepicelli, ingegnere elettronico).
6. In che senso e perché “fare é pensare”, la discussione tra Hanna Arendt e Richard Sennett.
7. L’invito a interagire, partecipare, contribuire con le proprie storie alla nostra ricerca.
pps
queste sono invece le considerazioni personali, magari un po’ troppo generose nei confronti del proprio prof., di Maria Grazia De Giovanni, studentessa del terzo anno di sociologia 🙂
L’idea di questa ricerca è geniale e unica, perché introduce un cambiamento culturale : dall’esempio positivo delle persone intervistate ognuno di noi può apprendere, comprendere, fare. “Le parole insegnano, ma gli esempi trascinano” diceva Sant’Agostino , ed è proprio vero.
Questi esempi di laboriosità, professionalità , passione, correttezza, amore per il proprio lavoro portano un’ondata di ottimismo, di opportunità, di possibilità di credere che un mondo migliore non solo è possibile, ma esiste già! Bisogna solo farlo emergere e farlo conoscere, proprio come questa ricerca sta facendo. Io sono perfettamente d’accordo con questa idea , infatti avevo pensato, prima di conoscere questa ricerca, di ideare una rubrica del TG nella quale raccontare proprio storie positive di persone normali,per far conoscere la straordinarietà della quotidianità !!!
Un aspetto che mi ha colpito nei racconti degli intervistati è l’assenza dell’aspetto economico. E questo è qualcosa di eccezionale, perché le persone sono così soddisfatte del lavoro che fanno , di come lo fanno bene e di come lo potrebbero fare sempre meglio, che il guadagno che essi ne traggono non viene per niente menzionato, è qualcosa che viene in secondo piano. E questo è un grande insegnamento che dovrebbe arrivare soprattutto ai giovani, spesso ingannati da falsi miti o eroi proposti dai media e spinti alla ricerca di lavori ben retribuiti o molto visibili , tralasciando quelle che sono le loro attitudini, capacità e genialità.
“Ognuno porta in sé come nucleo del proprio essere una unicità produttiva, e se diviene consapevole di tale unicità, intorno a lui compare lo splendore dell’insolito” (F. Nietzsche).
ps
qui trovate la storia pubblicata su Timu da Lina Donnaruma, studentessa del primo anno di sociologia 🙂
https://timu.civiclinks.it/it/m/content/dalle-acque-allo-spazio-volevo-diventare-un-navigatore/