Il partito che non ho e lo scemo che inizia

Dello scemo che inizia e della sua rilevanza in talune circostanze ho avuto modo di scrivere tanto tempo fa su #lavorobenfatto, anche se al tempo si chiamava “della leggerezza”. Questa volta più di ogni altra volta la parte dello scemo che inizia la faccio volentieri io, mi sembra in qualche modo inevitabile visto che non me l’ha prescritto il medico di lanciare questo spazio di riflessione e di discussione sul partito che non ho.

Per cominciare vi dico allora che il partito che non ho e che vorrei tanto avere ha le seguenti caratteristiche:

1. è un partito (non un movimento, un’associazione, o altre cose meravigliose e anche assai utili che però non sono un partito) che elegge gruppi dirigenti che esprimono leader (a livello nazionale e locale) e non leader che cooptano e si scelgono gruppi dirigenti (che non sono staff, che non è una brutta parola ma definisce persone che hanno compiti e funzioni diverse da un gruppo dirigente);
2. rispetta chi lavora e dà valore al lavoro, tutto il lavoro, quello che c’è e quello che verrà (lavoro dipendente agricolo e industriale, scuola e ricerca, lavoro artigiano, maker, designer, start upper, partita iva, fabber, impresa, quella piccola, piccolissima e familiare in primo luogo, ecc.), e si propone per questo di rappresentarlo sul terreno politico;
3. propugna un concetto di equità che in ogni circostanza assegna la priorità a chi si trova in condizioni di svantaggio;
4. definisce il proprio programma di governo intorno a quattro parole chiave: cultura, innovazione, lavoro, bellezza.
5. rispetta la legalità e le regole e ne diffonde la cultura e la pratica su ogni terreno, a partire da quello politico, economico, sociale.

Ecco, adesso che vi ho detto i titoli di come mi piacerebbe che fosse il partito che non ho, aggiungo due cose:
la prima è che naturalmente conto nei giorni a venire di ritornare su ciascuno di questi punti, in maniera tale da offrire alla discussione un quadro il più possibile definito del mio punto di vista;
la seconda è che data per assodata la buona educazione e il rispetto della dignità delle persone (niente razzismo, sessismo, ecc.) la discussione è davvero aperta e le differenze non sono tollerate, ma auspicate.

Ecco, per adesso è davvero tutto.
Benvenuti sul blog del partito che non ho.
vincenzo

5 pensieri riguardo “Il partito che non ho e lo scemo che inizia”

  1. facendo la parte o comunque scemo, mi viene da dire che per iniziare un nuovo percorso ci vuole un poco di coraggio da parte di coloro che sono stati gli attori di questa rovina, fateci una cortesia come diceva Viviani quando l’opera è furnuta pezzente o milionario si deve calare il sipario e si deve ricettare. Ecco andate in pace e cortesamente senza sbattere la porta. lasciatela aperta la porta e aprite anche la finestra in modo che arrivi aria nuova,che porti consapevolezza e concretezza sul territorio.

  2. Io mi associo (in altro loco precisavo “dalla spagna e a suon di nacchere”) e aggiungo una cosa: che non basta dare priorità al lavoro, bisogna anche definire e difendere un tipo di lavoro ben preciso, un lavoro che sia qualitativo e non quantitativo, non solo in termini di produzione, ma anche riguado ai diritti del lavoratore. Se parole come qualità, soddisfazione, impegno, passione, famiglia, amicizia, relazioni, sostenibilità venissero associate al modo di pensare alla parola lavoro allora potremmo cominciare a costruire un mondo meno schizofrenico, dove invece di lavorare per consumare si lavora per vivere, per stare bene con se stessi, per essere felici.
    La parola che aggiungo a quelle proposte da Vincenzo è dunque Decrescita (un po’ impegnativa e, mi rendo conto, un po’ buttata lì), perché credo che un partito che non proponga un ripensamento generale della società e dell’idea di lavoro che predomina oggi, non solo nelle nostre singole vite, ma nell’economia globale, non serva a granché. Anche parlando di innovazione, che condivido come punto chiave, credo che bisogna definire bene verso cosa si tende quando si innova, perché uno sviluppo non sostenibile, per quanto attraente per chi vive in un mondo più o meno sviluppato come il nostro, non prepara né un buon presente per tutti né un buon futuro per chi verrà dopo.
    Non vado oltre perché siamo solo all’inizio, e credo che ci sarà tempo per approfondire.
    Chiudo dicendo che io un partito che potessi sentire mio non l’ho vissuto mai, e mi piacerebbe davvero tantissimo averlo. Evviva gli scemi che cominciano ed evviva pure quelli che continuano!

  3. Ah, stai uscendo allo scoperto. Ecco che vuoi fare da grande, ti vuoi fare un partito; come direbbe Crozza/Razzi “fatti un partito tutto tuo”

    Partito Del Lavoro; hai notato la sigla che ne esce fuori? PDL
    Vabbeh, a parte questo ti faccio i miei migliori auguri, perché non si sa mai.

    È vero, “dirigenti” non è una brutta parola, e nemmeno “partito” lo è, tutt’altro. La vera brutta parola è “partitocrazia” che tutta un’altra cosa.
    Belle le quattro parole chiave del tuo programma di governo, sono curioso di vedere come le esplodi. Se anche io dovessi “farmi un partito tutto mio” ne aggiungerei una quinta (per me davanti alla altre quattro): “diritti”.
    Nel frattempo mettiamo un po’ di sale: ho letto nella sezione “about” che ti manca un partito di sinistra. Nel senso che non lo hai mai veramente avuto o che lo hai perso? (eh eh eh)

    Io non sono certo tra quelli che credono che destra e sinistra non esistano più, perché “sono tutti uguali”. Un paio di palle !
    “Ma cos’è la destra cos’è la sinistra”?, come cantava il signor G, che ridicolizzava mode, e manie, presunte di destra-sinistra. Puri atteggiamenti invece che vere pratiche.
    Facciamo un esempio a caso, il primo che mi viene in mente, io credo che una pratica “di sinistra” sia quella di spingere verso gli Stati Uniti d’Europa, una vera Europa politica, contro tutte le spinte nazionaliste e falsamente federaliste, stile Lega, quelle si di destra, da sempre.
    Oh no?

    Uno scemo che prosegue
    Adriano

  4. Per molti anni sono stato in partiti diversi (Psi 20enne- Pds/Ds 40/60enne) ed ho visto venir sempre meno la discussione “politica” (sui fondamenti, sulle idee e sugli ideali) e far diventare “politico” una discutere pieno di riferimenti falsamente politici teso a nascondere l’effettiva ricerca del “potere” (la “poltrona”). Questa mia triste constatazione non mi impedisce di ritenere fondamentale la forma “partito” che attraverso la militanza seleziona le persone più adatte a rappresentare le istanze del partito. Dubbi mi sono originati dalla mancanza di volontà di affrontare le “fatiche” che i “confronti” arrecano; la democrazia insita nei ruoli di maggioranza e minoranza; l’esporsi….Mi pare che che la “pancia” abbia assunto un ruolo preminente…..che il pensare sia diventato come il “mangiare” che quotidianamente va’ esercitato, digerito, defecato…e ..il giorno dopo ripetuto …(con alimenti “nuovi” altrimenti la noia e la monotonia incombono). Eppure non far morire le idee, non accettare l’andare a deriva è sostanza per la nostra “vita”.

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