chi lo ha detto che è una sciagura?

lab2.jpgVado subito al punto, dunque sarò necessariamente schematico, anche perché su questo punto con i pochi amici con i quali ancora parlo di queste cose insisto da almeno due anni: da tempo il Partito Democratico come progetto politico ha esaurito la sua spinta propulsiva, si è dimostrato incapace di interpretare e fare sintesi della domanda e dei bisogni di quel pezzo composito di società che intendeva rappresentare, per intenderci una buona parte di coloro che – come me – si riconoscevano nel progetto e nel programma politico del PCI e una parte – di fatto non altrettanto significativa – di coloro che invece si riconoscevano nella DC, nel PSI e in altri partiti minori.
Come si può scrivere in un post come questo (che non è un saggio) direi che nel corso degli anni, non solo questi ultimi, la difficoltà a «dire qualcosa di sinistra» si è fatta sempre più evidente, complici la perdita di egemonia culturale, i vincoli di bilancio posti dalla Germania e subiti dagli altri paesi, la scarsità di elite e classi dirigenti all’altezza delle sfide sociali, politiche ed economiche poste dalla contemporaneità.
Non è certo un caso che le difficoltà accomunino la sinistra in tutta Europa e più in generale il fronte democratico e progressista nel mondo.  Ripetiamolo: nella contemporanietà la sinistra ha da molto tempo una diffusa difficoltà a intercettare le domande che vengono dal «popolo», dalla «gente», sempre meno dai «cittadini» dato che il concetto di cittadinanza presuppone un rapporto con le libertà, i diritti e i doveri sempre meno presupposta negli americani che si riconoscono in Trump o negli europei che si riconoscono in Le Pen, in Grillo e Casaleggio, in Erdogan, in Salvini e compagnia cantante. Non c’è più soltanto, forse neppure prevalentemente, una questione di programmi, c’è una questione di riconoscimento, di identità, di velocità, di delega, di ricerca di donne e uomini forti a prescindere dalla loro capacità di risolvere problemi, insomma di governare. Da questo punto di vista, Roma mi pare un esempio paradigmatico di questo stato di fatto – ma di questo magari ragionamo in un’altra occasione.

Ritornando al punto: dopo la sentenza della Corte Costituzionale e con il nuovo sistema elettorale che da essa è scaturito (e del quale comunque bisognerà tener conto nell’eventuale approvazione di una nuova legge elettorale da parte del Parlamento),  conviene presentarsi al voto con due liste, una del PD di Renzi, e un’altra – la chiamo per comodità il PD di Bersani, D’Alema e Altri – che dopo le elezioni, se ci sono le condizioni in termini di voti e di seggi parlamentari, si siede e stipula un patto di alleanza basato su un programma di governo.
Si, quello che penso io è che la somma dei voti che vanno al PD di Renzi con quelli che vanno al PD di Bersani e D’Alema sarà maggiore dei voti che prende il PD se continua la coabitazione forzata di Renzi, Bersani, D’Alema.

A sostegno di questa mia affermazione ricordo innanzitutto che tenere assieme cose diverse non ha mai portato bene alla sinistra dal punto di vista dei voti elettorali.
È stato così dal 1948 con il Fronte Democratico Popolare fino al  «i Progressisti» (PDS, PRC, Verdi, Partito Socialista Italiano, Alleanza Democratica, La Rete ed altri) del 1994, dall’apparentamento con Di Pietro del 2008 fino alla recente esperienza con Vendola nel 2013.

In secondo luogo, penso che il PD di Renzi abbia dei suoi elettori, dei suoi tifosi e anche dei suoi ultras, che naturalmetne sono assai lontani dal 40 percento di cui parla l’ex leader ma  hanno comunque una loro forte consistenza, come lo stesso risultato del recente referendum dimostra. Lontani dalla demagogia, e fermo restando la sonora e meritata sconfitta dell’ex Presidente del Consiglio, i voti presi dal Si con i problemi che ha il Paese e avendo contro praticamente tutti compresa una parte significativa del suo partito – in particolar modo al Sud – non sono affatto pochi. Penso che sarebbe interessante ragionare seriamente del perché Renzi ha questo seguito, ma non si può fare adesso e soprattutto non si può fare qui.

In terzo luogo, considero molto realistica la possibilità che il PD di Bersani D’Alema e Altri raccolga un risultato elettorale a due cifre. Anche in questo caso le ragioni di questo mio convincimento sono tante, ne cito una sola  perché riguarda quelli come me, quelli che che ritroverebbero per questa via le ragioni e le motivazioni per ritornare a votare, cosa che personalmente non faccio da un po’ perché non mi riconosco in questo PD né in piccole formazioni di sinistra – sinistra che almeno un tempo avevano il pregio di proporre cultura, idee, progetti, ma oggi fanno fatica – al di del valore dei singoli –  a venir fuori dal triangolo potere, demagogia, burocrazia.

Perché lo voterei? Anche qui mi le risposte sono tante e richiedono un saggio perciò mi limito a una sola: perché penso che nel nuovo scenario – ammesso e non concesso che ci saranno i numeri per governare – la parte di Renzi la farà già lui – credo sia non solo necessariamente ma anche oggettivamente il più bravo in quella parte lì – e dunque il PD che voto io per dare senso alla sua esistenza dovrebbe necessariamente tornare a dare valore e rappresentanza politica al lavoro, alle questioni sociali, alle condizioni di vita delle persone normali, alla domanda di inclusione di chi non per propria colpa e in molteplici contesti si trova in difficoltà. Tempo fa l’ho definito il partito che non c’è. Ecco, io sarei contento se ci fosse, penso di non essere il solo ad avvertirne il bisogno, e quando leggo dichiarazioni come «dopo le elezioni cercheremo di condizionarlo da sinistra» immagino cose così, anche se non le dò per scontate, ma insomma ci spero e nel mio piccolo faccio qualcosa per contrbuire a fare in modo che si vada in questa direzione.

Cio detto, aggiungo – da persona che va verso i 62 anni e a cui non piace la parola rottamazione applicata alle persone e alla politica – che se Bersani e D’Alema se ne stanno non uno, ma due passi indietro è meglio. Non solo e non tanto perché poi a un certo punto il «popolo», la «gente» e anche i «cittadini» se lo ricordano che la riforma delle pensioni non l’ha fatta Renzi ma Fornero, Governo Monti, anche con i voti di Bersani; o che il Presidente della Bicamerale che poteva fare una riforma molto migliore di quella giustamente bocciata di Renzi era D’Alema; o dei problemi che ci sono stati quando quest’ultimo è stato presidente del Consiglio e Cofferati segretario della Cgil. Anche e soprattutto perché penso che da troppo tempo a sinistra manchi un po’ di generosità, una disponibilità a fare politica senza stare necessariamente in prima fila, senza mettere ogni volta la propria prorompente personalità al primo posto, soprattutto quando al primo posto si è già stati più volte.

Cio detto, finisco davvero ricordando mio padre che mi diceva che «quando già i tempi sono difficili non è che ti puoi mettere pure tu a fare il difficile», perciò se nascesse il partito che per comodità ho chiamato qui «PD di Bersani, D’Alema e  Altri» io lo voterei, che naturalmente per il futuro dell’umanità non vuol dire niente, ma per me si.  Naturalmente non a prescindere, solo fine a prova contraria.

4 pensieri riguardo “chi lo ha detto che è una sciagura?”

  1. Le ragioni sono, probabilmente, intatte. Ma forse non era questa la soluzione: riassorbire integralmente il conflitto all’interno di un partito, si traduce in un depotenziamento di posizione nella negoziazione “esterna”. Perché non considerarlo un tentativo e partire dai limiti dimostrati per provare a immaginare il nuovo (necessariamente) plurale?

  2. Bisognerebbe prendere atto, più che scomparso il PD si è suicidato. E’ vero, non sono venute meno le ragioni delle sua costituzione ma il suicidio omicidio è avvenuto proprio perché quelle ragioni sono state negate. Leggetevi questo
    http://www.partitodemocratico.it/gCloud-dispatcher/d2fd1f91-96df-4808-8f89-600f3148f3e2
    e poi ditemi se quegli obbiettivi sono ancora validi, ma anche, se sono stati alla base del programma materiale di questo partito.
    Insomma, chi ha guidato questo partito dalla sua fondazione alla sua morte ha lavorato negando i principi stessi su cui si basava il patto costituente.
    A Napoli poi si è fatto di peggio. Si è lavorato non fuori ma contro quei principi e valori. Si è costruito così un mostro capace di distruggere qualsiasi cosa toccasse. Si puo’ ripartire dalle idee per ricostruire o magari costruire il nuovo? Non lo so, non ne sono convinto, ma se i compagni di viaggio restano questi io ne starei lontano. Fuori e oltre il PD c’è chi ci prova a costruire progetti e molti degli assassini, vedrete, presto inquineranno anche questi tentativi. I costruttori del nuovo li vedo inoltre ben disposti ad accogliere quanto del vecchio risulta recuperabile.

  3. La beffa è che il PD sparirebbe … a sua insaputa.

    Forse non è una sciagura, ma la scissione rinnega le ragioni per cui è stato fondato il PD. Io credo che quelle ragioni ci siano tuttora. La crisi della politica italiana –in parte- genera proprio nell’incapacità di formare un PD coerente con i suoi scopi fondativi.
    Il progetto originario ha ancora i suoi “perché”. Servono gruppi dirigenti capaci di ricercare risposte piuttosto che fuggire in ordine sparso di fronte alle responsabilità e alle sfide del nostro tempo.

    Il PD fu una scelta strategica maturata nella crisi di fine ‘900. Aveva l’ambizione di alimentarsi al meglio delle culture riformatrici cattoliche, socialiste, liberali, repubblicane, (a loro volta in crisi) … qualcuno ritiene che sia un’idea superata?
    Il PD è nato per dare rappresentanza a una nuova composizione sociale generata dalla crisi del fordismo, dagli effetti della globalizzazione, dalle crescenti diseguaglianze, dalla crisi delle rappresentanze, dalla domanda di democrazia partecipativa, …
    Questi vuoti sono ancora tutti da colmare. Ad esempio, in proposito di Democrazia partecipativa, osservo che il PD non riesce a interpretarne i princìpi. Se non lo farà, resterà poco credibile rispetto a movimenti che, svincolati da responsabilità di governo, possono fare, della partecipazione, pura retorica elettorale. E non bastano primarie organizzate in modo assai discutibile.

    La scissione non sarebbe una sciagura, ma neanche un passo in avanti. Può essere vantaggiosa sul piano elettorale? Sicuramente può esserla per un ceto politico -sempre lo stesso- che si riposiziona. Nessuno si offenda, ma in “conflitti sopra le righe”, vedo spesso un diffuso opportunismo che alimenta sterili rissosità tra tifoserie prive di contenuti.
    Non è ragionevole abbandonare il progetto del PD solo perché un gruppo dirigente è stato incapace di realizzarlo. Non vedo altri progetti di pari ambiziosa valenza.

    Non ho apprezzato i comportamenti di chi ha diretto il PD dal 2007 a oggi. Infatti, dopo aver contribuito –con l’Associazione per il Partito Democratico- al dibattito nella fase costituente, non ho trovato motivazione a iscrivermi. Ma il progetto originario del PD ha ragioni ancora inesplorate, è troppo presto per dichiarare fallita una strategia. La funzione di un Partito è trattare i conflitti, ricercare soluzioni, risolvere contraddizioni, costruire scenari di futuro.
    Più che “reduce” mi sento “orfano” di un partito di questo tipo, ma alla mia età non è un danno. Mi stimola, piuttosto, a partecipare a una nuova stagione di militanza e di ricerca.

    In conclusione: il cuore lo tengo sempre al solito posto; il cervello dentro la ricerca; le mani dentro un’esperienza di “Democrazia Partecipativa – InFormAzione” nel territorio di Bagnoli-Fuorigrotta, dove faccio il Consigliere di Municipalità.
    Nelle cose che faccio, metto sempre cuore, testa e mani. Spero di incrociare analoghe passioni.

  4. COMMENTI PRECEDENTI
    Nando Santoro
    Mi pare che in questo senso vada anche ricordata l’esperienza dell’Ulivo, non per riproporla, ovviamente. All’epoca i partiti che lo componevano avevano una loro precisa identità, anche se si riconoscevano in un programma comune e in un obiettivo forte. Insomma, ognuno presidiava un suo “campo”, non separato da steccati. Ecco, non voterei per il PD di Renzi, ma per un partito di sinistra che non lo veda come il demonio e faccia un accordo con lui sì. E così, come te, andrei di nuovo a votare.
    Non mi piace più · Rispondi · 3 · 2 febbraio alle ore 17:41

    Domenico Mimmo Pennone
    Come non darti ragione. Anch’io lo voterei il partito che non c’è. Ma non c’è 😦 e temo che alla fine ne avremo tanti e quindi nessuno.
    Comunque, tu che poco tempo fa mi hai convinto che il “non voto” è una scelta politica che più politica non si può, oggi instilli il dubbio o forse la speranza. Sei proprio un gran rompi coglioni 🙂 per questo ti voglio bene.
    Comunque l’idea che è la somma che fa il totale è assolutamente condivisibile e penso che non ci sono dubbi che posso essere un vantaggio per la sinistra e per il paese.

    Nando Santoro
    è vero, a volte l’unica scelta è non giocare

    Osvaldo Cammarota
    Come al solito, diretto e stimolante … ma io sono un po’ più “bradisismico” … ho bisogno di riflettere, ma -da buon combattente- non mancherò di reagire 🙂

    Francesco Escalona C’è statA gente che attende la nascita di quel partito che non c’e’. E il partito sarà proprio l’insieme di quella gente che fa Politica alla greca. Ovvero come partecipazione civica, senza interessi personali diretti. Vedrei come grumo intorno a cui coalizzarsi, un insieme, una moltitudine di personaggi che hanno dato la vita per la Politica come Vincenzo e Osvaldo, facendo sempre passi indietro quando le cose non tornavano. Mettere avanti leader discussi come Bersani e D’Alema, non funziona. Bersani non e’ riuscito a smacchiare e D’Alema, distrusse lUlivo nella sua fase germogliate. Ricordo il titolo dell’Unita’ che diceva: ora fatevi da parte. Ora torniamo noi professionisti della politica.
    Sales, Marino, Rodota’, Zagrebewski, Moretti (Vincenzo), Cammarota, Bossa.. Ce ne sono tanti.. intorno a questi, ci raccogliamo con entusiasmo.

    Annamaria De Caroli
    Discorso complicato, in parte mi riconosco, in parte no. Francamente penso che Renzi sia comunque inaffidabile, ma ovviamente non si può prescindere dai voti del Pd. Quanto ai passi indietro, ovviamente, sarebbe auspicabile SE, e sottolineo SE come nella celebre canzone, i ggggiovani fossero più preparati e credibili. Comunque non è un discorso da Fb.

    Vincenzo Crolla
    Naturalmente con Vincenzo nei diversi caffè vomeresi il tema è stato più volte affrontato. E dunque non è nuovo. Al momento Fausto Valtriani nella sua pagina (Faustobook) l’ha rilanciato da qualche settimana.
    Personalmente ritengo sempre attuale l’idea antica (nel senso migliore e più nobile del termine) dell’incontro e della confluenza tra le due componenti popolari della società italiana: quella cattolico-democratica e quella laico-socialista. Purtroppo il PD è andato via via perdendo (o scolorendo se più vi piace) questa vocazione e questa ambizione.
    Chi definisce democristiano il PDR non può essere più lontano dalla realtà. La DC partito interclassista trovava il suo fulcro nelle strutture e negli strati intermedi della società e ne sanciva (esaltandoli) l’importanza di ruolo e funzione.
    La nuova direzione, il nuovo corso politico del PD, è andato fin dai suoi esordi in direzione diametralmente opposta. Ritenendo questi “pezzi” di società come ostacoli da rimuovere anziché raccordi indispensabili alla ricostruzione della trama unitaria del paese.
    Il PD, per la lettura che ne faccio io, mi sembra il luogo di una sorta di segmenti storicamente minoritari e usciti penalizzati dalle vicende dell’ultimo decennio del secolo scorso. Più che le stimmate dei due partiti più rappresentativi di quella stagione mi pare rappresentino la somma di pezzi del craxismo, di un certo radicalismo pannelliano (penso alla meritevole attenzione ai temi dei diritti civili), di pezzi della DC forlaniana e di pezzi del PCI storicamente minoritari.
    Un pezzo di società in cerca di rivincite sulla storia. La rivalsa di chi pensa “avevamo ragione noi”.
    È esattamente per questo che nel mirino sono finiti gli epigoni del PCI ma anche quelli del più autentico popolarismo cattolico.
    Buona attenzione ai temi dei diritti civili scarsissima attenzione ai temi dell’economia, del lavoro e delle crescenti disuguaglianze.
    Un blairismo inattuale e superato dalla storia. Uno sguardo rivolto più alle ragioni della rendita che a quelle della produzione.
    Naturalmente questa collocazione è tipica di chi sta a metà del guado e non sa, o non vuole, darsi un profilo più nettamente riconoscibile, di chi ancora non ha deciso qual è il porto dove intende ancorare la propria nave.
    Questa incertezza, questa mortificazione della “comunità identitaria” e di destino, a vantaggio delle fluide “comunità d’occasione” ha generato un partito senza simbolo ne’ tessere ma vasto quanto un oceano. Quello che io ho battezzato delle 3S: Spersi, Sparsi e Spaesati. Un partito cui, se riflettete, apparteniamo tutti quelli che, chiamati in causa, stiamo dando linfa e vivacità a questa discussione.
    Una rappresentazione plastica di questo “partito che non c’è ma esiste” l’ha offerta la platea del Frentani. Dove, “chiamati” da D’Alema si sono ritrovati, dalemiani e no, pezzi di una sinistra diffusa. Che va dalla minoranza PD (Speranza, Rossi, Emiliano) a pezzi della sinistra critica tradizionale anche se minoritaria (Vendola, Scotto, D’Attorre, Gotor e altri.
    Ritengo dunque plausibile e matura l’ipotesi prospettata dal mio omonimo che, come sempre, ha individuato il focus più cogente e attuale.
    Voterei anch’io questa formazione che recuperando pezzi di astensione consolidata come molti contributi testimoniano e, secondo me, una discreta porzione di grillismo, può agevolmente superare la soglia del 10%.

    Luisa Pavanello
    Che aggiungere? Io aspetto, desidero, ma oramai più col raziocinio che con la passione. Non sento parlare di lavoro, di riforma del job act, di lotta all’evasione previdenziale, di riforma delle pensioni, di assegni di invalidità che consentano la sopravvivenza. Per ora sento formule: qualcuna di piace di più di altre, ma senza la ciccia, non c’è passione. L’ho detto a SI….lo dico a tutti

    Osvaldo Cammarota
    Trovo “pezzi di verità” OGGETTIVI nei ragionamenti di Vincenzo Moretti, Vincenzo Crolla e di altri commentatori … ma NON SO se la scissione sia una “risposta in avanti” ai problemi e al disagio che INSIEME A LORO avverto. … Vado sul blog e mi spiego meglio.

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